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Il sito di questa Rivista e le Edizioni prendono nome dall’isola dell’Egeo nella quale il Beato Apostolo Giovanni scrisse il Libro dell’Apocalisse, isola anche nota come «il luogo dell’ultima rivelazione»
«ALTIUS CÆTERIS DEI PATEFECIT ARCANA»
(in modo più alto degli altri, Giovanni ha trasmesso alla Chiesa, gli arcani misteri di Dio)
La lunetta usata come copertina della nostra home-page è un affresco del Correggio del XVI sec. conservato nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma
Creatrice e curatrice del sito di questa rivista:
MANUELA LUZZARDI
Perché una volta per diventare parroci si doveva superare un concorso con vere e proprie prove d’esame e ora no?
Vecchio testamento
Padre Ivano vorrei per un attimo fare un punto sulla situazione anche per mia chiarezza interiore.
Se uno prende un mito greco sa che i fatti raccontati non sono storia ma una ciosa completamente diversa e quindi quegli evento hanno nevessità di essere tradotti dal linguaggio dal mito a uno diverso . Le chiavi interpretative del mito forse sono scomparse per sempre e quindi le sottili anfibologie che ne sottendono l’espressione narrativa ci sono ignote, essi ci appaiono solo come ingenue storielle, sovente piccanti, non certo apparentemente degne di essere esaminate con gran cura e fatica da provetti filosofi quali furono Giuliano o Virgilio.
Il vecchio testamento ci hanno raccontato invece è storia -anzi ierostoria – quindi dovrebbe poter essere indagabile con gli strumenti di cui oggi dispone la storia e da essi suffragabile. Eppur all’esame, esso si dissolve. La coppia primordiale? Pia fraus; il diluvio universale? Fola, i giganti? Meglio lasciare perdere, L’herem della terra promessa? Popoli giù estinti annoverati come ancora esistenti nel testo, Gerico e le sue mura? Morta e sepolta da secoli, il passaggio del Mar Rosso ? Scenegiatura alla Cecile de Mille, il glorioso tempio di Salomone? Un palese falso storico per collocazione temporale incongrua.
Allora se mi si dice che chi qui scrive con un solo peccato mortale non redento può finire all’inferno, allo stesso modo mi permetterà di dire che cho ha ricostruito la storia pro domo sua, non può sperare di essere ancora credibile e sperare altresì che io creda che sia “parola di Dio” visto il carattere strettamente e interessantemente politico di questa avita ricostruzione degli eventi.
Allora il problema è che ora i cristiani vanno tutti a scuola e si pongono dei dubbi che forse sono i medesimi che nascono da quelle intuizioni che Marcione si poneva ai sui tempi. Da qui la naturale disaffezione denunciata dal parroco.
Se sbaglio mi corregga tranquillamente
salve padre Ivano
i problemi riportati non sono forse conseguenza del concilio vaticano 2 ?
vi ringrazio
Grazie per l’articolo. Nella mia pigrizia spiriuale sto arrivando appena adesso a comprendere veramente quanto essere sacerdote, (parroco o coadiutore parrocchiale in particolare), sia il “mestiere”, la vocazione più bella, totalizzante dell’esperienza umana, e contemporaneamente la più “difficile” del mondo.
Mi rendo conto quanto sia umanamente impossibile per un sacerdote senza l’aiuto e la grazia dello Spirito Santo svolgere il servizio pastorale senza cadere nello sconforto totale, e questo non solo oggi ma credo da sempre. Il problema dei nostri giorni è che si è aggiunta l’estrema fragilità dell’uomo contemporaneo che vuole fare a meno del Dio che si è rivelato, ma se ci è dato di vivere in questi tempi è con questi tempi che dobbiamo fare i conti. Rimpiangere le cose come erano 40, 60 o 300 anni fa non serve a nulla, se non per cercare di ” raccogliere quanto di buono era stato seminato e a sua volta seminare per coloro che verranno”. Grazie dunque per aver condiviso questa riflessione
“Altra cosa importante da sapere è che il lavoro apostolico procede a tappe, così come una corsa a staffetta: io raccolgo quello che altri hanno precedentemente seminato [cf. Gv 4,37-38] oppure io semino quello che altri dopo di me saranno chiamati a raccogliere”
Un grande esempio è quello di San Giocomo
Converti solo 7 persone e voleva abbandonare la penisola iberica,ma la Santa Vergine gli apparve (era ancora in vita)e gli disse:
“Mio figlio ti ha affidato questa terra….
Poi sappiamo tutti come è andata la Storia della grande Spagna Cattolica
Mi è molto piaciuto questo articolo dalla risposta alle domande in poi.
La prima parte sinceramente sono cose che sento da 40 anni e mi sono stufato, quando sento i sacerdoti che ragionano di metodi e strategie mi arrabbio…. Ma d’altronde questo gli è stato insegnato in seminario (che poi hanno trasmesso al popolo per 40 anni).
Ringrazio il Signore che il mio parroco ci permette di fare l’Adorazione…..
Gentilissimo Luigi,
la ringrazio per l’apprezzamento parziale del mio articolo. Non le nascono che non sono riuscito a comprendere se la parte dello scritto di non suo gradimento si riferisca alla lettera-sfogo del sacerdote oppure alla mia analisi. Tuttavia sento di dover fare alcune precisazioni.
Anche la teologia – che è una scienza – usa un suo metodo e applica delle strategie. Forse a noi questi termini ricordano più il marketing o altre discipline più laiche ma il solo valore semantico delle parole non può essere considerato il male assoluto. Anzi da un punto di vista della rivelazione, l’Incarnazione del Verbo possiede un valore strategico molto forte, se pensiamo al fatto che Dio per rivelarsi avrebbe potuto usare altri modi più adeguati per un dio e non così semplicemente umani. Invece ha scelto una donna e il suo sposo e questo nell’ordinarietà della vita familiare, secondo dinamiche umane. Questa non è forse una strategia? Certamente, una strategia divina che ancora dopo 2000 anni dobbiamo capire.
Non sia troppo frettoloso di liquidare tutto con la frase “d’altronde questo gli è stato insegnato in seminario (che poi hanno trasmesso al popolo per 40 anni)”. Vede quei docenti che senza dubbio non erano perfetti, hanno comunque buttato il sangue sui libri e si sono sacrificati nell’insegnamento e quando io penso che un altro possa considerare questa loro testimonianza come qualcosa di banale o scontato, beh un poco mi arrabbio… Anche io ho avuto dei docenti meno bravi rispetto ad altri ma ne mantengo sempre il ricordo e cerco di mantenere quel poco di bene che hanno cercato di trasmettermi con il loro ufficio di maestri della fede.
Altro aspetto, lo studio universitario, come è quello teologico, non vive della sola mediazione accademica del docente, ma anche di approfondimento personale, letture personali, confronto comunitario e…preghiera. Quindi il successo o l’insuccesso negli studi è dato da tutto questo, così come i frutti che se ne possono trarre.
Quando noi pensiamo ai grandi Padri del passato, non ricordiamo mai che non erano solamente intelligenti e colti ma anche profondamente pii e timorati. Questo per dirle che la distonia nell’insegnamento può avvenire sia a causa del docente solo razionalista sia a causa del docente solo pietista. E’ necessario trovare un giusto mezzo. Fare il docente, specie in teologia, non è affatto semplice e penso che meriti rispetto, così come merita rispetto il discepolo che apprende in buona fede, cercando di vedere in quell’insegnante Cristo stesso. Il fatto poi che tale insegnamento sia stato tramandato da 40 anni non significa nulla, se non è stato recepito, sviscerato, compreso, applicato, metabolizzato e approfondito si è sempre da principio. O forse pensiamo che il fattore tempo sia una discriminante invalidante per la trasmissione della dottrina? Stando così le cose il S. Vangelo che ha ben più di 40 anni, sarebbe già da accantonare.Un ultima cosa, ringrazio anche io con lei il suo parroco che educa i suoi fedeli alla preghiera di adorazione esponendo il SS.mo Sacramento, ma sicuramente il suo parroco saprà, così come so io che sono parroco, che i fedeli hanno bisogno oltre che di preghiera anche di educazione cristiana, di pastorale che esprima la fede, di realtà umane comunitarie così come di strategie e metodi di annuncio che già gli antichi predicatori conoscevano e che sono insegnati anche oggi in quella parte della teologia biblica e pastorale che è detta l’omiletica.
Per questo motivo la invito, se si sente di dover dare un giudizio, di farlo con quella tenerezza di chi ama e con quel garbo di chi non conosce tutti i risvolti di una questione.
La benedico.