Riflessioni sul fondamentalismo: “I modernisti tentano di presentare il Sommo Pontefice come se fosse uno di loro”
RIFLESSIONI SUL FONDAMENTALISMO: «I MODERNISTI TENTANO DI PRESENTARE IL SOMMO PONTEFICE COME SE FOSSE UNO DI LORO»
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Con il Papa attuale i modernisti hanno cambiato tattica. Avendo visto che gli insulti e gli scherni non servono a correggere i Papi, adesso essi ricorrono ad un’altrettanto sfacciata adulazione, per presentare il Papa come uno di loro, approfittando di alcuni suoi gesti, atti o parole, che possono prestarsi all’equivoco o essere male interpretati, mentre il Papa non pare premurarsi di togliere i malintesi, sicché le cattive interpretazioni vengono subito diffuse in tutto il mondo […] Secondo me, il Santo Padre è troppo severo verso i tradizionalisti e troppo indulgente verso i modernisti. In tal modo manca di quella imparzialità, che gli si addice come fulcro della comunione ecclesiale […]
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Ogni tanto nella letteratura e nella pubblicistica cattolica compare ancor oggi il rilievo o l’accusa di “fondamentalismo”, come difetto morale o religioso, oltre che metodo esegetico sorpassato. Tale accusa viene lanciata solitamente contro ambienti arretrati e stagnanti, da parte di quei cattolici, che vogliono esser avanzati e fedeli alla Chiesa del nostro tempo.
Questo termine viene usato anche dai modernisti, per denotare con disprezzo i cattolici fermi e saldi nelle loro convinzioni, battaglieri, attaccati al dogma e nemici delle eresie. Possono essere cattolici o più orientati verso la tradizione, come il Servo di Dio Tomas Tyn [cf. QUI], o più aperti al progresso, come Jacques Maritain. Sono oggetto di questi attacchi anche i discepoli dell’Arcivescovo Marcel Lefebvre.
Sulla bocca dei modernisti, capita così che anche i buoni cattolici vengano tacciati di fondamentalismo, e siano accomunati con i lefebvriani, perché gli uni e gli altri ammettono l’eternità e l’immutabilità della verità, a differenza dei modernisti, i quali, come già notava con sdegno San Pio X scrivendo:
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«Sono veramente ciechi e guide di ciechi, che, gonfi del superbo nome di scienza, vaneggiano fino al segno di pervertire l’eterno concetto di verità» [Pascendi Dominici Gregis, n.20].
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Del termine “fondamentalismo” si sono impossessati in tal modo modernisti, per opporsi non solo ai lefebvriani, ma anche a tutti i buoni cattolici, fedeli al Papa, al Concilio Vaticano II e al Magistero della Chiesa. Per il modernista l’accusa di fondamentalismo è infamante, squalificante ed è una condanna senza appello.
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Si dialoga con l’ateo, col musulmano, col comunista, col mafioso, col massone, col buddista, ma non però con il fondamentalista. I modernisti non si sono peritati di accusare sfacciatamente di fondamentalismo anche i Papi del post-concilio, fino a un grande Papa e teologo progressista come Benedetto XVI, che però ci ha ricordato l’esistenza di « valori non negoziabili». Dunque ancora un fondamentalista.
Con il Papa attuale i modernisti hanno cambiato tattica. Avendo visto che gli insulti e gli scherni non servono a correggere i Papi, adesso essi ricorrono ad un’altrettanto sfacciata adulazione, per presentare il Papa come uno di loro, approfittando di alcuni suoi gesti, atti o parole, che possono prestarsi all’equivoco o essere male interpretati, mentre il Papa non pare premurarsi di togliere i malintesi, sicché le cattive interpretazioni vengono subito diffuse in tutto il mondo, con la conseguenza che si sta approfondendo il solco che divide modernisti dai lefebvriani.
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Occorrerebbe che il Papa si adoperasse maggiormente per la riconciliazione nella Chiesa. Nessun altro all’infuori di lui ha da Dio la capacità, l’autorità e il potere sulla terra di ricomporre l’unità, salvaguardare l’unità, difendere l’unità, favorire e promuovere l’unità. Uno degli scopi del Concilio è stato quello di ricostruire la concordia tra i fratelli divisi e separati. Invece, dopo cinquant’anni di ecumenismo e di iniziative pastorali, non solo non si è ricomposta l’unità fra i cristiani, ma la Chiesa non è mai stata così divisa al suo interno. La concordia si trova sulla base dell’unità della fede in Cristo. Egli è la «pietra angolare» [Ef 2,20: I Pt 2, 6-7], la «roccia» [I Cor 10,4], il «fondamento» [II Tm 2,19], su cui occorre fondarsi [cf Col 2,7] ed occorre costruire.
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Sta dunque sommamente a Pietro [Mt 16, 18], ossia al Papa, «porre il fondamento» [I Cor 3,10-11], sicché i discepoli del Signore siano «fondati nella fede» [Col 1,23]. Spetta al Papa chiamare a sé, cioè a Cristo, i figli dispersi e gli uomini smarriti nelle ombre della morte. Nessuno può sostituirsi a lui. Infatti, «quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare?» [Sal 11,2]. Se il Papa non interviene, chi può sostituirlo? Mons. Lefebvre? Lutero? Rahner?
Il Papa è anche il buon pastore che va in cerca delle pecorelle perdute, avendo compassione per le folle smarrite e senza pastore, conduce il gregge ad ubertosi pascoli e lo difende dai lupi. Come Vicario di Cristo, il Papa sta a fondamento della Chiesa, è punto d’appoggio fondamentale. Quando le fondamenta sono scosse, come oggi, dai poteri satanici; sta a lui, con la forza dello Spirito Santo, rafforzarle e difendere la Chiesa dalle potenze del male.
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Secondo me, il Santo Padre è troppo severo verso i tradizionalisti e troppo indulgente verso i modernisti. In tal modo manca di quella imparzialità, che gli si addice come fulcro della comunione ecclesiale, e che gli consentirebbe di operare efficacemente, come gli spetta, per un avvicinamento tra le due tendenze, collegando tra loro le qualità proprie di ciascuna: la tradizione dei tradizionalisti e il progresso dei modernisti. In tal modo si realizzerebbe, nell’unità cattolica, la felicissima formula di Benedetto XVI: «Progresso nella continuità».
“Fondamentalismo”, di per sé, è una bella parola, che significa amore per il fondamento. Un saldo e sicuro fondamento è molto importante nella vita e nel pensiero. Abbiamo bisogno di appoggiarci su di un fondamento. Tutti i grandi filosofi hanno sempre cercato il principio o il fondamento dell’essere, del pensiero e dell’agire. Tuttavia, bisogna che questo fondamento sia autentico e ben distinto da ciò che non lo è o non lo è più. Qui si pone un problema, legato all’origine storica del termine. Esso infatti designa originariamente una setta protestante americana, nata nel XIX secolo, la quale vedeva bensì nella Bibbia il fondamento rivelato della dottrina e della morale, il “fondamento della fede”, ma con un atteggiamento rigido, ingenuo, acritico e a-storico, portato a considerare come Parola di Dio e come princìpi morali assoluti, anche tante idee, istituzioni, usanze, leggi, superati; oppure nomi, fatti o racconti della Scrittura, privi di fondamento storico o di attendibilità scientifica.
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I fondamentalisti si rendevano conto che la Bibbia costituisce per la vita e la salvezza un valore fondamentale, universale, permanente, essenziale ed irrinunciabile. Questo essi cercavano nella Bibbia e, in fondo, a ragione. Ma esageravano nella assolutizzare anche tante forme espressive, modi di pensare, contesti storici, situazioni umane, sistemi politici, prassi giudiziarie, mentalità, usi locali, concezioni primitive, genealogie, tradizioni e pregiudizi popolari, forme artistiche, miti arcaici, notizie geografiche, simboli religiosi, che in realtà nulla avevano a che fare con la divina Rivelazione, ma erano solo il segno e l’impronta contingente e caduca dell’autore umano, del quale Dio si serviva per comunicare la sua Verità. Essi entrarono in polemica con quegli esegeti protestanti liberali e razionalisti, che usavano le nuove scienze bibliche per mettere in dubbio, relativizzare o negare quei dogmi cattolici, che Lutero aveva conservato, come la Trinità, l’Incarnazione, i miracoli di Cristo, la Redenzione espiatrice, l’esistenza del demonio, la risurrezione, la fine del mondo e il giudizio universale. La stessa esegesi cattolica del passato, si potrebbe dire sin dai primi secoli, non è andata esente, fino al Concilio Vaticano II, da questa tendenza, che oggi chiamiamo “fondamentalista”. Per questo tale modo di commentare la Scrittura era considerato “tradizionale” e, pertanto, intoccabile.
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Il fenomeno modernista dei tempi di San Pio X avanzò tra le sue istanze quella di un rinnovamento dell’esegesi biblica, che si ispirasse ai progressi compiuti dalle scienze bibliche in Germania nell’Ottocento. Ma il problema era che questi progressi erano utilizzati o nell’interesse del protestantesimo o per dar man forte al razionalismo; per cui i modernisti non seppero separare quei metodi esegetici dalle concezioni erronee, alle quali erano legati. Da qui la condanna della proposta modernista, da intendersi, però, non in quanto riferita alle nuove scienze bibliche, ma in quanto inficiata, come nota San Pio X, da una «critica agnostica, immanentista, evoluzionista» [cf. Pascendi Dominici Gregis, n.66].
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In questa situazione assai difficile ed intricata, si distinse, però, per iniziativa, coraggio, perseveranza e sapienza, il dotto e santo esegeta domenicano francese, il Servo di Dio Padre Marie-Joseph Lagrange, fondatore della Scuola Biblica di Gerusalemme. Egli prese a modello di commentatori della Bibbia i Padri, i Dottori e San Tommaso per l’aspetto spirituale e dogmatico, e i moderni metodi storico-critici, per l’aspetto scientifico. A lui dobbiamo così l’emendamento della proposta modernista, in modo da renderla compatibile con la dottrina della fede, cosicchè l’esegesi cattolica potè iniziare, in un non facile rapporto con la Commissione Biblica, fondata da San Pio X, una prudente assunzione dei metodi esegetici moderni, senza il rischio di incorrere negli errori. Tuttavia, solo col Concilio Vaticano II, in particolare nella Costituzione Dogmatica Dei Verbum, la Chiesa ha accolto pienamente il progetto del Padre Lagrange ed ha soddisfatto a quanto di accettabile c’era nell’istanza dei modernisti, evitando le contaminazioni protestanti e razionaliste. Nel contempo si è cominciato a chiamare “fondamentalismo” il permanere, da certe parti, della vecchia esegesi.
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In tal modo la Chiesa ha dimostrato ancora una volta la compatibilità della scienza con la fede. Per la verità, anche gli esegeti liberali, con il loro approccio scientifico alla Scrittura, volevano dimostrare la stessa cosa, contro lo stesso Lutero, notoriamente convinto che la ragione si opponga alla fede. Solo che i protestanti liberali erano infetti da una concezione kantiana, positivista e storicista della ragione e della scienza, e questa grave palla al piede li portò a misconoscere o a ignorare i fondamenti divini della fede, che stavano a cuore ai fondamentalisti, ma soprattutto alla stessa Chiesa Cattolica, ben più attrezzata dei fondamentalisti in fatto di tradizione, e di sapienza filosofica e teologica.
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Il fondamentalismo fu in fondo un richiamo alla Sacra Tradizione, in sé giusto. Ma, siccome non fu guidato e illuminato dal Magistero della Chiesa, supremo ed infallibile custode della Tradizione, finì in un conservatorismo bloccato e sterile. Il fondamentalismo è una forma di tradizionalismo diverso da quello lefevriano e da quello tyniano [Cf. G. Cavalcoli, Tomas Tyn. Un tradizionalista post conciliare, Fede&Cultura, Verona 2007]. Si tratta, sostanzialmente, di un movimento protestante, con i difetti caratteristici del protestantesimo. Viceversa, il lefebvrismo è un movimento cattolico, anche se ostile al Concilio Vaticano II e non in piena comunione con la Chiesa. Invece il tradizionalismo di Padre Tyn rispetta il senso giusto della tradizione con una piena obbedienza alle dottrine del Concilio Vaticano II.
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Altro fattore dello slancio, che sconfina nell’aggressività, del fondamentalismo, è un valore in sé autentico, ma impostato o vissuto male, e cioè è la convinzione ferrea che tutti devono abbracciare, per amore o per forza, la nostra fede, essendo quella vera. Questo principio è particolarmente accentuato nell’islam, meno evidente nell’induismo, nel buddismo e nell’ebraismo.
II cristianesimo, invece, accompagna saggiamente una articolata, delicata e accurata opera di persuasione con l’avvertimento caritatevole del castigo divino ultraterreno in caso di rifiuto. Per la sua sicumera e rigidezza, che tende al fanatismo, il fondamentalismo spinge, nella condotta verso gli avversari, ad atti di violenza e di intolleranza, che possono giungere, in casi estremi, per esempio nell’Islamismo, fino al terrorismo.
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Il fondamentalismo, purtroppo presente anche nella Chiesa, genera conseguenze incresciose nel campo morale, e nei rapporti e nella convivenza civile ed ecclesiale. Se da una parte mantiene indubbi valori fondamentali, come per esempio la pietà religiosa, l’amore alla Bibbia, la liturgia, l’onestà, la famiglia, l’impegno sociale e nel lavoro, però, dall’altra, essendo il fondamentalista convinto di avere sempre Dio con sé o dalla sua parte ― errore, questo, tipico del protestantesimo e di tutti gli eretici ―, è portato a sostenere le sue idee, magari puramente discutibili o addirittura sbagliate, sempre in modo assolutista, perentorio, aggressivo, senza ammette obiezioni e sordo ad ogni confutazione. Scambia la rigidezza per fedeltà alla verità e la duttilità per cedimento all’errore. Per lui il diverso non è un valore da rispettare, ma un nemico da combattere. Non accetta l’incertezza e vuol dar mostra sempre della massima sicurezza. Infatti è convinto che la sua parola coincida con la stessa Parola di Dio, così come nella Bibbia, col pretesto dell’inenarranza, non distingue la vera Parola di Dio dai limiti e dagli errori dell’agiografo. Egli è dalla parte del bene; chi lo contraddice è dalla parte del male. E siccome tra male e bene non c’è mediazione, finisce per disprezzare, come persone incoerenti, opportuniste e doppie, non solo l’avversario aperto, ossia il modernista, ma anche quelle persone benevole, pacifiche e sagge, che, sapendo che in medio stat virtus e rifiutando pertanto gli opposti estremismi, si mantengono, benché siano oggetto di disprezzo da parte delle estreme, in una posizione intermedia o di sintesi, come mediatori di pace, promotori di dialogo e di collegamenti, e fautori di conciliante equilibrio.
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Del resto, lo schema mentale del modernista è lo stesso, anche se di segno opposto; lui è dalla parte del bene; chiunque è antimodernista, sia col Concilio o contro il Concilio non importa, è dalla parte del male. Quindi, anche il modernista non riconosce tra lui e il lefebvrismo nessuna formazione ecclesiale mediatrice, fedele al Magistero, come è quella dei veri cattolici.
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A causa del rinascere del modernismo dopo il Concilio, il termine “fondamentalismo” ha cominciato ad avere due sensi: uno, per significare questo permanere della vecchia esegesi ed uno stantio tradizionalismo, duro e aggressivo. E questo è il linguaggio che troviamo nel Magistero. Questa accezione del termine la troviamo, per esempio, in un documento della Commissione Biblica del 1993, «L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa», il quale dedica un paragrafo al tema [pp. 62-65]. Si tratta, in sostanza, come è detto a p. 100, di una «confusione dell’umano col divino, per la quale si considerano come verità rivelata anche gli aspetti contingenti delle espressioni umane». Lo troviamo, per esempio, in queste parole del Papa nell’intervista del 30 novembre scorso rilasciata durante il volo che dall’Africa lo riportava a Roma:
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«Noi cattolici ne abbiamo alcuni, non alcuni, tanti, che credono di avere la verità assoluta e vanno avanti sporcando gli altri con la calunnia, con la diffamazione, e fanno male, fanno male. E questo lo dico perché è la mia Chiesa, anche noi, tutti! E si deve combattere. Il fondamentalismo religioso non è religioso. Perché? Perché manca Dio. È idolatrico, come è idolatrico il denaro. Fare politica nel senso di convincere questa gente che ha questa tendenza, è una politica che dobbiamo fare noi leader religiosi. Ma il fondamentalismo che finisce sempre in una tragedia o in reati, è una cosa cattiva, ma ce n’è un po’ in tutte le religioni».
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L’altro senso è quello che ho già spiegato, usato dai modernisti per attaccare l’anti-modernismo proprio sia dei cattolici che dei lefevriani. Da queste considerazioni vediamo come il termine “fondamentalismo” è divenuto ambiguo. Il senso nel quale lo usa il Papa non è quello usato dai modernisti, per attaccare cattolici e lefevriani. È possibile che i modernisti credano che il Papa usi il termine nel loro stesso senso. Poveri illusi! E non pensiamo con i lefevriani che il Papa sia un modernista. Mettiamoci il cuore in pace: è un Papa “cattolico”.
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Occorre quindi fare molta attenzione nell’uso del termine e nel discernere, quando lo sentiamo pronunciare da altri, per non prendere fischi per fiaschi in una tematica assai importante della nostra vita di fede ed ecclesiale.
Varazze, 19 gennaio 2016
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Cari Lettori.
Speriamo e confidiamo nel vostro provvidenziale e indispensabile aiuto per raccogliere il necessario alle spese di gestione del sito dell’Isola di Patmos per l’anno 2016.
vedere QUI
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Evidentemente se Papa Francesco commemora i 500 anni della Riforma (e l’affissione sulla porta del Duomo di Wittenberg delle 95 tesi da parte di Lutero) vuol dire che su Lutero la pensa molto diversamente di papa Leone X o di Pio IX o anche di Pio XII…
E se – come ha dichiarato al “Corriere” un paio di giorni fa che “Giorgio Napolitano ed Emma Bonino sono tra i grandi dell’Italia di oggi”… e quando qualcuno gli fa notare che la Bonino non la pensa esattamente come la Chiesa: “Pazienza” ha commentato Francesco “bisogna guardare alle persone, a quello che fanno” e lei, la Bonino, “ha offerto il miglior servizio all’Italia per conoscere l’Africa”: un giudizio che Paolo IV o Giovanni Paolo II o Benedetto XVI non avrebbero mai pronunciato… Evidentemente il mondo cambia… in meglio!
Caro Beppe.
Sulle colonne dell’Isola di Patmos abbiamo lamentato più volte, addolorati e anche imbarazzati, quanto certe espressioni passate siano state infelici e quanto lo siano indubbiamente anche certe uscite presenti. Il tutto sempre distinguendo il “dottore privato” dal Romano Pontefice, le espressioni infelici fatte a braccio ed il magistero pontificio.
Pertanto, certe battute, non le faccia a noi, autori di articoli molto chiari a tal proposito, semmai le rivolga a coloro che tacciono, che non parlano, che fingono di approvare e nel mentre si lanciano o sono lanciati anche in quelle folgoranti carriere ecclesiastiche che né il Padre Giovanni Cavalcoli né io abbiamo mai ricercato e di cui mai abbiamo sentito la mancanza, lo prova ciò che scriviamo e che seguiteremo a scrivere in ossequio al deposito della fede cattolica, alla verità rivelata e al dogma.
E questo è un fatto, basta andare a leggere in archivio i nostri articoli pubblicati, a partire dagli ultimi. O basta che lei perda un paio di ore di tempo ad ascoltare le mie ultime video-lezioni.
Ovviamente lei è libero sia di non leggere sia di non ascoltare, però deve evitare di fare proprio a noi certe battute mordaci, tanto mordaci quanto legittime da parte sua, ma comunque rivolte a due sacerdoti che hanno sempre reso ossequio alla verità e pagato questo ossequio sulla pelle propria, talvolta anche a caro prezzo.
preciso che io non sono affatto addolorato o imbarazzato delle parole del Santo Padre… ne sono, al contrario, felicemente sorpreso!
Rev.Padre,
leggo questa notizia:Il 31 ottobre il Papa in Svezia per commemorare i 500 anni della Riforma
http://it.radiovaticana.va/news/2016/01/25/a_lund_la_commemorazione_ecumenica/1203516
Perdoni la mia ignoranza. Dopo il Concilio di Trento, mi sfugge che cosa ci sia da commemorare?
Alla fine il cattolico si prende del fondamentalista sia dai tradizionalisti che dai progressisti, oltre che dal mondo, beninteso. Direi che questa è una garanzia del fatto che si sta seguendo la strada che ha segnato Nostro Signore, e che il papa rinnova ogni giorno. Grazie Padre per questo bell’articolo
Pro veritate, il Vicario di Cristo ha risposto oggi, su diversi temi legati alla famiglia e al matrimonio, richiamandosi all’insegnamento dei predecessori.
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/january/documents/papa-francesco_20160122_anno-giudiziario-rota-romana.html
Tre citazioni:
1. .. non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione.
2. La famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile, unitivo e procreativo, appartiene al “sogno” di Dio e della sua Chiesa per la salvezza dell’umanità
3.La Chiesa, dunque, con rinnovato senso di responsabilità continua a proporre il matrimonio, nei suoi elementi essenziali – prole, bene dei coniugi, unità, indissolubilità, sacramentalità [6] –, non come un ideale per pochi, nonostante i moderni modelli centrati sull’effimero e sul transitorio, ma come una realtà che, nella grazia di Cristo, può essere vissuta da tutti i fedeli battezzati.
Era famiglia voluta da Dio anche quella poligamica di un Abramo? Sara non era sorellastra di Abramo? quindi anche incestuoso… E con ricorso all’affitto dell’utero della povera Agar… Non ne vedo molte di famiglie monogamiche nell’antico testamento… Salomone non aveva trecento mogli e settecento concubine? forse lo scrittore sacro esagero un po’, ma non era certo monogamo… siamo lontani dal sogno di Dio… e anche la Sacra Famiglia è un po’ difforme dal “sogno di Dio” …
«Salomone non aveva trecento mogli e settecento concubine?»
Che per caso le sarebbe piaciuto dargli una mano come caritatevole volontario dinanzi a cotanto ben di Dio?
Se non fossi felicemente e liberamente vincolato al celibato e alla castità lo avrei fatto io.
Assolutamente no! lascio Salomone alle sue trecento mogli e settecento concubine… Noto soltanto come di famiglie naturali nella Bibbia ce ne siano molto poche… Con questo intendevo semplicemente osservare che la famiglia non è che un prodotto culturale
Una domanda angosciante: Unioni Civili e Family Day come la pensa il Papa? Divisioni nella Chiesa, tra uomini di Chiesa, tra associazioni e movimenti cattolichi, chi invita a partecipare, chi si defila, chi ricorda le parole del Papa emerito, chi loda la presunta neutralità dell’attuale. Una breve rassegna stampa: Bagnasco, Crepaldi, Ruini e altri a favore, tanti si defilano, Galantini, Bregantini ed altri contro, Chi parla di “mandato di Francesco” (Melloni) chi cita le sue parole contro i vescovi-pilota(Rodari), chi ribadisce ” il voler stare fuori mischia” (Tornielli).
Mediaticamente è un duello impari, la forza di manipolazione/persuasione della composita, organizzata armata modernista, illuminista e agnostica è soverchiante rispetto alla resistenza volontaristica e alle encomiabili iniziative di preghiera del “popolo di Dio”.
Pro veritate, può tacere il Vicario di Cristo?
Anche a me sembra opportuna la manifestazione del Family Day, e mi avrebbe fatto piacere che i vertici della Chiesa l’appoggiassero compatti. Di Galantino e’ difficile avere una buona opinione; conosco d’altra parte alcune persone che vivono la loro fede con molta serieta’ e sono tuttavia perplesse, per vari motivi.
Insomma non credo che la linea di confine fra l’armata modernista e il popolo di Dio sia esattamente la stessa che fra quelli che aderiscono alla manifestazione e i contrari.
Caro Ettore.
Dato che su questi temi non ci sono precise direttive pontificie, vuol dire che il Papa permette un libero e corretto dibattito, civile ed ecclesiale, tra opinioni e scelte avverse, a condizione che l’una e l’altra parte, se vuol considerarsi cattolica, essere in comunione con la Chiesa e col Papa, e realizzare in campo civile una condotta conforme al suo essere cattolico, metta in atto o rispetti in materia i princìpi della legge naturale e della morale cattolica, in particolare del Magistero della Chiesa, concernenti l’etica sessuale e il matrimonio, distinguendo ciò che il cattolico deve attuare in modo esemplare da ciò che, sul piano ecclesiale della misericordia e su quello politico, può essere tollerato, in riferimento a quegli ambienti, quelle situazioni e a quelle persone, soprattutto non-credenti, che, per vari motivi o scusanti, non sono in grado o non riescono ad attuare in pienezza le esigenze della legge morale.
Dio chiede a tutti di mettercela tutta, ma non chiede a tutti di raggiungere il massimo della perfezione oggettiva, bensì di arrivare fin dove si può. Il resto lo fa Lui con la sua grazia.
Uno è già perfetto davanti a Dio e alla propria coscienza, quando fa tutto quello che può, quale che sia il livello morale oggettivo raggiunto. Ai malati non si può chiedere di comportarsi da persone sane. Questa è legge della divina misericordia.
Occorre pertanto evitare tanto il lassismo soggettivista e il relativismo libertario e permissivista dei modernisti, quanto il rigorismo e la dura, impietosa, farisaica ed inesorabile intransigenza dei lefevriani.
Le legge naturale e la legge divina sono assolute, universali ed immutabili e sono per tutti la stella polare della condotta umana.
Le norme della Chiesa e dello Stato, dal canto loro, nel loro evolversi, le une e le altre nell’ambito della propria competenza, devono far progredire tutti verso il meglio, ognuno col suo passo.
Il problema, reverendo padre Cavalcoli, è che questi disegni di legge poggiano sulla negazione della Legge Naturale.
La questione sta tutta qui: c’è chi ritiene che esiste una Legge Naturale scritta nel cuore degli uomini, e chi invece lo nega, asserendo che esiste solo la legge scritta dagli uomini sulle pagine di carta del Codice Civile.
La Legge Naturale può essere riconosciuta anche da un non cristiano, ma un cristiano non può disconoscere la Legge Naturale.