L’amaro caso del presbitero Paolo Zambaldi della Diocesi di Bolzano-Bressanone: cronaca di una morte annunciata

L’AMARO CASO DEL PRESBITERO PAOLO ZAMBALDI DELLA DIOCESI DI BOLZANO BRESSANONE: CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA

«Le distanze con la Chiesa Cattolica si sono fatte sempre più profonde negli anni, fino a diventare insanabili. Non posso più far parte di un’istituzione che continua a proclamare dogmi e ad alimentare un sistema di potere. La verità non ha bisogno di dogmi: la verità è evidente, non necessita di imposizioni né di svalutare la ragione. Inoltre, non condivido le posizioni discriminatorie della Chiesa nei confronti delle donne, della comunità LGBTQIA+, di chi sceglie l’interruzione volontaria di gravidanza o l’eutanasia. Tutto questo è lontano anni luce dal mio sentire umano e spirituale».

— Le brevi dei Padri de L’Isola di Patmos —

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Cap.

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Purtroppo, era solo una questione di tempo e diciamo questo senza nessun entusiasmo e ironica soddisfazione: il presbitero Paolo Zambaldi della Diocesi di Bressanone ha lasciato il sacerdozio nella maniera più tragica e più traumatica possibile. A darne notizia è stato lui stesso nel suo blog (vedi QUI), notizia che poi è stata ripresa da alcuni quotidiani online (vedi QUI, QUI) e da alcuni vari post sui social (vedi QUI).

il Vescovo di Bosen-Brixen (Bolzano-Bressanone) 

Chi ha avuto la possibilità di seguire nel tempo questo confratello sacerdote nelle sue elucubrazioni mentali annotate come cosa sacra sul suo blog (vedi QUI), non poteva non accorgersi della grave deriva dogmatica e dottrinale che da diverso tempo aveva offuscato la sua mente e il sano sentire cattolico che un sacerdote di Santa Romana Chiesa dovrebbe avere e custodire.

La definitiva vittoria del Serpente Antico — a cui non credeva minimamente e che più volte sbeffeggiava in coloro che ne erano vittime — ha compiuto il capolavoro di tentare un uomo fragile e debole nell’orgogliosa superbia e nell’illusione di una maggiore libertà lontana da Dio e dalla Chiesa.

Come sempre non ci deve essere un giudizio sulla persona di Paolo Zambaldi — che solo Dio conosce e può dare — ma non possiamo che rammaricarci e piangere sapendo che un giudizio sul suo stile sacerdotale non è mai stato dato pubblicamente dalla sua Diocesi e dal suo Ordinario diocesano che lo ha lasciato libero di propagare e rafforzarsi nelle sue idee confondenti per il popolo di Dio, che hanno fatto maturare in lui il frutto velenoso dell’abbandono del ministero e dello stato sacerdotale, denigrando il grembo della Chiesa che lo ha accolto e allevato per molti anni sino a scrivere queste parole:

«Le distanze con la Chiesa Cattolica si sono fatte sempre più profonde negli anni, fino a diventare insanabili. Non posso più far parte di un’istituzione che continua a proclamare dogmi e ad alimentare un sistema di potere. La verità non ha bisogno di dogmi: la verità è evidente, non necessita di imposizioni né di svalutare la ragione. Inoltre, non condivido le posizioni discriminatorie della Chiesa nei confronti delle donne, della comunità LGBTQIA+, di chi sceglie l’interruzione volontaria di gravidanza o l’eutanasia. Tutto questo è lontano anni luce dal mio sentire umano e spirituale».

Pensiamo forse che questo modo di pensare sia recente? No, purtroppo! La cosa grave è che simili soggetti arrivano nei seminari già pregni di queste idee eterodosse; e nei seminari vengono premiati dai formatori proprio per queste posizioni alternative, mentre quelli più “ortodossi” vengono regolarmente bastonati o dichiarati … problematici, o non in linea con quella o quell’altra “pastorale di tendenza” in voga al momento.

Ancora una volta, il problema della formazione sacerdotale ritorna con preponderante forza, così come la vicinanza e l’accompagnamento spirituale dei sacerdoti che deve essere continuo e reale, una priorità per il cuore paterno di ogni vescovo. Il naufragio di questo Presbitero è molto più grave delle varie fragilità morali e umane che noi uomini consacrati immancabilmente possiamo commettere, con l’aggravante che chi doveva vigilare e proteggerlo non l’ha fatto, così come non è stato fatto nulla per evitare questo tragico epilogo.

Conosco personalmente fedeli devoti cattolici che hanno segnalato più e più volte a S.E. Mons. Ivo Muser le gravi inadempienze dottrinali del suo presbitero, sacerdoti e teologi inclusi, eppure nulla si è mosso. Anzi, questo prete sopra a tutte le righe sembrava quasi essere l’enfant prodige del suo Presule, colui che avrebbe risolto tutti i problemi di Bosen-Brixen (Bolzano-Bressanone) e al quale si dava carta bianca in molte situazioni pastorali e organizzative in questa diocesi.

Cosa resta da fare adesso? Sicuramente pregare molto per lui, chiedendo a Dio la sua conversione e il suo ravvedimento, con la speranza che questo ennesimo caso di doloroso fallimento umano ed ecclesiale — del popolo di Dio e dei suoi pastori — smuova le coscienze di chi oggi può fare qualcosa.

Sanluri, 4 settembre 2025

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