El jesuita Giubigay actualizado que hasta ayer se vio afectado por la fobia moral

IL GIUBIGAY DI QUEI GESUITI AGGIORNATI CHE FURONO FINO A IERI AFFETTI DA MORALFOBIA

Tra i Gesuiti di nuova generazione la tolleranza, lo spirito inclusivo e le varie arcobalenate arriveranno tra poco a un tale livello che alle persone intelligenti e cattoliche sarà vietato fare qualsiasi riflessione all’interno della Chiesa per non offendere i Gesuiti imbecilli.

— Los Breves de los Padres de la Isla de Patmos —

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Essendo stato allievo formato dai gesuiti della vecchia e ormai estinta scuola ignaziana, per dovuto rispetto distinguo la benemerita Compagnia di Gesù che fu, ossia quella dei miei Maestri (ver AQUI), dalla attuale Compagnia delle Indie, al cui interno è confluito di tutto e di più, inclusi fulminati e sbandati.

Ha causato enorme dolore in chi vive, come noi Padri de L’Isola di Patmos, una profonda e radicata fede eucaristica, l’assistere al Festival delle comunioni sacrileghe nella chiesa-simbolo dei gesuiti: la storica Chiesa romana del Gesù (ver el vídeo AQUI y AQUI). Eppure si tratta degli stessi gesuiti che nelle loro scuole maschili, Hasta que no hace muchas décadas, facevano dormire gli adolescenti con le mani fuori dalle lenzuola, tenendo sempre una luce soffusa accesa nei dormitori per evitareturpipeccati contro la purezza. Perché lì risiedeva l’intero mistero del male, dentro la mutanda, después, su tutto il resto, si poteva anche soprassedere, a partire dai più gravi peccati contro la carità. E sorvoliamo sul modello di purezza assoluta di San Luigi Gonzaga, rasente alle volte il terrorismo psicologico; modello impossibile da raggiungere, per com’era presentato, forse al perverso scopo di far sentire i poveri adolescenti in sempiterno peccato e costringerli a confessioni settimanali?

inutil decir, ma lo dico lo stesso perché nel farlo godo come Dante Alighieri sulle righe del XXXIIII Canto del Paradiso: perché non imporre certi modelli gesuitici di purezza coatta, oltre che assoluta, a Padre James Martin e ai suoi friendly arcobalenati? Un poco’ di vecchia e sana purezza assoluta alla San Luigi Gonzaga, mica gli farebbe male, o no?

È una pena estrema vedere i membri della odierna Compagnia delle Indie fare pubblico scandalo dando sacrilegamente il Corpo di Cristo alle coppie di gay felici e orgogliosi che si presentano manina nella manina alla mensa eucaristica col proprio fidanzato convinti che in errore non siano loro, pero la iglesia. Porque ese es el problema, lo vado ripetendo inutilmente da anni: all’interno della nostra povera e disastrata Chiesa ci sono soggetti che hanno stravolto senso e finalità, non accogliendo più il peccatore, che sempre deve essere accolto, perdonato e benedetto proprio per la missione a noi affidata da Cristo, ma accolgono il peccato che benedicono assieme al peccatore che vive fiero nel peccato, conducendo così eserciti di anime verso la perdizione. Questo hanno fatto nella giornata di ieri i membri della Compagnia delle Indie nella Chiesa del Gesù, gli stessi che fino a ieri facevano terrorismo psicologico tramite l’immagine di San Luigi Gonzaga verso degli adolescenti colpevoli di eccitarsi alla vista di una bella ragazza.

Pero entonces se conoce: tra i Gesuiti di nuova generazione la tolleranza, lo spirito inclusivo e le varie arcobalenate arriveranno tra poco a un tale livello che alle persone intelligenti e cattoliche sarà vietato fare qualsiasi riflessione all’interno della Chiesa per non offendere i Gesuiti imbecilli.

 

Desde la isla de Patmos, 7 Septiembre 2025

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Los Padres de la Isla de Patmos

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Se llama al discípulo no solo para comenzar, pero también para completar

Homilética de los Padres de la Isla de Patmos

Se llama al discípulo no solo para comenzar, MA ANCHE A PORTARE A COMPIMENTO

Debe ser, También en el discípulo, Libertad y ligereza para completar el camino de la vida recorrido como una secuencia de Cristo. El amor está llamado a convertirse en responsabilidad y libertad perseverancia: lì si situa la necessaria rinuncia, purificación, spogliazione.

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L’immagine prevalente che di Gesù ci hanno trasmesso i Vangeli è quella di un carismatico itinerante che impone a chi intende seguirlo la rottura con l’ethos tradizionale esclusivamente in forza della sua parola, tanto le richieste dovettero apparire e tuttora ci appaiono estreme, come nel caso di questa: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece vae annuncia il regno di Dio» (Lc 9,60).

Ma l’etica di Gesù è l’etica dell’attesa, incompatibile con l’etica moderna del progresso o con l’etica dei valori. Il brano di Vangelo di questa domenica misura la qualità del rapporto di Gesù con i discepoli, nonché la distanza che ci separa dal suo sentire religioso appena ci si affacci seriamente oltre la spessa cortina dell’elaborazione teologica. vamos a leerlo:

«Una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, niños, hermanos, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. ¿Quién entre ustedes?, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, diciendo: ‘Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro’. Oppure quale re, ir a la guerra contra otro rey, no se sienta primero a examinar si puede enfrentarse con diez mil hombres a quien venga a recibirlo con veinte mil? Se no, mientras el otro aun esta lejos, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”» (Lc 14,25-33).

L’occasione per i brevi detti di Gesù conservati dall’odierna pagina evangelica è narrata nel versetto d’apertura: «Una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse». La gente andava e Gesù si volta: il lettore capisce in questo modo che è ripreso il viaggio. Siempre y cuando, precedentemente, il Signore veniva colto a tavola coi suoi discepoli, invitato da un capo dei farisei (Lc 14,1). E ricordiamo anche la situazione del vangelo di domenica scorsa circa la scelta dei posti e degli invitati, mentre ora l’evangelista richiama l’attenzione sul viaggio che Gesù ha intrapreso e che giungerà a compimento in Gerusalemme. Il precedente contesto del banchetto terminava con parole di invito per tutti, affinché la casa fosse riempita: «Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia» (Lc 14,23); ora invece le parole di Gesù aggiungono qualcosa e chiariscono come poter entrare in quella casa. Si tratta di esigenti condizioni per poter seguire Gesù, alcune regole, de hecho, per essere discepoli, sono necessarie. Y, Una vez más, queste parole sono per tutti coloro che vogliono dirsi cristiani. L’invito ad amare Gesù più dei propri genitori, a portare la croce, e a rinunciare agli averi non è qualcosa riservato a pochi eletti, ma vale per ogni discepolo che vuole essere di Cristo.

Le parole sulle relazioni familiari le troviamo anche nel Vangelo di Matteo, quasi identiche, ma nel primo evangelista mancano le due brevi parabole, quella sulla torre e quella sul re che va in guerra, che sono dunque materiale propriamente lucano, attinto da una fonte precipua di questo evangelista. Sono in effetti parole che colpiscono, la sensibilità moderna recepisce come molto duro il contrasto di amare e odiare se riferito ai propri familiari o addirittura alla propria stessa vita: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, niños, hermanos, le sorelle e perfino la propria vita, No puede ser mi discípulo " (v.26). Gesù sta davvero chiedendo un rifiuto dei rapporti umani, una rigidità con gli altri, anche con quelli della propria famiglia? Senza depotenziare la tensione escatologica cha ha animato la predicazione di Gesù possiamo affermare che qui siamo di fronte ad un tipico ebraismo, dove il verbo odiare vuol dire: «porre dopo, mettere in secondo piano». Troviamo questo tipo di ricorrenze nell’Antico Testamento, come pure nei Vangeli, per esempio nel passo di Matteo: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Mt 6,24). Proprio Matteo ci aiuta a capire meglio le esigenti parole di Gesù, perché le riporta in una forma attenuata, ovvero senza usare il verbo odiare, ma un comparativo: «Chi ama padre o madre più di me, No es digno de mí; chi ama figlio o figlia più di me, no es digno de mi " (Mt 10,37). Se trata de, in conclusione, di subordinare ogni amore a quello per il Signore, senza cessare di amare coloro che la legge stessa comanda di amare, come i propri genitori. Vuol dire che essere discepoli è una cosa seria, a maggior ragione nel tempo che si è fatto breve, e queste sono indicazioni valide per tutti i credenti in Cristo, lo abbiamo già detto, e per ogni momento della vita.

Seguono, después, le parole di Gesù sul portare la croce, già incontrate in Lc 9,23, e infine due brevi parabole. Come detto all’inizio di questo commento è da lì che si deve partire per comprendere cosa comporti essere discepoli. Queste parabole hanno in comune il denominatore della lotta e della perseveranza. Seguire Gesù equivale a costruire una torre, occorre impegno e costanza, come il costruire una casa sulla roccia (cf.. Mt 7,24); equivale ad andare in guerra, sapendo ben misurare le proprie forze.

La sequela è esigente anche perché il discepolo è chiamato non solo a iniziare, pero también para completar (v.v.. 28.29.30), e indispensabile per la sequela è la disponibilità a perdere tutto, anche «la propria vita» (v.26). Il bene da possedere è la rinuncia ai beni, imparare l’arte della perdita, del diminuire, del non cadere nelle maglie del possesso o della logica dell’avere. Gesù, afferma Paolo, «svuotò sé stesso» (Dentro 2,7) e «da ricco che era, si fece povero» (2Cor 8,9). Debe ser, También en el discípulo, Libertad y ligereza para completar el camino de la vida recorrido como una secuencia de Cristo. El amor está llamado a convertirse en responsabilidad y libertad perseverancia: lì si situa la necessaria rinuncia, purificación, spogliazione. Le esigenze della sequela hanno dunque a che fare con il tutto della persona — il suo cuore — e con il tutto del suo tempo, per la durata della sua vita. E ci mettono in guardia dal rischio di lasciare a metà l’opera intrapresa.

Clemente Alessandrino (Protrettico X,39) parlava della fede come di «un bel rischio» (kalòs kíndynos). Per i primi cristiani spesso aderire a Cristo, in un contesto a maggioranza pagano, comportava persecuzioni e perfino il martirio. Hoy en día, nei nostri paesi di vecchia e stanca cristianità, il prezzo della conversione non è sentito e ancor meno pagato. Cerchiamo l’assicurazione che elimina l’insicurezza ed i rischi, anche per ciò che riguarda la fede e la sua testimonianza, Cuándo, en cambio, Gesù, invita a perdere tutto per seguire Lui. Non nascondiamo di provare difficoltà di fronte alle parole dure ed esigenti di Gesù dimenticando che la radicalità del vangelo ha anzitutto una valenza di rivelazione, svela, es decir, prospettive che altrimenti ci resterebbero inaccessibili. Lo ha ricordato anche Papa Leone XIV in un recente Angelus:

«Fratelli e sorelle, è bella la provocazione che ci giunge dal Vangelo di oggi: mentre a volte ci capita di giudicare chi è lontano dalla fede, Gesù mette in crisila sicurezza dei credenti”. Él, de hecho, ci dice che non basta professare la fede con le parole, mangiare e bere con Lui celebrando l’Eucaristia o conoscere bene gli insegnamenti cristiani. La nostra fede è autentica quando abbraccia tutta la nostra vita, quando diventa un criterio per le nostre scelte, quando ci rende donne e uomini che si impegnano nel bene e rischiano nell’amore proprio come ha fatto Gesù; Egli non ha scelto la via facile del successo o del potere ma, pur di salvarci, ci ha amati fino ad attraversare laporta strettadella Croce. Lui è la misura della nostra fede, Lui è la porta che dobbiamo attraversare per essere salvati (Ver Juan 10,9), vivendo il suo stesso amore e diventando, con la nostra vita, operatori di giustizia e di pace» (AQUI).

Desde la ermita, 7 Septiembre 2025

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Cueva de Sant'Angelo en Maduro (Civitella del Tronto)

 

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