Il Santo Vangelo di questa domenica ci ricorda che traditori e adulteri lo siamo un po’ tutti
IL SANTO VANGELO DI QUESTA DOMENICA CI RICORDA CHE TRADITORI E ADULTERI LO SIAMO UN PO’ TUTTI
«Un infinito di passioni può essere contenuto in un minuto come una folla in un piccolo spazio»
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Cari Lettori de L’Isola di Patmos,
Il Santo Vangelo di questa quinta domenica del tempo di Quaresima ci mette dinanzi a una dimensione di buio e luce. Da un lato, una storia di tradimento e adulterio. Dall’altro, il grande amore e l’accoglienza di Gesù per chi è pentito.
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Un po’ traditori e adulteri lo siamo tutti, ogni volta che per debolezza pecchiamo. Abbiamo un assenzio amaro da assimilare: siamo peccatori e tendenzialmente fragili. Facilmente ci lasciamo un po’ trascinare dalle passioni, dall’affetto, dall’ira, dal giudizio avventato. O come scrive Gustave Flaubert in Madame Bovary:
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«Un infinito di passioni può essere contenuto in un minuto come una folla in un piccolo spazio».
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Proprio per questo, siamo amati di più dal Signore che ci aiuta a riconoscere i nostri peccati e accoglie il nostro perdono. Oggi la narrazione evangelica ci riporta l’episodio dell’adultera. Il testo ci dice che è mattina presto nel Tempio. Gesù è lì ad insegnare dopo che era stato sul Monte degli Ulivi, plausibilmente in preghiera. Scribi e farisei allora cercano di tendere una trappola al Signore. Chiamata una donna adultera domandano a Gesù:
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«”Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo».
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Gesù era messo alla prova, chiuso in un tranello dialettico: se infatti avesse risposto di non lapidare la donna, avrebbe detto esplicitamente di disobbedire e dunque di non essere coerente con la legge mosaica, di cui invece lo stesso Gesù si era detto seguace. Ma se avesse risposto di lapidarla, scribi e farisei avrebbero potuto accusarlo di non essere coerente con il suo insegnamento sull’amore. In entrambi i casi, era gioco facile accusare di incoerenza il Signore e screditarlo.
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Mettere alla prova il Signore è anche la tentazione della cultura attuale, per questo risuona più che mai il severo monito: «È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo» [Lc 4, 12]. È facile accusare sempre e comunque di incoerenza, di poca testimonianza e veridicità la Chiesa e i cattolici. È facile infatti pretendere che gli altri siano perfetti, mentre noi possiamo permetterci qualsiasi azione. Ecco allora che Gesù, al tranello del perfezionismo farisaico, risponde con maestria:
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«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».
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Una risposta eccellente. In grado di sintetizzare la natura umana. Soprattutto è una risposta per noi: nessuno è senza peccato. Nessuno può giudicare e men che mai condannare un altro. Possiamo giudicare e condannare le azioni di un altro, ma senza mai stabilire che il nostro fratello peccatore sia perduto definitivamente. Questo possiamo riferirlo anche ai torti che abbiamo fatto, ai peccati commessi nei confronti di altri. Ma soprattutto ai peccati che altri hanno operato verso noi. Ricordarci di quanto chi ci ha fatto del male è una persona peccatrice e fragile. Per questo possiamo così fare nostre le parole del Signore:
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«Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?» […] Neanche io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
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Questo è l’insegnamento centrale: il Signore è venuto a cercare di farci superare la forma nascosta di perfezionismo farisaico. Essere cattolici non significa essere già perfetti e santi da adesso, ma tendere continuamente a questa perfezione e santità. E, quando sbagliamo, non possiamo fare altro che affidarci al Signore. Perché Lui ci dona la grazia e tutti gli aiuti necessari per evitare di peccare.
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Chiediamo al Signore di crescere nell’umiltà e nell’accettazione di sé stessi, per accogliere la grazia ed effondere l’insegnamento del perdono nella carità in tutto il mondo.
Così sia.
Roma, 2 aprile 2022
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