Dalla luce delle Olimpiadi all’eterna luce salvifica di Gesù Cristo

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

—  omiletica —

DALLA LUCE DELLE OLIMPIADI ALL’ETERNA LUCE SALVIFICA DI GESÙ CRISTO

«Giorno e notte, un fuoco divino ci spinge ad aprire la via. Su vieni! Guardiamo nell’Aperto, cerchiamo qualcosa di proprio, sebbene sia ancora lontano».

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Cari fratelli e sorelle,

accensione della fiaccola olimpica, Atene 2018

ogni quattro anni si ripete l’evento sportivo delle Olimpiadi. La prossima estate avremo giochi olimpici Tokyo. Ricordo le prime Olimpiadi che vidi in televisione, Atlanta 1996. Ricordo che in quei quattro anni di preparazione alle olimpiadi è portata da un tedoforo la fiaccola olimpica: nelle antiche olimpiadi quel fuoco indica la continua presenza del dio principale: per i greci Zeus. La fiaccola è anche simbolo di calore e luce che rischiara e mostra la presenza di Dio. Questo richiama il senso della luce, la luce generata dal Dio Trinitario in cui noi crediamo e sappiamo essere il Dio vero e vivente.

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La liturgia di questa II domenica del tempo ordinario (vedere testo della Liturgia della Parola, QUI), nella prima lettura vetero testamentaria ci offre questo brano:

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«Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra» (Is 49,3.5-6).

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Il profeta Isaia ascolta la voce del Signore, Adonai. E ascolta verso sé stesso una promessa grandissima: essere luce per tutte le nazioni. Il richiamo alle estremità indica che il messaggio di Dio è un messaggio universale e non racchiuso solo ad Israele. Ma essere luce delle nazioni vuol dire portare rivelazione e vita. Un dare alla luce in modo spirituale, è generare alla vita in Dio.

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Anche noi come Isaia possiamo un po’ fare questo: essere portatori della luce divina. Essere cristofori della fiaccola dell’amore divino. Specialmente andando a risolvere questioni personali oscure: schiarendo con verità e carità quei nuclei di divisione per farli diventare comunione.

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Sappiamo allora di attingere la luce direttamente dalla sua Fonte Originaria: Gesù Cristo, l’eterno Figlio del Padre. Il primo ad accorgersi di questo è proprio il Battista, che nel Vangelo infatti dice:

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«Il Battista disse “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (Gv 1,29-34).

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Giovanni, dice il brano evangelico, vede Gesù venire verso di Lui. Vede un raggio di sole diverso rispetto a quello che era solito vedere nel deserto assolato. Cioè vede in Gesù quella luce speciale, l’esplosione divina dello Spirito Santo. Così il Battista può vedere e riconoscere la filiazione divina di Gesù. Dio si rivela allora in Cristo: la luce è quella verità definitiva, luce eterna che non finirà mai nel buio.

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Proviamo allora a ricordalo nei momenti della nostra oscurità: a cercare quella Luce divina, che rischiara e può darci consolazione. Anche quando la tenebra sembra profonda. Attingere a quella luce, significa rispondere ad una chiamata, ad una missione che è dall’eternità scritta nei nostri cuori. Lo spiega San Paolo:

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«Paolo, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù» (1Cor 1,1-3).

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C’è una santificazione originaria, un primo raggio di luce nella nostra vita: quando siamo stati concepiti sin da subito il Signore per noi ha da sempre avuto un progetto radioso e lucente. La chiamata alla santità, è chiamata ad essere luce per il mondo. Questo avviene anche nello stato di vita in cui viviamo. Avviene sul posto di lavoro e persino nei momenti di relax. Se rimaniamo legati alla luce centrale, che ci ha santificato appena concepiti, continuiamo ad ardere del Suo Amore e a santificare tutto il mondo.

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Scriveva il poeta Friedrich Hölderlin:

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«Giorno e notte, un fuoco divino ci spinge ad aprire la via. Su vieni! Guardiamo nell’Aperto, cerchiamo qualcosa di proprio, sebbene sia ancora lontano».

Il Signore ci doni sempre più la Sua Luce, per brillare in tutta la nostra lucentezza, in tutta la nostra unicità e sacralità: per saper ardere come tizzoni ardenti ed essere quel fuoco sacro che si apre sull’Infinito.

Così sia.

Roma, 19 gennaio 2020

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1 commento
  1. fabio
    fabio dice:

    salve non capisco questo parallelismo tra la luce delle olimpiadi e la luce salvifica di Gesù Cristo, non c’entra nulla. Il fuoco alle olimpiadi anticamente era acceso per gli dei zeus ed erano divinità pagane.

I commenti sono chiusi.