Le disciple est appelé non seulement pour commencer, mais aussi pour terminer

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

Le disciple est appelé non seulement pour commencer, MA ANCHE A PORTARE A COMPIMENTO

Il faut, Aussi dans le disciple, La liberté et la légèreté pour terminer le chemin de la vie ont parcouru comme une séquence de Christ. L'amour est appelé à devenir la responsabilité et la persévérance de la liberté: lì si situa la necessaria rinuncia, purification, spogliazione.

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L’immagine prevalente che di Gesù ci hanno trasmesso i Vangeli è quella di un carismatico itinerante che impone a chi intende seguirlo la rottura con l’ethos tradizionale esclusivamente in forza della sua parola, tanto le richieste dovettero apparire e tuttora ci appaiono estreme, come nel caso di questa: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece vae annuncia il regno di Dio» (Lc 9,60).

Ma l’etica di Gesù è l’etica dell’attesa, incompatibile con l’etica moderna del progresso o con l’etica dei valori. Il brano di Vangelo di questa domenica misura la qualità del rapporto di Gesù con i discepoli, nonché la distanza che ci separa dal suo sentire religioso appena ci si affacci seriamente oltre la spessa cortina dell’elaborazione teologica. Lisons-le:

«Una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, Mère, la moglie, enfants, frères, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, disant: ‘Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro’. Oppure quale re, partir en guerre contre un autre roi, il ne s'assoit pas d'abord pour examiner s'il peut, avec dix mille hommes, faire face à celui qui vient contre lui avec vingt mille hommes.? Sinon, tandis que l'autre est encore loin, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”» (Lc 14,25-33).

L’occasione per i brevi detti di Gesù conservati dall’odierna pagina evangelica è narrata nel versetto d’apertura: «Una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse». La gente andava e Gesù si volta: il lettore capisce in questo modo che è ripreso il viaggio. Tant que, precedentemente, il Signore veniva colto a tavola coi suoi discepoli, invitato da un capo dei farisei (Lc 14,1). E ricordiamo anche la situazione del vangelo di domenica scorsa circa la scelta dei posti e degli invitati, mentre ora l’evangelista richiama l’attenzione sul viaggio che Gesù ha intrapreso e che giungerà a compimento in Gerusalemme. Il precedente contesto del banchetto terminava con parole di invito per tutti, affinché la casa fosse riempita: «Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia» (Lc 14,23); ora invece le parole di Gesù aggiungono qualcosa e chiariscono come poter entrare in quella casa. Si tratta di esigenti condizioni per poter seguire Gesù, alcune regole, en fait, per essere discepoli, sono necessarie. E, Encore une fois, queste parole sono per tutti coloro che vogliono dirsi cristiani. L’invito ad amare Gesù più dei propri genitori, a portare la croce, e a rinunciare agli averi non è qualcosa riservato a pochi eletti, ma vale per ogni discepolo che vuole essere di Cristo.

Le parole sulle relazioni familiari le troviamo anche nel Vangelo di Matteo, quasi identiche, ma nel primo evangelista mancano le due brevi parabole, quella sulla torre e quella sul re che va in guerra, che sono dunque materiale propriamente lucano, attinto da una fonte precipua di questo evangelista. Sono in effetti parole che colpiscono, la sensibilità moderna recepisce come molto duro il contrasto di amare e odiare se riferito ai propri familiari o addirittura alla propria stessa vita: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, Mère, la moglie, enfants, frères, le sorelle e perfino la propria vita, Ce ne peut pas être mon disciple " (v.26). Gesù sta davvero chiedendo un rifiuto dei rapporti umani, una rigidità con gli altri, anche con quelli della propria famiglia? Senza depotenziare la tensione escatologica cha ha animato la predicazione di Gesù possiamo affermare che qui siamo di fronte ad un tipico ebraismo, dove il verbo odiare vuol dire: «porre dopo, mettere in secondo piano». Troviamo questo tipo di ricorrenze nell’Antico Testamento, come pure nei Vangeli, per esempio nel passo di Matteo: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Mont 6,24). Proprio Matteo ci aiuta a capire meglio le esigenti parole di Gesù, perché le riporta in una forma attenuata, ovvero senza usare il verbo odiare, ma un comparativo: «Chi ama padre o madre più di me, Il n'est pas digne de moi; chi ama figlio o figlia più di me, n'est pas digne de moi " (Mont 10,37). Ça parle de, in conclusione, di subordinare ogni amore a quello per il Signore, senza cessare di amare coloro che la legge stessa comanda di amare, come i propri genitori. Vuol dire che essere discepoli è una cosa seria, a maggior ragione nel tempo che si è fatto breve, e queste sono indicazioni valide per tutti i credenti in Cristo, lo abbiamo già detto, e per ogni momento della vita.

Seguono, puis, le parole di Gesù sul portare la croce, già incontrate in Lc 9,23, e infine due brevi parabole. Come detto all’inizio di questo commento è da lì che si deve partire per comprendere cosa comporti essere discepoli. Queste parabole hanno in comune il denominatore della lotta e della perseveranza. Seguire Gesù equivale a costruire una torre, occorre impegno e costanza, come il costruire una casa sulla roccia (cf.. Mont 7,24); equivale ad andare in guerra, sapendo ben misurare le proprie forze.

La sequela è esigente anche perché il discepolo è chiamato non solo a iniziare, mais aussi pour terminer (vv. 28.29.30), e indispensabile per la sequela è la disponibilità a perdere tutto, anche «la propria vita» (v.26). Il bene da possedere è la rinuncia ai beni, imparare l’arte della perdita, del diminuire, del non cadere nelle maglie del possesso o della logica dell’avere. Jésus, afferma Paolo, «svuotò sé stesso» (Fichier 2,7) e «da ricco che era, si fece povero» (2Cor 8,9). Il faut, Aussi dans le disciple, La liberté et la légèreté pour terminer le chemin de la vie ont parcouru comme une séquence de Christ. L'amour est appelé à devenir la responsabilité et la persévérance de la liberté: lì si situa la necessaria rinuncia, purification, spogliazione. Le esigenze della sequela hanno dunque a che fare con il tutto della persona — il suo cuore — e con il tutto del suo tempo, per la durata della sua vita. E ci mettono in guardia dal rischio di lasciare a metà l’opera intrapresa.

Clemente Alessandrino (Protrettico X,39) parlava della fede come di «un bel rischio» (kalòs kíndynos). Per i primi cristiani spesso aderire a Cristo, in un contesto a maggioranza pagano, comportava persecuzioni e perfino il martirio. Aujourd'hui, nei nostri paesi di vecchia e stanca cristianità, il prezzo della conversione non è sentito e ancor meno pagato. Cerchiamo l’assicurazione che elimina l’insicurezza ed i rischi, anche per ciò che riguarda la fede e la sua testimonianza, Lorsque, au lieu, Jésus, invita a perdere tutto per seguire Lui. Non nascondiamo di provare difficoltà di fronte alle parole dure ed esigenti di Gesù dimenticando che la radicalità del vangelo ha anzitutto una valenza di rivelazione, svela, c'est-à-dire, prospettive che altrimenti ci resterebbero inaccessibili. Lo ha ricordato anche Papa Leone XIV in un recente Angelus:

«Fratelli e sorelle, è bella la provocazione che ci giunge dal Vangelo di oggi: mentre a volte ci capita di giudicare chi è lontano dalla fede, Gesù mette in crisila sicurezza dei credenti”. Ils, en fait, ci dice che non basta professare la fede con le parole, mangiare e bere con Lui celebrando l’Eucaristia o conoscere bene gli insegnamenti cristiani. La nostra fede è autentica quando abbraccia tutta la nostra vita, quando diventa un criterio per le nostre scelte, quando ci rende donne e uomini che si impegnano nel bene e rischiano nell’amore proprio come ha fatto Gesù; Egli non ha scelto la via facile del successo o del potere ma, pur di salvarci, ci ha amati fino ad attraversare laporta strettadella Croce. Lui è la misura della nostra fede, Lui è la porta che dobbiamo attraversare per essere salvati (Voir Gv 10,9), vivendo il suo stesso amore e diventando, con la nostra vita, operatori di giustizia e di pace» (QUI).

De l'Ermitage, 7 septembre 2025

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Grotte Saint-Ange à Ripe (Civitella del Tronto)

 

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