“Accoglienza” come spazio segreto da aprire a Dio perché diventi luogo di donazione

Padre Gabriele

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

—  omiletica —

“ACCOGLIENZA” COME SPAZIO SEGRETO DA APRIRE A DIO PERCHÉ DIVENTI LUOGO DI DONAZIONE 

Gesù parla dell’accoglienza di un profeta e di un giusto. Chi li sa accogliere vuol dire che è lui il primo profeta e giusto. Lo dice perché Gesù è l’accogliente per eccellenza e vuole a sua volta essere accolto nelle nostre vite. Questo fa sì che noi riceviamo Gesù che è il dono per eccellenza. Dunque siamo in grado di donarci e di amare, come Lui ha fatto, portando le nostre croci, nei momenti più difficili e complessi della nostra vita.

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Cari fratelli e sorelle,

Roma, 28 giugno 2019, Santa Maria Sopra Minerva, Gabriele Giordano Maria Scardocci, O.P. è consacrato sacerdote

qualche anno fa lessi la storia del Giardino Segreto della scrittrice Frances Hodgson Burnett. È la storia di Annie, una bambina che, in una tenuta inglese, scopre casualmente un giardino, di cui nessuno conosce l’esistenza, perché è stato reso segreto a causa di una vicenda tragica. Quel giardino, una volta aperto agli occhi di Annie diventa luogo di accoglienza, di crescita e di maturazione.

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Similmente, nelle letture di oggi [vedere Liturgia della Parola, QUI], il Signore ci parla innanzitutto dell’accoglienza di uno spazio segreto da aprire a Dio, perché diventi luogo fecondo di donazione. Nel Libro dei Re leggiamo:

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«Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Facciamo una piccola stanza superiore, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e un candeliere» [2Re 4, 9-10].

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In questa prima lettura, moglie e marito innominati aprono la loro casa ad Eliseo, dunque come se loro aprissero uno spazio fra lui e Dio. Eliseo prega e dopo profetizza; così viene un figlio per loro, inaspettato, e in un certo senso quasi disperato. Marito e moglie si schiudono a Dio poi sperimentano l’intervento di Dio. Dunque loro per primi sono aperti e sono in qualche modo fecondi.

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Questa è la bellezza di quando anche noi apriamo uno spazio per Dio e per chi ci manda. Questo accade anche oggi, per tutti noi, se sappiamo aprire il cuore e la nostra intimità al progetto di Dio, davvero ci riempirà di doni inattesi, di un centuplo inaspettato, di amicizie e gioie che mai ci saremmo aspettati. Dunque, dall’accoglienza del progetto di Dio su di noi, viene un essere fecondi. Scrive San Paolo:

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«Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» [Rm 6, 4].

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La fecondatività è espressa da Paolo proprio nella vita nuova che viviamo, a cominciare dal Battesimo. Infatti dal Battesimo in poi, il Signore ha preso dimora, ha riempito lo spazio della nostra anima, permettendoci di camminare in un cammino di vita nuova, fino alla gloria, dunque fino a quando saremo insieme a Lui in Paradiso.  Il Battesimo è vita nuova feconda, perché permette a tutti noi di essere liberati dal peccato originale e riempiti dal carattere battesimale, dalla grazia e dai doni dello Spirito Santo. Così diviene feconda anche la nostra vita spirituale, perché in forza del battesimo viviamo la liturgia e una preghiera personale con cui chiediamo intercessione per gli altri battezzati. Quindi dall’accoglienza viene la fecondatività, e dalla fecondatività viene il dono di sé. Nel vangelo leggiamo:

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«Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto» [Mt 10, 40-41].

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Gesù parla dell’accoglienza di un profeta e di un giusto. Chi li sa accogliere vuol dire che è lui il primo profeta e giusto. Lo dice perché Gesù è l’accogliente per eccellenza e vuole a sua volta essere accolto nelle nostre vite. Questo fa sì che noi riceviamo Gesù che è il dono per eccellenza. Dunque siamo in grado di donarci e di amare, come Lui ha fatto, portando le nostre croci, nei momenti più difficili e complessi della nostra vita.

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La ricompensa del giusto è allora l’imitazione di Gesù in un amore più grande, fino alla morte, un’imitazione che dopo la morte lo porterà a risorgere con Cristo stesso.

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Scriveva Voltaire «L’originalità non è altro che imitazione giudiziosa».

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Signore donaci il coraggio di imitarti nelle scelte decisive, la forza di aprire uno spazio in fondo al cuore, la tenerezza di donarci come te nella Trinità per amare fino alla fine.

Così sia.

Roma, 28 giugno 2020

Solennità dei Santi Pietro e Paolo

Anno I del mio sacro ministero sacerdotale

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2 commenti
  1. ettore
    ettore dice:

    La festa di San Pietro e Paolo non ricorre da sempre il 29 giugno?
    Comunque, tanti auguri a Lei Padre Gabriele per il primo anniversario della Sua Consacrazione.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Ettore,

      è stato un errore, andava scritto “nella vigila della solennità dei Santi Pietro e Paolo”

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