il n. 84 della Familiaris Consortio è più importante del Prologo del Vangelo di Giovanni che narra il mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio ?

lettere dei lettori 2

Rispondono i Padri dell’Isola di Patmos

IL N. 84 DELLA FAMILIARIS CONSORTIO È PIÙ IMPORTANTE DEL PROLOGO DEL VANGELO DI GIOVANNI CHE NARRA IL MISTERO DELLA INCARNAZIONE DEL VERBO DI DIO ?

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Ciò che in fondo si chiede a certe persone è lo spirito di umana e cristiana coerenza: o forse credono davvero di poter attaccare da una parte l’intero Magistero della Chiesa degli ultimi cinquant’anni, ma al tempo stesso sostenere che il n. 84 della Familiaris Consortio, scritto da un Pontefice conciliare, presente come Vescovo al concilio e poi attuatore del concilio come Successore di Pietro, sia intoccabile, in quanto più importante e più dogmatico di quanto possa esserlo l’intero Prologo del Vangelo di Giovanni ?

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Non esistono “casi” da valutare se concedere la comunione ai divorziati risposati [Ndr. in riferimento alle precedenti risposte date dai Padri QUI]. Esiste invece un solo ed unico “caso” che permetta a dei divorziati risposati di accostarsi alla Comunione e cioè che vivano da “fratello e sorella”. Il n. 84 della Familiaris Consortio nega l’accesso alla Comunione dei risposati per il semplice fatto che questi non trovandosi in stato di Grazia, “mangiano la loro condanna” avvicinandosi a questo Sacramento. Il discorso dello scandalo nei confronti dei fedeli è del tutto secondario rispetto alla motivazione principale.

Gianluca Bazzorini

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Caro Lettore.

Nove su dieci dei suoi commenti non sono stati pubblicati perché contenevano delle affermazioni gravemente insultanti nei riguardi del Sommo Pontefice, variamente indicato da lei come “eretico“, “accolito dell’Anticristo” e via dicendo; per non parlare del modo in cui lei è solito demonizzare il Concilio Vaticano II e i suoi documenti, però difende a spada tratta il n. 84 della Familiaris Consortio, che deduco sia per lei come per altri più importante del Simbolo di fede niceno-costantinopolitano.

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Non ci risulta che la esortazione apostolica Amoris Laetitia abbia mutata per adesso la disciplina. Quindi è del tutto inutile sollevare una questione che non esiste, perché il Sommo Pontefice non ha mai stabilito in alcun documento ufficiale che la disciplina contenuta nel n. 84 della esortazione apostolica Familiaris Consortio [cf. QUI] è abrogata. Pertanto, tutti noi pastori in cura d’anime, ci atteniamo con scrupolo a quella che è la attuale disciplina della Chiesa in materia. Se poi qualche Vescovo o Sacerdote non lo fa, sbaglia, ma sbaglia — se vogliamo anche gravemente — a livello suo personale, non certo perché il Sommo Pontefice abbia stabilito discipline contrarie alla dottrina e alla morale cattolica.

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Esistono purtroppo “cattolici” che da una parte discutono e rigettano per intero le discipline di un concilio ecumenico, ossia l’ultimo celebrato dalla Chiesa, sentendosi non solo con la coscienza a posto, ma a tal punto nel giusto da considerare se stessi degli Araldi della Verità. Cosa dunque volete che sia, a confronto, discutere senza rigettare il n. 84 della Familiaris Consortio ? Infatti, a certi Araldi della Verità — inclusa l’altra papessa, la Signora Maria Guarini del blog Chiesa e Post Concilio [vedere nostra lettera QUI] , forse è bene ricordare che l’Autore dell’oggi tanto citato n. 84 della Familiaris Consortio, il Santo Pontefice Giovanni Paolo II, dopo il Beato Pontefice Paolo VI è stato il secondo grande attuatore di quel Concilio Vaticano II, vale a dire quel concilio da questi stessi indicato come “origine di tutti gli attuali mali della Chiesa”.

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Io credo che i soggetti avvezzi a pensare e agire a questo modo dovrebbero fare ordine in se stessi, perché prima di sbandierare il n. 84 della Familiaris Consortio, dovrebbero accettare in toto l’autorità di un concilio intero, salvo cadere, in caso contrario, come la Signora Cristina Siccardi di cui ho parlato nel mio precedente articolo [cf. QUI], nella psicologia borderline, che è esattamente la seguente: “Evviva il n. 84 della Familiaris Consortio del Papa conciliare, abbasso il conciliabolo Vaticano II celebrato dai Padri della Chiesa riuniti in assisa ecumenica ” (!?).

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Credo altresì opportuno ricordare a tutti costoro — il parlare e l’agire dei quali si muove in una spaventosa confusione ecclesiale e dottrinale — che il Giovanni Paolo II eletto a loro beniamino per il n. 84 della Familiaris Consortio elevato a dogma di fede intangibile, è lo stesso Giovanni Paolo II da loro vilipeso in modo feroce per i suoi incontri ecumenici ad Assisi.

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E siccome io faccio il prete e il teologo e non il neuropsichiatra, capite bene che dinanzi a simili personalità affette da siffatti disturbi dello spettro bipolare [cf. QUI], getto la spugna e passo doverosamente la competenza ad altro genere di specialisti, vale a dire ai neuropsichiatri.

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Duole che la Signora Cristina Siccardi seguiti a cimentarsi in sproloqui fanta ecclesiologici ferocemente anti-conciliari pubblicati a puntate su quel sito di cupi farisei al quale s’è ridotta ormai Riscossa Cristiana [vedere QUI]. Perché ciò che i Padri dell’Isola di Patmos chiedono a certe persone, è solo un po’ di basilare spirito di umana e cristiana coerenza. O forse credono davvero di poter attaccare da una parte l’intero Magistero della Chiesa degli ultimi cinquant’anni, ma al tempo stesso sostenere che il n. 84 della Familiaris Consortio, scritto da un Pontefice conciliare, presente come Vescovo al concilio e poi attuatore del concilio come Successore di Pietro, sia più importante e più dogmatico di quanto possa esserlo l’intero Prologo del Vangelo di Giovanni, che narra il mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio [cf. QUI]?

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Da cosa deriva questa ossessione sul tema della Comunione ai divorziati risposati? Ma è presto detto: deriva dalla morbosa teologia della mutanda [cf. mio precedente articolo QUI], grazie alla quale certuni identificano nel sesso e nella sessualità umana non solo il peccato dei peccati, ma il centro e il motore dell’intero mistero del male.

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Per questo chiediamo coerenza. Quella coerenza basata sulla fides e sulla ratio umana e cristiana. Ma purtroppo, queste persone, su forme di autentico odio ideologico hanno strutturata la loro rabbia contro la Chiesa e contro Pietro, riducendo tutto ad una ossessiva teologia della mutanda. E la rabbia contro la Chiesa e l’odio contro Pietro, di cattolico non hanno proprio niente, con buona pace degli Araldi della Verità, di tutte le loro papesse e dell’ossessione per la teologia della mutanda, in virtù della quale sono indotti a ignorare tutta una serie di gravissimi peccati che vanno dalla cintura in su, ma dei quali questi soggetti non vogliono proprio parlare, sicuri come sono che i peccati siano solo quelli che vanno dalla cintura in giù.

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La Siccardi così come i siti tradizionalisti da lei citati si rifanno, nella maggior parte dei casi, ad illustri teologi cattolici che non possono essere di certo accusati di ignoranza o ridicolaggine, mi riferisco a Romano Amerio e Brunero Gherardini. Risponda, se può, a loro, e poi potrà permettersi di tacciare di eresia la Siccardi e tutti i siti “siccardiani”, ma con loro all’inferno nel girone degli eretici e dei superbi, dovrà metterci pure Amerio e Gherardini, se ci riesce, s’intende. Le auguro un buon lavoro …

Atanasio

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Caro Lettore.

non sapevo che Romano Amerio e Brunero Gherardini fossero il Padre e il Figlio dal quale procede lo Spirito Santo, che «con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti».

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Risponda piuttosto lei a se stesso: è meglio rifarsi al sommo magistero dei Pontefici — ivi inclusi tutti quelli che vanno dal San Giovanni XXIII a seguire — oppure è meglio rifarsi ai sopracitati Padre e Figlio usati e abusati da certa gente per screditare e attaccare il magistero pontificio, per non parlare del pericoloso pensiero gherardiniano, seguito in questo da Serafino Lanzetta, circa il Concilio Vaticano II “solo pastorale”, vale a dire … senza alcun peso e conto, “non essendo”, a dire di questi teologi, “dogmatico”, quindi, di fatto, non vincolante ?

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Citare il Iota Unum di Romano Amerio come s’esso fosse al di sopra della Professione di Fede, per colpire attraverso di esso Pietro, come fanno certi cattolici, è semplicemente aberrante.

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Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli, OP

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Rev. Padri Ariel e Giovanni Cavalcoli.

Vi scrivo per manifestarvi la seguente preoccupazione: a mio parere la vostra risposta cattolica a Lutero [Ndr. cf. QUI e QUI] rischia di risultare poco incisiva perché si accusano le idee, ma poi non vengono riportate le fonti. Infatti qualcuno potrebbe avere la sfacciatezza di dire “ma guarda che Lutero non ha detto questo, né ha voluto dire questo!”. Inoltre un conto è Lutero e un conto sono i luterani che si ispirano a Lutero, i quali affermano di non condividere tutte le idee del loro illustre predecessore e di non essere tenuti a farlo; poi ci sono quelli che si dichiarano semplicemente protestanti e si ispirano ad aspetti del pensiero di Lutero e della sua “Riforma” ma su altri punti ne prendono le distanze. È chiaro che, se la situazione è questa, sia i luterani che i protestanti possono avere gioco facile nell’eludere le critiche e le accuse dei teologi cattolici: ciò significa che anche quando si accusa il luteranesimo e i vari teologi e predicatori protestanti è importante citare le fonti.

Lettera Firmata

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Le tesi di Lutero che cito o alle quali mi rifaccio nel mio ultimo articolo [cf. QUI] sono note da secoli, almeno presso i conoscitori di Lutero e si relazionano alle ben note condanne della Chiesa. Le fonti, oltre a quelle da me citate, si trovano negli Autori ai quali rimando.
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Non chiedo quindi al lettore di fidarsi della mia autorità; ma egli stesso può controllare per mezzo dei miei rimandi sia agli Autori che al Magistero della Chiesa.
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L’intento del mio articolo non è stato quello di esporre una mia nuova interpretazione del pensiero luterano. Solo in tal caso avrei dovuto abbondare nelle citazioni delle fonti, al fine di documentare e dimostrare il mio assunto e confutare gli avversari. Quindi nel mio articolo non dico niente di nuovo, che non sia già noto dalla critica, ma che però rischia di essere dimenticato dall’attuale rettorica celebrativa.
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ll mio intento invece è stato divulgativo e formativo, ma anche di approfondimento teologico, nell’ambito dell’ecumenismo e dell’apologetica cattolica, sia per far conoscere al cattolico di media cultura alcuni punti validi del pensiero di Lutero e sia per confutare gli errori, cosa che oggi si fa poco, mentre si loda Lutero a sproposito, per cui questi errori rischiano di sedurre anche i cattolici.
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Io non sono uno storico del luteranesimo, ma un teologo. Per questo mi interessa Lutero come tale; non mi interessano le varie interpretazioni dei suoi seguaci più o meno fedeli, gli abbellimenti o i tagli che essi operano nel pensiero del loro maestro.

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Non voglio mettermi in questo ginepraio, anche se riconosco che il pensiero di Lutero, nella sua ricchezza e complessità, ma anche per l’incoerenza, ambiguità, oscurità e paradossalità di certe sue posizioni, può richiedere che si consultino suoi autorevoli seguaci e far sì che certe interpretazioni del suo pensiero rimangano dubbie o incerte.

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Per questo chiedo al lettore che mi vuol giudicare, di stare a quello che dico su Lutero e non a quello che dicono i luterani, che peraltro non cito neanche nel mio articolo.

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Scrive Padre Giovanni Cavalcoli: «Come ho già avuto modo di spiegare pubblicamente in più occasioni sull’Isola di Patmos e altrove, il Papa ha, in forza del potere delle chiavi, la facoltà a sua discrezione di mutare le leggi della Chiesa, anche se fondate sul diritto divino. Ora la legge dell’esclusione dei divorziati risposati dalla Comunione eucaristica è una di queste» [cf. QUI].
Mi dispiace ma cambiare le leggi fondate sul diritto divino non è possibile perché si tratta appunto di diritto divino e quindi per sua natura immutabile. Il Papa in virtù del potere delle chiavi non ha autorità alcuna per cambiare ciò che Dio ha stabilito, se lo facesse commetterebbe un abuso e i suoi insegnamenti in materia non sarebbero vincolanti, in quanto espressione di uno pseudo magistero pastorale (non dogmatico e quindi non infallibile), la cui falsità risulta palese nella misura in cui si discosta dal dogma cattolico per rincorrere le false filosofie moderne, ricettacolo di ogni eresia.

Atanasio

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Caro Lettore.

bisogna distinguere l’istituzione dei sacramenti dalla disciplina dei sacramenti. La prima si deve a Cristo e costituisce il diritto divino o legge divina; la seconda è stata affidata da Cristo a Pietro e costituisce il diritto canonico o legge ecclesiastica.

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La proibizione della Comunione ai divorziati risposati, tuttora in vigore in base alla Amoris laetitia, certamente è fondata sul diritto divino, ma non in modo così necessario e stringente, che, se il Papa un domani vorrà, egli non abbia la facoltà, in base al potere delle chiavi (disciplina dei sacramenti), concedere il permesso della Comunione in casi speciali, che dovranno essere determinati dal diritto.

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Si può dire infatti che anche questo permesso potrà fondarsi sul diritto divino, benchè con ragioni differenti da quelle che hanno giustificato la proibizione. Infatti, mentre questa, come emerge dal n. 84 della Familiaris consortio, era motivata dall’opportunità di evitare lo scandalo, l’eventuale permesso dato dal Santo Padre Francesco, come si evince dalla Amoris laetitia (c. VIII), potrebbe esser motivato dall’opportunità di fornire alla coppia ulteriori mezzi di grazia, tali da consentir loro di affrontare con maggior fiducia e forza soprannaturale i doveri del loro stato, il quale, costituendo una forte occasione di peccato, in quanto stato irregolare, appare come un più difficile cammino di salvezza, che non quello delle coppie regolari.

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Avremmo qui un altro modo di rispettare la dignità del Matrimonio, della Confessione e dell’Eucaristia, ossia del diritto divino, adatto alla loro situazione, e diverso da quello attuato dalle coppie regolari e da quello previsto dalla legge della proibizione.

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Sarà bene che il Sommo Pontefice emani un’Istruzione per i Confessori, al fine di aiutarli per una corretta amministrazione del Sacramento in questa materia così complessa e difficile, come è quella dello stato dei divorziati risposati, distinguendo i casi nei quali i Confessori possono ammetterli ai sacramenti da quelli nei quali non possono, e lasciando ad essi un congruo spazio per il discernimento e la decisione.

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3 commenti
  1. Filippo dice:

    La questione in realtà è molto più semplice: queste persone sono in stato di peccato mortale sempre e comunque, se non vivono in castità?

    Perché alla fine dei conti la questione è questa, prima ancora del discorso della Comunione.

    I cristiani ortodossi divorziati risposati, tanto per dire (e se si parla dell’ortodossia giova ricordare che hanno un episcopato valido e sacramenti validi, Eucaristia compresa), è ben difficile che siano in stato di peccato mortale, visto che la loro Chiesa benedice le seconde nozze non hanno la piena avvertenza del peccato.

    Ora, se i divorziati risposati ortodossi fossero in stato di Grazia mentre i cattolici nella stessa condizione fossero in stato di peccato mortale, ne conseguirebbe che sarebbe più facile salvarsi appartenendo alla Chiesa Ortodossa piuttosto che alla vera Chiesa di Cristo. Ma questo mi pare un paradosso.

    A questo proposito che ne pensate di Amoris Laetitia 301, che dice che anche conoscendo bene la norma ci possono essere circostanze attenuanti che fanno si che la persona sia comunque in stato di Grazia?

  2. Giorgio M.G. dice:

    In riguardo alle prime risposte del Padre Ariel aggiungerei questo. Se ci soffermiamo su uno dei concetti errati del modernismo troviamo: “il Magistero della Chiesa non ci comunica affatto la verità proveniente da Dio” . Visto che i “tradi-protestanti” non ritengono il Concilio Universale Vaticano Secondo, la Messa moderna e il Magistero post conciliare come una comunicazione di Dio ma come un mero discorso umano velato di eresie, va da sè, che costoro si posizionano alla perfezione nel quadro dei veri modernisti. Questo è pienamente avvalorato anche dal loro comportamento antidottrinale e spesso immorale verso la gerarchia della Chiesa. Se dunque è il modernismo quello che cercano, propongo loro di guardarsi allo specchio: avranno clamorose sorprese. Un caro Saluto ai Reverendi Padri dell’Isola

  3. Ettore dice:

    Rev. Padri,
    penso non sia semplicemente una questione di lana caprina. Tutti, anche voi, forse per ragioni di praticità usiamo l’espressione “neolinguistica” di divorziati risposati: un eufemismo omnicomprensivo ed abusato dai media, ormai entrato nel gergo comune, ma generatore di confusione nello stesso popolo di Dio, negli stessi battezzati che si trovano a vivere differenti situazioni matrimoniali “irregolari”, ognuna diversa dalle altre, alimentando erronee attese, speranze di facili soluzioni … e conseguenti, inevitabili dolorose delusioni …
    Ergo, non sarebbe più appropriato, canonicamente, teologicamente, scindere la categoria collettiva “Divorziati risposati” in alcuni sottogruppi utilizzando più precise locuzioni che meglio possano riassumere le molteplici casistiche esistenti nella realtà?
    Il discernimento non dovrebbe iniziare fin dal linguaggio, chiamando pane il pane e vino il vino?
    In claris non fit interpretatio – Verba clara non indigent interpretatione – dicevano i latini

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