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Il sito di questa Rivista e le Edizioni prendono nome dall’isola dell’Egeo nella quale il Beato Apostolo Giovanni scrisse il Libro dell’Apocalisse, isola anche nota come «il luogo dell’ultima rivelazione»
«ALTIUS CÆTERIS DEI PATEFECIT ARCANA»
(in modo più alto degli altri, Giovanni ha trasmesso alla Chiesa, gli arcani misteri di Dio)
La lunetta usata come copertina della nostra home-page è un affresco del Correggio del XVI sec. conservato nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma
Creatrice e curatrice del sito di questa rivista:
MANUELA LUZZARDI
Invece io, ma devo confessare che non ho letto tutto l’articolo, non sopporto la perenne letizia che mi mostrano alcune persone assidue frequentatrici di parrocchia…. sarà invidia per la loro capacità di nascondere preoccupazioni e problemi? L’enorme carico di sofferenza che opprime l’intera Creazione e che sta diventando insostenibile, qualora vi si ponga pensiero, non può lasciare indifferenti e “lieti” , malgrado la fiducia nella Salvezza sia salda e certa.
Carissima Ornella, pace a te!
Con il tuo commento mi dai modo di chiarire alcune problematiche che la tua risposta ha suscitato.
Per questo ti ringrazio.
Quando ti riferisci alla «perenne letizia» sul volto di alcuni frequentatori della parrocchia, lasci anche intendere un mal celato senso di sopportazione verso l’atteggiamento di questi fratelli cristiani.
Sicuramente questo ti crea disagio o forse – come noti anche tu – una sorta di invidia per la capacità di nascondere i problemi.
Anzitutto, la gioia di questi fratelli potrebbe essere effettivamente non autentica e il loro sorriso artificioso, utile solo come palliativo davanti ai disagi della vita. Ma questo non ci è dato saperlo, perciò sospendiamo il giudizio per amore di carità.
In psicologica è stato classificato un modo di sorridere denominato sorriso Pan Am, in riferimento alle assistenti di volo della nota compagnia americana ormai non più in servizio. Queste hostess della Pan American, si esercitavano per sfoderare un sorriso di cortesia da usare con nonchalance davanti ai viaggiatori.
Di fatto – questa comunicazione non verbale – non trasmetteva empatia e interessamento verso il viaggiatore ma solo sterile formalità.
Fatta questa premessa, ti devo dare ragione, in alcuni casi si utilizza questa tipologia di sorriso senza trasmettere nulla: né un calore umano, né una seria esperienza di fede.
La Lettera ai Filippesi [cf. Fil 4,5] ricorda ai cristiani di essere sempre affabili, ma si premura di specificare che la fonte di questa letizia è la vicinanza del Signore.
Come potrai leggere dal mio articolo, la gioia cristiana è anzitutto la certezza di una presenza.
La letizia del cristiano non è sentimentalismo o peggio formalismo, è l’opzione fondamentale nello scegliere Cristo quotidianamente. La gioia nasce da una decisione per Gesù, significa accettarlo nella vita come Signore e salvatore.
San Giacomo nella sua lettera [cf. Gc 1,2-3] ci dice come la letizia è perfetta quando sperimenta dei momenti di verifica, specie nelle difficoltà. Questo non significa che la sofferenza e l’avversità portino la gioia. Tuttavia, quando davanti a una prova sappiamo che la nostra vita è ben radicata in Cristo, nessuno può strapparci dalle sue mani [cf. Rm 8,35-37] e questo significa mettere in gioco la fede, che agisce anche attraverso i nostri sentimenti mantenendoci sereni.
Questa tipologia di letizia perfetta la vediamo nella beata Vergine Maria, che davanti alla passione di Gesù – pur soffrendo – non ha mai perso la gioia, non ha mai recriminato contro Dio per l’ingiusta sorte del figlio. Stessa gioia la troviamo nei martiri, che hanno affrontato la morte consapevoli di essere vittoriosi davanti al male.
La gioia cristiana è un dono della fede frutto dell’azione dello Spirito Santo [cf. Gal 5,22] e la sua perfezione non dipende solo dalle nostre disposizioni ma anzitutto dalla presenza di Cristo che vive in noi.
Forse davanti alla difficoltà di gioire di molto uomini – non sono tanto le motivazioni a mancare – quanto la fede, ragione più che sufficiente per restare nella tristezza.
Ti benedico.
Aggiungo che S. Paolo (2 Corinzi, 7, 10) fa lo stesso ragionamento riguardo alla “tristezza”, per quanto riguarda la sfera del peccato nel caso in questione, ma che si può allargare per analogia al complesso della vita spirituale: “Poiché, la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che mena alla salvezza, e del quale non c’è mai da pentirsi; ma la tristezza secondo il mondo produce la morte. ” Quindi nella “tristezza secondo Dio” c’è sempre un fondo di lietezza.
Caro Padre Ivano,
complimenti per i tuoi articoli (e per quelli dei padri Paolo e Gabriele), questa Isola felice sta diventando sempre più un solido approdo per i cattolici internauti e anche per noi preti.
Da prete quarantenne a prete quarantenne tale tu sei, ti confido che 4 anni fa sono stato ricoverato per 10 giorni in un certo ospedale di Roma, dove prestavano servizio cinque giovani sacerdoti non italiani (ma questo è irrilevante), che non sono mai passati una volta a salutarmi, pure se gli era stato segnalato dal personale medico che in quel reparto c’era un prete ricoverato.
Celebravano la Messa nella cappella dell’ospedale, passavano un po’ di tempo al bar dell’ospedale, e poi sparivano.
Nel mentre, tre o quattro suore non italiane (ma questo è irrilevante) giravano per i reparti a portare le sante comunioni come delle pubblicitarie che ti danno per strada dei volantini di reclame.
Ho sofferto molto più di questo e per questo che per gli interventi ortopedici.
Venne padre Ariel di domenica e celebrò la Messa nella mia camera di ospedale, senza mai avere preso da quell’ente ospedaliero un centesimo in stipendio, come invece prendevano quei preti non italiani (ma questo è irrilevante, che non fossero italiani).
La prossima volta mi faccio ricoverare nel tuo ospedale di Cagliari !
don Ciro
dalla ridente Napoli, dove si ride in tutti i sensi
soprattutto a livello ecclesiale ed ecclesiastico
Gentilissimo padre Ivano, ringrazio vivamente per la esaustiva risposta che mi ha dedicato. Indubbiamente la Fede e la preghiera sono sostegno e sollievo nelle avversità, ma rimango dell’opinione che il mostrarsi sempre gioiosi sia anche una dote di carattere: ci sono tra noi persone estroverse, e altre più pensose. Sarà che stiamo attraversando un momento molto difficile, sia nell’ambito familiare che “mondiale”, oserei dire. Per cui, appunto, vedersi circondati da sorrisi Pan Am, o che sembrano tali, non aiuta, ma acuisce il disagio.
Conservo nel cuore la Sua benedizione.
Bellissima riflessione p Ivano! Grazie ?
[Sulla tristezza] Io sono fra i più immuni da tale passione. E non mi piace né la stimo, benché il mondo, quasi per partito preso, abbia preso a onorarla di particolare favore. Ne vengono adornate la saggezza, la virtù, la coscienza: sciocco e mostruoso ornamento. Gli Italiani, con scelta più acconcia, hanno battezzato col suo nome la malvagità. Giacché è una qualità sempre nociva, sempre folle. E, in quanto sempre vile e bassa, gli stoici vietano ai loro saggi di provarla. (Michel de Montaigne, Saggi, Libro I, Cap. II)