«Repetita iuvant» — Perché la Vergine Maria non chiese l’eutanasia di Gesù Cristo sulla croce?
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Mi rivolge a lei, padre Ariel, e a padre Ivano nel cui articolo i commenti sono chiusi.
Sono un cattolico praticante, sono sempre stato impegnato nelle attività caritative, e ho seguito per anni i ragazzi in preparazione alla cresima, e nessuno può impedirmi di essere a favore dell’eutanasia nei casi veramente estremi, quando una morte indolore è l’unico rimedio a dolori umanamente insopportabili.
Nei vostri articoli sul tema, a differenza del molto più soft padre Gabriele, noto una durezza, non dico spietata, dico molta durezza.
Forse non avete visto mai per mesi un nonno di 91 anni infermo su un letto ridotto a 37 chilogrammi di peso, come ho visto io.
Penso che ciò vi avrebbe un po’ ammorbidito, detto, il tutto, con vero e sincero rispetto per le vostre opinioni.
Luca Mingacci
Caro Luca,
quando non si conosce il vissuto di due presbiteri, si rischia di ricorrere a esempi infelici, per esempio questo:
«Forse non avete visto mai per mesi un nonno di 91 anni infermo su un letto ridotto a 37 chilogrammi di peso, come ho visto io. Penso che ciò vi avrebbe un po’ ammorbidito, detto, il tutto, con vero e sincero rispetto per le vostre opinioni».
Affermazione che merita questa risposta: suo nonno, a 91 anni, non è stato strappato dall’amorevole seno della balia che lo allattava, perché avere vissuto fino a quell’età è già di per sé una grazia di Dio. Grazia che non è stata invece riservata a mio padre, morto per un tumore non diagnosticato per tempo a 56 anni, né agli zii della mia famiglia paterna romana, morti tra i 55 e i 58 anni. E una volta morti i genitori, non sono stati risparmiati i loro quattro figli, di cui solo uno è sopravvissuto, gli altri sono morti in età compresa tra i 42 e i 52 anni.
Questo per quanto riguarda la mia famiglia paterna, che di fatto non ho più, a differenza della mia famiglia materna toscana, formata da soggetti particolarmente longevi.
Per inciso – e senza violare la sua riservatezza – posso dirle che il mio confratello Padre Ivano ha perduto la madre e poi il padre prima che potessero giungere alle soglie dell’anzianità. Ma dato che lei si rivolge a entrambi, sarà premura del mio confratello rispondere ai quesiti da lei posti, non posso farlo io al posto suo.
Le nostre idee non sono dure, ma sono un semplice, fedele e veritiero annuncio di quello che è il Magistero della Chiesa in tema di eutanasia, pratica decisamente condannata senza appello e possibile ricorso a casi limite dalla dottrina e dalla morale cattolica, perché la vita non è un bene disponibile e l’uomo non ne è padrone.
Mentre lei, con idee in profondo contrasto con la dottrina cattolica insegnava il catechismo ai ragazzi che si preparavano alla cresima, Padre Ivano viveva giorno e notte nelle corsie di un grande ospedale dove per anni ha svolto il prezioso ministero di cappellano ospedaliero. Mentre, per quanto mi riguarda, ho sempre dedicato molto tempo e cure pastorali ad anziani, ammalati oncologici di ogni età e moribondi, amministrando nei miei anni di sacro ministero centinaia di unzioni degli infermi. Nessuno di loro, giovani o anziani, mi ha mai detto di desiderare la morte, mi hanno chiesto conforto e aiuto per accettarla, sapendo di dover morire. Il mio libro Nada te turbe, meditazione teologica sul martirio scritta sotto forma di romanzo storico, è stato dedicato alla memoria di una giovane mamma morta quarantenne lasciando una bimba di 10 anni e un marito innamorato, le amministrai per due volte il Sacramento dell’unzione degli infermi. Morì sorridente, senza mai avere invocato la morte, perché ormai malata in fase terminale.
Non siamo dunque noi, uomini di fede, a doverci ammorbidire nel nostro sacro rispetto per la vita, ad ammorbidirsi dovrebbe essere il Signor Marco Cappato che chiede firme per la morte ai banchetti allestiti in giro per tutta l’Italia, dove purtroppo accorrono a firmare i “cattolici” come lei.
Faccia tesoro del monito racchiuso nell’Apocalisse del Beato Apostolo Giovanni:
«tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca» (Ap 3, 15-16)
P.S.
Se non ha potuto commentare sotto l’articolo di Padre Ivano è solo perché dopo 10 giorni i commenti agli articoli vengono chiusi.
Gentile Luca Mingacci,
rispondo con piacere alla sua sollecitazione visto che sono stato chiamato in causa.
Lei si definisce cattolico praticante, attivo nella carità e ci dice che per anni ha seguito ragazzi in preparazione alla cresima. Eppure, come tanti cattolici e catechisti di oggi, non si fa problemi ad affermare cose che sono contro il sentire cattolico e che non dovrebbero albergare nel cuore di un credente, discepolo di Cristo Dio della vita. E mi creda, dico questo senza il minimo giudizio sulla sua persona ma solo basandomi su quanto lei, da uomo maturo e responsabile, ha affermato in qualità di “credente favorevole all’eutanasia”.
Posso subito dirle che vedo una forte dissociazione nel suo pensiero così come viene esposto, in quanto la cattolicità è data dal rispetto a dall’osservanza di un’obbedienza che è quella di una fede professata, pregata e vissuta e che dall’insegnamento di Cristo, si trasmette agli Apostoli fino all’ultimo Pontefice. Questa puntualizzazione è essenziale per capire che i fedeli cristiani sono tenuti all’obbligo di conservare sempre, anche nel loro modo di agire, la comunione con la Chiesa (Cfr. Can. 209 CIC) cosicché si possa osservare con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori, in quanto rappresentanti di Cristo, dichiarano come maestri della fede o dispongono come capi della Chiesa (Cfr. Can. 212 CIC).
E proprio come maestra di fede che, in materia di eutanasia, la Chiesa si è espressa in maniera molto chiara ed esplicita con documenti molto precisi che nel mio prossimo articolo citerò espressamente e che sono di facile reperibilità sul sito ufficiale della Santa Sede.
Questo mio ragionamento è volto a farle capire che espressioni come «nessuno può impedirmi di essere a favore dell’eutanasia» non solo non sono cristiane e cattoliche ma neanche umane. Sono solo il frutto di una persona confusa nella fede o che probabilmente ha molto sofferto per la perdita di una persona cara, cedendo all’illusione che l’eutanasia sia quell’ultima spiaggia su cui poter lasciare ogni dolore.
La durezza che lei accusa nei miei articoli non è mia ma è la stessa durezza rimproverata a Gesù da coloro che dicevano di essere suoi discepoli: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?» (Cfr. Gv 6,60. E noi sappiamo che il linguaggio di Cristo diventa duro ogni qual volta ci allontaniamo da lui, così è della Chiesa che diventa dura quando ci mettiamo di fatto al di fuori di essa.
Mi permetta infine un riferimento personale. Sono figlio unico e ho perso entrambi i genitori (65 e 68 anni) per dei tumori inoperabili nel giro di quattro anni (2013 e 2017). Ho vissuto con loro il calvario ospedaliero, dell’hospice, dell’agonia, della perdita di coscienza quando non mi riconoscevano più, causa del male, come loro figlio. Da sacerdote li ho assistiti spiritualmente e fatti morire cristianamente e con gli operatori sanitari ho collaborato affinché fosse mantenuta la loro dignità fino alla fine, fino ad essere lì quando la loro anima si congedava da questo mondo. Ho potuto toccare con mano in quei momenti la presenza del Padre che restando silenzioso era presente come nel Golgota accanto a suo Figlio e mai e poi mai avrei potuto pensare che l’eutanasia avrebbe potuto essere un rimedio più giusto e misericordioso per coloro che mi avevano dato la vita e avevano consumato la loro per me.
La saluto, con cordialità.
«Sono un cattolico praticante, sono sempre stato impegnato nelle attività caritative, e ho seguito per anni i ragazzi in preparazione alla cresima […]».
Dunque, chi meglio di Lei saprebbe spiegarci con dovuto approfondimento il senso delle parole: «Se qualcuno vuole venire dietro di me, prenda la sua Croce e mi segua»?
Nelle Sue considerazioni, Luca, pur se “velata”, si intuisce la possibilità che ognuno possa scegliere o persino rifiutare la propria “Croce”. Taciuto sollievo in tanti secoli di lettura ed apprendimento di storia cristiana o, forse, è altra storia?
Anna
L’agonia è l’ultima possibilità che l’Amore del Padre ci offre per liberarci dal fuoco dell’inferno, per accorciare o addirittura annullare la nostra permanenza in Purgatorio ed accoglierci subito con Lui in Paradiso.
Satana ha scatenato i suoi accoliti per annullare quest’ultima possibilità che l’Amore del Padre ci dona al termine della nostra vita sulla terra e così far entrare quante più anime possibile all’inferno.
Non la chiese (N.d.R l’eutanasia) perché Cristo si offrì liberamente alla sua passione. Come sottolinea la liturgia. E’ quello il valore aggiunto. Mica ci fu un obbligo di legge.
Roberto Ghèminga
Grazie padre Ariel per questo articolo che condivido in pieno.
Quello che Lei ha scritto sono i miei pensieri da tempo e, solo un grande amore per Gesù ha fatto sì che non mi allontanassi dalla fede.
Miranda Baccini
Caro Padre Ariel,
ciò che da sempre trovo terribile non sono le cose terribili che a volte scrivi, trovo terribile che alcuni (e parlo del nostro buon clero) trovino terribile che qualcuno, come te, osi dire siffatte terribili verità che si era abituati a tacere fin dai primi giorni di seminario …
Memento!
Don Savio
San Bernardo lo dice magnificamente quando scrive che Dio Padre non gradí la morte del Figlio ma la volontà libera di sceglierla per amore nostro e Suo.
Rita Parsi