L’insensata proposta dei Vescovi tedeschi e il motivo per il quale solo il cattolico può essere ammesso alla Comunione Eucaristica

Padre Giovanni

— Attualità ecclesiale —

L’INSENSATA PROPOSTA DEI VESCOVI TEDESCHI E IL MOTIVO PER IL QUALE SOLO IL CATTOLICO PUÒ ESSERE AMMESSO ALLA COMUNIONE EUCARISTICA

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L’ipotesi avanzata da taluni vescovi, che il Romano Pontefice possa concedere il permesso a ministri cattolici di dare ordinariamente, seppure solo in alcuni casi di matrimoni misti, la Comunione alla parte non-cattolica o che vada incontro al desiderio di detta parte di ricevere la Comunione, è un’idea incompatibile con quanto l’Apostolo afferma circa le disposizioni interiori, morali e canoniche necessarie per ricevere convenientemente e fruttuosamente la Comunione eucaristica.

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Autore
Giovanni Cavalcoli, O.P.

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San Tommaso d’Aquino in preda a un inizio di colpo apoplettico

Pochi giorni fa è stata diffusa una lettera del Cardinale Willem Jacobus Eijk, Arcivescovo di Utrecht, il quale spiega per quale motivo la Chiesa cattolica non può ammettere i protestanti alla Comunione eucaristica [testo della lettera QUI]. In questo articolo riprendo e sviluppo le considerazioni del Cardinale Primate d’Olanda a partire dalle condizioni per accedere alla Comunione eucaristica.

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La Comunione eucaristica è l’espressione massima e l’alimento principale della comunione con la Chiesa del fedele cattolico, che è quel cristiano che, fra tutti gli altri fratelli separati, fruisce della piena e perfetta comunione con la Chiesa cattolica. L’accesso alla Comunione eucaristica suppone pertanto che il fedele abbia compiuto un sufficiente cammino spirituale di preparazione e di iniziazione al mistero eucaristico, che è quello grazie al quale il credente giunge alla più intima comunione con Dio e con la Chiesa possibile su questa terra. Chi desidera accostarsi alla Comunione eucaristica, deve pertanto avere una retta fede nel Mistero eucaristico; bisogna che sappia con certezza Chi è Colui che desidera ricevere nel suo cuore. Deve credere che sotto le specie del pane e del vino si nascondono le sostanze del corpo e del sangue del Signore, grazie alle parole della consacrazione. Il corpo e il sangue del Signore vengono offerti dal sacerdote nella Santa Messa, in sacrificio di impetrazione, di soddisfazione e di lode al Padre a nome della Chiesa.

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Il credente deve sapere che nell’Eucaristia c’è il Cristo totale, Capo e corpo mistico, che è la sua Sposa la Chiesa. Nell’Eucaristia, pertanto è contenuto tutto il bene della Chiesa, la sorgente e il culmine della sua vita, la pregustazione e il pegno della gloria futura. Nell’Eucaristia sono contenuti tutti i misteri della salvezza, che occorre pertanto conoscere ed accettare con fede, per poter raggiungere la salvezza. Certamente, è talmente alto questo mistero e noi siamo così in basso su questa terra, che chi di noi può dire di sentirsi veramente degno di ricevere l’Eucaristia? Per questo, prima di riceverla, proclamiamo umilmente, ma fiduciosamente: «O Signore, io non sono degno che Tu entri nella mia casa; ma di una sola parola e io sarò salvato». Così l’Eucaristia è sì una medicina, ma è soprattutto quello che Sant’Agostino chiamava il «cibo dei forti». Infatti essa non solo presuppone che il fedele sia già in grazia di Dio, ma gli dona un supplemento di forza nella lotta contro il peccato e contro Satana,  sotto il patrocinio di Maria, tipo e modello della Chiesa, Donna messianica e apocalittica che a fianco di suo Figlio, sostiene la Chiesa nella lotta contro il male lungo il corso della storia, fino alla vittoria finale della Parusia.

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Anche se non possiamo mai sentirci pienamente degni di mangiare il corpo del Signore, tuttavia San Paolo distingue un modo degno da un modo indegno di assumere l’Eucaristia [cf. I Cor 11,28], dipendente dalla nostra volontà e che quindi è in nostro potere.

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San Tommaso d’Aquino, il Dottore Eucaristico, nel commentare gli avvertimenti che San Paolo dà nel succitato passo a coloro che desiderano accostarsi alla Comunione, ci fa presente la deprecabile eventualità di uno, che assuma indegnamente il corpo del Signore. Tale eventualità si verificherebbe nel caso di uno che assumesse l’Eucaristia «non con mente devota» [1]. Questa «mancanza di devozione» [indevotio] ― spiega l’Aquinate [2] ― «può essere peccato mortale, accompagnato dal disprezzo del sacramento». Questa indegnità ― nota San Tommaso [3] ― può nascere dalla «volontà di accedere all’Eucaristia in stato di peccato mortale, che tuttavia non viene tolto dalla penitenza. Ciò avviene grazie alla contrizione, che toglie la volontà di peccare, col proposito di confessarsi e di soddisfare, quanto alla remissione della colpa ed alla pena eterna» [4]. Così facendo, il penitente ottiene la «riconciliazione con i membri della Chiesa» [5]. Ma se il peccatore non accetta il sacramento della penitenza e non si riconcilia con la Chiesa cattolica, che senso ha il suo accedere alla Comunione?

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San Tommaso precisa: «Questo sacramento è un nutrimento spirituale. Ma non viene nutrito se non chi è vivo. E quindi esso non compete ai peccatori, che non vivono in grazia» [6]. Ora, se ― come ritiene Lutero ― il sacramento della penitenza e le opere di penitenza non sono necessarie per essere in grazia, ma basta la fede di essere salvato, per cui il peccatore resta nel peccato oppure ottiene la grazia pur restando in peccato [simul iustus et peccator], con quale fronte oserà accostarsi alla Comunione non pentito e non purificato? Inoltre, osserva l’Aquinate, «l’Eucaristia è il sacramento della carità e dell’unità ecclesiale. Ma dato che il peccatore è privo della carità ed è meritatamente separato dall’unità ecclesiale, se accede al sacramento, commette una falsità nel significare una carità che non possiede» [7]. L’eretico e lo scismatico si sono o vivono separati dalla unità, effetto della carità che edifica e santifica la Chiesa.

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I PROTESTANTI SI SONO RESI INDEGNI DELL’EUCARISTIA

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visita del Sommo Pontefice Francesco I presso la Comunità Anglicana di Roma nel febbraio 2017

Occorre ricordare che la ribellione di Lutero e Calvino alla Chiesa ha distrutto alcuni punti fondamentali di dottrina e di prassi, come l’Eucaristia ed altre verità di fede strettamente connesse, quali il primato del Romano Pontefice e il Magistero della Chiesa, il sacerdozio, la Santa Messa, la Sacra Tradizione, il sacramento della penitenza, le buone opere, la vincibilità della concupiscenza, i meriti, il valore della ragione naturale e il libero arbitrio.

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Come dunque si vorrebbe, da alcune parti, che questi fratelli separati possano desiderare sinceramente, legittimamente e con cognizione di causa la Comunione o ad essi si possa dare la Comunione, quando non credono affatto o falsamente in ciò che essa significa ed implica, e la loro separazione da Roma fu motivata proprio dal rifiuto di quei punti? Certo, alcuni di essi possono essere in buona fede: ma allora non spetterà al ministro cattolico chiarire con loro le cose?

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Certo, nel mentre il sacerdote distribuisce la Comunione nel corso della Messa, può capitare, senza che lui lo sappia, che si presenti un non-cattolico o un falso cattolico. Sarà in buona fede? Sarà in cattiva fede? Che ne può sapere il ministro? Dunque può e deve dare tranquillamente la Comunione, affidandoli alla misericordia di Dio. Risponderà il fedele davanti a Dio, se è in colpa. A meno che non si presenti uno del quale il sacerdote sa con certezza che disprezza l’Eucaristia; nel qual caso deve avere la pronta saggezza di allontanarlo con ogni circospezione, fermezza e carità. Ma casi del genere sono estremamente improbabili, soprattutto se il sacerdote è noto per il suo zelo per l’Eucaristia.

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PRUDENZA PASTORALE DELLA CHIESA

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il Sommo Pontefice Francesco I riceve la “benedizione” dal Primate della Comunità Anglicana. La invalidità delle ordinazioni episcopali e quindi sacerdotali amministrate dagli anglicani, fu dichiarata dal Sommo Pontefice Leone XIII con la sua Lettera apostolica Apostolicae Curae del 1896 in quanto privi della successione apostolica [testo QUI, trad. italiana QUI]. Che benedizione sta dunque ricevendo, il Romano Pontefice?

I sacramenti sono mezzi di salvezza nei quali opera congiuntamente l’uomo con Dio, quindi nella loro amministrazione la Chiesa tiene sempre conto di questi due fattori; ma nell’evolversi dei tempi e nella varietà delle situazioni umane, essa, con prudenza pastorale, a seconda di come ritiene meglio, ora promuove maggiormente l’azione umana, ora dà maggior spazio alla grazia divina. Essa sa infatti che, se nell’opera della salvezza è ordinariamente necessario il concorso delle forze umane dell’intelletto della volontà, a volte, come per esempio nei bambini o nei neonati o negli embrioni, esse non sono ancora in grado di esercitarsi. Siccome però Dio vuole la salvezza di tutti e la salvezza è dono della grazia, Dio dispone che questi piccoli esseri, ancora incapaci di esercitare la ragione, si salvino per il solo intervento della grazia. Dato però che la grazia agisce ordinariamente attraverso il sacramento, da qui è sorto l’uso  della Chiesa di battezzare i bambini.

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Per quanto riguarda l’accesso alla Comunione, agli inizi del cristianesimo esisteva una lunga iniziazione, che si concludeva con la dichiarazione del catechista che il catecumeno, ordinariamente adulto, era ormai idoneo ad accedere alla Comunione. Ma San Pio X, come è noto, volle che fin da fanciulli i fedeli, seppur sempre preparati, potessero essere ammessi al divino banchetto.

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DIGNITÀ ALTISSIMA DELLA COMUNIONE EUCARISTICA

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il Sommo Pontefice Francesco I a Lund, in Svezia, durante i festeggiamenti dei Cinquecento anni della cosiddetta Riforma di Lutero, accanto ad una Arcivescova rivestita dei paramenti sacerdotali. Questa Signora, favorevole ad aborto, eutanasia, sperimentazioni genetiche e matrimonio tra coppie dello stesso sesso, è lesbica dichiarata, sostenitrice dell’omosessualismo e della teoria del gender, nonché unita in matrimonio con un’altra donna

La Comunione è il vertice e la fonte dell’intera vita della Chiesa e del cattolico, fons et culmen totius vitae christianae, per cui chi non fruisce di questa pienezza di comunione, chiaramente si trova in una condizione interiore che è sproporzionata alla recezione del sacramento, ossia manca della recettività o disponibilità sufficiente o adatta per poter assimilare convenientemente un cibo soprannaturale, qual è il pane eucaristico, il quale, pertanto, se è assunto con buone disposizioni,  nutre divinamente l’anima; ma se mancano tali disposizioni, e il soggetto osa comunque assumerlo,  «mangia e beve»  ― come dice San Paolo ― «la propria condanna» [I Cor 11, 29]. Infatti, la comunione con la Chiesa va soggetta a diversi gradi di perfezione, i quali sono tanto più elevati, quanto maggiori e più numerosi sono gli elementi di Chiesa che sono fatti propri dal cristiano. In tal modo si va da un grado minimo, al di sotto del quale manca qualunque comunione visibile, come per esempio la condizione dei non-cristiani o degli atei, a un grado massimo, di una comunione totale, piena e perfetta, che è quello del cattolico. In mezzo ci sono molti gradi intermedi di comunione imperfetta e parziale, più o meno vicina alla piena comunione, che sono i gradi nei quali si trovano i fratelli separati.

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Prendiamo due esempi di questi gradi inferiori di comunione: i dissidenti orientali, i cosiddetti “ortodossi”, e i luterani. Se volessimo paragonare la Chiesa Romana o la Sede di Pietro al centro di un cerchio ideale, che rappresenta la superficie o ambito o spazio dell’essere cristiano, ovvero la superficie o area della Chiesa visibile, potremmo dire che attorno al centro si danno cerchi concentrici, che gradatamente, partendo da un cerchio di minima estensione, si succedono sempre più ampli fino a costituire la circonferenza massima, la più lontana dal centro, circonferenza che rappresenta la pienezza di tutto quanto la Chiesa contiene nella sua perfezione e la costituisce nella sua essenza salda, immutabile ed incorruttibile, voluta e istituita da Cristo, quell’essenza e quell’integrità, che mai, sotto la guida di Pietro e dello Spirito Santo, potrà essere ingannata, alterata, inquinata, diminuita, disintegrata, decurtata, falsificata o distrutta dalle potenze dell’inferno. La detta circonferenza rappresenta l’estremo confine della Chiesa visibile. Chi si trovasse al di là di questo confine, sarebbe del tutto fuori della Chiesa visibile, benché, se è onesto e in buona fede, potrebbe appartenere alla Chiesa invisibile o ― il che è lo stesso ― appartenere invisibilmente e inconsciamente alla Chiesa visibile. Oppure l’immagine dei cerchi concentrici potrebbe rappresentare i diversi gradi di appartenenza alla Chiesa in un altro modo. Il cerchio minimo, il più vicino al centro, cioè alla Sede di Pietro,  rappresenterebbe la pienezza della comunione ecclesiale. Ma, mano a mano che passiamo a cerchi sempre più ampli e lontani dal centro, avremmo i gradi decrescenti di minor appartenenza, propri dei fratelli separati, fino a che, giunti al cerchio massimo, avremmo il minimo di appartenenza, oltre il quale si è fuori della Chiesa visibile.

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LA COMUNIONE EUCARISTICA È CONNESSA ALLA PIENA APPARTENENZA ALLA CHIESA

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il Sommo Pontefice Francesco I riceve in udienza un gruppo di cosiddette vescovesse luterane della Finlandia

Ora, per la stessa volontà del Signore, la piena appartenenza alla Chiesa richiede una serie di requisiti e condizioni, mancando anche uno solo di essi, nessuno può essere in piena comunione, per cui non può salvarsi, per il fatto che la salvezza si ottiene accogliendo tutte le verità di fede e tutti i mezzi della salvezza, così come un organismo vivente vive solo se in esso funzionano tutti gli organi vitali. Il che non impedisce alla misericordia divina di salvare anche coloro che, senza colpa, si trovassero non dico ad un gradino inferiore di comunione, ma addirittura totalmente al di fuori dei confini visibili della Chiesa, fino a coloro che, come dice il Concilio [Lumen Gentium, 16], non fossero giunti neppure ad una conoscenza esplicita di Dio, il che, però non significa ateismo, come erroneamente crede Rahner, giacché che senso ha che un ateo coscientemente e volontariamente  desideri il paradiso, il quale consiste nella visione di Dio?

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Come è già stato fatto notare, la questione della Comunione ai protestanti è ben diversa da quella agli ortodossi, benché nell’uno e nell’altro caso manchi nel fratello separato quella piena comunione con la Chiesa sotto la guida del Romano Pontefice, garante dell’unità della Chiesa, comunione che dà senso, autenticità e significato alla Comunione eucaristica, la quale a sua volta edifica questa unità, Comunione eucaristica che è quindi precisamente il sacramento dell’unità e della carità verso Dio e con i fratelli, come abbiamo visto in San Tommaso d’Aquino. Se dunque le Chiese ortodosse hanno conservato l’elemento dell’apostolicità e quindi i Sette Sacramenti, le comunità protestanti purtroppo lo hanno respinto e perduto e con ciò stesso hanno abolito i sacramenti o quanto meno, benché continuino a parlare di «sacramento» per il Battesimo e per la Cena, ne hanno perduto il senso autentico, giacché per loro il sacramento non produce la grazia che è significata dalla formula sacramentale, ma questa semplicemente si limita ad annunciare che la grazia è già presente.

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Altri sacramenti, come il Battesimo e il Matrimonio, non rappresentano l’unità ecclesiale tanto quanto la rappresenta l’Eucaristia. Per questo, la Chiesa non ha difficoltà a riconoscere il Battesimo dato dai protestanti o dagli ortodossi. Così pure esiste una normativa liturgico-canonica relativa ai matrimoni misti. L’attività ecumenica abbraccia vasti settori della dogmatica e della morale, che sono valori cristiani comuni a cattolici e non-cattolici. Ma la persistente presenza di eresie nelle dottrine dei fratelli separati impedisce tuttora la communicatio in sacris, la quale richiede la totale integrità della fede, perché per sua essenza, rappresenta la massima espressione di tale integrità, mancando la quale, la detta communicatio sarebbe finzione, profanazione e sacrilegio.

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Gli stessi fratelli separati seri e onesti sono i primi a rifiutare una sceneggiata del genere, giacché essi sono nati e si sono caratterizzati proprio col rifiuto netto e cosciente di quelle condizioni che rendono possibile la pratica della Comunione eucaristica. Per questo, il Diritto Canonico, nel momento in cui concede in casi speciali la Comunione al non-cattolico «ben disposto», viene a dire che può riceverla solo in quanto, almeno implicitamente o nell’intenzione, vuol farsi cattolico.

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UNA PROPOSTA INSENSATA

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il Sommo Pontefice Francesco I, in visita alla Comunità Evangelica di Roma nel novembre 2015, offre in dono un calice

L’ipotesi avanzata da taluni vescovi, che il Papa possa concedere il permesso a ministri cattolici di dare ordinariamente, seppure solo in alcuni casi di matrimoni misti, la Comunione alla parte non-cattolica o che vada incontro al desiderio di detta parte di ricevere la Comunione, è un’idea incompatibile con quanto l’Apostolo afferma circa le disposizioni interiori, morali e canoniche necessarie per ricevere in modo conveniente e fruttuoso la Comunione eucaristica. Il Papa, in quanto Pastore universale della Chiesa, ha certamente facoltà di legiferare e disciplinare l’esercizio del culto eucaristico, ma sempre nell’ambito dell’intangibile diritto divino. Cristo, infatti, dando a Pietro facoltà di «legare e di sciogliere» [Mt 16, 19], gli ha concesso un’ampia discrezionalità e un notevole potere legislativo circa le modalità particolari e mutevoli dell’amministrazione del Sacramento dell’Eucaristia, secondo circostanze di tempo, di luogo e di persone; ma naturalmente sempre nell’ambito della natura, delle condizioni, delle finalità e dei prerequisiti essenziali ed immutabili della amministrazione e recezione dello stesso Sacramento. Il che vuol dire che il Papa esercita questo potere come Pastore universale della Chiesa cattolica e quindi nei confronti di tutti e dei soli fedeli cattolici. Non esercita ovviamente un potere giurisdizionale nei confronti di quei cristiani che, per vari motivi, in varie forme o gradi, si sono sottratti nel passato a tale guida pastorale e giuridica o a causa di scismi o di eresie, anche se ciò non gli impedisce di fissare accordi ecumenici o stabilire speciali convenzioni con i fratelli separati per particolari circostanze, opportunità o necessità pastorali, e proprio anche nell’ambito della amministrazione dell’Eucaristia, senza che tuttavia ciò debba recare scandalo o pregiudizio al rispetto del Sacramento ed alla fede che ne giustifica l’esistenza.

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I motivi che vengono avanzati per la concessione della Comunione ai non-cattolici sono del tutto inconsistenti e pretestuosi. Si vorrebbe infatti invocare la pratica ecclesiale della misericordia e dell’accoglienza. Ora, bisogna dire che queste virtù, pur tanto preziose in se stesse, nella fattispecie non c’entrano per nulla ed occorre invece invocare le virtù del discernimento e della prudenza, che rendono capace il ministro di verificare se il richiedente è «ben disposto», come recita il Diritto Canonico [Can. 844 § 3].

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 LE DISPOSIZIONI DEL DIRITTO CANONICO

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il Sommo Pontefice Francesco I in visita alla Comunità Luterana di Torino nel giugno 2015, riceve in omaggio una copia della Bibbia tradotta da Martin Lutero

Al riguardo, il Diritto Canonico afferma che «i ministri cattolici amministrano lecitamente il sacramento dell’Eucaristia ai membri delle Chiese Orientali, qualora lo richiedano spontaneamente e siano ben disposti; ciò vale anche per i membri delle altre Chiese, le quali, a giudizio della Sede Apostolica, relativamente al sacramento in questione, si trovino nella stessa condizione delle predette Chiese orientali» [Can. 844 § 3]. Recita ancora il Diritto: «Se vi sia pericolo di morte o qualora, a giudizio del Vescovo diocesano o della Conferenza Episcopale, urgesse altra grave necessità, i ministri cattolici amministrano lecitamente il sacramento dell’Eucaristia anche agli altri cristiani, che non hanno piena comunione con la Chiesa cattolica, i quali non possano accedere al ministro della propria comunità e lo chiedano spontaneamente, purché manifestino circa questo sacramento la fede cattolica e siano ben  disposti» [Can. 844 § 4].

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Che vuol dire «ben disposti»? Equivale a dire, come avverte San Paolo, «in modo degno» [I Cor 11, 27]. Il che vuol dire, anzitutto saper «riconoscere il corpo del Signore» [I Cor 11,29], ossia saper vedere, con l’occhio della fede, che l’ostia consacrata sembra pane, ma non lo è: è il corpo del Signore. Ma inoltre Paolo dice che, occorre «aver esaminato se stesso» [v. 28], ossia aver verificato di essere in grazia di Dio, convinto di tutte le verità di fede, esente da colpa, animato da carità, in comunione con la Chiesa e col Papa, desideroso della santità. Ora, non tutte queste condizioni sono presenti nei fratelli separati.

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Dai Canoni del Diritto risulta però che l’esclusione dei fratelli separati dalla Comunione non è a intendersi in modo assoluto. In casi particolarmente gravi ed urgenti, se sono ben disposti, ossia se accettano la fede cattolica, possono ricevere la Comunione. Ma ciò equivale a dire: “se si convertono al cattolicesimo”,  giacché è chiaro che se invece conservano coscientemente e volontariamente gli elementi ereticali o scismatici che sono incompatibili con la Comunione, che richiede una piena comunione con la Chiesa cattolica, non possono essere in comunione con Dio.

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UN ATTEGGIAMENTO INOPPORTUNO

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… ma ecco infine realizzarsi il vero, grande e autentico MISTERO DELLA FEDE: la rituale pedicure alle Signore alla Missa in Coena Domini, quando la Chiesa universale fa memoria durante la Settimana Santa della istituzione dell’Eucaristia e del Sacerdozio ministeriale

Il desiderio di ricevere l’Eucaristia da parte dei protestanti, non pare dettato da motivazioni autenticamente spirituali, perché altrimenti accompagnerebbero tale desiderio con quello di convertirsi al cattolicesimo, nel quale soltanto l’Eucaristia può essere compresa e vissuta; ma sembra dettato dal bisogno puramente psicologico di non sentirsi discriminati dai cattolici, da un bisogno puramente emotivo di condivisione e di sentirsi accolti, e da un’idea confusionaria e facilona dell’ecumenismo, che vien fatto consistere solo in un piacevole godersi la vita  assieme, a prescindere da questioni attinenti il vero e il falso nella fede.

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La dinamica cristiana di un matrimonio misto certamente è delicata e richiede un’attenzione pastorale prudente e comprensiva. La coppia è chiamata a vivere intensamente i valori comuni cristiani che sono rimasti nei cattolici e nei protestanti. Come prescrive il Concilio Vaticano II nella Unitatis redintegratio [n.3], la parte cattolica svolge una funzione di guida verso la pienezza dell’appartenenza alla Chiesa cattolica, nel pieno rispetto dei valori del protestantesimo. La Comunione eucaristica è una meta per la parte protestante, ma che dev’essere raggiunta assolvendo alle condizioni necessarie, che richiedono il pieno ingresso nella Chiesa Cattolica.

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Varazze, 10 maggio 2018

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NOTE

[1] Commento a I Cor 11, 27-29, in Super Epistulas Pauli Lectura, vol.I, lectio VII, n.689, Marietti, Torino 1953, p.363.

[2] Ibid.

[3] Ibid.

[4] Ibid., pp.363-364.

[5] Ibid.

[6] Ibid.

[7] Ibid.

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1 commento
  1. Maurilio Piazza dice:

    Sono anche eretici, non solo scismatici, già i cristiani di cui al §3, non solo quelli di cui al §4, del Can. 844. Tutti costoro, all’atto in cui ricevono lecitamente da ministri cattolici i sacramenti in questione, il Canone il considera NON-CATTOLICI, sia perché li chiama “membri” di Chiese non-cattoliche pienamente sacramentali ovvero chiama di “propria” appartenenza comunità ecclesiali non pienamente sacramentali, sia perché il §5 li suppone soggetti alle rispettive autorità religiose non-cattoliche. Il Canone NON esige affatto la previa conversione al cattolicesimo di tutti costoro come condizione perché ricevano tali sacramenti, bensì esige che abbiano la fede cattolica LIMITATAMENTE A tali sacramenti: nel caso del §3 tale fede è tacitamente presunta in forza della situazione sacramentale delle Chiese di appartenenza, mentre nel caso del §4 tale fede va manifestata dai singoli richiedenti, giacché manca alle comunità ecclesiali di appartenenza. Infine, tutti costoro il Canone li presume tacitamente in buona fede quanto all’eresia e scisma in cui versano oggettivamente (invalidando i punti 5 e 6 della Declaratio del Convegno “Chiesa Cattolica, dove vai?”).

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