"Le vent siffle et la tempête fait rage …» et pendant ce temps Jésus dormait

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

«LE VENT SIFFLE ET LA TEMPÊTE FAIT rage … » E INTANTO GESÙ DORMIVA

«Perché avete paura? Avez-vous pas de foi?». Pour ceux qui croient, Il n'y a rien à craindre, parce que tout fonctionne pour le bien, si tu aimes Dieu; même les tempêtes de la vie. Seulement, la paura spesso ha il sopravvento e quando questo accade ci scopriamo tutti persone sfiduciate.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Conoscevo un bravo sacerdote che quando qualcuno, in occasione di una morte, gli chiedeva una frase da scolpire su una lapide o apporre su un biglietto del ricordo suggeriva sempre questa del Vangelo odierno: «Venuta la sera, Gesù disse: Passiamo all’altra riva». Molti rammentano la meditazione del Papa su questa pagina evangelica in occasione della pandemia, la 27 Marzo 2020, in una Roma e Piazza San Pietro deserte. O le parole del predecessore, Le pape Benoît XVI, ad Auschwitz:

«Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male?».

Ci sono infatti momenti nella vita de personnes, o della storia, in cui Dio sembra assente e non curante degli uomini. È quanto accade nel Vangelo di oggi, quando i discepoli, spaventati dalla tempesta, dissero a Gesù: "Maestro, ne nous soucions pas?» (Mc 4,38). Ecco il brano del Vangelo di questa domenica:

«In quel giorno, venuta la sera, Jésus dit à ses disciples: “Passiamo all’altra riva”. E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. Si destò, minacciò il vento e disse al mare: “Taci, calmer!”. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Puis il leur a dit: “Perché avete paura? Avez-vous pas de foi?”. E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?"» (Mc 4,35-41).

L’episodio evangelico si colloca al termine di una giornata che Gesù ha dedicato alla predicazione, stando seduto su una barca appena discosta dalla riva (cf.. Mc 4,1-34). Ma giunta sera decide di passare all’altra riva del mare di Galilea, uscendo dalla terra di Israele, per andare verso una regione abitata dai pagani, i gerasèni. Egli probabilmente desidera annunciare la misericordia di Dio anche alle genti, vuole combattere Satana e togliergli terreno anche in quella terra straniera e non santa. Questa è la ragione che muove Gesù. Molti commentatori hanno visto le somiglianze fra questo episodio e la vicenda di Giona: chiamato da Dio ad andare a Ninive, città simbolo delle genti pagane, fugge e fa un cammino in direzione opposta (Gion 1,1-3). Jésus, au lieu, inviato da Dio, va tra i pagani. Egli appare dunque come un Giona al contrario: non riluttante, ma missionario verso i pagani e obbediente a Dio. Dans tous les cas, Giona e Gesù sono due missionari della misericordia divina, ed entrambi la predicano a caro prezzo: scendendo nel vortice delle acque e affrontando la tempesta (Gion 2,1-11), poiché solo attraversandola si vince il male. E Gesù dirà che alla sua generazione sarà dato solo il segno di Giona (cf.. Mont 12,39-41; 16,4; Lc 11,29-32), poiché i pagani ascoltandolo si sono convertiti. Ma in Lui c’è anche «più di Giona» (Mont 12,41), anticipando così che dopo la discesa nelle acque oscure e profonde della morte sarebbe risorto per vivere per sempre.

Les disciples, alors, iniziano la traversata del lago, «prendendo con sé Gesù». Questa è un’espressione strana, perché di solito è Gesù che prende con sé i discepoli (cf.. Mc 9,2; 10,32; 14,33). Ma per quello che abbiamo detto prima è possibile che sullo sfondo ci sia anche la situazione di una comunità cristiana alla quale Marco si rivolge, forse proprio la chiesa di Roma, la piccola comunità cristiana nella capitale dell’impero, che teme la tempesta e resta frenata dalla paura, tanto da impedire a quei cristiani la missione presso i pagani. Così Marco li invita a non temere l’uscita missionaria, li sprona a conoscere le prove che li attendono come necessarie; prove e persecuzioni nelle quali Gesù, il Vivente, non dorme: « En vérité je vous dis: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà» (Mc 10, 29-30).

Così si capisce anche il sonno di Gesù. Siamo consapevoli del fatto che la sua giornata di predicazione è stata lunga e probabilmente stancante tanto che sentiva il bisogno di riposare e si assopisce. Questa intenzione è frustrata dal brusco risveglio da parte dei discepoli, poco aggraziati nella versione marciana, perché nel frattempo si era levata una tempesta che smuovendo le onde che si rovesciavano nell’imbarcazione rischiava di farli affogare. In più è sera, l’ora delle tenebre che incutono paura. E poi c’è il mare che nella Bibbia rappresenta il grande nemico, il regno dei grandi abissi (cf.. Doit 107,23-27); solo Dio lo aveva vinto quando fece uscire il suo popolo dall’Egitto (cf.. Est 14,15-31).

"Maestro, non t’importa nulla che siamo perduti?». Già questo modo di esprimersi è eloquente: lo chiamano maestro (didáskalos), con parole brusche contestano la sua inerzia e il suo dormire. Parole che nella versione di Matteo diventeranno una preghiera: "Monsieur (Kýrios) salvaci, nous sommes perdus!» (Mont 8,25); e in quella di Luca una chiamata: "Maestro, maestro (epistátes), nous sommes perdus!» (Lc 8,24).

Anche di Dio, può sembrare strano, nella Bibbia si dice che dorma: «Svegliati, perché dormi, seigneur? Destati, non ci respingere per sempre» (Doit 44,24), sono le parole del salmista, quando si trova nella sofferenza e nella prova. Anche Isaia grida al Signore «Svegliati, svegliati, rivestiti di forza, o braccio del Signore. Svegliati come nei giorni antichi, come tra le generazioni passate» (Est 51,9). Com’è possibile che Dio dorma?

C’è un detto antico dei filosofi giunto fino a noi attraverso la formulazione di Erasmo da Rotterdam: Naufragium feci, bene navigavi, ho fatto naufragio, ma ho navigato bene. Esso ci ricorda che la crisi, sotto forma di tempesta, raggiunge chiunque, qualsiasi navigatore che attraversa la vita; e può cogliere in modo inaspettato e sorprendere, a volte non c’è modo di evitarla.

Tornando per un attimo alle somiglianze ma anche alle disparità fra l’episodio evangelico e la vicenda di Giona, notiamo che al profeta titubante non importa nulla degli abitanti di Ninive. Jésus, al contrario col miracolo risponde alle accorate parole dei discepoli: «Non t’importa che moriamo?». Egli grida al mare e li salva. C’è un bellissimo commento, molto profondo, a questo episodio evangelico da parte di Sant’Atanasio: «Svegliarono la Parola, che era sulla barca con loro, e immediatamente il mare si placò» (Lettre 19.6). Con la Parola è stato creato il mondo: «Dio disse: «le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto» (Gén 1,9), e ora Gesù con la sua parola ricompone quell’equilibrio tra il mare e la terra. Egli ripete il miracolo narrato nel salmo: «Tu con potenza hai diviso il mare, hai schiacciato la testa dei draghi sulle acque» (Doit 74,13). «Svegliarono la Parola», quella che avevano udita per tutto il giorno e che adesso, nell’ora buia, sembra assopita e tacere. Ma la parola di Gesù è una potenza in atto, lo abbiamo udito nel Vangelo di domenica scorsa: «Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce». A Dio importa di noi.

La scena si chiude con l’invito di Gesù alla fede: «Perché avete paura? Avez-vous pas de foi?». Pour ceux qui croient, Il n'y a rien à craindre, parce que tout fonctionne pour le bien, si tu aimes Dieu; même les tempêtes de la vie (Rm 8,28). Seulement, la paura spesso ha il sopravvento e quando questo accade ci scopriamo tutti persone sfiduciate. Ma sul pericolo scampato prevale lo stupore e i discepoli si domandano chi è Gesù. Le parole che finora egli ha detto nel vangelo di Marco, i miracoli che ha compiuto guarendo e liberando gli indemoniati, non sono nulla di fronte a un così grande miracolo che coinvolge la natura, la creazione stessa. Bisognerà attendere, Mais, la fine del Vangelo per sapere chi è Gesù. Ma sappiamo anche ormai che Egli è il Cristo risorto e glorioso che parla a noi attraverso il Vangelo. Perché allora temere? Scriveva Sant’Agostino:

«Se in noi c’è fede, in noi c’è Cristo [...] La presenza di Cristo nel tuo cuore è legata alla fede che tu hai in lui. Questo è il significato del fatto che egli dormiva nella barca: essendo i discepoli in pericolo, ormai sul punto di naufragare, gli si avvicinarono e lo svegliarono. Cristo si levò, comandò ai venti e ai flutti, e si fece gran bonaccia. E’ quello che avviene dentro di te: mentre navighi, mentre attraversi il mare tempestoso e pericoloso di questa vita, i venti penetrano dentro di te; soffiano i venti, si levano i flutti e agitano la barca. Quali venti? Hai ricevuto un insulto e ti sei adirato; l’insulto è il vento, l’ira è il flutto; sei in pericolo perché stai per reagire, stai per rendere ingiuria per ingiuria e la barca sta per naufragare. Sveglia Cristo che dorme… Risvegliare Cristo che dorme nella barca è, alors, scuotere la fede…» (Sainte-Augustine, Commento al Vangelo di Giovanni, 49/19).

Si tratta allora di svegliare quella fede che consente di fare nostre le parole del salmista: «Il Signore è la mia luce e la mia salvezza, di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò paura?» (Doit 27,1); di non soccombere alla paura: «Nell’ora della paura io in te confido» (Doit 56,4).

«Nel pericolo ho gridato al Signore: mi ha risposto, le monsieur, e mi ha tratto in salvo. Il Signore è per me, non ho timore: che cosa potrà farmi un uomo? Il Signore è per me, è il mio aiuto, e io guarderò dall’alto i miei nemici» (Doit 118, 5-7); di non temere alcun male: «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me» (Doit 23,4).

De l'Ermitage, 23 juin 2024

 

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Grotte Saint-Ange à Ripe (Civitella del Tronto)

 

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