I Santi messi alla prova anche da morti: un ricordo di Padre Tomas Tyn
I SANTI MESSI ALLA PROVA ANCHE DA MORTI: UN RICORDO DI PADRE TOMAS TYN
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Nella Chiesa di oggi, paragonata dal Sommo Pontefice ad un ospedale da campo della terza guerra mondiale, stracolmo di sofferenti e feriti di ogni genere, già con carenza di personale medico, sottrarre alla cura dei malati un medico valido e zelante come Padre Tomas Tyn, sotto pretesto che certi feriti non lo accetterebbero o che addirittura non esistono, o sono stati inventati dallo stesso Tomas, appare un’idea di grave insipienza, tale da destare il forte sospetto che non venga da uomini veramente preoccupati del bene della Chiesa e delle anime, ma di restare a galla nel mare del mondo. Il celebre filosofo Ludwig Wittgenstein, accortosi dell’arduità della speculazione filosofica, ebbe l’umiltà di fare l’ortolano in un monastero femminile. Forse questo sarebbe il mestiere migliore per alcuni.
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L’Isola di Patmos ricorda il Servo di Dio Tomas Tyn, frate e sacerdote dell’Ordine Domenicano, modello di vita sacerdotale e teologo equiparabile ad un Aquinate del XX secolo, tornato alla Casa del Padre il 1° gennaio 1990, ad appena 39 anni d’età.
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I Santi sono messi alla prova non solo da vivi, ma anche da morti. Da vivi sono messi alla prova da Dio e sono trovati giusti; da morti sono messi alla prova dagli uomini, che non avendo capito o non volendo capire il giudizio di Dio, non sanno o non vogliono riconoscere e apprezzare la loro santità. In questi casi, può capitare che la Congregazione per le cause dei santi stessa voglia fare una verifica, aprendo un processo di Beatificazione. È quello che è avvenuto per il Servo di Dio Padre Tomas Tyn, del quale i Padri dell’Isola di Patmos hanno avuto modo di occuparsi.
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In questo articolo desidero segnalare e anche raccomandare il bel libro dedicato dal giurista reatino e studioso di scienze teologiche Gianni T. Battisti: «La pipa di Padre Tomas. Scritti teologici» [1].
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Il libro raccoglie un’introduzione di Roberto Rivera, dirigente del Cenacolo e dell’Associazione Internazionale Tomas Tyn, una presentazione del Battisti e del teologo domenicano Giovanni Cavalcoli, quindi un’antologia di testi teologici del Servo di Dio. In particolare, Battisti, col calore, la cultura e l’eloquenza che caratterizzano l’espressione letteraria della sua profonda, persuasiva e illuminata fede cattolica, illustra le qualità salienti del pensiero teologico di Padre Tomas Tyn, mettendo particolarmente in luce la purezza e genuinità della sua dottrina, frutto non solo di studio, ma anche di intensa vita di carità, una dottrina esemplarmente fedele al Magistero della Chiesa e a San Tommaso d’Aquino, generosa nel distribuire, da buon Domenicano, l’ “acqua della sapienza”, prudente e provvidente nel guarire i mali dello spirito del nostro tempo, lucidamente diagnosticati e curati con la medicina del discernimento critico e della misericordia intellettuale, partendo da una posizione di grande equilibrio pacificatore ed imparzialità dottrinali e morali, tali da favorire l’avvicinamento e la conciliazione tra i due partiti opposti dei lefebvriani e dei modernisti, nella linea del principio di “progresso nella continuità”, enunciato e spiegato dal Sommo Pontefice Benedetto XVI.
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Merita anche segnalare il prezioso opuscolo «Quel caffè in riva al mare. Saggi di filosofia e teologia»[2], con prefazione del Cardinale Raymond Leo Burke, il quale, nell’elogiare la fedeltà agli insegnamenti del Servo di Dio alla sublime e immortale dottrina di San Tommaso, coglie l’occasione per ricordare l’importanza del Doctor Angelicus, da sempre raccomandato dai Sommi Pontefici, anche per comprendere criticamente la situazione del pensiero moderno, assumendo gli aspetti positivi e confutandone gli errori.
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I Santi del Paradiso, ormai per sempre nella gloria celeste e liberi da «questa aiuola che ci fa tanto feroci», per dirla con Dante, gioiscono per aver superato la prova davanti a Dio ed ai buoni, che hanno saputo apprezzarli; quanto al fatto di non ricevere onore e gloria dagli uomini di questo mondo, fossero pure uomini di Chiesa, se ne infischiano, ma siccome anche da lassù continuano la loro opera benefica a salvezza delle anime, hanno compassione per questi poveri ciechi, soprattutto se sono in buona fede, per aver frainteso la loro testimonianza o perché timorosi di prender le difese di un Santo, o perché male informati da invidiosi o male lingue.
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E per questo continuano anche dal cielo a dar segni su questa terra della loro intercessione, animando e incoraggiando i loro devoti, nonostante le opposizioni degli empi, a proseguire la promozione della loro conoscenza e della loro venerazione ed aumentando il numero di coloro che ne apprezzano e ne imitano le qualità.
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In ogni caso, i Santi lasciano sempre in questo mondo, anche se magari presso pochi o pochissimi, il ricordo della loro santità; soprattutto presso quei buoni cattolici, che studiano la loro dottrina, in primis se teologi, ne imitano l’esempio e domandano ad essi intercessione.
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La fama della loro santità, però, se l’ambiente è sano e recettivo, si sparge a volte rapidamente ed ampiamente; altre volte lentamente e faticosamente, perché viene ostacolata e falsificata da forze ottuse od ostili, le quali o divulgano delle calunnie o fanno di tutto perché non si parli del Santo o perseguitano i suoi devoti. E questo, sotto certi aspetti, per usare due diversi paradigmi, è il caso del Venerabile Pontefice Pio XII, come per altri versi lo è quello del Padre Leon Dehon, di cui fu bloccata a processo definitivamente chiuso la cerimonia di beatificazione, in seguito a delle proteste del tutto infondate fatte dalla Comunità Ebraica che rivolse a questo santo uomo di Dio delle accuse peregrine e ingiustificate di antisemitismo.
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Queste forze sono più efficaci e dannose se hanno influsso nella Chiesa, se hanno potere politico o se riescono a diffondere idee e costumi errati, che finiscono col nuocere all’autorevolezza ed alla fama del Santo.
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Dio permette queste opposizioni non certo per spegnere la memoria del Santo, ma al contrario per mettere alla prova, irrobustire e diffondere la devozione nei suoi riguardi, addestrando i suoi devoti a rispondere agli attacchi ed alle obiezioni.
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Dopo duemila anni di civiltà cristiana, siamo abituati da una certa agiografia più interessata a lodare il Santo che alla verità storica, a concepire la via che conduce alla loro canonizzazione come una specie di cammino trionfale in mezzo ad una folla acclamante di entusiasti fedeli, mettendo in ombra, minimizzando o tacendo del tutto l’azione di quelle forze, spesso dall’interno stesso della Chiesa, che si sono opposte alla canonizzazione del Santo, quasi nel timore che ciò possa gettare una qualche ombra sulla sua venerabilità.
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Del resto la Chiesa, nella sua millenaria saggezza ed esperienza delle cose umane, ha ormai elaborato da secoli un’apposita procedura giuridica per regolare lo svolgimento del dibattito circa la verifica dell’effettiva santità del candidato. È questo il processo di beatificazione e canonizzazione. Ovvero si tratta di verificare, mediante un vaglio di testimonianze, se la fama sanctitatis del candidato ha o non ha un effettivo fondamento fattuale e giuridico.
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Non è escluso che gli avversari della beatificazione possano produrre, in sede processuale, testimonianze o prove contro la santità del candidato, tali da indurre il giudice ad annullare la Causa. Ma è evidente che un’eventuale azione di forza, tesa a fermare il processo dall’esterno, sarebbe giuridicamente nulla e moralmente molto riprovevole, anche se ciò, purtroppo, è avvenuto nel caso di Padre Tomas Tyn, figura particolarmente cara ai Padri dell’Isola di Patmos ed a tutta la nostra redazione.
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Un fatto del genere è stato reso possibile dall’attuale clima di confusione nel campo della fede, per il quale molti non sanno distinguere ciò che è cattolico da ciò che è eretico o ciò interessa loro relativamente, perché è diffusa l’opinione che, a seguito dell’ecumenismo, l’essere cattolico od eretico, le idee di San Tommaso o quelle di Lutero, non si oppongono come vero e falso, ma semplicemente come opinioni diverse.
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Così molti, non solo teologi, ma anche tra i pastori, sono cattolici di nome, ma non di fatto. Di fatto sono eretici; ma nessuno è capace di toglier loro dalla mente di essere più che mai cattolici, ed anzi cattolici moderni e avanzati.
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Avviene così che il vero cattolico, per esempio un Tomas Tyn, venga perseguitato ed osteggiato da falsi cattolici, presenti nel suo stesso Ordine. Certamente, questo è sempre avvenuto nella storia della Chiesa. Si pensi solo alle persecuzioni dei protestanti contro i cattolici nel XVI secolo.
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Il Domenicano San Giovanni di Colonia, in quel periodo fu martirizzato dai luterani. Ed è sempre successo che certi Santi siano stati perseguitati o incompresi o subissero prove dai Superori. Qui gli esempi non si contano. Basti solo pensare ad un San Pio da Pietrelcina o un San Giovanni della Croce o una Santa Teresa di Gesù o un Padre Marie–Joseph Lagrange.
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Due riformatori
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Tuttavia non può accadere che un Papa martirizzi un Santo. A tale proposito basti pensare al caso del domenicano Girolamo Savonarola, che nella realtà dei fatti fu abbandonato alla pena capitale dal Papa, non perché eretico, ma perché a detta di Alessandro VI, disobbediente.
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Il Papa infatti riconobbe l’ortodossia di Fra Girolamo, né si può sospettare di eresia il Papa, perché non è possibile. Certo, Savonarola fu vittima del Papa, non però per motivi di fede, ma perché il Papa non sopportò il suo messaggio profetico e morale, e la sua riforma dei costumi, di ispirazione cateriniana, che suonava aspro rimprovero verso la Corte Romana e per il Papa stesso.
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Era una riforma che toccava solo i costumi e non come quella falsa di Lutero, che corruppe la dottrina ed ebbe la sfrontatezza inaudita non solo di accusare Papa Leone di eresia, ma addirittura di rifiutare l’istituto stesso del papato. Invece, il rimprovero fatto al Papa dal Savonarola toccava solo la sua condotta morale e il suo governo della Chiesa, perché per quanto riguarda il Magistero pontificio, egli sapeva benissimo che il Papa non può errare nel dogma e che quindi non può accadere che un Papa eretico condanni un innocente con l’accusa di eresia.
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Dunque al Savonarola non conviene propriamente il titolo di “martire”, perché sarebbe ingiusto ed offensivo per il Papa, fosse anche un Alessandro VI che non brillava di virtù nella sua vita privata, ma semmai quello di “confessore”. Si può comunque e si deve parlare di ingiusta condanna, della quale poi il Papa stesso si pentì, anche perché egli in un primo tempo dette ascolto a male lingue. Facendo in recente passato alcune ricerche storiche sulla figura del Savonarola, ho potuto scoprire che una pessima figura la fece anche il Maestro Generale dell’Ordine Domenicano, Gioacchino Turriani, che alla morte di questo celebre Frate scrisse una meschina lettera adulatoria al Papa rallegrandosi con lui per quella che egli giudicava la punizione di un criminale.
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Il Savonarola non è stato dunque ucciso in odio alla fede, che nel Domenicano era purissima, ma in odio al suo messaggio profetico e riformatore. Se dunque la Causa di Padre Tomas Tyn è stata bloccata dai modernisti, Roma, che non erra nella fede, e che un giorno, prima o poi, condannerà l’attuale riflusso di modernismo, riconoscerà la santità del Servo di Dio. Il modernismo passerà, Padre Tomas Tyn resterà. Deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles.
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La problematica delle canonizzazioni
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Sono rare le glorificazioni di Santi che avvengono senza intoppi e per una specie di plebiscito di popoli e suppliche di principi al Papa, come accadeva per i Santi della Riforma tridentina.
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Ricordiamo infatti che la santità dello stesso Fondatore del cristianesimo, Nostro Signore Gesù Cristo, è stata riconosciuta dai suoi discepoli, nonostante la fortissima opposizione esercitata proprio da quelle Autorità, che avrebbero dovuto riconoscerla. Ed ancor oggi, dopo duemila anni, le autorità dell’ebraismo si rifiutano di riconoscere la santità di Cristo.
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Questi problemi nascono soprattutto quando si pone la questione dell’opportunità o possibilità, da parte della Chiesa, di avviare una Causa di Beatificazione. Esistono infatti autentici santi giuridicamente canonizzabili, ma, siccome il canonizzare è anche un atto con intenti e riflessi pastorali, che devono essere adatti ed utili nella situazione ecclesiale presente, può capitare l’esistenza di Santi che abbiano anche tutti i requisiti richiesti, ma è possibile che la Chiesa, almeno per il momento, ritenga inopportuno o impossibile procedere alla canonizzazione, come nel caso dei due diversi ma simili paradigmi riportati inizialmente: il Venerabile Pontefice Pio XII ed il Padre Leon Dehon.
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Questo accadde, per esempio, quando ai tempi del Beato Paolo VI ci fu chi cercò di promuovere la Causa dei martiri della Guerra civile spagnola, ma l’Episcopato spagnolo, omnibus perpensis, giudicò che per il momento la cosa non era opportuna o conveniente. Giunsero però i tempi favorevoli, col pontificato di San Giovanni Paolo II e la cosa fu fatta.
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Per i miei contatti giornalieri con il Padre Ariel S. Levi di Gualdo e per la mia vicinanza anche col Padre Giovanni Cavalcoli, che si sono entrambi occupati delle cause dei santi, ho potuto apprendere che se una Causa si mette in moto, vuol dire che esiste, come dettano le norme della Chiesa in merito, una fama sanctitatis nel Popolo di Dio, data da una sua sufficiente diffusione, a giudizio del Vescovo competente o della Santa Sede, che su questa base danno il via al processo o all’inchiesta diocesana. Dopodiché occorrono anche altri elementi attinenti alla regolarità e libertà del processo, come per esempio lo zelo del postulatore, la rettitudine del giudice, la diligenza dei periti, l’obbiettività e la credibilità dei testimoni, fino alla disponibilità di sufficienti mezzi finanziari necessari per portare avanti la causa, considerando che alcuni processi possono richiedere ricerche anche in varie parti del mondo, perizie clinico-scientifiche quando si tratta di accertare miracoli, nell’esame dei quali sono quasi sempre coinvolte intere equipe di studiosi, e ciò con i relativi costi.
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Nella storia dei processi di beatificazione le cose non scorrono sempre lisce, perché il candidato può essere discusso, incompreso e contrastato all’interno stesso della Chiesa e anche per lungo tempo, finchè non si fa chiarezza e le opposizioni sono vinte. Si pensi ai casi di Antonio Rosmini o di Duns Scoto, di Pio IX, di Pio XII o di Marie–Joseph Lagrange.
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Del Savonarola si discute da cinque secoli se meriti di essere beatificato, ed ancora la Chiesa non è giunta ad una conclusione. Meister Eckhart è stato un uomo virtuoso, ma il suo era un pensiero con radici panteiste. Chissà quanti Santi si sarebbero potuti proclamare nei Paesi comunisti, se il regime non avesse messo il bavaglio alla Chiesa. Dio permette che i malvagi blocchino o impediscano il formarsi o la continuazione di alcune Cause, per fortificare i fedeli nel martirio e punire gli empi sacrileghi.
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Ciò può ritardare anche di molto l’avvio stesso del processo. La Causa dei martiri della Guerra civile spagnola è iniziata solo con San Giovanni Paolo II, una volta superata l’opposizione da parte dei comunisti spagnoli. E queste difficoltà avvengono non tanto per i Santi delle opere della misericordia corporale, le Cause dei quali procedono di solito in modo veloce, con successo e senza scosse, poiché ogni persona di buon cuore, anche se non credente, riesce ad apprezzare chi si dedica ai poveri, ai piccoli, ad anziani o ammalati.
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I casi di martirio evidente hanno sempre avuto la possibilità di un iter veloce. Ma non sempre sono sicuri e può esserci il sospetto che non si tratti di vero martirio, in odium fidei. È poi necessario che non vi siano ostacoli da parte del potere politico, perchè o un potere anticristiano potrebbe opporsi o perché certi casi di supposto martirio possono essere in realtà ribellione civile o sovversione politica. Certi regimi totalitari sono abili nel far passare per sovversione casi di vero martirio.
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Napoleone perseguitò i monaci, i Domenicani e i Gesuiti, ma fu benevolo verso gli istituti ospedalieri o di assistenza sociale. Tutti capiscono la santità di Don Luigi Orione, di San Camillo de’ Lellis, di San Giovanni Bosco, pochi quella di San Tommaso d’Aquino o di Sant’Atanasio d’Alessandria, di San Giovanni Crisostomo o di San Roberto Bellarmino.
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In un momento come questo sarebbe cosa ardua, per non dire veramente impossibile, portare avanti la causa di beatificazione di un modello di virtù e di dottrina come il Cardinale Rafael Merry del Val, che da giovane diplomatico della Santa Sede fornì tutti i necessari materiali a Papa Leone XIII che procedette poi a dichiarare la invalidità delle sacre ordinazioni nella Comunità Anglicana, essendo venuta meno la continuità della successione apostolica, tanto che non possiamo neppure più parlare di ordinazioni illecite, trattandosi di ordinazioni del tutto invalide. Per non parlare del contributo fondamentale e insostituibile dato dal Merry del Val a San Pio X per la sua condanna al modernismo. Sicuramente, un giorno, Merry del Val conoscerà gli onori degli altari, ma non certo in questo momento storico caratterizzato da terribili derive teologiche.
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Le Cause più contrastate sono quelle che toccano le opere della misericordia spirituale, come, per esempio, l’insegnare agli ignoranti ed ammonire i peccatori, benché esse in se stesse siano più importanti. Infatti non fa difficoltà riconoscere i bisogni fisici nostri e degli altri. Invece l’orgoglio ci acceca, quando cerchiamo la gloria di questo mondo, quando dobbiamo riconoscere di essere caduti nell’eresia, quando non vogliamo rinunciare al peccato, e quando non vogliamo lasciarci correggere.
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Per questo, coloro che educano alla virtù, alla sapienza e alla santità, i riformatori, le guide spirituali, coloro che difendono gli oppressi o cacciano i venditori dal tempio, i fustigatori dei vizi, gli annunciatori dei castighi divini, coloro che scoprono le magagne dei furbi o che tentano di correggere i Superiori, sono spesso incompresi, contrastati, ed a volte odiati, persino dai Superiori, dai fratelli di fede, e dai confratelli di religione o di sacerdozio.
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I malati nel corpo normalmente si lasciano guarire e ne hanno piacere, ma non sempre è così per i malati dello spirito, anzi a volte non riconoscono neppure di essere malati. E allora comprendiamo perché le Cause di coloro che si sono dedicati saggiamente, eroicamente e coraggiosamente, con immensa carità, alla cura di questo tipo di malati, siano di difficile avvio e, quando sono avviate, gli avversari le vedono come fumo negli occhi, ed oppongono slealmente mille ostacoli e mille cavilli e false ragioni, quando non ricorrono alla costrizione, per fermarle o annullarle. “Chi compie il peccato, dice Cristo, odia la luce”.
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Nel campo della cura del corpo, esiste un’unica scienza medica, con le relative prescrizioni terapeutiche, accettate da tutti. Invece, nel campo della cura dello spirito, esiste bensì una scienza morale oggettiva, corroborata dalla teologia morale, di per sé oggettiva ed universale.
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In questo caso è più difficile analizzare il problema e dare poi adeguata cura, perché la materia è più complessa ed oscura e le passioni intorbidano maggiormente il lume dell’intelletto. Da qui la lotta delle filosofie e delle religioni fra di loro e la difficoltà della condivisione unanime dei valori universali. Da qui, anche all’interno stesso della Chiesa, i contrasti di valutazione nel giudicare della santità o meno di un dato soggetto.
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La problematica della Causa di Padre Tomas Tyn
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Padre Tomas Tyn, come il lettore che lo conosce avrà già capito, si trova, come teologo e moralista, in questa categoria dei medici dello spirito. Egli ha lasciato una fama di santità, diffusasi poi nel mondo, a cominciare da Bologna, dove egli operò dal 1972 al 1989.
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Anche nella sua Patria, la Repubblica Ceca, ha lasciato una fama di santità, tanto che è là che la Causa è stata ufficialmente promossa, a seguito della notizia impressionante che il giorno della sua pia morte, il 1° gennaio 1990, aveva coinciso con la data dell’inaugurazione del nuovo governo nella Patria, liberata dal regime comunista. Infatti, come narrato negli atti, il Servo di Dio, il giorno della sua ordinazione sacerdotale, per le mani del Beato Paolo VI, il 29 giugno 1975, aveva fatto offerta a Dio della propria vita per la liberazione della Patria e della Chiesa dal comunismo.
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Padre Tomas ha rivissuto quello che San Giovanni dice di Cristo: «Venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto». In vita fu perseguitato dai comunisti della sua Patria, tanto da doverla lasciare. Dopo la morte, benché ammirato e venerato dai buoni, dentro e fuori del suo Ordine, egli è ancora oggetto di ostilità, disprezzo ed incomprensione da parte del mondo.
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L’alto spirito di servizio della sua parola profetica di Domenicano, la confutazione inoppugnabile degli errori, la franca, tonante e coraggiosa predicazione del Vangelo nella sua integralità, nella linea del Concilio Vaticano II e della Tradizione, la veemenza della sua denuncia dei traviamenti e della rilassatezza all’interno della Chiesa e dell’Ordine, fu certamente apprezzata da molti cattolici e non cattolici, ma gli procurarono anche forti ostilità, ora sorde ora aperte, all’interno e fuori dell’Ordine.
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Infatti, iniziata l’inchiesta diocesana nel 2006 a Bologna, in un’atmosfera serena e ricca di speranze, subito le ostilità maligne cominciarono a emergere nell’ombra, tanto che i lavori per la Causa furono purtroppo improvvisamente, inopinatamente e bruscamente interrotti nel 2012 per un ingiusto, inspiegabile ed inspiegato intervento dall’esterno del tribunale diocesano, quasi certamente sotto la pressione delle forze ostili di impronta modernista, comunista e massonica, che erano i principali obbiettivi polemici della buona battaglia del Servo di Dio.
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In tal modo Padre Tomas, nel cui insegnamento e nella cui vita è contenuto un alto anelito di libertà, come ha dovuto sperimentare in vita il regime comunista, così similmente dopo la morte, la Provvidenza ha permesso che la sua santa memoria dovesse sopportare in realtà una sorta di martirio di un intervento dispotico incompetente e repressivo, che ha fermato il regolare decorso dell’inchiesta, senza previa discussione nella sede adatta, che sarebbe stata quella del tribunale, circa l’opportunità o la necessità di una decisione così grave, un fatto in certo senso ancora più grave della persecuzione comunista, in quanto proveniente dall’interno stesso di quell’Ordine, nel quale il Servo di Dio era stimato da molti confratelli; Ordine che egli ha tanto amato e così esemplarmente ha servito ed onorato.
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L’auspicio vivo e appassionato di noi devoti, degli studiosi e ammiratori di Padre Tomas Tyn, presenti nell’Ordine Domenicano come nel laicato e in tutta la Chiesa, sia in Italia che nella sua Patria e all’estero, nei ceti colti come in quelli popolari, cattolici e non cattolici, è che i Superiori competenti dell’Ordine e della diocesi di Bologna, resisi consapevoli del grave errore commesso dai responsabili di questo infelice gesto, prendano gli opportuni provvedimenti o iniziative per rimediare a questo guasto, ordinando le cose in modo da far ripartire una Causa tanto valida ai fini della nuova evangelizzazione, della confutazione dei numerosi errori, che corrompono la fede e i buoni costumi, e della pacificazione, nella Chiesa, tra le fazioni contrapposte.
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Forse i Superiori, più che lasciarsi intimorire per una ricerca poco dignitosa del quieto vivere, dagli atti ostili effettivi o possibili contro il Servo di Dio, da parte di quelle correnti ecclesiali ed extraecclesiali, contro le quali egli mette in guardia con tanta acribia e saggezza, dovrebbero guardare all’esempio dei Santi dell’Ordine e dello stesso Servo di Dio, che non si lasciavano intimidire davanti alla potenza degli avversari, ma li sfidavano impavidamente, da forti cavalieri della fede, secondo un motto dell’Ordine: Fortiter, viri fortes.
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Nella Chiesa di oggi, paragonata dal Papa ad un ospedale da campo della terza guerra mondiale, stracolmo di sofferenti e feriti di ogni genere, già con carenza di personale medico, sottrarre alla cura dei malati un medico valido e zelante come Padre Tomas Tyn, sotto pretesto che certi feriti non lo accetterebbero o che addirittura non esistono, o inventati dallo stesso Tomas, appare un’idea di grave insipienza, tale da destare il forte sospetto che non venga da uomini veramente preoccupati del bene della Chiesa e delle anime, ma di restare a galla nel mare del mondo. Il celebre filosofo Ludwig Wittgenstein, accortosi dell’arduità della speculazione filosofica, ebbe l’umiltà di fare l’ortolano in un monastero femminile. Forse questo sarebbe il mestiere migliore per alcuni.
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Peccato che in occasione dell’VIII° centenario della fondazione dell’Ordine Domenicano, non sia stata colta questa circostanza per rilanciare la Causa di Tomas Tyn. Gli organizzatori darebbero prova che questo anniversario non si risolva solo in commemorazioni storiche, toccanti liturgie, manifestazioni artistiche, simpatici filmati e dotti discorsi accademici, ma, cosa fondamentale, possa essere uno stimolo potente per la Famiglia Domenicana e per la Chiesa tutta, alla ricerca della santità, con lo sguardo ammirato ai Santi dell’Ordine, nella volontà di imitarli e onorarli, e nella coscienza che l’ideale domenicano è tuttora fecondo di frutti ubertosi.
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Dall’Isola di Patmos, 6 Gennaio 2017
Epifania del Signore Gesù
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NOTE
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[1] Edizioni IF Press, 2016, a cura del Cenacolo di San Domenico e dell’Associazione Internazionale Tomas Tyn [AITT], fondata dallo stesso Battisti che ne è presidente dal 2013, col fine di promuovere la conoscenza della figura e delle opere di Padre Tomas Tyn.
[2] Cf. Ed. Fede e Cultura, Verona.
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Cari Lettori.
Vi preghiamo di prendere visione di quanto abbiamo scritto in
L’AQUILA HA URGENTE BISOGNO DI BENZINA PER VOLARE …
e di sostenerci.
Grazie!
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Padre Tomas è Santo alla faccia delle piazze e dei santi express. Lui Partecipa come già in Vita terrena. Che ne facciano gadget da bancarella in una “santificazione” dell’umano, che ha mandato spesso al cospetto di San Pietro, ambigue figure maschili e visionarie figure femminili che il Timoniere della Barca ha volentieri rimandato al mittente: il piano di sotto. Padre Tyn è Santissimo e Bellissimo. Luce del Cielo. Non abbisogna di divenire calamita per auto o frigorifero, e neppure abbisogna di un posto sul calendario. Grazie
…molto interessante!… anche le motivazioni della condanna del Savonarola, delle quali, pur avendo io sempre vissuto a Firenze, non ero a conoscenza con precisione. Non si finisce mai di imparare.
Ci sarebbe da aggiungere, in merito alle Cause di beatificazione, che vi può essere anche il caso, credo peraltro molto raro, di Cause aperte, ancora su figure diciamo “difficili”, di stampo prevalentemente intellettuale e politico, epperò senza che ve ne fosse la base sostanziale.
E’ il caso emblematico del celebre Giorgio La Pira, la cui Causa è stato istituita dall’allora Arcivescovo di Firenze, il Card. Silvano Piovanelli, nel 1986.
La relativa fase diocesana del processo si è conclusa il 4 aprile 2005, quando tutta la documentazione è stata trasmessa alla Pontificia Congregazione per le Cause dei Santi, dove è tuttora giacente. Non vi era base, poiché La Pira, pur avendo fatto molte ottime cose per la Firenze del dopoguerra, che vanno a suo grande merito, si caratterizzava però per il suo pensiero politico statalista, assistenzialista e keynesiano, che è stato un mix disastroso e incompatibile con la Dottrina sociale cattolica, come spiego meglio qui:
http://www.ilcovile.it/scritti/Quaderni%20del%20Covile%20n.11%20-%20Giorgio%20La%20Pira%20-%20Una%20riflessione%20critica.pdf
La Pira non sarà mai santo, ma questo non si può dire finché i tempi, come all’inverso avverrà per la santità del Padre Tomas Tyn, non saranno maturi.
Padre Tomas, prega per noi.