L’immancabile pianto da prefiche degli attivisti LGBT pronti a trasformare in polemico scontro ideologico persino un funerale

L’IMMANCABILE PIANTO DA PREFICHE DEGLI ATTIVISTI LGBT PRONTI A TRASFORMARE IN POLEMICO SCONTRO IDEOLOGICO PERSINO UN FUNERALE

E che Dio abbia oggi pietà delle loro anime e domani delle nostre, forse molto più peccatrici, perché può essere che questi due defunti, come i pubblicani e le prostitute a cui riguardo ci ammonisce Cristo, ci passino avanti nel regno dei cieli. Nessuno conosce il giudizio di Dio, però sappiamo dalle parole del Santo Vangelo cos’è bene e cosa è male, cos’è virtù e cos’è peccato.

— Le brevi dei Padri de L’Isola di Patmos —

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Cosa avrebbe dovuto fare il parroco che ha celebrato il funerale dei due celebri gay morti in un terribile incidente stradale, forse magnificare il loro splendido “matrimonio”?

Questo il peccato di cui gli attivisti LGBT accusano il prete, quasi come avesse pronunciata una imperdonabile bestemmia contro lo Spirito Santo (cfr. Mt 12, 31-32), ossia aver parlato di «amicizia» anziché «amore», ignorando in modo doloso e disumano che i due erano «sposi» e non «amici» (!?). Queste le contestazioni mosse dagli immancabili attivisti, fatte ovviamente — superfluo a dirsi ma lo dico lo stesso — con pianti da prefiche professioniste (vedere QUI).

Personalmente avrei accettato di celebrare le esequie solo in forma privata, a porte chiuse, per un preciso motivo: perché per esperienza pastorale ormai consolidata sappiamo che queste occasioni si mutano in teatrini LGBT per reclamare direttamente dentro le chiese cose inaccettabili poiché contrarie alla dottrina e alla morale cattolica, nonché di piagnistei in salsa ideologica da parte di lobbisti politicizzati alla massima potenza pronti a criticare la dottrina e il magistero della Chiesa che chiunque — beninteso — ha il diritto di rigettare, non però di piegare ai propri capricci, questo nessuno può chiederlo né pretenderlo, se davvero si vuol essere coerenti. O che forse, noi preti e teologi, andiamo al Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli a pretendere che insegnino le meraviglie delle virtù eterosessuali? A nessuno di noi passerebbe per la mente di pretendere o peggio fare una assurdità simile.

E adesso avanti coi commenti dei catto-arcobalenati: “ma se c’è l’ammmore … quel che conta è l’ammmore … Gesù predicava l’ammmore …”. Sì, predicava l’amore inteso come Χάρις (charis) parola greca dai plurimi significati: grazia, bellezza, amabilità … Gesù predicava questo genere di amore-charis invitando a passare per la porta stretta (cfr. Lc 13, 22-24); predicava l’amore-charis invitando a rinnegare noi stessi — vale a dire il peccato — e a prendere ciascuno la propria croce (cfr. Mc 8,34), non certo a prenderlo nel culo.

E qui i catto-arcobalenati urleranno “al prete volgare”, forse vergando le solite lettere indignate all’Autorità Ecclesiastica scritte senza neppure essersi lavati le mani al termine delle loro pratiche ludiche, pur di non ammettere che la volgarità non è costituita dalla mia parola “culo” espressa per inciso in modo retorico mediante una evidente iperbole paolina; la volgarità è costituita da due uomini che giocano a marito e moglie. Volgari, ma oltre che volgari privi pure di senso d’umana misura, sono coloro che vorrebbero costringere la Chiesa ad approvare certi disordini, che chiunque resta libero di praticare, come io resto libero di considerarli tali, senza impedire a nessuno di vivere la sessualità che meglio desidera, senza dare giudizi morali a chicchessia, se non espressamente richiesti dal diretto interessato in sede privata. E anche quando richiesti in sede privata li ho sempre espressi con estrema delicatezza nei rapporti con la singola persona, tenendo sempre presente che è mio cristologico mandato combattere il peccato ma accogliere sempre il peccatore, mentre nessuno può chiedermi invece di benedire il peccato, di affermare che il male è bene e che il bene è male, né sono disposto a prendere sul serio, ma all’occorrenza solo in giro qualche povero gay sfranto che vorrebbero relegare, con tanto di assurdi richiami alla dottrina e al diritto canonico, certi disordini morali nella sfera strettamente privata delle persone.

E che Dio abbia oggi pietà delle loro anime domani delle nostre forse più peccatrici, perché questi due defunti, come Cristo ammonisce, potrebbero anche passarci avanti come i pubblicani e le prostitute nel regno dei cieli (cfr. Mt 21, 28-32). Nessuno conosce il giudizio di Dio, ma dalle parole del Santo Vangelo sappiamo cos’è bene e cos’è male, cos’è virtù e cos’è peccato. Non andrebbe poi dimenticato che nella sua predicazione il Divin Maestro fa richiamo a inferno e dannazione per decine di volte. 

Scontata la replica emotiva del catto-arcobalenato: «Sì, però ci sono cose peggiori», «Sì, però molti altri fanno peggio …». Forse questa gente non ha bisogno neppure di confessarsi, non solo perché il prete — a partire da chi scrive — è più peccatore di loro, ma perché gli altri commetterebbero sempre e in ogni caso peccati peggiori. Mai dirgli che il loro non è un pensiero cattolico ma un cattolicesimo stravagante alla come-mi-pare, perché a quel punto la lettera di protesta per i nostri vescovi sarà già pronta e …

dinanzi allo laico prepotente, purché ei sia compiaciuto 

pur se intriso in marcio torto in dottrina e moral,

li boni ‘piscopi d’ultima e penultima generazione

non esitan far delli preti loro orrida carne da macello

(Episcopi disgraziati, inedito di Dante rinvenuto di recente).

Malgrado i tempi di vacche magre episcopali io sono stato benedetto: il Vescovo mio non è una vacchetta smunta macilenta ma un vitellone di pura razza lucana e con lui certi soggetti, indistintamente etero od homo, andrebbero a bussare a vuoto, perché è intelligente e geloso dei propri preti. Per questo è bene non fargli perder tempo, perché si finirebbe per rendersi conto che parlargli male inutilmente dei suoi preti è proprio tempo perso, ma chi lo vuol perdere, che s’accomodi pure.

Dall’Isola di Patmos, 4 agosto 2025

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