Fede e tatuaggi: connubio possibile? È lecito per un credente tatuarsi il corpo? Ma soprattutto: è proprio il caso di urlare “al satanismo!” dinanzi a un tatuaggio sul corpo?

— attualità ecclesiale —

FEDE E TATUAGGI: CONNUBIO POSSIBILE? È LECITO PER UN CREDENTE TATUARSI IL CORPO? MA SOPRATTUTTO: È PROPRIO IL CASO DI URLARE “AL SATANISMO!” PER UN TATUAGGIO SUL CORPO?

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Il cristianesimo cattolico conosce ben chiara teologia della corporeità che non trova parallelismi nelle altre religioni o fedi. Segnato dal sigillo battesimale, il corpo fisico è immerso nel mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù che è il vero signum sacrum che la grazia imprime nell’anima. Voler però ravvisare elementi satanici nel tatuaggio, non solo rischia di essere una esagerazione, ma un ridurre la questione ai minimi termini, o forse peggio a termini di chiusa banalità, sino a vedere il male ovunque, salvo non vederlo dove veramente è.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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PDF  articolo formato stampa

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Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

Da tempo ai Padri de L’Isola di Patmos sono giunti sia da parte di giovani sia da parte di genitori, quesiti sui tatuaggi impressi nel corpo. Si è preso cura di rispondere il nostro editorialista cappuccino, Padre Ivano Liguori, che sta lavorando a un saggio breve su questo tema che sarà pubblicato e distribuito prossimamente dalle nostre Edizioni L’Isola di Patmos. Intanto vi offriamo alcune anticipazioni.

 

 

 

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«Non vi spaventate dei tatuaggi. Gli eritrei, già molti anni fa, si facevano la croce sulla fronte».

Francesco I

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immagine del Sommo Pontefice Francesco tatuata su un braccio

Queste le parole del Santo Padre [1] in risposta alla domanda di un giovane seminarista di Leopoli, Yulian Vendzilovych, che si poneva il problema delle attuali sfide pastorali della Chiesa all’interno dell’universo e del mondo giovanile.

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Uno dei temi affrontati, in quella intervista è proprio il tatuaggio, ormai diventato lo status symbol più comune dei giovani Post-Millennials [2] che emulano così i loro beniamini del mondo dello sport e della musica, molto più di quanto si verificò per la generazione dei loro padri.

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tatuaggio su braccio: crocifissione sul Calvario sormontata da due mani che stringono una corona del rosario

Non è certamente un interrogativo banale quello sottoposto dal seminarista al Papa, tanto meno l’argomento appare superficiale come lo si potrebbe considerare a prima vista. Anzi, una tale provocazione può certamente favorire un dialogo sincero e illuminante sullo status quaestionis dello sconfinato mondo del tatuaggio e del tatuarsi.

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Non è solo il mondo giovanile che desidera tatuarsi, secondo una certa stima sarebbero circa 20 milioni le persone nel mondo a voler avere un tatuaggio [3]. Tra gli italiani — secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità [ISS [4]] aggiornati al 17 ottobre 2019 e diffusi dal sito Epicentro — il 12,8% della popolazione ha almeno un tatuaggio, percentuale che sale al 13,2% se si considerano anche gli ex-tatuati.

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Il popolo dei tatuati comprende tutte le fasce d’età: adolescenti, giovani e adulti di ambo i sessi e appartenenti ai contesti sociali e religiosi più disparati.

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San Pio da Pietrelcina tatuato su una spalla

Sebbene tale argomento sembri per certi versi di nicchia — tanto da non interessare i tabloid di moda o di costume più in voga — relegando l’intero ambito alle riviste specializzate, la vicenda non resta priva di fascino, controversie e pregiudizi, insieme a quelle frettolose analisi che risentono di generalizzazioni semplicistiche e spesso fuori luogo. Tutte cose che da un punto di vista della fede cristiana, esigono una spiegazione chiara, adeguata e soddisfacente per evitare il rischio di collocarsi come impedimento a una fede libera e liberante.

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La questione tatuaggio, posta in tali termini, può consentirci di riformulare la domanda del seminarista al Papa tanto da rievocarne una eco in quella domanda etica che il giovane ricco rivolse a Gesù [cf. Mc 10,17]: “Forse a noi futuri sacerdoti i tatuaggi possono anche non interessare. Ma visto che i nostri coetanei che frequentano la Chiesa, che sono battezzati come noi ne fanno sfoggio è d’obbligo un chiarimento: per un cristiano è buono averli?”.

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Santa Rosalia patrona di Palermo tatuata su un polpaccio

La domanda, come mi sono permesso di riformulare, è di carattere evidentemente morale e la risposta va cercata in quel bene eterno che si cela anche dentro le zone d’ombra e di fragilità umana. Luoghi intimi e arditi in cui solo Dio può operare e dove un bravo direttore spirituale può mettervi mano. Sgombriamo il campo da qualsiasi fraintendimento: non è il tatuaggio come ente in sé ad essere oggetto di contestazione ma l’opzione fondamentale che spinge a farsi queste decorazioni corporee all’interno di un discorso di fisicità umana già perfettamente armonica perché riflesso dell’opera di Dio creatore.  

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Infatti, se Isaia può parlare a nome del Signore testimoniando come Jahvè conosce così intimamente l’uomo da usare l’immagine «Sulle palme delle mie mani ti ho disegnato» [Is 49,16], sembra realizzarsi quel traguardo che individua nel corpo un luogo di scrittura in cui «la pelle è una superficie sulla quale è possibile scrivere la propria storia» [5], anche quella con Dio e che altri possono leggere.

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tatuaggio della Croce di San Benedetto da Norcia con la colomba raffigurante lo Spirito Santo

Così come è avvenuto nella vicenda di malattia della giovane Ségolène affetta da sclerosi principiata al braccio sinistro:

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«L’uomo ha bisogno di simboli, io avevo bisogno di un simbolo, di un segno fisico, visibile, di Cristo vicino a me. Quando il mio braccio non funziona correttamente, questa croce mi dà la speranza e la forza di andare avanti nella vita, malgrado tutto» [6].

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Sfido chiunque a giudicare una giovane malata per la sua scelta carica di speranza che, condivisibile o meno, ci interpella proprio in quel campo che è la testimonianza e il martirio in cui si trovano a vivere tanti uomini e donne, cristiani del nostro tempo.

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Ecco perché gli interrogativi sul tatuaggio fatto su un cristiano interrogano la scelta battesimale che è totalizzante anche di una fisicità umana già redenta. Sicché i dubbi inespressi alla domanda posta dal seminarista al Papa sono questi: il tatuaggio mi avvicina o mi allontana da Cristo? Mi avvicina o mi allontana dalla comunità ecclesiale? Questi gli interrogativi da risolvere, senza aver paura di andarne a cercare le risposte.

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immagine della passione di Cristo coronato di spine tatuato su una schiena

Sappiamo già dalla storia che i cristiani ortodossi, armeni, copti [7], eritrei praticavano il tatuaggio come segno di testimonianza di fede, di partecipazione alle sofferenze di Cristo e come certificazione di un pellegrinaggio [8] avvenuto nei luoghi santi.

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Chi sostiene che il tema del tatuaggio sia solo un retaggio di stereotipi di civiltà del passato, di ambienti criminali al limite della legalità o di un mondo religioso le cui direttrici sono rappresentate dal semplice dualismo permesso/vietato o innocenza/peccato, compirebbe una appropriazione indebita in ambito di onestà intellettuale. Il tatuaggio può essere anche tutto questo, ma certo è molto altro ancora. Questo mondo è molto vasto, tanto da non poter pretendere una lettura immediatamente univoca del problema. È necessario delimitarne gli ambiti di approfondimento, creare collegamenti, inseguire connessioni temporali, capire i simboli, gli archetipi e quella sottocultura del mondo antico che ha determinato la culla in cui è nato il tatuaggio e la sua pratica.

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Su di una cosa però conviene dare ragione a Papa Francesco: il cristiano non deve temere nulla, tanto meno il tatuaggio. Perché è Cristo che ha comandato ai suoi discepoli di non temere [cf. Mt 10,31; 10,28; 14,27; Mc 4, 40 Gv 6, 20 Att 18, 9] e la Chiesa non genera mai dal suo grembo figli pavidi e timorosi.

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tatuaggio di San Michele Arcangelo su un braccio

Il seguente studio vuole soffermarsi sulla storia e la cultura del tatuaggio così come necessaria argomentazione introduttiva, andando poi ad analizzare alcuni aspetti che riguardano la liceità morale e religiosa del segno pittorico sulla pelle alla luce del Magistero della Chiesa. Alcune tematiche particolari concluderanno lo studio, come il rapporto che esiste tra fede e tatuaggi e il dibattito, ancora aperto, tra i sacerdoti esorcisti su una certa influenza demoniaca del tatuaggio e dei suoi effetti spirituali. Le conclusioni dello studio cercheranno di unire le prospettive teologiche alle linee guida pastorali. In tal senso tendo a chiarire fin da subito qualche perplessità eventuale. Queste pagine non possono e non devono essere prese come una sorta di apologia cristiana del tatuaggio. Chi, dopo averle lette, volesse sostenere una tesi del genere sarebbe manifestamente in malafede e fuori strada.

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Da sacerdote cattolico e teologo, però, ho il dovere di indagare sul piano teologico anche su quelle questioni che si trovano oltre la linea, in quelle terre di nessuno dov’è facile perdersi o inseguire miraggi che, per quanto allettanti, restano solo e soltanto evidenze inconsistenti.

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tatuaggio sul petto con Gesù Cristo e la Beata Vergine Maria

Il cristianesimo cattolico conosce una ben chiara teologia della corporeità che non trova parallelismi nelle altre religioni o fedi. Segnato dal sigillo battesimale, il corpo fisico, è immerso nel mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù che è il vero signum sacrum che la grazia imprime nell’anima. Un sigillo identitario indelebile – sfraghis – che come appartenenza a Dio ci identifica nello Spirito Santo come figli beneamati (cf. Mc 1,11). Capire questo, già dai suoi primi sviluppi e implicazioni, aiuta il discernimento della persona che arriva anche a rinunciare al fascino di avere un segno tatuato che, per quanto bello e artisticamente valido, resta sempre transitorio e opera delle mani dell’uomo. Voler però ravvisare elementi satanici nel tatuaggio, non solo rischia di essere una esagerazione, ma un ridurre la questione ai minimi termini, o forse peggio a termini di chiusa banalità, sino a vedere il male ovunque, salvo non vederlo dove veramente è.

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Laconi, 15 settembre 2020

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NOTE

[1] Cf. https://www.agensir.it/quotidiano/2018/3/19/papa-francesco-ai-giovani-non-spaventarsi-dei-tatuaggi/

[2] Con tale etichetta ci si riferisce a quella generazione di giovani nati successivamente a quella dei Millennials (1980-1995), quindi dal 1996 in poi.

[3] Cf. Francesco Bungaro, Piercing e tatuaggi: il corpo riadattato. In Studia Bioethica – vol. 3 (2010) n°3 pp. 39-49.

[4] Cf. https://www.epicentro.iss.it/tatuaggi/aggiornamenti

[5] Cf. B. Andrieu – C. Bimbi, “Il corpo Decorato” in Mente e Cervello, 37 (gennaio 2008).

[6] https://it.aleteia.org/2019/02/28/tatuaggi-copti-wassim-razzouk/

[7] Cf. https://it.aleteia.org/2019/02/28/tatuaggi-copti-wassim-razzouk/

[8] Cf. https://www.tatuaggistyle.it/razzouk/8752

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26 commenti
  1. Iginio
    Iginio dice:

    Nei secoli passati molti pellegrini a Loreto usavano farsi fare un tatuaggio particolare di lì come prova del pellegrinaggio. Poi la cosa a fine Ottocento fu vista come una pratica incivile e mano mano venne abbandonata.
    Per quanto mi riguarda, trovo i tatuaggi orripilanti, disgustosi e inguardabili. Mi trasmettono un senso di sporcizia, disgusto, ignoranza. Sono essenzialmente l’ennesima moda, iniziata da qualcuno in qualche Paese occidentale credendo di imitare certi popoli primitivi e poi esplosa in quest’epoca di cafonaggine imperante e massificazione idiota.

  2. Antonello
    Antonello dice:

    Finalmente un articolo diverso, attuale, utile ed equilibrato. Bravo padre Ivano Liguori.
    Di certi articoli stancamente e sterilmente polemici che ultimamente sempre più spesso purtroppo albergano su questo sito, francamente vorremmo farne a meno.

  3. Luca
    Luca dice:

    Ricordo un’omelia di un sacerdote, originario della regione subsahariana, a proposito del dilangante fenomeno del tatuaggio in occidente.
    Disse a un certo punto: ”Man mano che la mia gente si convertiva a Gesù Cristo, abbandonava l’usanza di tatuarsi”. Credo che la cifra interpretativa per la nostra civiltà stia proprio in questa semplice constatazione.
    Io sono amaramente convinto che nelle nostre terre di antica cristianizzazione stia avvenendo esattamente il contrario rispetto a quanto rilevato dal sacerdote africano per le sua gente. Indebolito, o mancando del tutto, l’Annuncio, il culto di latria scivola inesorabilmente verso oggetti diversi da quelli suoi propri. Dall’Unico Creatore si va verso i beni creati, e tra questi c’è, ovviamente, anche il corpo umano. Il quale è diventato, ormai, oggetto di un’attenzione, così potente, da apparire addirittura ossessiva. E i tatuaggi non sono che uno dei modi di questa fascinazione.
    Ai miei figli ho detto: “Tatuarsi è prima di tutto un errore. Esso è l‘esito spesso esiziale di una seduzione che viene dal mondo e non da Dio. È un’aggressione al corpo che segue un dettame che non viene dalla retta coscienza.“ Dopodiché, come sempre faccio quando cerchiamo di discernere, alla luce della fede, i nostri dubbi, li ho invitati a stare ciascuno, da solo per un po’, presso Gesù sulla croce. E nel silenzio del Suo abbandono, di fronte a Lui straziato nel Suo Corpo Santissimo, chiedersi se tatuarsi avrebbe veramente un qualche senso. La risposta è adesso nei loro cuori di adolescenti che camminano tra tante difficoltà nella fede.

    • Maria
      Maria dice:

      Nessuno poi parla dei costi di questa attenzione smodata al proprio corpo. Buttano via un sacco di soldi per scopi estetici, e i poveri non si rassegnano. Ho aiutato un adolescente straniero che fin da bambino ha chiesto l’elemosina per la sua numerosa famiglia. Ebbene una volta che gli ho dato un po’ di più è andato a farsi fare un tatuaggio sul collo. È piccolo, si giustificava tutto contento, è piccolo e non ho speso tanto.
      Le usanze, negative o dubbie, colpiscono sempre i più fragili e i più poveri che non amano sentirsi emarginati.
      Dove c’è un bravo papà, come Luca, c’è da ringraziare Dio.

      • Luca
        Luca dice:

        Grazie Maria per le tue parole. Francamente non credo di essere un bravo padre. Questo potremo saperlo solo alla fine. Posso solo affermare questo che oggi, il nostro dovere di genitori cattolici è lottare insieme con i nostri figli (qualche volta contro!). E alla fine del giorno, ritrovarsi per cena, ringraziare il Signore, e dire con Paolo:” Abbiamo combattuto la nostra battaglia, abbiamo terminato la corsa, abbiamo conservato la fede”.

  4. Padre Ariel
    da parte di Maria Assunta dice:

    Rev. Padre Ivano,

    nel 2003 mi fu diagnosticato un tumore al polmone destro e mi fu detto che era inoperabile per la posizione particolare e per altre problematiche non necessarie a spiegarsi perché altro conta …
    Sono stata sempre devota alla Madonna di Lourdes ma per una ragione o per l’altra non sono mai potuto andare, avrei voluto farlo in occasione della malattia ma i medici me lo sconsigliarono.
    Decisi di farmi tatuare una immagine della Madonna di Lourdes sulla parte destra del torace.
    Nel 2004 il tumore è scomparso.
    Nel 2005 il vescovo della mia città che era venuto a conoscenza del caso per tramite del cappellano dell’ospedale volle parlarmi e pochi mesi dopo tutte le cartelle cliniche furono presentate alla commissione che studia i miracoli al santuario di Lourdes.
    Nel 2008 fui riconosciuta miracolata dalla Madonna.
    Oggi ho 82 anni e tutti gli anni vado in pellegrinaggio a Lourdes, ho saltato solo lo scorso anno per causa del coronavirus.
    Mi scusi se non scrivo bene Rev. Padre ma credo di avere detto quel che dovevo dire.

    Maria Assunta

  5. Padre Ariel
    Italo Benati - FB dice:

    In Giacchetta Bianca, Melville accenna ai tatuaggi, e nota che i cattolici dell’equipaggio si facevano tatuare croci sui quattro arti colla finalità, se rinvenuti morti su coste di paesi cattolici, di assicurarsi sepoltura in terra consacrata, mentre i protestanti lo facevano dicendosi certissimo che in quel modo, se caduti in acqua, non sarebbero stati attaccati da squali…

  6. Padre Ariel
    Rita Anzani - FB dice:

    Grazie per questo chiarimento riguardo ai tatuaggi… Premetto non mi piacciono e su di me non ne farei mai… ma non li ho mai demonizzati… pur essendo molto credente… In molti ambiti della chiesa (e non solo da parte di chi frequenta Medjugorie… Luogo a me molto caro… ) ho sentito dire che il tatuaggio è un un segno che avvicina al satanismo. Credo, però, è ne sono convinta che facendo un discorso etico le persone che hanno causato tanti mali nell’unità sono quelle in giacca, camicia e cravatta e non chi magari si è tatuato un’immagine sul corpo per ricordare un momento felice della propria vita.

  7. Padre Ariel
    Ettore Dragani - FB dice:

    Premesdo che “laicamente” ritengo il tatuaggio di pessimo gusto estetico, Il divieto del deuteronomio è stato applicato estensivamente ai tatuaggi, ma si riferisce piuttosto alle pratiche di culto cananee in cui i sacerdoti di Baal si laceravano le carni con lance e spade, descritte anche nell’episodio della “disfida” con il profeta Elia sul Monte Carmelo; detto questo, il più antico tatoo shop del mondo si trova a Gerusalemme: dai tempi delle crociate, qui si facevano tatuaggi a crociati e pellegrini sia come ricordi del pellegrinaggio, sia perchè in caso di morte inprovvisa da soli potevano essere riconosciuti come cristiani e quindi avere sepoltura ecclesiastica; anche in Italia vi era l’uso del tatuaggio religioso, come ricordo del pellegrinaggio a Loreto, dove vi erano frati tatuatori detti “frati marcatori”. Per cui il tatuaggio non deve essere considerato vietato dal punto di vista religioso, ma solo a seconda dei soggetti: per esempio tatuaggi con soggetti blasfemi, satanici o osceni sono certamente peccato, soggetti “neutri” o addirittura sacri, per quanto discutibili dal punto di vista del buon gusto estetico, non sono però peccaminosi.

  8. Antonio Bonifacio
    Antonio Bonifacio dice:

    Sig Gingo mi permetta …
    Oltre agli esempi portati da relatore dell’articolo può leggersi il bel testo di Nuccio d’Anna “Il cristianesimo celtico I pellegrini della luce” e vedrà che l’arte di tatuarsi esercita da PARTE DI MONACI – EREMITI, ha avuto, in quella specifica linea spirituale, non un valore meramente esornativo ma operativo Una sorta di lorica corporale.

    Si tratta quindi di una vera e propria preghiera condotta con il corpo e sul corpo di cui l’autore del testo potrà illustrale le finalità molto meglio di quanto possa fare io, semplice lettore, che tra l’altro scrivo un po’ a memoria avendo letto il libro molto tempo fa.

    • Luca
      Luca dice:

      Ogni epoca ha la sua complessa rete di segni e di significati.
      Non dimentichiamo però che, in un tempo più recente, i nazisti tatuavano i nostri fratelli nel campo di sterminio di Auschwitz.
      Anche questo dovrebbe fornirci uno spunto di riflessione.

  9. Padre Ariel
    Gingo dice:

    Ma dove siamo arrivati? Un prete fuori di testa (certo padre Ariel) che parla di “morale chiusa dentro un preservativo” e un francescano … (dico francescano!) che “benedice il tatuaggio” indicato dal padre Amorth come simbolo demoniaco … avete altro in programma?

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Si, abbiamo in programma di seguitare a fare i sacerdoti a tutti i costi, che costi pure quel che costi in prezzi e anche in gratuite offese pubbliche, pur di recuperare alla fede e alla ragione gli idioti come lei, che sono comunque creature amate dal Signore, quindi anche da noi.
      Si legga la enciclica Fides et Ratio del Santo Pontefice Giovanni Paolo II, anziché andare ad abbeverarsi di blog in blog dove si parla di scemenze satatiche, perché il Demonio è una persona seria, molto seria, purtroppo!

      http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_14091998_fides-et-ratio.html

      P.S. etimologia di “idiota”

      «idiòta (ant. idiòto) aggettivo e sostantivo maschile e femminile [dal latino idiota, dal greco ἰδιώτης […] – S’intende per idiota un uomo semplice; una persona rozza e priva d’istruzione»

    • Padre Ariel
      don Ciro (Napoli) dice:

      Sig. Gingo,

      io mi sono fatto tatuare l’effige di san Gennaro sulla chiappa destra poi sono andato dal mio arcivescovo e gliel’ho mostrata a prova della mia devozione.
      Lui ha approvato, mi ha chiesto soltanto di non esibirla ai fedeli nella chiesa cattedrale nel giorno in cui si rinnova il prodigio della liquefazione del sangue.
      Pensa che anch’io sia demoniaco?

        • Padre Ariel
          Don Ciro (Napoli) dice:

          Prendere dello “scemo” da un prete che è finito su tutti i giornali italiani per avere preso a botte e fatto finire in ospedale un suo confratello di 70 anni, oserei dire che è quasi un onore.

          https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/03/botte-tra-preti-in-seminario-ad-albenga-ha-rubato-i-soldi-della-cassa-no-mi-vuole-cacciare-dal-mio-alloggio/2692930/

          Ah, complimenti al vescovo che ti ha nominato preside dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose, la Chiesa italiana vola sempre più alto!

          https://trucioli.it/2019/07/16/don-ettore-barbieri-nuovo-direttore-issr-della-diocesi-di-albenga-imperia-e-vice-in-liguria-prende-il-posto-del-canonico-corini/

          • DON ETTORE BARBIERI
            DON ETTORE BARBIERI dice:

            Ma che bravo che sei! Hai fatto le tue ricerchine su internet, vero? Eh sì, perché io ci metto nome e cognome, tu, invece, ti firmi don Ciro, che a Napoli e in Campania è come dire Brambilla a Milano o Parodi a Genova. Bene, caro don Ciro, se tu avessi letto, in passato, un articolo del tuo amato Don Ariel, sapresti a quali tensioni siamo stati sottoposti per anni nella Diocesi di Albenga a causa delle scelte scellerate di un certo Mons. Oliveri e capiresti perché uno, dopo vent’anni di Messa, e dopo aver sputato sangue da quando è stato ordinato può arrivare al gesto estremo di alzare le mani sul povero confratello di 70 anni, che probabilmente sarebbe stato meglio nelle patrie galere.
            Quanto alla nomina a direttore dell’Istituto di Scienze religiose, puoi star certo che né l’ho cercata né mi piace esercitarla; in ogni caso, per tua conoscenza, ho una licenza in Filosofia, ho insegnato nel nostro Seminario per 13 anni, e anche, nel passato, cinque o sei anni all’Istituto.
            Di fronte ad un commento così stupido e volgare come quello da te postato sono sbottato, ma so bene che in questo sito la carità sacerdotale è molto selettiva e il coraggio anche. Auguri per il tuo ministero.

          • Padre Ariel
            Ariel S. Levi di Gualdo dice:

            Caro Confratello,

            la risposta di Don Ciro è stata pubblicata perché a tutti, come avrai notato, diamo diritto di parola e di replica.
            La redazione approva tutti i commenti in sé come pubblicabili senza di necessità sposarne i contenuti.
            Don Ciro è un ottimo sacerdote con una vena di ironia tutta quanta partenopea, se tu lo conoscessi di persona sono certo ti piacerebbe soprattutto per la sua intelligenza e preparazione.
            Per quanto riguarda la Diocesi di Albenga, confermo ciò che tu dici: anni addietro ha attraversato un periodo terribile con ripercussioni che hanno ferita l’intera Chiesa italiana, te compreso che fai parte di quel presbiterio.

            Ti auguro ogni bene e grazia dal Signore per il tuo sacro ministero.

        • Maria
          Maria dice:

          Nel Cantico de cantici si legge “Mettimi come sigillo sul tuo cuore…”
          Don Ciro può cantare ” T’ho messo come sigillo sul mio cu..”
          Povero san Gennaro!

      • Luca
        Luca dice:

        Il cardinale benedicente il deretano tatuato di un suo presbitero.
        Peccato non ci fosse un Michelangelo Merisi ad immortalare la scena con i suoi mirabili chiaroscuri!

  10. Padre Ariel
    doncla2011 dice:

    era l’ora!
    Quasi non ne potevo più delle persone che abbinano tatuaggi e tatuati al satanismo.
    Certo, io non mi farei mai certe tappezzerie, ma neppure una piccola farfallina, vedere però il demonio in ogni dove meno che dove veramente è e dove davvero lavora mi pare a dire poco eccessivo.

    don Claudio – Monza

    • Padre Ariel
      Don Francesco Messina dice:

      Anch’io terrò molto conto di questo articolo illuminante nel rispondere ai giovani su questo tema.
      Grazie Padre Ivano.

  11. Padre Ariel
    Don Mirco (Milano) dice:

    Padre Ivano, francescana pace e bene!
    Articolo molto illuminante e soprattutto tanto equilibrato.
    Già stasera lo userò nell’incontro di catechesi con i giovani dell’oratorio.
    Tante grazie e buon lavoro a tutti voi dell’Isola di Patmos.

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