Coincidence of opposites. Between utopia and sexophobic Catholic fundamentalists
COINCIDENTIA OPPOSITORUM. TRA UTOPIA E INTEGRALISTI CATTOLICI SESSUOFOBICI
Certi tristi personaggi sono capaci a criticare due omosessuali che, vuoi per mancanza di pudore, vuoi per stupida provocazione, si baciano in piena strada alla luce del sole appoggiati al muro di un palazzo, ma non si curano affatto, né si scandalizzano minimamente che sulle impalcature, al terzo e quarto piano di quello stesso palazzo sotto il quale due scandalosi omosessuali si baciavano, lavorino degli operai in nero, non ingaggiati e non assicurati, sotto-pagati e sfruttati. E non si dica che sono cose diverse, perché sono proprio gli ipocriti di tutti i tempi che posti con le spalle al muro tentano l’ultima disperata difesa del … ma sono cose diverse!
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Entrare nella testa di una persona a nessuno è concesso, soprattutto all’interno di quella del Sommo Pontefice. Però mi sento di poter affermare, senza tema d’essere smentito, che il giorno dell’elezione, the Holy Father Francis, quando si trovò da solo nella sagrestia della Sistina, nella cosiddetta «stanza delle lacrime», mentre tratteneva le emozioni forse pensava a tutte le difficoltà che da lì in poi gli si sarebbero parate innanzi, forse anche alle ostilità che avrebbe incontrato e agli eventuali nemici con i quali avrebbe dovuto fare i conti. A tutto pensava, ma mai e poi mai gli è passato per la mente che il suo pontificato sarebbe incappato in un sistema di monitoraggio continuo e di commenti immediati, positivi o negativi, su ogni aspetto anche minimo del suo ministero; di interpretazioni diuturne provenienti, una per ogni testa, come non si era visto in passato. Un trattamento che sarà riservato anche ai suoi successori. Perché sia chiaro che questo sistema, come l’ho chiamato, non dipende dall’attuale Pontefice regnante, ma è figlio del nostro tempo, dominato com’è dall’invasione dei social media. Essendo accorto o, perhaps, consapevole di dover far fronte a questa nuova dimensione della comunicazione umana, il Santo Padre ha subito nominato qualcuno che di essa fosse esperto, capace di giostrare con agilità fra le diverse piattaforme dei social.
Ci troviamo di fronte a un fenomeno nuovo che non tocca, But, soltanto le persone pubbliche, ma è entrato ormai massicciamente dentro la vita di ogni persona che possegga almeno uno smartphone e sappia maneggiarlo. Non è da oggi che si evidenziano i pericoli della faziosità insita nei nuovi media, della possibilità che essi hanno di orientare opinioni e desideri, perfino i voti elettorali, sfruttando i canali social. E i cristiani cattolici non sono esenti da tutto questo, anzi talvolta ne sono attori. A fronte dei grandi pregi che il nuovo modo di comunicare ha portato, in esso si annida un tarlo che insidia fino a corroderlo uno dei beni essenziali dell’essere cristiani e cioè il valore dell’unità.
Le divergenze di opinioni e le visioni discordanti sono sempre esistite nella Chiesa, salvo che fino a ieri esse non avevano un effetto così urtante, proprio perché gli strumenti di comunicazione che prima esistevano esigevano un tempo dilatato; creavano, that is, un cuscinetto che serviva a volte a stemperare gli animi. Per non parlare dei filtri che c’erano tra le persone e tutti i mezzi di comunicazione, ai quali non poteva certo accedere chicchessia, alla maniera in cui oggi chiunque può pubblicare o inserire un proprio video sui social media.
In the past, nella maggioranza dei casi si cercava ― o almeno si tentava ― un confronto atto a cogliere ciò che unisce rispetto a quello che divide. Un tempo poi, per esprimere le proprie idee bisognava prima fare la fatica di pensare e a seguire quella di tradurle nell’altrettanto difficile percorso della scrittura, viceversa quando ci si confrontava con le stesse. Poi sono venuti i blog su internet che tuttora sopravvivono. Ma oggi è tutto così immediato tanto che ci si dispensa dalla fatica di pensare, vagliare o documentare. Basta un video, anche breve, un meme o un post per dire quel che si vuole, scatenando una serie di commenti che generano ancora altre opinioni, come fiumi che si diramano, qualche volta perdendo il contatto con la propria sorgente, oltre che con la realtà oggettiva dei fatti. Se poi si è seguiti dai followers perché bravi a ricavare una propria nicchia e si è capaci di creare argomenti trend topic sui social, alcuni riescono anche a monetizzare tutto questo particolare impegno, in modo particolare se spacciano gossip, teorie complottistiche, elementi fanta-scientifici, madonne parlanti e via dicendo …
Anche i cristiani sono dentro questo mondo social e lo usano, ne subiscono il fascino e ne sono talvolta succubi. Non sono, indeed, neanche esenti dal nuovo fenomeno dell’odio tramite i social, dove pullulano i famosi haters; quando invece i cristiani per primi ne dovrebbero essere immuni. Ma sembra un gorgo dal quale è difficile rifuggire. Come accennavo prima ciò che è messa a repentaglio è proprio l’unità dei credenti, che è una delle caratteristiche preminenti dell’essere Chiesa e imprescindibile documento della sua identità, come è scritto nel Vangelo:
«tutti siano una sola cosa […] perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (GV 17, 21-23).
Per questo particolare peccato, cioè creare o cercare divisioni, si dovrebbe rispolverare la terza modalità rituale di assolvere i penitenti attraverso la confessione e l’assoluzione generale. Tanto è una colpa che abbiamo commesso tutti. Basterebbe un semplice: «chi è senza peccato, si alzi e vada via»; tanto per parafrasare il Vangelo.
Non è infrequente imbattersi sui social in credenti che utilizzano espressioni che sembrano uscite dall’universo mitologico, talora da un reparto di neurodeliri, basta pensare a chi definisce «one such"The"unacummisti» coloro che celebrano la Santa Messa in unione con l’attuale Romano Pontefice. Oppure ci sono alcuni cattolici che non fanno neanche un sospiro nell’incasellare quell’ecclesiastico o quel laico come un «bergogliano», e di converso qualcun altro in un «anti-bergogliano». Come se la Chiesa fosse diventata un partito politico e fosse divisa in fazioni. Mi pare che già l’Apostolo Paolo fosse dovuto intervenire in passato per dirimere tale questione fra gli indisciplinati corinti. In the years that followed the Council, as the movement born in May of spread 1968, he inherited Michel de Certeaux, molto ascoltato nella laicissima Francia e che arrivò a dirigere gli studi della Scuola degli Alti Studi in Scienze Sociali di Parigi (École des Hautes Études en Sciences Sociales), parlava di «Cristianesimo in frantumi» (WHO). An uncomfortable expression that was not accepted at the time, ma di cui oggi evidentemente sentiamo gli effetti.
Probabilmente tutto questo doveva emergere, come un segno dei tempi di «roncalliana» memoria, e il pontificato del Santo Padre Francesco lo ha accelerato, o come a suo tempo spiegò Padre Ariel in una sua intervista di ormai 12 anni fa commentando i primi 100 giorni di pontificato del Pontefice regnante:
«Siamo di fronte a un pifferaio magico al quale va lo straordinario merito di aver fatto venire tutti i topi allo scoperto» (cf.. see WHO).
Already, perché i topi nascosti, talvolta anche per decenni, dentro la gran forma di formaggio dei vari apparati ecclesiastici, sono da sempre molto pericolosi.
La possibilità data a tutti di poter usare i social ha fatto ormai tracimare la diga del Vajònt. Tanto che oggi non c’è chi prenda una posizione nella Chiesa che, neanche l’indomani, ma pochi minuti o ore dopo, ci sarà qualche commentatore sul suo blog, con un video o un post su Facebook O Twitter che farà sentire la sua opinione, a seconda gli sia piaciuta o meno.
Accade di frequente che i cattolici sui social tocchino temi o prendano in esame la condizione di persone o gruppi senza la necessaria empatia o misericordia che, val la pena ricordarlo, non l’ha inventata il tanto criticato «Bergoglio», ma qualcuno di cui lui è Vicario, proprio lo stesso che i farisei dell’epoca attaccavano e criticavano con stili e modi non poi così diversi da quelli dei farisei attuali. Spesso si vanno a toccare argomenti delicati per i quali non tutti sono competenti, quite the opposite: gli incompetenti abbondano e più sono tali più sono spocchiosi. Come quelli che non esitano a entrare a gamba tesa nelle sfere più intime della vita delle persone, addirittura il foro interno delle stesse, che dovrebbe avere come setting il caro vecchio confessionale o la direzione spirituale. Ma la tentazione di dire la propria e pur di far prevalere la propria parte o il microcosmo del proprio ghetto dove trionfano i singoli e spesso singolari orientamenti intellettuali, è troppo allettante, fino a divenire irrefrenabile, spesso seriamente patologica.
Non è raro che un cattolico sia persino capace a dichiarare su internet quale sarà il destino eterno di una persona defunta. La sua destinazione sarà l’Inferno, o al meglio il Purgatorio se con questa persona ― che a regola si dovrebbe chiamare: mio fratello o mia sorella ― non ci si andava d’accordo. Come nel recente caso del petulante giovane auto-elettosi grande esperto di cose vaticane e che per questo tacer non può, who stated, alla morte del Padre Gustavo Gutiérrez: «il Purgatorio non glielo toglie nessuno» (cf.. WHO). Replicò con un suo post Padre Ariel in modo comprensibilmente irridente, ricordando che nessuno può affermare che Giuda Iscariota sia all’Inferno e che la prima a non poterlo affermare è proprio la Chiesa madre e maestra, che è la prima a non conosce il giudizio di Dio (cf.. WHO).
Il Centro diocesano di pastorale familiare della Diocesi di Firenze, days ago, attraverso il Coordinamento per la “pastorale d’inclusione”, ha proposto un ciclo di incontri il primo dei quali ha avuto come titolo: «La famiglia, le famiglie, today. Modelli culturali ed esperienze pastorali» (incontro integrale, WHO). Ha tenuto la relazione il presbitero Simone Bruno, psicoterapeuta, direttore editoriale di Edizioni San Paolo, uno studioso sulle cui idee e opinioni potrei anche aver molto da dire, io come molti altri. Sono seguite la testimonianza di due donne che hanno scoperto di amarsi e le conclusioni dell’Arcivescovo di Firenze. Apriti cielo! Subito è apparso un articolo su una rivista on-line molto letta soprattutto da chi è di orientamento, let's say so, traditional, che stigmatizzava la cosa in toni di fuoco (cf.. WHO). Solo il titolo è emblematico: «A Firenze la pastorale dell’inclusione esclude il Catechismo».
Ho ascoltato quel relatore che si è limitato, anche per brevità di tempo, ad una disanima delle realtà e condizioni nelle quali si presentano le famiglie oggi. Casi e situazioni che qualsiasi operatore pastorale e più spesso il Sacerdote in cura d’anime incontra ogni giorno. Naturalmente questo è il mondo nel quale ci presentiamo come Chiesa e offriamo il Vangelo. Ma sembra inevitabile che per i cattolici su queste tematiche le strade divergano, and where, se non sul web? Quella intrapresa da alcuni, che potrebbe apparire la via più inclusiva o accogliente nei riguardi di realtà problematiche o a cui non siamo abituati, non va assolutamente bene ad altri, perché secondo questi bisogna invece ogni volta ricorrere al Catechismo, alla Tradizione e alla Bibbia. Tenere insieme queste posizioni così parallele nella Chiesa sta diventando sempre più faticoso, soprattutto perché spesso anche il linguaggio e il frasario viene usato come un’arma, tanto che le posizioni finiscono per irrigidirsi ancora di più, destinate a non incontrarsi mai. Or to quote an example: è forse accettabile che dei cattolici o sedicenti tali facciano riferimento agli omosessuali indicandoli in modo sprezzante come sodomiti? Anche perché la domanda sorge spontanea: hanno costoro la matematica certezza che tutti gli omosessuali siano di rigore dei sodomiti che pratichino la sodomia?
In modo cinico queste povere persone stanno giocando sui drammi interiori di esseri umani che sulle proprie spalle e dentro di sé portano una lacerazione e delle sofferenze profonde. Personalmente ho avuto modo di conoscere le due ragazze che hanno fatta la loro testimonianza e potrei dire che se avessi un briciolo della loro fede sarei contento. Per loro la fedeltà a Gesù e lo stare nella Chiesa sono una priorità vitale. Nella loro condizione ― che moralmente è di oggettivo disordine morale ― cercano un modo per stare nella Chiesa. Detto questo ritengo sia doverosa questa domanda: quante sono le persone che pur vivendo in condizioni di pubblico disordine morale non suscitano però scandalo in certi rigorosi cattolici per i quali ― tanto per essere ancora più chiari ―, esistono solo quei disordini morali che vanno dalla cintura a scendere e non dalla cintura a salire?
Certi tristi personaggi sono capaci a criticare due omosessuali che, vuoi per mancanza di pudore, vuoi per stupida provocazione, si baciano in piena strada alla luce del sole appoggiati al muro di un palazzo, ma non si curano affatto, né si scandalizzano minimamente che sulle impalcature, al terzo e quarto piano di quello stesso palazzo sotto il quale due scandalosi omosessuali si baciavano, lavorino degli operai in nero, non ingaggiati e non assicurati, sotto-pagati e sfruttati. E non si dica che sono cose diverse, perché sono proprio gli ipocriti di tutti i tempi che posti con le spalle al muro tentano l’ultima disperata difesa del … ma sono cose diverse! No, they are not, perché per la Dottrina della Chiesa defraudare la mercede agli operai è uno dei quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio. Il tutto con buona pace dei sostenitori e diffusori della “Teologia della mutanda”, capaci a vedere solo ciò che c’è dentro la mutanda, o peggio spiando con un occhio nel buco della serratura delle camere da letto altrui col bilancino dell’orefice tra le mani.
Sempre alcuni giorni fa due rappresentanti del mondo tradizionalista italiano hanno voluto far sapere la loro sul caso di un religioso carmelitano che, naturalmente su internet, è venuto fuori dicendo che Benedetto XVI non avrebbe mai rinunciato al suo ruolo e quindi l’attuale Romano Pontefice sarebbe stato eletto invalidamente e altre amenità simili di cui francamente saremo anche stufi. I due professionisti sopracitati, manco a dirlo in un video su YouTube, prendendo le distanze da tali proposizioni e portando argomentazioni contrarie. But then, preso dall’enfasi, uno dei due se ne esce così:
«Lo scandalo di Padre Farè (N.d.R. questo il cognome del religioso) è più grave di un Papa, di un Cardinale, di un Vescovo pederasta […] Togliere il segno visibile dell’unità della Chiesa, which is the Pope, è più grave che sodomizzare chierichetti» (WHO, minute 56:33’).
A questo modo l’improvvido “cattolico integrale” ha messo sullo stesso piano un peccato con un gravissimo delitto, riducendo il tutto a «leggerezza». Si può parlare di argomenti così drammatici ― poiché tali sono per non pochi esseri umani che vivono certe pulsioni o esperienze sessuali ―, con il sigaro in mano, con una scanzonata quanto inaccettabile leggerezza, o peggio affermando con nonchalance «io ho scritto 700 articoli sugli invertiti»? Tutti questi sono drammi dinanzi ai quali noi preti ci ritroviamo spesso immersi. Sono i drammi di un omosessuale, di un adolescente, di persone dalla sessualità disordinata che hanno difficoltà a fare un cammino di fede, che però vorrebbero poter riuscire a fare. Drammi che talvolta noi portiamo addosso con grande e partecipata sofferenza che si attacca anche alla nostra carne di preti, altro che chiacchiere sfottenti sugli invertiti fatte col sigaro in mano! Se per un verso ci sono ecclesiastici e laici che stanno perdendo il senso del peccato e che vorrebbero mutare la dottrina e il deposito della fede a proprio piacimento, dall’altra ci sono soggetti come quelli appena illustrati e che in quanto a pericolosità non sono affatto da meno.
Come vedete si vola alto, o per non dire di peggio come mosche sulla merda, per usare un eufemismo dantesco. Va detto che sul fronte opposto non è che la si tocchi piano, as they say. Ci sono infatti siti di indirizzo progressista dove per contrastare il clericalismo si chiede l’abolizione del sacerdozio tout court e un ritorno a un fantomatico periodo iniziale del Cristianesimo, dove questo non esisteva (!?). Salvo poi lamentarsi che lo stesso Sacramento dell’Ordine, i Pontefici o il recente Sinodo, non lo abbiano concesso alle donne. Come non capiscano la evidente aporia per me rimane un grande mistero.
Di fronte a queste posizioni così drastiche è difficile un confronto e perfino una conciliazione degli opposti. La polarità è la via più semplice che si intraprende. Anche perché sui social è facilissimo incappare nel misunderstanding quando una parola un po’ più forte o un commento robusto va a toccare chissà quali corde fra gli interlocutori tanto che non si capiranno e si allontaneranno più di prima.
Nicola Cusano affermava che in Dio tutte le opposizioni coincidono (coincidence of opposites) e che nella sua indifferenziata unità egli contiene in sé la molteplice varietà delle cose. Maybe, fosse vissuto oggi, avrebbe mantenuto lo stesso pensiero. Ma forse è meglio non tirare Dio dentro le nostre minuscole questioni, anche se prima ho citato il Vangelo. Perché i cattolici sono capaci di dividersi perfino sulla forma liturgica per pregarlo. Del resto a ben guardare, ancora presente il Signore, i suoi discepoli si volevano spartire posti e litigavano per le primazie e Lui si è sgolato abbastanza senza un risultato evidente, tant’è che sotto la Croce sparirono quasi tutti.
Evidentemente è una questione umana, troppo umana, per citare il caro Friedrich Nietzsche, che insieme ad altri Paul Ricoeur definì «maestri del sospetto», whereas, probably, non hanno fatto altro che anticipare le tensioni culturali che il mondo moderno sta affrontando. Adesso che ci siamo dentro, anche i cattolici sembrano annaspare e invece di guardare più avanti o verso il cielo per interpretare i segni e tenere dritta la rotta, preferiscono frazionarsi, tenere al proprio, convinti di essere nel giusto ogni volta. C’è solo da sperare che prendano esempio da quei pagani che, sotto la Croce di Gesù, l’unica cosa positiva che fecero fu quella di non sciupare l’inconsutile veste del Signore, simbolo per i padri greci dell’unità della Chiesa, e preferirono che rimanesse tutta intera, tale e quale era, perché bella così di per sé.
Praised be Jesus Christ!
Florence, 6 November 2024
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