Esequie funebri del Nunzio Apostolico Adriano Bernardini. Omelia pronunciata da Padre Ariel S. Levi di Gualdo – Esequial Mass for Apostolic Nuncio Adriano Bernardini. Homily delivered by Father Ariel S. Levi di Gualdo –

Italian, english, español 

 

ESEQUIE FUNEBRI DEL NUNZIO APOSTOLICO ADRIANO BERNARDINI. OMELIA PRONUNCIATA DA PADRE ARIEL S. LEVI DI GUALDO

Diocesi di San Marino-Montefeltro, Chiesa di Monastero di Piandimeleto, 15 settembre 2025 ore 15:00. Esequie funebri di S.E. Mons. Adriano Bernardini, Arcivescovo titolare di Faleri e Nunzio Apostolico.

— Attualità ecclesiale —

.

.

PDF articolo formato stampa – PDF article print format – PDF articulo de tamaño impreso

 

.

.

† Dal Vangelo secondo Giovanni (14, 1-6)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. lo vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”».  

.

Venerabili Vescovi Domenico, pastore di questa nostra Chiesa particolare e Andrea, emerito, Confratelli amici e tutti voi carissimi qui presenti: «Grazia a voi e pace da Dio, nostro Padre, e dal Signore Gesù Cristo».

Ricevendo il 30 agosto la sacra unzione degli infermi Adriano Bernardini Arcivescovo titolare di Faleri e Nunzio Apostolico, mi sussurrò le parole del Vangelo di Giovanni: «Padre, è giunta l’ora» (Gv 17, 1-2). Per questo ho scelto di salutarlo con un’omelia tratta da questo Quarto Vangelo, dove l’Apostolo Pietro chiede a Gesù: «Signore, dove vai?». Gesù risponde a Pietro che non era ancora pronto: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Lo stesso aveva detto poco prima a tutti i discepoli: «Dove vado io, voi non potete venire» (Gv 13, 33-34).

Nella foto: S.E.R. Mons. Adriano Bernardini (13.08.1942 – †11.09.2025) e Padre Ariel S. Levi di Gualdo, suo segretario privato (2017-2025)

Sono frammenti che rivelano l’emozione per l’imminente distacco dal Divino Maestro. Forse è per questo che le parole del Vangelo appena proclamato si aprono con un invito di Gesù che diviene, oltre che promessa anche balsamo: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore».

Con le sue parole Gesù sta facendo della sua dipartita e del vuoto che lascia una occasione di rinascita per i suoi discepoli. Chiedendo loro fede, li spinge a trasformare la paura del nuovo e il terrore dell’abbandono nel coraggio di donarsi, appoggiandosi sul Signore che promette di andare a preparare un posto per loro. Egli vive la sua partenza in relazione con chi resta e mostra che non li sta abbandonando, ma sta inaugurando una diversa fase di relazione con loro. Il distacco è in vista di una nuova accoglienza basata su una precisa promessa: «Vi prenderò con me» (Gv 14,2-3). 

In una circostanza difficile come questa è bello ritornare agli inizi, quando i discepoli, futuri apostoli, ebbero il primo contatto con Gesù e gli chiesero: «Rabbì, Maestro, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete».

“Rimanere” o “dimorare”, “venire” e “vedere” sono i verbi che soprattutto nel Vangelo di Giovanni descrivono il cammino di fede, l’approdo del discepolo e la risposta alla domanda di Pietro: «Dove vai, dove possiamo incontrarti e trovarti ancora?». Gesù dirà un giorno: «Rimanete nel mio amore, come il tralcio rimane nella vite, perché Io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Quello è il luogo dove dimoro, rimango e abito» (Gv 15,9-10). 

Ecco il traguardo del discepolo per il quale non bisognerà attendere il transito della morte, perché è qui, ora, disponibile per tutti, perché Gesù si è fatto via. Non è una realtà futura che si rivelerà oltre questa vita per mezzo della morte, duro valico per chi lo deve oltrepassare e doloroso lascito per chi dovrà convivere con la memoria, ma essa è dono presente per chi «crede in lui» (Gv 14,12).

Non sia dunque turbato neppure il nostro cuore dinanzi al distacco, piuttosto prepariamoci fin d’ora a riconoscere il posto che a ciascuno di noi spetta nella dimora eterna che ci attende. Simile al posto del discepolo amato che reclinò il suo capo sul petto di Gesù nell’ultima cena. Questi era adagiato nel seno di Gesù (Gv 13,25), il quale, come dice il prologo giovanneo «è tornato nel seno del Padre ed ha aperto la via» (Gv 1,18), adesso «venuta la sua ora per passare da questo mondo al Padre (Gv 13,1) ci dice: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».

Per cercare di proporre le ragioni non facili, ma perseguibili e realizzabili del Santo Vangelo la Chiesa si serve da sempre di molti mezzi, compresa la diplomazia. Questo è il nunzio Apostolico: un portatore e annunciatore del Santo Vangelo chiamato a realizzare la pax Christi nel mondo. Ma proviamo a raffigurare il tutto con un esempio concreto: nell’ottobre 1962 il mondo sfiorò la Terza Guerra Mondiale con la “crisi di Cuba”. Ormai i due interlocutori, Nikita Kruscev e John Fitzgerald Kennedy non potevano più parlare né trattare, perché nessuno dei due era disposto a fare un passo indietro. Fu in quel momento tragico che intervenne il Santo Pontefice Giovanni XXIII che, bene ricordarlo, non era propriamente quel contadino sempliciotto che viene affigurato in certe iconografie popolari, proveniva dal mondo della diplomazia ed era stato un diplomatico anche raffinato, specie nel suo mandato come nunzio apostolico in Francia. I due interlocutori accolsero l’appello entrambi in contemporanea e le testate missilistiche in rotta verso Cuba tornarono indietro. Pochi mesi dopo, nell’aprile 1963, il Santo Pontefice pubblicò la sua enciclica Pacem in Terris. Il messaggio di pace del Vangelo prevalse grazie alla diplomazia pontificia. Oggi, i libri di storia contemporanea, narrano che quell’intervento diplomatico salvò l’umanità dal rischio di una Terza Guerra Mondiale.

Anziché recitare le litanie delle sue virtù accennerò a un suo difetto, per dimostrare come un servitore della Chiesa e del Papato può mutare un difetto in virtù attraverso le tre virtù di fede, speranza e carità (cfr. I Cor 13, 1-13), che non si reggono sulle emozioni, peggio sulle ideologie viscerali, ma sulla ragione. Fides quaerens intellectum e per inverso intellectus quaerens fidem, ovvero: la fede richiede la ragione e per inverso la ragione richiede la fede, come enunciò il padre della scolastica classica Sant’Anselmo d’Aosta rifacendosi a sua volta al pensiero del Santo Padre e dottore della Chiesa Agostino vescovo d’Ippona: credo ut intelligam e per inverso intelligo ut credam, ossia, credo per capire, capisco per credere. Sino a giungere al Santo Pontefice Giovanni Paolo II che riassunse questo rapporto tra ragione e fede nell’enciclica Fides et Ratio, fede e ragione.

Risoluto per temperamento, era capace a divenire inamovibile. Negli ultimi mesi di vita è stato indebolito dalla malattia, ma conservando il suo carattere peculiare. Un giorno, durante il suo ultimo ricovero nella casa di cura romana Villa del Rosario — dove per inciso è stato accudito in modo eccellente dai medici, dai paramedici e dalle suore —, prese a considerare giusta una cosa sbagliata che avrebbe potuto essere nociva per lui. Glielo dissi e, sulle prime, quasi si arrabbiò, ma lo placai ricordandogli la pagina del Vangelo in cui si narra del discorso in cui Gesù dice a Pietro: «”In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi» (Gv 21, 18). Sorrise e rispose ironico: va bene, ti seguirò, però cerca di portarmi dove voglio andare io».  

Alle persone dal carattere risoluto la Cristianità deve molto, basta pensare al passo degli Atti degli Apostoli dove si narra del Beato Apostolo Paolo che «discuteva con i greci» (traduzione: litigava con loro); «ma questi cercavano di ucciderlo» (traduzione: perché non lo sopportavano). «I fratelli, saputolo, lo condussero a Cesarea e di là lo mandarono a Tarso» (traduzione: cerchiamo di salvargli la vita in nome della neonata carità cristiana). E in chiusura la diplomatica conclusione di questa cronaca: «Così la Chiesa, per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria, aveva pace» (che tradotto significa: meno male che è partito) (At 9, 29-31). Eppure, quanto dobbiamo al carattere risoluto e non poco spigoloso del Beato Apostolo Paolo?

Ho onorato la sua volontà evitando beatificazioni per mezzo di racconti epici e biografie trionfali, come talora si è soliti fare ai funerali, cose da lui detestate, anche perché nessuno di noi conosce il giudizio di Dio, ma tutti sappiamo quanto sia grande la sua ricompensa per i suoi servi fedeli, perché solo gli uomini di fede forgiati dalle autentiche virtù riescono a mutare in servizio prezioso alla Chiesa persino i loro apparenti difetti; e in tal senso, da San Paolo a Sant’Agostino, la lista di questi uomini straordinari è molto lunga. A recare danni alla Chiesa non sono gli uomini resi risoluti dalla loro forza di carattere, ma coloro che non sanno dire sì quando è sì e no quando è no (Cfr. Mt 5, 37); sono i deboli fieri della propria debolezza velata di spiritualismi e misticismi, inconsapevoli che noi, nella sequela di Cristo, siamo chiamati a essere il sale, non lo zucchero della terra (cfr. Mt 5, 13-16). Infatti, quando fummo consacrati sacerdoti non ci fu regalato un pensiero sdolcinato, il Vescovo consacrante ci disse: «Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore». Il tutto basato sulle parole del Divino Maestro che ci ha ammoniti: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16, 24-25).

Tutto questo egli ha cercato di comprenderlo, viverlo e trasmetterlo attraverso un modo particolare di annunciare e portare il Vangelo: la diplomazia ecclesiastica a servizio della Chiesa di Cristo e della Sede Apostolica.

La fonte della vera diplomazia ecclesiastica è tutta racchiusa sulle righe, dentro le righe e oltre le righe del Vangelo che, di secolo in secolo, sino al ritorno di Cristo alla fine dei tempi, non cesserà di mettere in luce le nostre miserie e le nostre ricchezze umane, i nostri limiti e le nostre grandezze, i nostri peccati e le nostre cristiane virtù. E di questi tempi, forse più che mai viene da dire col Beato Apostolo Paolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede» (II Tm 4,6). Perché non è facile conservare la fede, nemmeno dentro quella società umana che è la Chiesa visibile, definita «Santa e peccatrice» dal Santo vescovo Ambrogio, seguito secoli dopo dal Cardinale Joseph Ratzinger che meditando nel 2005 la nona stazione della Via Crucis lamentò: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!».

Chi è questo prete salito sul pulpito a predicare in memoria di Adriano vescovo? Sono un servo inutile. Come infatti dice il Signore Gesù: «Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”» (Lc 17, 10). Quale era il mio intimo rapporto con lui? Rispondo dicendo che nel Vangelo lucano si parla della grande riservatezza della Beata Vergine Maria che «da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19).

Scrive l’Apostolo agli abitanti di Corinto: «Dov’è, o morte, la tua vittoria?» (I Cor 15, 55). Riflettendo su questo passo sul finire della sua vita, il Sommo Pontefice Benedetto XVI commentò: «Non mi preparo alla fine ma a un incontro poiché la morte apre alla vita, a quella eterna, che non è un infinito doppione del tempo presente, ma qualcosa di completamente nuovo».

Buon viaggio nel «nuovo» buon viaggio «nell’eterno», Adriano vescovo, hai fatto quanto dovevi fare, come tutti noi «servi inutili», ne sono testimone come figlio, amico e fratello. Ogni 11 settembre, finché fisicamente potrò, verrò in questo luogo presso la Chiesa particolare di San Marino-Montefeltro, alla quale appartengo come presbitero ― benché non sia vissuto nel Montefeltro ma a Roma con te ―, per celebrare nel tuo luogo natale, oggi anche tuo luogo di sepoltura, una Santa Messa per l’anima immortale del padre, dell’amico e del fratello che sei stato per me.

Sia lodato Gesù Cristo!

Santa Maria del Mutino, loc. Monastero di Piandimeleto, 15 settembre 2025

.

.

ESEQUIAL MASS FOR APOSTOLIC NUNCIO ADRIANO BERNARDINI. HOMILY DELIVERED BY FATHER ARIEL S. LEVI DI GUALDO

Diocese of San Marino-Montefeltro, Monastery Church of Piandimeleto, September 15, 2025, 3:00 PM. Esequial Mass for His Excellency Msgr. Adriano Bernardini, Titular Archbishop of Faleri and Apostolic Nuncio.

— Ecclesial actuality —

.

† Gospel of John (14, 1-6)

«”Do not let your hearts be troubled. You have faith in God; have faith also in me. In my Father’s house there are many dwelling places. If there were not, would I have told you that I am going to prepare a place for you? And if I go and prepare a place for you, I will come back again and take you to myself, so that where I am you also may be. Where [I] am going you know the way”. Thomas said to him, “Master, we do not know where you are going; how can we know the way?” Jesus said to him, “I am the way and the truth and the life. No one comes to the Father except through me”».

 

Venerable Bishops Dominic, shepard of this particular Church, and Andrew, Bishops emeritus, Brother friends, and all of you dearly beloved present here: «Grace to you and peace from God our Father and the Lord Jesus Christ!».

Receiving the sacred anointing of the sick on August 30, Adriano Bernardini, Titular Archbishop of Faleri and Apostolic Nuncio, whispered to me the words of the Gospel of John: «Father, the hour has come» (Jn 17:1-2). For this reason, I chose to greet him with a homily taken from this Fourth Gospel, where the Apostle Peter asks Jesus: «Lord, where are you going? Jesus responds to Peter, who was not yet ready: “Where I am going, you cannot follow me now; you will follow me later”. He had said the same thing shortly before to all the disciples: “Where I am going, you cannot come”» (Jn 13:33-34).

These fragments reveal the emotion of the imminent separation from the Divine Master. Perhaps this is why the words of the Gospel just proclaimed open with an invitation from Jesus that becomes not only a promise but also a balm: «Do not let your hearts be troubled. Believe in God, believe also in me. In my Father’s house are many rooms».

With his words, Jesus is making his departure and the void it leaves an opportunity for rebirth for his disciples. By asking them for faith, he pushes them to transform their fear of the new and the terror of abandonment into the courage to give themselves, relying on the Lord who promises to go and prepare a place for them. He experiences his departure in relationship with those who remain and shows that he is not abandoning them, but is inaugurating a different phase of relationship with them. This separation is in preparation for a new welcome based on a specific promise: «I will take you to myself» (Jn 14:2-3).

In a difficult circumstance like this, it’s beautiful to return to the beginning, when the disciples, future apostles, first encountered Jesus and asked him: «Rabbi, Master, where are you staying?». He said to them: «Come and see».

«To remain» or «to abide», «to come» and «to see» are the verbs that, especially in the Gospel of John, describe the journey of faith, the disciple’s arrival, and the answer to Peter’s question: «Where are you going? Where can we meet you and find you again?» Jesus will one day say: «Remain in my love, as the branch remains in the vine, for I have kept my Father’s commandments and remain in his love. There is my dwelling place, where I remain and dwell» (Jn 15:9-10).

This is the disciple’s goal, for which there is no need to wait for the passing of death, because it is here, now, available to all, because Jesus has become the way. It is not a future reality that will be revealed beyond this life through death, a difficult passage for those who must cross it and a painful legacy for those who will have to live with the memory, but it is a present gift for those who «believe in him» (Jn 14:12).

Let not our hearts, then, be troubled by separation; rather, let us prepare ourselves from now to recognize the place that belongs to each of us in the eternal home that awaits us. Similar to the place of the beloved disciple who leaned his head on Jesus’ chest at the Last Supper. He was reclining in Jesus’ bosom (Jn 13:25), who, as the John prologue says, «has returned to the bosom of the Father and has opened the way» (Jn 1:18), now «when his hour has come to pass from this world to the Father» (Jn 13:1), he tells us: «No one comes to the Father except through me».

To try to propose the difficult, yet attainable and achievable, reasons for the Holy Gospel, the Church has always used many means, including diplomacy. This is the Apostolic Nuncio: a bearer and proclaimer of the Holy Gospel called to establish the Pax Christi in the world. But let’s try to illustrate this with a concrete example: in October 1962, the world came close to World War III with the “Cuban crisis”. By then, the two interlocutors, Nikita Khrushchev and John Fitzgerald Kennedy, could no longer speak or negotiate, because neither was willing to take a step back. It was at that tragic moment that the Holy Pontiff John XXIII intervened. It is worth remembering that he was not exactly the simpleton depicted in certain popular iconography; he came from the world of diplomacy and had been a refined diplomat, especially during his tenure as Apostolic Nuncio to France. Both sides simultaneously accepted the appeal, and the missile warheads headed toward Cuba were turned back. A few months later, in April 1963, the Holy Pontiff published his encyclical Pacem in Terris. The Gospel’s message of peace prevailed thanks to papal diplomacy. Today, contemporary history books tell us that this diplomatic intervention saved humanity from the risk of a Third World War.

Rather than reciting the litany of his virtues, I will mention one of his defects, to demonstrate how a servant of the Church and the Papacy can transform a defect into a virtue through the three virtues of faith, hope, and charity (cf. 1 Cor 13:1-13), which are not based on emotions, or worse, on visceral ideologies, but on reason. Fides quaerens intellectum and and vice versa intellectus quaerens fidem, or faith requires reason, and conversely, reason requires faith, as the father of classical scholasticism, Saint Anselm of Aosta, stated, in turn drawing on the thought of the Holy Father and Doctor of the Church, Augustine, Bishop of Hippo: credo ut intelligam and vice versa intelligo ut credam, or I believe in order to understand, I understand in order to believe. This culminated in the Holy Pontiff John Paul II, who summarized this relationship between reason and faith in the encyclical Fides et Ratio, Faith and Reason.

Resolute by temperament, he was capable of becoming immovable. In the last months of his life, he was weakened by illness, but retained his peculiar character. One day, during his final stay at the Roman nursing home Villa del Rosario — where, incidentally, he was excellently cared for by doctors, paramedics, and nuns — he began to consider a wrong thing that could have been harmful to him as right. I told him this, and at first he almost became angry, but I calmed him by reminding him of the Gospel passage recounting Jesus speech to Peter: «Truly, truly, I say to you, when you were younger, you girded yourself and walked where you wished; but when you grow old, you will stretch out your hands, and another will gird you and carry you where you do not wish to go» (Jn 21:18). He smiled and replied ironically: «All right, I will follow you, but try to take me where I want to go».

Christianity owes much to people of resolute character. Just think of the passage in the Acts of the Apostles where the Blessed Apostle Paul is described as «arguing with the Greeks» (translation: he argued with them); «but they sought to kill him» (translation: because they could not stand him). «When the brothers learned of this, they took him to Caesarea, and from there they sent him to Tarsus» (translation: we tried to save his life in the name of the nascent Christian charity). And finally, the diplomatic conclusion to this chronicle: «So the church throughout all Judea, Galilee, and Samaria had peace» (which translated means: thank goodness he left) (Acts 9:29-31). And yet, how much do we owe to the resolute and not a little rough-edged character of the Blessed Apostle Paul?

I have honored his will by avoiding beatifications through epic tales and triumphal biographies, as is sometimes customary at funerals, things he detested, also because none of us know God’s judgment, but we all know how great his reward is for his faithful servants, because only men of faith forged by authentic virtues are able to transform even their apparent defects into precious service to the Church; and in this sense, from Saint Paul to Saint Augustine, the list of these extraordinary men is very long. Those who harm the Church are not men made resolute by their strength of character, but those who cannot say yes when it is yes and no when it is no (cf. Mt 5:37); they are the weak, proud of their own weakness veiled in spiritualism and mysticism, unaware that we, in following Christ, are called to be the salt, not the sugar, of the earth (cf. Mt 5:13-16). In fact, when we were consecrated priests, we weren’t given a sentimental thought; the consecrating Bishop told us: «Realize what you will do, imitate what you will celebrate, conform your life to the mystery of the cross of Christ the Lord». All of this was based on the words of the Divine Master who admonished us: «If anyone would come after me, let him deny himself, take up his cross, and follow me» (Mt 16:24-25).

He sought to understand, live, and transmit all of this through a particular way of announcing and bringing the Gospel: ecclesiastical diplomacy in the service of the Church of Christ and the Apostolic See.

The source of true ecclesiastical diplomacy lies entirely inside and beyond the written lines of the Gospel, which, from century to century, until Christ’s return at the end of time, will never cease to highlight our human miseries and riches, our limitations and our greatness, our sins and our Christian virtues. And in these times, perhaps more than ever, we can say with the Blessed Apostle Paul: «have competed well; I have finished the race;f I have kept the faith» (2 Tim 4:7). Because it is not easy to maintain the faith, not even within that human society which is the visible Church, defined as “holy and sinful” by the Holy Bishop Ambrose, followed centuries later by Cardinal Joseph Ratzinger who, meditating on the ninth station of the Way of the Cross in 2005, lamented: «How much filth there is in the Church, and even among those who, in the priesthood, should belong completely to him!»

Who is this priest who ascended the pulpit to preach in memory of Bishop Hadrian? I am an unprofitable servant. As the Lord Jesus says: «When you have done all that you were commanded, say, “So should it be with you. When you have done all you have been commanded, say, “We are unprofitable servants; we have done what we were obliged to do”» (Lk 17:10). What was my intimate relationship with him? I answer by saying that the Gospel of Luke speaks of the great reserve of the Blessed Virgin Mary, who «And Mary kept all these things, reflecting on them in her heart» (Lk 2:19).

The Apostle writes to the people of Corinth: « Where, O death, is your victory?» (1 Cor 15:55). Reflecting on this passage at the end of his life, the Roman Pontiff Benedict XVI commented: «I am not preparing for the end but for an encounter, since death opens the way to life, to eternal life, which is not an infinite duplicate of the present time, but something completely new».

Have a good journey into the «new» world, and a good journey into the «eternal», Bishop Adriano. You have done what you had to do, like all of us «unprofitable servants». I bear witness to this as a son, friend, and brother. Every September 11th, as long as I am physically able, I will come to this place, to the particular Church of San Marino-Montefeltro, to which I belong as a priest — although I did not live in Montefeltro but in Rome with you — to celebrate in your birthplace, now also your burial place, a Holy Mass for the immortal soul of the father, friend, and brother you were to me.

Praised be Jesus Christ!

Santa Maria del Mutino, Monastero di Piandimeleto, 15 settembre 2025

.

.

EXEQUIAS FÚNEBRES DEL NUNCIO APOSTÓLICO ADRIANO BERNARDINI. HOMILÍA PRONUNCIADA POR EL PADRE ARIEL S. LEVI DI GUALDO

Diócesis de San Marino-Montefeltro, Iglesia del Monasterio de Piandimeleto, 15 de septiembre de 2025. Exequias fúnebres de S.E. Mons. Adriano Bernardini, Arzobispo titular de Faleri y Nuncio Apostólico.

— Actualidad eclesial —

.

.

†Del Evangelio según Juan (14, 1-6)

«En aquel tiempo, Jesús dijo a sus discípulos: “No se inquieten. Crean en Dios y crean también en mí. En la Casa de mi Padre hay muchas habitaciones; si no fuera así, se lo habría dicho a ustedes. Yo voy a prepararles un lugar. Y cuando haya ido y les haya preparado un lugar, volveré otra vez para llevarlos conmigo, a fin de que donde yo esté, estén también ustedes. Ya conocen el camino del lugar adonde voy”. Tomás le dijo: “Señor, no sabemos adónde vas. ¿Cómo vamos a conocer el camino?”.Jesús le respondió: “Yo soy el Camino, la Verdad y la Vida. Nadie va al Padre, sino por mí”».

.

Venerables Obispos Domenico, pastor de esta nuestra Iglesia particular y Andrea pastor emérito, Cohermanos sacerdotes, amigos y todos estimados presentes: «Gracia y paz a vosotros de parte de Dios nuestro Padre y del Señor Jesucristo».

Recibiendo el 30 de agosto la unción de los enfermos Adriano Bernardini, Arzobispo titular de Faleri y Nuncio Apostólico, me susurró las palabras del Evangelio de Juan: «Padre, ha llegado la hora» (Jn 17, 1-2). Por eso he elegido despedirlo con una homilía extraída de este Cuarto Evangelio, donde el Apóstol Pedro pregunta a Jesús: «Señor, ¿adónde vas?». Jesús responde a Pedro que aún no estaba preparado: «Adonde yo voy, tú no puedes seguirme ahora; me seguirás más tarde». Lo mismo había dicho poco antes a todos los discípulos: «Adonde yo voy, vosotros no podéis venir» (Jn 13, 33-34)

Son fragmentos que revelan la emoción por la inminente separación del Divino Maestro. Quizás es por eso que las palabras del Evangelio recién proclamado se abren con una invitación de Jesús que se convierte, además de  promesa, en bálsamo: «No se turbe vuestro corazón. Tened fe en Dios y tened fe también en mí. En la casa de mi Padre hay muchas moradas».

Con sus palabras Jesús está haciendo de su partida y del vacío que deja una ocasión de renacimiento para sus discípulos. Pidiéndoles fe, los impulsa a transformar el miedo hacia lo nuevo y el terror al abandono en valor para entregarse, apoyándose en el Señor que promete ir a preparar un lugar para ellos. Él vive su partida en relación con quien se queda y muestra que no lo está abandonando, sino que está inaugurando una fase diferente de relación con ellos. La separación es en vista de una nueva acogida basada en una promesa precisa: «Os tomaré conmigo» (Jn 14, 2-3).

En una circunstancia difícil como esta es bueno volver a los inicios, cuando los discípulos, futuros apóstoles, tuvieron el primer contacto con Jesús y le preguntaron: «Rabí, Maestro, ¿dónde moras?». Les dijo: «Venid y veréis».

“Permanecer” o “morar”, “venir” y “ver” son los verbos que sobretodo en el Evangelio de Juan describen el camino de fe, la llegada del discípulo y la respuesta a la pregunta de Pedro: «¿Adónde vas, dónde podemos encontrarte y hallarte de nuevo?». Jesús dirá un día: «Permaneced en mi amor, como el sarmiento permanece en la vid, porque yo he guardado los mandamientos de mi Padre y permanezco en su amor. Ese es el lugar donde habito, permanezco y moro» (Jn 15, 9-10).

He aquí la meta del discípulo para la cual no hay necesidad de esperar el tránsito de la muerte, porque está aquí, ahora, disponible para todos, porque Jesús se ha hecho camino. No es una realidad futura que se revelará más allá de esta vida a través de la muerte, un paso difícil para quien debe atraversarlo y un doloroso legado para quien deba convivir con el recuerdo, sino un regalo presente para quien «cree en él» (Jn 14, 12).

Que no sea pues turbado nuestro corazón ante la separación, sino preparémonos desde ahora a reconocer el lugar que a cada uno de nosotros corresponde en la morada eterna que nos aguarda. Que es similar al lugar del discípulo amado quien reclinó su cabeza en el pecho de Jesús en la última cena. Este estaba reclinado en el seno de Jesús (Jn 13, 25), el cual, como dice el prólogo joánico «ha vuelto al seno del Padre y ha abierto el camino» (Jn 1,18), ahora «habiendo llegado su hora de pasar de este mundo al Padre (Jn 13, 1) nos dice: «Nadie va al Padre sino por mí».

Para tratar de proponer las razones no fáciles, pero alcanzables y realizables del Santo Evangelio, la Iglesia se sirve desde siempre de muchos medios, incluida la diplomacia. Esto es el Nuncio Apostólico: un portador y anunciador del Santo Evangelio llamado a realizar la pax Christi en el mundo. Pero intentemos representar todo esto con un ejemplo concreto: en octubre de 1962 el mundo rozó la Tercera Guerra Mundial con la “crisis de Cuba”. Ya los dos interlocutores, Nikita Jrushchov y John Fitzgerald Kennedy no podían hablar ni negociar, porque ninguno de los dos estaba dispuesto a dar un paso atrás. Fue en ese momento trágico cuando intervino el Santo Pontífice Juan XXIII que, es bueno recordarlo, no era propiamente aquel simple campesino representado en ciertas iconografías populares. Provenía del mundo de la diplomacia y había sido un diplomático refinado, especialmente en su función como nuncio apostólico en Francia. Los dos interlocutores acogieron el llamamiento simultáneamente y las cabezas misilísticas en ruta hacia Cuba volvieron para atrás. Pocos meses después, en abril de 1963, el Santo Pontífice publicó su encíclica Pacem in Terris. El mensaje de paz del Evangelio prevaleció gracias a la diplomacia pontificia. Hoy, los libros de historia contemporánea narran que aquella intervención diplomática salvó a la humanidad del riesgo de una Tercera Guerra Mundial.

En lugar de recitar las letanías de las virtudes aludiré a un defecto suyo, para demostrar cómo un servidor de la Iglesia y del Papado puede mutar un defecto en virtud a través de las tres virtudes de fe, esperanza y caridad (cfr. I Cor 13, 1-13), las cuales no se sostienen sobre emociones, o peor aún sobre ideologías viscerales, sino sobre la razón. Fides quaerens intellectum e inversamente intellectus quaerens fidem, es decir: la fe requiere la razón e inversamente la razón requiere la fe, como enunció el padre de la escolástica clásica San Anselmo de Aosta remitiéndose a su vez al pensamiento del Santo Padre y doctor de la Iglesia Agustín obispo de Hipona: credo ut intelligam e inversamente intelligo ut credam, o sea, creo para entender, entiendo para creer. Y finalmente se llega al Santo Pontífice Juan Pablo II que resumió esta relación entre razón y fe en la encíclica Fides et Ratio, fe y razón.

Decidido por temperamento, era capaz de volverse inamovible. En los últimos meses de vida fue debilitado por la enfermedad, pero conservaba su carácter peculiar. Un día, durante su última estancia en la casa de cura romana Villa del Rosario — donde, por cierto, fue atendido de modo excelente por  médicos, paramédicos y religiosas —, empezó a considerar correcta una cosa errónea que habría podido ser nociva para él. Se lo dije y, al principio, casi se enojó, pero lo calmé recordándole la página del Evangelio en la cual se narra el discurso en que Jesús dice a Pedro: «“En verdad, en verdad te digo: cuando eras más joven, te ceñías e ibas adonde querías; pero cuando seas viejo, extenderás tus manos, y otro te ceñirá y te llevará adonde no quieras”» (Jn 21, 18). Sonrió y respondió irónico: está bien, te seguiré, pero trata de llevarme adonde yo quiero ir».

A las personas de carácter decidido la Cristiandad debe mucho,  basta pensar en el pasaje de los Hechos de los Apóstoles donde se narra que el Beato Apóstol Pablo «discutía con los griegos» (traducción: reñía con ellos); «pero estos buscaban matarlo» (traducción: porque no lo soportaban). «Los hermanos, al saberlo, lo condujeron a Cesarea y de allí lo enviaron a Tarso» (traducción: intentemos salvarle la vida en nombre de la naciente caridad cristiana). Y al cierre la diplomática conclusión de esta crónaca: «Así la Iglesia, por toda Judea, Galilea y Samaria, tenía paz» (que traducido significa: menos mal que se fue) (Hch 9, 29-31). Y sin embargo, ¿cuánto le debemos al carácter decidido y no poco espinoso del Beato Apóstol Pablo?

He honrado su voluntad evitando beatificaciones por medio de relatos épicos y biografías triunfales, como a veces se suele hacer en los funerales, cosas detestadas por él, también porque ninguno de nosotros conoce el juicio de Dios, pero todos sabemos cuán grande es su recompensa para sus siervos fieles, porque solo los hombres de fe forjados por las auténticas virtudes logran mutar en servicio precioso para la Iglesia incluso sus aparentes defectos; y en tal sentido, desde San Pablo hasta San Agustín, la lista de estos hombres extraordinarios es muy larga. No son los hombres decididos por su fuerza de carácter los que dañan a la Iglesia, sino aquellos que no saben decir sí cuando es sí y no cuando es no (Cfr. Mt 5, 37); son débiles orgullosos de su debilidad velada en espiritualismos y misticismos, inconscientes de que nosotros, en la secuela de Cristo, hemos sido llamados a ser la sal y no el azúcar de la tierra (cfr. Mt 5, 13-16). De hecho, cuando fuimos consagrados sacerdotes no se nos regaló un pensimiento empalagoso, el Obispo consagrante nos dijo: «Date cuenta de lo que harás, imita lo que celebrarás, conforma tu vida al misterio de la cruz de Cristo Señor». Todo ello, basado en las palabras del Divino Maestro que nos ha advertido: «Si alguno quiere venir en pos de mí, niéguese a sí mismo, tome su cruz y me siga» (Mt 16, 24-25).

Todo esto él ha buscado comprenderlo, vivirlo y transmitirlo a través de un modo particular de anunciar y llevar el Evangelio: la diplomacia eclesiástica al servicio de la Iglesia de Cristo y de la Sede Apostólica.

La fuente de la verdadera diplomacia eclesiástica está toda contenida en las líneas, dentro de las líneas y más allá de las líneas del Evangelio que, de siglo en siglo, hasta el retorno de Cristo al final de los tiempos, no cesará de poner en evidencia nuestras miserias y nuestras riquezas humanas, nuestros límites y nuestras grandezas, nuestros pecados y nuestras virtudes cristianas. Y en estos tiempos, quizás más que nunca, podemos decir con el Beato Apóstol Pablo: «He combatido el buen combate, he terminado mi carrera, he guardado la fe» (II Tim 4, 6). Porque no es fácil conservar la fe, ni siquiera dentro de aquella sociedad humana que es la Iglesia visible, definida «Santa y pecadora» por el Santo obispo Ambrosio, o siglos después, por el Cardenal Joseph Ratzinger quien meditando en 2005 la novena estación del Vía Crucis lamentó: «¡Cuánta suciedad hay en la Iglesia, y precisamente entre aquellos que, en el sacerdocio, deberían pertenecerle completamente!».

¿Quién es este sacerdote subido al púlpito a predicar en memoria de Adriano obispo? Soy un siervo inútil. Como de hecho dice el Señor Jesús: «“Cuando hayáis hecho todo lo que se os ha mandado, decid: “Somos siervos inútiles. Hemos hecho lo que debíamos hacer””» (Lc 17, 10). ¿Cuál era mi relación íntima con él? Respondo diciendo que en el Evangelio lucano se habla de la gran reserva de la Bienaventurada Virgen María que «por su parte, guardaba todas estas cosas meditándolas en su corazón» (Lc 2, 19).

Escribe el Apóstol a los habitantes de Corinto: «¿Dónde está, oh muerte, tu victoria?» (I Cor 15, 55). Reflexionando sobre este paso al final de su vida, el Sumo Pontífice Benedicto XVI comentó: «No me preparo para el final sino para un encuentro porque la muerte abre a la vida, a la vida eterna, que no es un infinito duplicado del tiempo presente, sino algo completamente nuevo».

Buen viaje hacia lo «nuevo» buen viaje «hacia lo eterno», Adriano obispo, has hecho cuanto debías hacer, como todos nosotros «siervos inútiles», de ello soy testigo como hijo, amigo y hermano. Cada 11 de septiembre, mientras físicamente me sea posible, vendré a este lugar bajo la jurisdicción de la Iglesia particular de San Marino-Montefeltro, a la cual pertenezco como presbítero — aunque no haya vivido en Montefeltro sino en Roma contigo —, para celebrar en tu lugar natal, ya hoy tu lugar de sepultura, una Santa Misa por el alma inmortal del padre, del amigo y del hermano que has sido para mí.

¡Alabado sea Jesucristo!

Santa Maria del Mutino, Monastero di Piandimeleto, 15 Septiembre 2025

.

.

______________________

Cari Lettori, questa rivista richiede costi di gestione che affrontiamo da sempre unicamente con le vostre libere offerte. Chi desidera sostenere la nostra opera apostolica può farci pervenire il proprio contributo mediante il comodo e sicuro Paypal cliccando sotto:

O se preferite potete usare il nostro Conto corrente bancario intestato a:

Edizioni L’Isola di Patmos

Agenzia n. 59 di Roma – Vaticano

Codice IBAN: IT74R0503403259000000301118

Per i bonifici internazionali:

Codice SWIFT: BAPPIT21D21

Se fate un bonifico inviate una email di avviso alla redazione,

la banca non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un messaggio di ringraziamento: isoladipatmos@gmail.com

Vi ringraziamo per il sostegno che vorrete offrire al nostro servizio apostolico.

I Padri dell’Isola di Patmos

.

.

.

.

.

.

.

.

 

1 commento
  1. lydia2005
    lydia2005 dice:

    Meravigliosa omelia per le esequie del confratello. Mi ha commosso!
    La ricchezza delle citazioni delle Scritture rende la spiegazione di una efficacia inestimabile! Non posso che essergliene infinitamente grata. Chi ama e studia con passione le Scritture non può che apprezzare enormemente chi le cita in maniera così documentata e appropriata.
    E si, un uomo di Dio deve essere fermo e tenace nella fede anche di fronte allo sfacelo! Saggia considerazione! Grazie di ❤️

I commenti sono chiusi.