L’episcopato tedesco e l’intercomunione eucaristica con i protestanti. Pietro si lava le mani come Pilato: «trovate una soluzione unanime tra di voi»

 — Theologica —

L’EPISCOPATO TEDESCO E L’INTERCOMUNIONE EUCARISTICA CON I PROTESTANTI. PIETRO SI LAVA LE MANI COME PILATO: «TROVATE UNA SOLUZIONE UNANIME TRA DI VOI»

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Qualora i Vescovi della Germania, in modo unanime dovessero mettersi d’accordo nel dare la Santa Comunione ai protestanti, che cosa accadrà domani, se un’altra conferenza episcopale, in modo unanime, deciderà di unire in matrimonio le coppie omosessuali? Cosa accadrà se un’altra, all’unanimità, deciderà che è lecito abortire il feto di un bimbo riscontrato affetto da malformazione, non reputando giusto mettere al mondo una creatura affetta da imperfezioni? Cosa accadrà se un’altra, all’unanimità, deciderà che è un atto di carità porre fine alla vita di un ammalato terminale che soffre e che non ha alcuna speranza di vita? Da quando, l’unanimità, è garanzia di sana dottrina e di profondo ossequio alla verità rivelata?

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

Contrariamente a quelli che da anni fanno man bassa sulle disamine contenute negli articoli dei Padri de L’Isola di Patmos guardandosi dal citare gli Autori, facendo poi passare certe analisi come proprie, noi abbiamo la comprovata onestà cristiana e intellettuale di citare sempre quando ci richiamiamo a qualsiasi Autore del passato o del presente, pure fosse un minimo sospiro. Questo il motivo per il quale i nostri scritti pubblicati sulla pagina Attualità abbondano di numerose citazioni tra parentesi, quelli sulla pagina Theologica di note a fondo di pagina o tra le righe del testo.

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Questo preambolo introduttivo giusto per cantare due antifone: la prima, ai vignaioli che dopo la vendemmia si guardano dal dire dove hanno raccolto i grappoli d’uva. La seconda, per scusarmi se cito appresso l’espressione di un Autore di cui al momento non riesco proprio a ricordare il nome, cosa questa che m’impedisce di dare la legittima paternità ad una frase non mia, che è la seguente: «I Sommi pontefici hanno deposta la tiara, i laici ed i teologi l’hanno indossata».

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Quando si avverte disagio, o un umano fastidio soggettivo, bisogna tenerselo, al limite parlarne in privato con chi può eventualmente aiutarci. Ciò non solo perché l’emotività non va pubblicizzata, ma perché non è opportuno né prudente farlo, meno ancora lo è di scaricare i propri eventuali disagi sugli altri, in modo del tutto particolare quando ― come per esempio chi scrive queste righe ―, si è chiamati per sacramento di grazia e per missione a essere guide e maestri, non seminatori di confusione. Quando invece il fastidio è oggettivo, poiché basato su pubblici dati di fatto, spesso dolorosi o anche pericolosi, in quel caso, manifestare fastidio, può essere un imperativo di coscienza seguito dall’obbligo di spiegare che cos’è giusto e che cos’è sbagliato, semmai anche ammaestrando quella fetta di Popolo di Dio resa accidiosa dai cattivi pastori a provare fastidio e disagio dinanzi a certi gravi problemi che investono la società civile ed ecclesiale. Il tutto con buona pace di quanti tentano di eliminare certi problemi alla radice dicendo: «Nessuno ha la verità in tasca». Frase che detta e poi letta in un certo modo porta di conseguenza a dire che in fondo, la verità, è opinabile, ma soprattutto relativa. Semmai è vero che nessuno possiede la verità, della quale siamo chiamati ad essere fedeli servitori e annunciatori, o come dice San Tommaso d’Aquino: «Non sei tu che possiedi la verità, ma è la verità che possiede te» [cf. De veritate]. Per questo motivo, svicolare da certe discussioni o risposte con la frase ambigua «Nessuno ha la verità in tasca», è affermazione di per sé falsa e pericolosa, posto che la Chiesa, che è una, santa, cattolica e apostolica, della verità è depositaria e custode, sicché, lungi dall’averla in tasca, ce l’ha comunque in custodia per volontà e per mandato divino. E noi, che certo non siamo i suoi padroni, siamo però suoi fedeli servitori, custodi e annunciatori. Quindi, chi questa verità la annuncia e la difende dall’errore, non è che agisca in tal modo perché con stile pelagiano o legalistico crede di averla in tasca, ma perché deve appunto servirla, difenderla e annunciarla. Nessuno che sia vero custode e annunciatore della verità può omettere di indicare e di condannare l’errore, perché nel mondo, assieme alla verità, sussiste anche quella anti-verità che sulla verità vuole imporsi, spesso anche in modo violento e distruttivo, ma soprattutto falso.

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QUEI LAICI INCOSCIENTI E LITIGIOSI CHE TUTTO RIDUCONO A UNO SCONTRO TRA PARTITO DEI CONSERVATORI E PARTITO DEI PROGRESSISTI

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La polemica in corso scatenata in questi giorni dall’Episcopato tedesco sulla concessione della Santa Comunione ai protestanti, è di una delicatezza fuori da ogni ordinario, perché ancora una volta, questi indomabili e irriducibili barbari, vanno a toccare al di là di Roma e al di sopra di Roma il cuore motore che anima l’intero Corpo Mistico che è la Chiesa: la Santissima Eucaristia. E dinanzi a questo problema, tutto quanto teologico ed ecclesiologico, oltre che canonico e disciplinare, i laiconi che si dimenano tra una rivista telematica e tra un blog e l’altro, stanno riducendo com’è nel loro stile tutta la questione ad un conflitto politico.

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Consapevole di parlare in tal senso ai sordi, ribadisco che certi grandi temi sono di natura teologica e dottrinale, affrontarli quindi con lo spirito tipico delle bagarre politiche, riducendo alla fine tutto ad una lotta tra il cosiddetto partito dei conservatori e quello dei progressisti, può solo favorire la de-sacralizzazione dei segni sacramentali e ridurre la Chiesa di Cristo ad un campo di battaglia sul quale si scontrano umori soggettivi animati alla base da pura ideologia, non rare volte anche dai disagi personali di certe persone che avrebbero bisogno di un bravo direttore spirituale, di un bravo confessore, ma talune volte anche di un bravo psichiatra.

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Questo porta inevitabilmente certi laici che si sono messi in testa la tiara deposta dai Sommi Pontefici, a recare danni ulteriori alla Chiesa e al Popolo di Dio, mai come oggi smarrito e confuso.

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QUEL GRANDE INGANNO TUTTO GIOCATO DAL PARA-CONCILIO E DAL POST-CONCILIO SU UN LINGUAGGIO NON PROPRIO FELICE ADOTTATO DAL CONCILIO VATICANO II

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Riassumiamo in breve la vexata quaestio tedesca per poi procedere con l’analisi del fatto stesso: la Conferenza episcopale tedesca ha discusso sulla possibilità di dare la Santa Comunione ai protestanti coniugati con cattolici, adottando in tal senso la tecnica del cosiddetto “salame a fette”. Infatti, ogni volta che nella Chiesa si sono concessi limitati indulti speciali ed altrettanti limitati permessi ad experimentum, queste concessioni sono poi divenute prassi, quasi sempre anche estese oltre tutti i limiti di quanto era stato concesso. Un esempio concreto tra i tanti che funga da paradigma? Presto detto: la riforma liturgica impressa nella Sacrosanctum Concilium [cf. testo QUI]. Si legga con cura questo testo e poi si faccia una valutazione: dove sono scritte, indicate e concesse tutte le aberrazioni liturgiche, molte delle quali rasenti il sacrilegio della Santissima Eucaristia, che da quattro decenni vediamo realizzate in molte delle nostre chiese per la nefasta opera di un esercito di esotici preti creativi? In quel testo non c’è traccia, men che meno legittimazione dei peggiori abusi liturgici ormai istituzionalizzati nel silenzio pavido dei vescovi che non vigilano, non proibiscono e non sanzionano i fautori di certe aberrazioni; semmai prendono in forte antipatia e rendono la vita amara a quei pochi preti che osano lamentare quanto ciò non vada bene e quanto sia dovere dei vescovi vigilare e stroncare certe pratiche diffuse nel clero. Se pertanto il testo di quella riforma non permette né concede ciò che oggi è sotto gli occhi di tutti dentro molte delle nostre chiese, da dove nasce il problema, o meglio l’inghippo? Nasce dal fatto che i documenti del Concilio Vaticano II ― come più volte ho spiegato [cf. per es. QUI] ― usano un linguaggio nuovo, il quale risente, per il forte influsso esercitato dai teologi teutonici, dello stile tipico del romanticismo tedesco decadente. A questo si aggiunga poi l’ottimismo del Sommo Pontefice Giovanni XXIII, convinto che non si deve sempre giudicare e condannare, ma piuttosto dialogare. Attraverso questo insieme di cose possiamo infine giungere a dei documenti che esprimono concetti profondi, validi ed utili, assieme a riforme urgenti e necessarie come ad esempio la Sacrosanctum Concilium, ma omettendo però di chiarire attraverso dei canoni precisi che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, cosa è permesso e cosa è proibito, aggiungendo semmai anche sanzioni e pene per i trasgressori, il cosiddetto «Anathema sit», spesso usato nei documenti dei precedenti concilî, che non sono stati affatto meno concilî del meta-concilio Vaticano II, anche se a parere del tutto sconsiderato di molti teologi, con quest’ultima assise conciliare pare nascere finalmente d’improvviso, dopo duemila anni di storia, la Chiesa Cattolica.

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La certezza e la chiarezza della dottrina e delle leggi canoniche, non è solo tutela del deposito della fede, della verità e quindi della dottrina stessa, ma anche preziosa tutela per i ministri in sacris ed i Christi fideles, al fine di scongiurare quei generi di ingiustizie e di abusi che prendono quasi sempre vita dalla scarsa mancanza di chiarezza. Quando infatti risuona il “rivoluzionario” grido «basta con questo legalismo, con questa durezza dottrinale, con questo “culto” delle leggi canoniche!», finisce sempre col venir meno sia la certezza della legge eretta anche a tutela dei membri del Corpo della Chiesa, sia la chiara definizione dottrinale di che cosa è lecito e illecito, giusto e sbagliato, di che cosa è la verità e per contro che cosa invece è falso ed erroneo. A quel punto, quando la mancanza di chiarezza lascia spazio all’ambiguità, ecco che i ministri in sacris per un verso ed i Christi fideles per altro verso, finiranno col divenire sofferenti vittime del libero arbitrio di chi riesce a fare la voce più grossa e imporsi in modo dispotico.

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SIN DOVE POSSONO GIUNGERE GLI ASSASSINI DELLA FIDES CATHOLICA? SINO A BEATIFICARE E CANONIZZARE I PONTEFICI DI CUI LORO STESSI HANNO DISTRUTTO IL MAGISTERO

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I capocomici di questo terribile teatro hanno avuto tra l’altro bisogno di beatificare e poi canonizzare tutti i Sommi Pontefici del post-concilio. Ma si presti bene attenzione: non perché ad essi interessi nulla la elevazione di questi Pontefici alle glorie degli altari, ma perché attraverso di essi hanno voluto dogmatizzare e infine canonizzare il para-concilio e poi il post-concilio. E tutto questo lo hanno fatto con uno spirito delinquenziale diabolico, perché gli stessi che hanno voluto a tutti i costi Beati e Santi questi Sommi Pontefici, sono poi gli stessi che stanno mettendo in discussione la Humanae Vitae dell’imminente Santo Paolo VI; sono gli stessi che hanno distrutto nel corso degli ultimi cinque anni il magistero di San Giovanni Paolo II, non esitando a definire la Familiaris Consortio come un documento datato, superato, ma soprattutto frutto della sessuofobia insita nel rigore morale di questo Sommo Pontefice. Eppure, proprio quanti di ciò sono convinti, insegnando e agendo di conseguenza, ma soprattutto minando e distruggendo il magistero di questi Beati e Santi Pontefici, hanno voluto a tutti i costi canonizzare in tempi record Giovanni Paolo II, anziché attendere per lui come per gli altri suoi Predecessori, come la prudenza della Chiesa imponeva una volta, trent’anni dalla morte, prima di aprire un lungo processo, giungendo infine, non prima di mezzo secolo dopo la loro morte, alla prima tappa della loro beatificazione.

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È con ciò chiarito a qual genere di pericolosi e distruttivi delinquenti siamo finiti in mano? È quindi chiaro in che modo, questi pericolosi e distruttivi delinquenti, stiano seminando danni gravissimi nella Chiesa, favorendone la peggiore decadenza ed auto-distruzione interna, dopo avere sostituito il linguaggio chiaro e certo con la “speranza poetica”, sostituendo infine la tanto disprezzata “dura e rigorosa legge”, con il loro personale e libero arbitrio tirannico?

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È nel complesso contesto ormai vecchio di cinquant’anni di questo linguaggio debole, incerto, all’apparenza permissivo e aperto a tutte le più disparate ipotesi, che bisogna leggere il recente caso dei Vescovi della Germania, altro che inscenare scontri politici tra il partito dei conservatori ed il partito dei progressisti, come fanno i laici cosiddetti impegnati che si sono messi in testa la tiara deposta dei Sommi Pontefici.

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Da tutto questo nasce la cosiddetta “tecnica del salame”, di cui è concessa una fetta, ma che successivamente, una fetta dietro l’altra, è affettato e preso tutto. Lo stesso vale per la reiterata proposta peregrina sulla quale preme uno dei massimi distruttori della Chiesa del Brasile e come tale tra i principali responsabili della incontenibile emorragia dei suoi fedeli, il Cardinale Clàudio Hummes, che preme per avere ― ovviamente ad experimentum ― i viri probati sposati ordinati sacerdoti per la regione del Rio delle Amazzoni dove c’è grandissima penuria di clero. Dico allora per ipotesi: concediamo pure l’experimentum, per vedere poi in breve come le Amazzoni diventeranno anche il Belgio, l’Olanda, la Germania, la Francia e via dicendo a seguire.

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I VESCOVI DELLA GERMANIA HANNO DISCUSSO SU CIÒ SUL QUALE NON C’È PROPRIO MOTIVO DI DISCUTERE, MENTRE IL CARDINALE REINHARD MARX GIOCA ALLA VERGINE VESTALE

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Dei ventisette membri che compongono la Conferenza Episcopale della Germania, più l’Ordinario dell’Esarcato di Germania e Scandinavia e l’Ordinariato Militare, per un totale di ventinove vescovi diocesani, ai quali si uniscono un totale di quarantuno vescovi ausiliari assegnati ai titolari delle cattedre episcopali di queste ventisette diocesi, sette vescovi diocesani in totale hanno inviato una lettera al Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, ed al Presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, Sua Em.za il Cardinale Kurt Koch. I firmatari del quesito inviato a Roma sono Sua Em.za il Cardinale Rainer Maria Woelki, Arcivescovo metropolita di Colonia [cf. QUI], seguito dalle Loro Eccellenze Rev.me Ludwig Schick, Arcivescovo metropolita di Bamberga [cf. QUI]; Konrad Zdarsa, Vescovo di Augsburgo [cf. QUI]; Gregor Maria Hanke, Vescovo di Eichstätt [cf. QUI]; Stefan Oster, Vescovo di Passau [cf. QUI]; Rudolf Voderholzer, Vescovo di Ratisbona [cf. QUI]; Wolfgang Ipolt, Vescovo di Görlitz [cf. QUI].

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La richiesta di chiarimenti indirizzata a Roma dai sette vescovi verte su un quesito ineccepibile: «Una decisione simile, può essere discussa da una singola conferenza episcopale?». La risposta, che non è né giornalistica né confinabile tra le laiche dispute di partito, è più semplice di quanto s’immagini. Infatti, i sette vescovi che il quesito l’hanno posto, la risposta al quesito stesso la conoscono molto bene: una singola conferenza episcopale, un argomento del genere non può neppure osare affrontarlo. Cosa questa sfuggita a tutti i giornalisti ed a tutti i laici con la tiara in testa che si sono tuffati a pesce a commentare questa vicenda da loro ridotta a succulenta “lotta di partito”.

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A quel punto, Sua Em.za il Cardinale Reinhard Marx, Arcivescovo metropolita di Monaco di Baviera e Presidente della Conferenza Episcopale della Germania, calandosi nel ruolo della vergine vestale ― ruolo che peraltro ben poco si addice alla sua figura fisica, che richiama più un birraio obeso della Baviera anziché un Principe della Chiesa ―, osa persino ribattere il 4 aprile in questi termini: «Sono sorpreso dall’iniziativa [Nrd. dei sette vescovi tedeschi], perché il sussidio pastorale discusso a febbraio dall’assemblea dei Vescovi della Germania era soltanto una bozza e non un testo definitivo».

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La risposta, per i molti che purtroppo non l’hanno intesa né capita, altri presa invece forse persino per buona, va letta in tre delicate ottiche legate ai fondamenti della ecclesiologia, ai fondamenti della dogmatica sacramentaria, ai fondamenti del diritto canonico. E sulla base di questi tre fondamenti, la incauta Vergine Vestale Bavarese dovrebbe sapere che loro non dovevano neppure osare, di discutere una cosa simile, tanto più se intendevano poi mutarla in una eventuale proposta indecente rivolta alla Santa Sede, se non peggio, in una vera e propria ratifica dell’Episcopato della Germania, al quale prima a causa di Martin Lutero, poi secoli dopo a causa del para-concilio e del post-concilio, non sempre è chiaro che loro sono cattolici solo nella misura in cui sono con Roma e soprattutto sotto Roma. E di questi tempi, a parlare a certe vergini vestali teutoniche del concetto «con Roma» e soprattutto «sotto Roma», si corre il rischio di far saltare via la polvere dalla loro superficie per far emergere immediatamente il luterano romanofobo che si nasconde sotto.

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La Vergine Vestale Bavarese, dovrebbe anzitutto sapere che per dei Vescovi riuniti in assemblea non è lecito discutere ― per fare un esempio concreto ― sulla legittimità del sacerdozio femminile, perché un simile tema non può essere oggetto di discussione, trattandosi di un argomento che è stato chiuso una volta e per sempre attraverso un preciso documento [cf. Ordinatio Sacerdotalis, testo QUI] che si esprime in modo definitivo, cosa questa che implica il ricorso al secondo grado della infallibilità del Romano Pontefice, la quale si esprime mediante tre diversi gradi, in modo sia definitorio sia definitivo [cf. Ad tuendam fidem, § 2, testo QUI]. Così come non si può discutere sulla eventuale legittimità dell’aborto in certi particolari e ristretti casi, altrettanto vale per l’eutanasia, per la liceità dell’adulterio e via dicendo a seguire. Sempre per fare degli esempi concreti: i vescovi di nessuna conferenza nazionale possono riunirsi per discutere se è il caso o no di unire in matrimonio coppie dello stesso sesso, perché la discussione non ha proprio motivo di esistere, perché nulla c’è da discutere. Come non è lecito discutere se sarebbe il caso di riformulare meglio il dogma della immacolata concezione della Beata Vergine Maria o della sua assunzione al cielo in anima e corpo, perché chi ha formulato quei dogmi, li ha formulati bene; e dogmatizzando questi due misteri della fede, ha chiuso ogni possibile discussione futura, persino per l’irrequieto episcopato tedesco e per i grandi periti tedeschi insidiatisi come un cancro nel Concilio Vaticano II, all’interno del quale, non avendo potuto giocare sulla sostanza delle dottrine, hanno giocato sullo stile del linguaggio. E sul momento nessuno se ne accorse, nessuno capì che il linguaggio ambivalente e non deciso, dove da una parte si esorta e dall’altra non si minaccia di pena chi trasgredisce, sarebbe stata la gran porta di accesso per la grande de-costruzione futura generata da un caos senza precedenti, basato sulla distruzione della legittima autorità apostolica e sull’imposizione al suo posto dell’autoritarismo dei teologi di bandiera e dei laici con la tiara in testa.

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E sia detto per inciso che certi laici ai quali non è proprio chiaro il loro ruolo all’interno della Chiesa, sono nati da quei movimenti che proprio sotto gli occhi del Beato Paolo VI e di San Giovanni Paolo II hanno finito col dar vita a delle vere e proprie chiese dentro la Chiesa, con tanto di proprie liturgie e di propri catechismi, diffondendo un’idea errata e sovente ereticale basata sulla non lieve confusione che costoro fanno sul sacerdozio comune dei fedeli acquisito col Battesimo, ed il sacerdozio ministeriale acquisito con l’Ordine Sacro; e qui mi riferisco ai neocatecumenali. Per non parlare poi della pneumatologia di certi laici auto-elettisi delegati personali dello Spirito Santo, ai quali non è facile chiarire che i carismi elargiti dalla grazia divina, sono tali solo se riconosciuti e soprattutto regolamentati dalla Chiesa, quindi esercitati nella Chiesa, per la Chiesa e sotto il vigile controllo della Chiesa; e qui mi riferisco a certe frange dei carismatici e del Rinnovamento nello Spirito Santo. Tutto questo ha prodotto nella Chiesa ciò che molto bene spiegò a suo tempo il Venerabile Pontefice Benedetto XVI lamentando la «clericalizzazione dei laici e la laicizzazione del clero». Ebbene, erano forse questi i frutti sperati e auspicati dal Concilio Vaticano II che ha affrontato il discorso sulla missione dei laici nella Chiesa? Se infatti leggiamo il decreto sull’apostolato dei laici nella Chiesa, tra le sue righe non vi troveremo nulla che possa legittimare solo lontanamente certe follie messe in piedi da Kiko Arguello e Carmen Hernandez o da certe frange carismatiche [cf. Apostolicam actuositatem, testo QUI]. Da dove nascono, dunque, certi “mostri”? Presto detto: dal para-concilio e dal post-concilio dei grandi “interpreti” e “attuatori”. Inutile dire che se agli inizi del suo pontificato, San Giovanni Paolo II, verso questi fenomeni in stato degenerativo già da un decennio, avesse usata la stessa chiarezza e severità usata verso chi favoriva la distribuzione dei contraccettivi nei Paesi del continente africano, non saremmo mai giunti cinquant’anni dopo alla attuale situazione odierna al di fuori di ogni controllo, con numeri sempre più elevati di parroci che chiedono ai vescovi di essere rimossi da parrocchie nelle quali gruppi di laici hanno completamente occupata da alcuni decenni la scena, imponendo ai sacerdoti le direttive liturgiche, catechistiche e pastorali, salvo rendergli la vita un inferno se osano sollevare obiezioni; e le più agguerrite e terribili sono le donne, dette anche le pretesse. Il tutto con un’aggravante non certo lieve: sotto il pontificato di San Giovanni Paolo II, a questi movimenti è stato persino permesso di aprire seminari e di formare futuri sacerdoti, che in genere non sono poi i sacerdoti del vescovo, ma i sacerdoti del movimento, formati secondo i criteri del movimento, non di rado formati persino da dei laici, ed obbedienti di fatto non al vescovo, ma al movimento. 

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Eh, ci si fosse occupati un po’ meno dei preservativi e un po’ di più di quanto veniva innescato a livello degenerativo all’interno della Chiesa!

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GIOCARE SULLE SFUMATURE SEMANTICHE È UNA VECCHIA TECNICA DEI TEDESCHI CHE HA RECATO GRANDI E GRAVI DANNI ALLA CHIESA UNIVERSALE

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Se non fosse stato per alcuni attenti teologi, tra i quali il Cardinale Alfredo Ottaviani, sarebbe stata fatta passare con delicate sfumature semantiche la cosiddetta “collegialità selvaggia” nella costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, in aperta rottura con tutto il precedente magistero e con la tradizione stessa della Chiesa, mutando così Pietro, detentore per divino mandato di un primato assoluto, in un primus inter pares [il primo tra i propri stessi pari]. Scoperto l’inghippo per tempo, nel testo di Lumen Gentium furono così inseriti i numeri 22-24. In seguito, nel Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 883 fu impresso: «Il Collegio o Corpo dei Vescovi non ha autorità, se non lo si concepisce insieme con il Romano Pontefice […] quale suo capo» Come tale, questo Collegio «è pure soggetto di suprema e piena potestà su tutta la Chiesa: potestà che non può essere esercitata se non con il consenso del Romano Pontefice».

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Tutto ciò che fu architettato durante il para-concilio, seppure mai assimilato e ratificato dal Concilio Vaticano II, è stato però realizzato nel post-concilio dei grandi “interpreti” e “attuatori”, compresa la pretesa di esercitare una “collegialità selvaggia” in aperto sprezzo a tutto il precedente magistero, alla tradizione della Chiesa, ed al magistero dello stesso Concilio Vaticano II.

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Il Cardinale Reinhard Marx, ha quindi chiaro in sé il mistero eucaristico e l’Eucaristia come «Nucleo del mistero della Chiesa»? [cf. Ecclesia de Eucharistia, testo QUI]. Gli atti del magistero sono infatti chiari nell’affermare: «l’Eucaristia stabilisce obiettivamente un forte legame di unità tra la Chiesa Cattolica e le Chiese ortodosse, che hanno conservato la genuina e integra natura del mistero dell’Eucaristia. Al tempo stesso, il rilievo dato al carattere ecclesiale dell’Eucaristia può diventare elemento privilegiato nel dialogo anche con le Comunità nate dalla Riforma» [cf. Sacramentum caritatis, testo QUI]. Ebbene, leggendo queste parole, che cosa intende il Cardinale Reinhard Marx? Riesce a cogliere che mentre quelle Ortodosse sono indicate come «Chiese» separate, le aggregazioni nate dallo scisma luterano sono invece indicate come «Comunità»? È chiara al Cardinale Reinhard Marx la differenza abissale che corre per noi cattolici tra ortodossi e protestanti? Gli ortodossi, separatisi da Roma per la “sfumatura” del filioque inserita nel Simbolo di fede Niceno-Costantinopolitano, hanno la successione apostolica e professano nella sostanza la nostra stessa fede, al di là di riti diversi nella loro forma accidentale esterna ed al di là di varie “sfumature”. I protestanti, che conservano al proprio interno un indubbio patrimonio cristiano, non sono separati da noi per delle accidentalità esterne o per delle “sfumature”, ma lo sono nella profonda sostanza dei Sacramenti e del modo stesso di concepire la Chiesa, di leggere e di annunciare il Santo Vangelo. Inoltre, i protestanti, non riconoscono il primato di Pietro sulla Chiesa universale e la sua potestà piena e assoluta, non riconoscono il Sacerdozio ministeriale, non riconoscono la transustanziazione e la presenza reale di Cristo nella Santissima Eucaristia. O pensa forse, il Cardinale Reinhard Marx, che tutte queste siano solo sfumature semantiche? Se però il Presidente dei Vescovi della Germania ha qualche lacuna, in tal caso, invece di perdere tempo e forse anche la fede cattolica in certe facoltà teologiche della Germania, potrebbe sempre rivolgersi ad una delle nostre brave suore missionarie che con poche, brevi e semplici parole preparano i fanciulli alla Prima Comunione nei più sperduti villaggi del continente africano; e che trasmettono la purezza della fede ai Christi fideles sicuramente molto meglio di certi tronfi dottoroni delle disastrate facoltà teologiche tedesche.

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Nella Santissima Eucaristia si è chiamati a essere perfetti nell’unità [cf. Gv 17, 20-26], non nella frammentaria diversità delle molteplici pseudo-chiese, perché il Verbo di Dio ha fondato una sola e vera Chiesa affidata a Pietro coadiuvato dal Collegio degli Apostoli [cf. Mt 13, 16-20]. Peraltro mi risulta che anche in Germania si reciti nella Professione di Fede: « … die eine, heilige, katholische und apostolische Kirche». E in lingua tedesca, se non erro «die eine» seguita a significare “una”, “la sola”, “la unica”. Questo per ricordare che un Martin Lutero distruttore dell’unità e della comunione, non era in programma ieri e non può divenire emblema del “buon riformatore” neppure oggi. Pertanto, se alcuni suoi seguaci sposati con un coniuge cattolico anelano ricevere la Santissima Eucaristia, prima devono avere chiaro che cosa è sostanzialmente e realmente l’Eucaristia, poi devono intraprendere un ciclo di adeguata catechesi, infine abbandonare gli errori dell’eresiarca Lutero e dei suoi seguaci ed entrare con un sincero atto di fede nella comunione cattolica. Solo allora, potranno ricevere la Santissima Eucaristia, che ricordiamo è un dono gratuito come tutte le azioni di grazia, non è un “diritto politico”.

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Occorreva forse un prete e teologo italiano per ricordare ai membri dell’episcopato tedesco ricolmi di dottorati, ed al contempo clinicamente affetti a livello antropologico dal complesso del genio e dal complesso della razza culturalmente superiore, quelli che sono i basilari rudimenti del Catechismo della Chiesa Cattolica che di fatto essi hanno mostrato di non conoscere con la concretezza del loro discutere e agire?

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COME TESTIMONE OCULARE IO VI DICO: I VESCOVI TEDESCHI HANNO TENTATO DI UFFICIALIZZARE CIÒ CHE DA MOLTO TEMPO FANNO IN TOTALE SPREZZO AL MAGISTERO DELLA CHIESA ED ALLE LEGGI CANONICHE

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In passato ho soggiornato per molti mesi in Germania e per diverso tempo nella Arcidiocesi di Monaco di Baviera, già retta all’epoca dall’Arcivescovo Reinhard Marx, creato poi Cardinale alcuni anni dopo dal Sommo Pontefice Benedetto XVI. Sono quindi testimone oculare di tutti i loro aberranti abusi, ai quali ho assistito ed ai quali più volte mi rifiutai di partecipare. Vi offrirò allora alcuni esempi, peraltro già riportati in un mio libro del 2011 in fase di ristampa. Partiamo proprio dall’Eucaristia: in totale sprezzo a quanto dispone in modo chiaro la Istruzione Redmptionis Sacramentum [cf. testo QUI], presso l’Abbazia di Sankt Bonifaz dove ero ospite, nel cuore della Capitale bavarese, rimasi sconcertato nel vedere le persone che prendevano l’Eucaristia con le proprie stesse mani e la intingevano nel calice del Prezioso Sangue di Cristo, noncuranti del fatto che nel qui citato documento, al n. 104 si impone: «Non si permetta al comunicando di intingere da sé l’ostia nel calice». Sempre nella chiesa di questa abbazia, ho visto una donna, dopo la Santa Comunione dei fedeli, purificare all’altare i vasi sacri ed un laico deporre il Santissimo Sacramento nel tabernacolo, mentre i sacerdoti concelebranti stavano seduti sul presbiterio. E ancora: ho visto, nelle chiese dell’Arcidiocesi del Cardinale Reinhard Marx, donne che di fatto svolgevano le funzioni del diacono, ho visto laici proclamare il Santo Vangelo durante le Sante Messe, ed una volta, durante una concelebrazione, dopo che un laico aveva proclamato il Vangelo, ho visto salire sul presbiterio una donna vestita con una strana toga nera che comincia a fare l’omelia. Quando al confratello seduto accanto a me, mormorai: «Ma questa chi è … che cosa fa?». Lui mi rispose: «È una vescovessa luterana, ogni tanto noi facciamo questi scambi ecumenici». A quel punto mi alzai in piedi, mi tolsi la stola dal collo, la deposi sulla sedia e me ne andai via dinanzi a tutta l’assemblea». Quando poi, dopo la Santa Messa, agli altri sacerdoti fu chiesto perché quel prete straniero se ne fosse andato via, loro risposero: «Ah, non fateci caso, è un prete romano, gente chiusa!».

Non potendo sottostare a certi abusi, visto che dov’ero ospite non mi permettevano di celebrare la Santa Messa in privato dentro qualche cappella, poiché dovevo stare all’obbligo delle concelebrazioni coatte e sorbirmi tutti i loro peggiori abusi, grazie ai buoni uffici di due anziani gesuiti di Roma mi recai presso la facoltà di filosofia dei Gesuiti di Monaco di Baviera dove mi misero a disposizione una delle loro diverse cappelle per poter celebrare la Santa Messa.

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Uno dei miei problemi principali era anche e soprattutto legato alla Santissima Eucaristia, perché era uso diffuso nelle parrocchie bavaresi che i protestanti, coniugi o compagni divorziati uniti in seconde nozze a dei cattolici, andassero tranquillamente a ricevere la Comunione. Tutto questo per chiarire, a quella Roma specializzata nel far finta di non sapere e di non conoscere, che il Cardinale Reinhard Marx e l’assemblea dei Vescovi della Germania, ad eccezione di sette che hanno sollevato un quesito alla Santa Sede, hanno semplicemente tentato di “ratificare” e quindi di “legalizzare” e “ufficializzare” quello che di fatto già fanno da molti anni. Tutto questo mentre Roma prosegue a far finta di non sapere e di non conoscere, impegnata com’è oggi a parlare solo di due fondamentali misteri della fede: i profughi ed i migranti.

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PIETRO SI LAVA LE MANI COME PONZIO PILATO DICENDO: «CERCATE DI METTERVI D’ACCORDO TRA DI VOI»

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E così, i primi di maggio, una delegazione di Vescovi della Germania si è incontrata con S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. La delegazione era composta dalle Loro Eminenze il Cardinale Reinhard Marx, Arcivescovo metropolita di Monaco di Baviera e presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, il Cardinale Rainer Maria Woelki, Arcivescovo metropolita di Colonia, Le Loro Eccellenze Rev.me Felix Genn, Vescovo di Münster, Karl-Heinz Wiesemann, Vescovo di Speyer, Rudolf Voderholzer, Vescovo di Regensburg, Gerhard Feige, Vescovo di Magdeburg, Padre Hans Langendoerfer S.J. nella sua qualità di Segretario della Conferenza Episcopale della Germania.

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Questo incontro si è concluso in un nulla di fatto olezzante indecenza, attraverso il quale si capisce in che misura sotto questo pontificato Roma non sia più cuore della Chiesa mater et magistra, ma solo un’annoiata e impotente spettatrice. Infatti, il Sommo Pontefice Francesco I, lungi dal dare o far dare una risposta su una questione che tocca il cuore della Chiesa e il centro della sua unità, ha fatto rispondere di apprezzare «l’impegno ecumenico dei vescovi tedeschi e chiede loro di trovare, in spirito di comunione ecclesiale, un risultato possibilmente unanime» [cf. QUI, QUI]. Insomma, li ha rispediti a casa dopo avergli detto nella chiara sostanza: «Cercate di mettervi d’accordo tra di voi in modo unanime» (!?).

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Inutile porsi una domanda, anche se purtroppo debbo porla: se i Vescovi della Germania si fossero trovati in disaccordo sulle questioni chiave che ossessionano questo pontificato, vale a dire profughi e migranti, il Sommo Pontefice, avrebbe tardato a dare una chiara e precisa risposta, semmai pure condita con una delle sue acidule battute contro quanti sono a suo dire variamente “duri di cuore”?

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Credo che a distanza di due millenni, noi non possiamo permetterci “il lusso” di rispondere a Gesù Cristo con lo stesso quesito di Ponzio Pilato:

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«[…]”sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chi appartiene alla verità ascolta la mia voce”. Ma Pilato risponde a Gesù: “E che cos’è la verita?”» [Gv 18, 37-38]. 

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Mentre la casa brucia e tutto quanto crolla, mentre i laici che hanno indossata sulle loro teste la tiara deposta dai Sommi Pontefici e mentre diversi giornalisti improvvisatisi ecclesiologi, teologi e canonisti, riducono tutto a uno scontro tra il partito dei conservatori ed il partito dei progressisti, noi prendiamo atto che il Successore di Pietro, proprio come Ponzio Pilato, dopo essersi chiesto «ma che cos’è la verità?», ha risposto ai Vescovi della Germania dicendo loro: «E adesso, cercate di mettervi d’accordo tra di voi in modo unanime» (!?).

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Qualora i Vescovi della Germania, in modo unanime dovessero mettersi d’accordo nel dare la Santa Comunione ai protestanti, che cosa accadrà domani, se un’altra conferenza episcopale, in modo altrettanto unanime, deciderà di unire in matrimonio le coppie omosessuali? Cosa accadrà se un’altra, all’unanimità, deciderà che è lecito abortire il feto di un bimbo riscontrato affetto da malformazione, non reputando giusto mettere al mondo una creatura affetta da imperfezioni? Cosa accadrà se un’altra, all’unanimità, deciderà che è un autentico atto di carità porre fine alla vita di un ammalato terminale che soffre e che non ha alcuna speranza di vita? Da quando, l’unanimità, è garanzia di sana dottrina e di profondo ossequio alla verità rivelata? Questi sono i quesiti ai quali, S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, che ha parlato a nome del Sommo Pontefice alla delegazione di Vescovi tedeschi, dovrebbe rispondere a tutti noi; e dovrebbe farlo proprio nella sua qualità di Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ben sapendo che nel IV secolo, la maggioranza dei vescovi, avevano accolta l’eresia ariana. Come mai, in quel caso, la maggioranza assoluta non costituì affatto garanzia di verità in ossequio al mistero della Rivelazione? Ecco, questo ce lo deve spiegare il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.

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Questi sono i fatti, non si tratta di opinioni umorali dettate da chissà quali istinti di simpatia, antipatia o peggio di chiusura al ragionamento. E dinanzi al dato di fatto oggettivo, costituito da Pietro che si lava le mani come Pilato, ritengo di non avere proprio più altro da aggiungere, perché mi guardo bene dal dire di meno, ma soprattutto, ed in specie quando si tratta di Pietro, evito soprattutto di dire di più del dovuto.

Dall’Isola di Patmos, 5 maggio 2018

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7 commenti
  1. Alessandro
    Alessandro dice:

    In Germania penso che la situazione non stia migliorando. Insistono sull’intercomunione, sulla libertà di coscienza, sulla disciplina canonica che non si adegua ai tempi (il ruolo dei laici nei posti chiave per l’amministrazione delle diocesi, il celibato, le donne per l’ordine…).

    In un articolo di questi giorni, si arriva a cadere forse involontariamente in una gara tra lo Spirito Santo e l’Eucarestia: i protestanti possono partecipare ad una messa ecumenica con lo Spirito, i cattolici con l’Eucarestia, dove é la differenza, parrebbe che dicano, bisogna cominciare a riavvicinarsi gradualmente almeno. (Alles oder nichts? di Christoph Böttigheimer, professore di teologia fondamentale all’Università cattolica di Eichstätt-Ingolstadt, su herder.de)

    Le elezioni americane sono invece un esempio di come dovrebbe comportarsi la Chiesa: democraticamente.Servirebbe un voto democratico dove vince la maggioranza per decidere su punti scottanti e visioni nuove, basta con le declamazioni ufficiali (di Roma). Come si é visto che i cittadini americani sono persone con diritto di voto e non followers – di twitter – così dovrebbero fare i membri della Chiesa nel suo interno (Was die Kirche von der US-Wahl lernen kann, di Hans-Joachim Sander, professore di teologia dogmatica all’Università di Salzburg, katholisch.de).

  2. candiac dice:

    parole sante quelle dell’articolo!

    sono rimasto basito dal racconto della sua esperienza ‘tedesca’ ma un applauso per il suo alzarsi ed andare via davanti allo scempio!

    grazie…e mi raccomando: non abbandoni mai la talare! E’ una veste così elegante e, direi, maestosa.
    Se ne vedono così poche ormai. Ma forse perchè non ci sono più persone che se la meritano…non so, sembra che sia una scelta del prete, di non indossarla, ma a volte ho l’ìimpressione che non sia una scelta loro ma del fatto, appunto, che non la meritino.

  3. Iginio dice:

    Caro don Ariel, l’abuso nella Comunione data separatamente sotto le due specie da due persone diverse lo vidi fare nella Cattedrale cattolica di Ginevra, in Svizzera quindi, nel 2007. Il far prendere il Santissimo nel tabernacolo da donne (“ministre straordinarie”, immagino) lo fanno sovente nella mia parrocchia a Roma. Come vede, purtroppo il caos è dappertutto, e sempre in nome dell'”avviciniamoci alla gente”, immagino. Sull’arroganza tedesca, le basti sapere che esistono monsignori italiani della curia vaticana i quali prendono in giro Brandmueller perché avrebbe fatto carriera a Roma in quanto mandato via dalla Germania perché filoromano. In altre parole, persino in Vaticano tra i prelati italiani c’è chi è fissato con “quanto sono belle le Chiese locali”, “facciamo scegliere i vescovi alle Chiese locali ovvero al popolo di Dio” eccetera.

  4. orenzo
    orenzo dice:

    Ritengo che il nostro Santo Padre dimostri, ancora una volta, di essere coerente con la sua linea pastorale che definirei perlomeno contradditoria…

    Ricordo infatti che il 15 novembre 2015, nella sua visita agli evangelici romani, dopo un sviolinata di sudditanza “a un teologo come il cardinale Kasper!”, nel rispondere ad una domanda sull’intercomunione afferma:
    – la Cena del Signore è condivisione,
    – abbiamo un solo Battesimo,
    – anche gli evangelici chiedono al Signore, in cuor loro, il perdono di peccati,
    – riguardo alla presenza di Gesù nell’Eucarestia “Noi crediamo che il Signore è presente lì. E’ presente. Voi credete che il Signore è presente. E qual è la differenza?”,
    – ed anche se “Io non oserò mai dare permesso di fare questo perché non è mia competenza”,
    – pututtavia “Parlate col Signore e andate avanti”,
    – e conclude con un sibillino “Non oso dire di più”!?!?!?

    Se il capo pastore, lascia passare l’idea che le pecore seguano un po’ il loro istinto e ciò che detta loro il cuore, perché le pecore dovrebbero poi seguire le indicazioni dei pastori cui sono direttamente affidate e non disperdersi per monti e vallate?

  5. non metuens verbum dice:

    E comunque il signor Rehinard Marx dovrebbe spiegarci perché vuole “dare la Comunione” a cani e porci (letteralmente, la metafora è assolutamente reale), a cani e porci sì, ma NON a cattolici che si rifiutano di pagargli l’esosa Tassa Ecclesiastica, riscossa per suo conto da quello Stato tanto aborrito che non deve nemmeno permettersi di esporre il Crocifisso negli uffici pubblici.

  6. piertoussaint dice:

    Bravo, Padre Ariel!… Quanto sono sempre belle, le parole di chiarezza, di fede e di ragione… rassicurano, e rasserenano…

    In questo periodo storico noi laici siamo, in certo modo, privilegiati, perché, in generale, possiamo parlare più liberamente di voi chierici. Si capisce, stando attenti a non dire sfondoni, come fanno il card. Marx e i suoi accoliti.

    D’altronde, mi pare che anche noi, vista la situazione, siamo chiamati a non tacere. E’ su questa base che, in riferimento alle guide cieche che accompagnano “misericordiosamente” il gregge verso il burrone, non si possa dire altro che… “Anathema sit”.

  7. non metuens verbum dice:

    Nella mia gioventù Sessantottina, partecipai più volte a Sante Messe celebrate da uno o due preti cattolici, senza alcuna autorizzazione quanto al luogo, nella sede poverissima di un’associazione pacifista, in cui la segretaria, di confessione valdese, ci teneva molto che si celebrasse la Messa, e riceveva sempre devotamente la Comunione. Io spero fortemente che quella segretaria sia in paradiso, perché a mie viste umane senza dubbio lo ha meritato molto più di certi vescovi e cardinali. Ma era una persona davvero eccezionale, e non può assolutamente essere presa a paradigma degli odierni cattolici medi e “evangelici” medi. E in conclusione, nonostante la mia singola e ormai lontana esperienza, concordo in tutto con il padre Ariel.

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