Quella luce che pervade e che disintegra ogni limite in questa società in cui la cultura della morte cerca di prevalere sulla vita: Paolo Palumbo e la sua storia di S.L.A. mutata in «Solo Luce Attorno». E in coda la straordinaria band dei «Ladri di carrozzelle»

Padre Gabriele
—  Attualità ecclesiale —

QUELLA LUCE CHE PERVADE E CHE DISINTEGRA OGNI LIMITE IN QUESTA SOCIETÀ IN CUI LA CULTURA DELLA MORTE CERCA DI PREVALERE SULLA VITA: PAOLO PALUMBO E LA SUA STORIA DI S.L.A. MUTATA IN «SOLO LUCE ATTORNO». E IN CODA LA STRAORDINARIA BAND DEI «LADRI DI CARROZZELLE»

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Le lungaggini burocratiche per ottenere ciò che è un diritto dei disabili, come la sedia a rotelle o il montascale, le pensioni di invalidità e di accompagnamento così esigue da non coprire minimamente le spese sanitarie che devono sostenere, sono tutte realtà con cui i disabili e le loro famiglie devono convivere ogni giorno, come ci cantano il rock music i mitici Ladri di carrozzelle.

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Paolo Palumbo, ammalato di S.L.A. (Sclerosi Laterale Amiotrofica) ospite al Festival di Sanremo nella stagione 2017

Incredibile come l’incipit del Vangelo di Giovanni sia a un tempo denso di significati teologici e spirituali e al tempo stesso in che modo questi significati continuino ad illuminare le nostre vite di fede intessute di un quotidiano di incertezza. In fondo era quello che l’Apostolo Giovanni voleva, quando ha composto il suo Vangelo: mostrare che l’Incarnazione fosse un fatto vero, concreto, reale, affinché questa realtà potesse irrompere nelle nostre vite per cambiarle una volta e per sempre:

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Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto (Gv 1, 9-10).

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Questo è il vero Incontro di fede, con coloro che trasmettono il dato della fede dell’Incarnazione, quella che festeggiamo ogni Natale, anche se troppo spesso ce ne dimentichiamo. Perché l’Incarnazione è il mistero rivelato di una Luce che pervade l’umanità nella notte più oscura. Nella tenebra dell’anima, la fiaccola della Luce di Gesù Cristo, il Verbo Incarnato, viene ad ardere e donare chiarezza e calore nel freddo glaciale giunto fino al punto di divisione dell’anima.

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C’è ovviamente chi questa Luce non l’ha voluta. Si è voltato dall’altra parte. C’è chi quindi ha rifiutato Gesù e lo ha fatto condannare a morte. È accaduto nella storia di eri e continua ad accadere. Ancora oggi che l’azione di Cristo prosegue nella Sua Chiesa, c’è chi preferisce tramare nell’ombra del peccato, dell’egoismo, della violenza e dell’omicidio, come ho già parlato attraverso il caso di Willy Monteiro in un mio precedente articolo [vedere QUI]. Eppure, al contrario di molti che non l’hanno riconosciuto, c’è però qualcuno che la Luce del Verbo Incarnato l’ha voluta prendere. Anche se per la mentalità perfezionista e materialista del mondo Gesù Cristo, oggi, sarebbe considerato un perdente.

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Paolo Palumbo, credente e malato di SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), la sua storia ha voluto raccontarla in un libro meraviglioso intitolato: Per volare mi bastano gli occhi.

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Dinanzi a Paolo che convive con questa brutta malattia da quando aveva 18 anni, già immagino le supercazzole di qualche cattolico adulto che si sta domandando come mai non ha chiesto subito l’eutanasia, perché in fondo «che vita sarebbe mai quella?», «Perché tutte quelle sofferenze?», «Perché negargli un atto di libertà?». Eppure tutta la vita di Paolo è una risposta a questo immenso e disumano mare di sciocchezze dettate dalla cultura della morte.  Chi legge i suoi post, non solo esce dagli schemi hitleriani eutanasici, ma si trova catapultato in una realtà positiva, piena di gioia e di tanta fede che fa riflettere e interrogare più volte, una realtà tutta quanta ripiena della Luce del Risorto.

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Ma andiamo con ordine e incominciamo dal principio: il 10 Settembre 2016, quando Paolo ha diciotto anni gli viene diagnosticata la Sclerosi Laterale Amiotrofica, una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, ovvero le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale in grado di regolare l’attività di contrazione dei muscoli volontari. Quando ricevono la notizia i familiari cadono in uno stato di shock. Paolo risulta infatti essere il più giovane individuo colpito da questa malattia, i genitori e il fratello non sanno come affrontare questa durissima prova a cui sono chiamati. Ma nel frattempo lui li stupisce tutti fin da subito mostrando una forza e una positività incredibile. La sua forza risiede soprattutto in un ottimismo generato dalla grazia di Dio e dalla luce del Cristo che Risplende nelle tenebre, che non l’hanno vinta (cfr. Gv 1,5). E così Paolo, la sua malattia abbreviata con la sigla SLA, giunge al punto di ribattezzarla:  Solo Luce Attorno!

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Difficile non innamorarsi di Paolo dopo avere letto le sue parole, perché è una vera forza della natura elevata dalla grazia, un concentrato di vitalità e caparbietà. In ogni parola del libro si coglie quanto forte sia la sua personalità. Mai, si è lasciato sopraffare dalla malattia, anzi con la sua vita la sconfigge ogni giorno. Nulla gli è impossibile, perché ha cominciato a vivere nell’ottica della memoria resurrectionis, in quella dimensione della vita che vince e sconfigge ogni morte. E così, riempito di Luce trinitaria, Paolo ci offre una lezione magistrale su come affrontare le nostre debolezze. Lui stesso scrive infatti che i limiti siamo solo noi a imporceli, perché sono solo nella nostra testa. Basti pensare che Paolo è salito sul palco di Sanremo, che ha incontrato il Sommo Pontefice Francesco, il Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama e il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella per parlargli della dura realtà con cui convivono i disabili. Paolo ha guidato un drone attraverso gli occhi e inventato un modo per far sentire i sapori dei cibi anche a chi come lui, a causa della disfagia, non può più avere il piacere di farlo. E sono solo alcune delle molte cose che ha fatto da quel fatidico 10 settembre, quando come una sentenza inappellabile fu formulata la sua diagnosi.  

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Paolo Palumbo è una persona straordinaria, un vero dono di Dio all’umanità, forse l’unico a non esserne ancora del tutto consapevole è lui, animato da una fede così grande che ogni giorno gli dona il coraggio per affrontare le tante difficoltà che la sua grave malattia, ma soprattutto la società, gli pongono davanti, andando avanti senza paura, mossa dalla cultura della vita, non dalla cultura della morte.

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Poi, se nella storia di questa vita radiosa vogliamo ricercare una stonatura oscura, che prescinde però del tutto dalla malattia di Paolo, è al solito l’impatto sociale, perché è lì che ci sono molte cose da aggiustare. La realtà che dovrebbe portare un aiuto ai disabili, da trent’anni a questa parte non è purtroppo cambiata.

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Le lungaggini burocratiche per ottenere ciò che è un diritto dei disabili, come la sedia a rotelle o il montascale, le pensioni di invalidità e di accompagnamento così esigue da non coprire minimamente le spese sanitarie che devono sostenere, sono tutte realtà con cui i disabili e le loro famiglie devono convivere ogni giorno. E anche in questo frangente Paolo non si è mai tirato indietro, insieme al suo inseparabile fratello Rosario ha affrontato a “muso duro” tantissime battaglie per far valere i suoi diritti e quelli di tutti i disabili. Peccato che, come al solito, in molti gli hanno fatto promesse per poi abbandonarlo. O come dice Paolo: «I limiti sono solo e soltanto quelli che noi stessi ci imponiamo». Perciò, cari amici de L’isola di Patmos, attingiamo dalla storia di Paolo Palumbo il coraggio di chiedere a Dio la sua Luce Trinitaria, che pervada e disintegri ogni nostro limite e ogni nostro orgoglio. E anche per noi inizierà l’era della Sola Luce Attorno, l’era in cui diventeremo uomini vivi e forti nella fede, con la Vita e la Gioia del Risorto.

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Roma, 3 marzo 2021

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(Con la collaborazione di Alessandra Fusco, autrice del Club Theologicum)

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I MITICI LADRI DI CARROZZELLE IN «DISTROFICHETTO»

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