La memoria della vittoria finale. Il “pesce arrostito” per l’uomo nella risurrezione di Cristo

Padre Gabriele

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

—  omiletica —

LA MEMORIA DELLA VITTORIA FINALE. IL “PESCE ARROSTITO” PER L’UOMO NELLA RESURREZIONE DI CRISTO

«L’amore è l’anello di una catena che inizia da uno sguardo e sfocia nell’eterno»

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Ci scusiamo con la ipersensibilità degli appartenenti alla “religione vegana”, ma Gesù Cristo mangiava i pesci arrosto (cfr. Lc 24, 35-48)

In questa domenica del tempo di Pasqua continuiamo a meditare sulle apparizioni del Risorto. Questo è un esercizio continuo di ripetizione e memorizzazione dei grandi eventi di Pasqua. In effetti una delle cose che più manca alla nostra società è l’aspetto della memoria. Facilmente dimentichiamo gli eventi belli, o quelli di sofferenza che ci sono accaduti. La memoria è invece una delle nostre facoltà più importanti, anche per la comprensione e l’elaborazione del mondo intorno a noi.

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Troppo facilmente dimentichiamo il centro della nostra fede: la crocifissione e resurrezione. Prontamente la Scrittura però ce lo ricorda. Nel Vangelo lucano di oggi infatti leggiamo:

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«In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane» (Lc 24, 35-48].

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Gli stessi discepoli di Emmaus raccontano agli undici cosa è avvenuto: Gesù ha spezzato con loro il pane. C’è un elemento di narrazione, di racconto, e soprattutto di ricordare che proprio in quel pane spezzato avevano riconosciuto Gesù. Questo avviene anche per noi oggi: infatti quando nella Santa Messa vediamo il sacerdote spezzare il pane, vediamo Gesù Eucarestia presente fra noi. In quello spezzarsi, ricordiamo e riviviamo il sacrificio di Gesù in un memoriale che è per noi vitale: Gesù si offre nella Santa Messa, quale sacrificio incruento, per donarci la grazia e la vita eterna.

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Ecco allora la memoria del sacrificio di Cristo per noi. Vitale e fondante della nostra vita terrena in cammino verso la santità. Ora Gesù dopo il suo sacrificio della Passione è veramente risorto. E così appare immediatamente fra gli apostoli e i due di Emmaus per confermare che è tutto vero. Gesù non è un fantasma dei film horror. È davvero lui nel corpo risorto glorificato:

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«Ma egli disse: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?  Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho”. Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. […] “Avete qui qualche cosa da mangiare?”. Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro» [Lc 24, 38-43].

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Questo soffermarsi di Luca su un pesce arrostito può sembrare un particolare insignificante. Invece il pesce è un acronimo greco che richiama il Mistero di Cristo, salvatore e redentore, dal greco ichtus (Iesùs Christòs theòs uiòs sotèr, Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore).  È dunque un secondo richiamo, un po’ nascosto forse stavolta, alla sua passione redentrice.

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Infine Gesù è esplicito. Il centro della comprensione delle scritture e della parola di Dio è il suo Mistero di Crocifissione.

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«Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni”» [Lc 24, 47-48].

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Da quella crocifissione e resurrezione, i discepoli e gli apostoli sono testimoni e predicatori. Per questo tale mistero si è trasmesso nel corso dei secoli ed è giunto fino a noi mediante i Successori degli apostoli. Ricordando quindi che il centro di tutto è Cristo risorto, nella gioia e nella pace, anche la nostra vita quotidiana, illuminata e galvanizzata dalla fede cambia. Perché è effusa dalla pace e dalla bontà di Gesù. Ogni istante della vita non va perciò dimenticato, ma posto sotto la lente pasquale. Sapendo che nella notte più oscura o nella luce più forte della nostra vita, Gesù ci rende testimoni della sua gioia.

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Ciò trasfigura completamente tutto e ci invita ad uno sguardo diverso sul mondo. Non uno sguardo sciocco o poco attento; ma uno sguardo da risorti in Cristo. Da vincitori con Lui, nel cammino della Chiesa, nella fede cattolica. Scriveva il poeta libanese Khalìl Gibràn:

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«L’amore è l’anello di una catena che inizia da uno sguardo e sfocia nell’eterno».

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Chiediamo al Signore la grazia dell’amore di carità e con l’aiuto della tenerezza della Beata Vergine Maria, scruteremo tutto il mondo con lo sguardo caritatevole della Trinità.

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Roma, 18 aprile 2021

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3 commenti
  1. stefano
    stefano dice:

    La differenza tra l’uomo (immagine di Dio) e l’animale sta quasi tutta nel diverso modo di gestire la comune necessità di nutrirsi. Ciò che da sempre caratterizza l’uomo rispetto all’animale è il gesto conviviale, il rito della condivisione del pane sulla tavola apparecchiata per il sostegno del corpo e il nutrimento della vita. Condividere il pane è un po’ condividere la propria stessa vita perché con il sudore della propria fronte ce lo si è procurato; simmetricamente, non si può condividere con altri la propria vita senza condividere con loro anche il pane. Non è solo una similitudine quella tra il pane e la vita, c’è una tale connessione intrinseca di significato da creare un’identità di concetti, come quella tra il tetto e la casa. In Gesù questa identità ideale diventa addirittura un’identità ontologica: Egli si fa pane in sostanza per essere nostro nutrimento di vita in essenza. Il pane diventa così figura e insieme realtà della sua vita (eterna) condivisa con noi, non solo e non tanto perché con l’incarnazione Egli abbia voluto piantare la sua tenda in mezzo a noi, ma perché, così facendo, ci ha voluto per sempre con Lui nel Suo Regno.

    Ecco, allora, come il semplice sedersi attorno alla tavola di una mensa familiare sia da sempre la prefigurazione del gesto liturgico del sacrificio eucaristico, a sua volta figura del banchetto celeste come Gesù stesso ha mostrato ai suoi mangiando prima con loro la Pasqua e, poi, da Risorto, il pesce arrostito, suo potentissimo σύμβολον.

  2. Padre Ariel
    Antonio C. (Trieste) dice:

    Caro Padre Gabriele,

    mi ha sempre colpito questa centralità dell’atto del mangiare: dal mangiare la mela, con la quale si perfeziona il peccato originale, alla ricorrenza dei banchetti nei Vangeli, fino all’Eucarestia, di cui, forse, questo pesce arrostito è un richiamo. Il mangiare mi pare esprima la nostra dipendenza creaturale (non siamo esseri assoluti e autosussistenti), la necessità di assimilare e nutrirci. Gesù ne fa un’occasione di autentica comunione.
    Il banchettare sta a Gesù come il dialogo a Socrate.

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