If one is not born from above, he cannot see the Kingdom of God

Homiletics of the Fathers of The Island of Patmos

SE UNO NON NASCE DALL’ALTO, NON PUÒ VEDERE IL REGNO DI DIO

La morale giovannea è una morale della verità: «Instead, he who does the truth comes towards the light, so that it appears clearly that his works were done in God ". In the growing awareness that "without me you can do nothing", le conseguenze dell’essere cristiano, anche a livello morale, vengono collegate in Giovanni al tema del rimanere. Il rimanere con Gesù implica come dovere a livello di coerenza, ma prima e innanzitutto come conseguenza a livello dell’essere, vivere come Gesù: «Chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato».

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Poiché il Vangelo di Marco è più breve degli altri, alcuni brani del Vangelo di Giovanni concorrono a coprire tutte le domeniche dell’anno liturgico, especially during Lent. Sono testi che aiutano a comprendere quel mistero pasquale che si celebrerà in particolare nei giorni del «Triduo». Essi anticipano temi importanti, come quello dell’innalzamento del «Figlio dell’uomo» a cui accenna il seguente brano evangelico che si proclama nella quarta domenica di Quaresima.

Henry Ossawa Tanner: Gesù e Nicodemo, oil on canvas, 1899, Pennsylvania Academy of the Fine Arts (USA)

"During that time, Gesù disse a Nicodèmo: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, so the Son of man must be raised up, so that everyone who believes in him may have eternal life. In fact, God so loved the world that he gave the only Son so that whoever believes in him would not be lost, but have eternal life. It gave, indeed, did not send the Son into the world to condemn the world, but for the world to be saved through him. Whoever believes in him is not condemned; but those who do not believe have already been sentenced, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: the light has come into the world, but men loved darkness more than light, because their works were evil. Anyone in fact does evil, He hates the light, and it does not come to light so that its works are not reproved. Instead, whoever does the truth comes towards the light, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”» (GV 3,14-21)

Nei Sinottici, Gesù predice che dovrà soffrire molto; annuncia che «sarà schernito, flagellato e crocifisso» (Mt 20,19) e che il terzo giorno risorgerà. Giovanni, instead, annunciando la passione di Gesù la presenta come una «esaltazione». Lo fa nei capitoli 3 (vv. 14-15), 8 (v. 28) e 12 (v. 32). L’ultimo è il brano più esplicito: «Quando io sarò innalzato [exaltatus] da terra attirerò tutti a me». Nel versetto precedente Gesù aveva detto: «Ora è il giudizio di questo mondo, ora il principe di questo mondo [Satan] sarà cacciato fuori». Jesus, innalzato da terra, prenderà il suo posto, divenendo re e attirando tutti a sé. Ma l’esaltazione di Gesù non avverrà in Paradiso, bensì sulla croce. Molti hanno interpretato, indeed, l’innalzamento di Gesù come un anticipo giovanneo della sua Ascensione, mentre qui si fa invece esplicito riferimento alla morte del Signore. Tutto questo potrebbe apparire sconcertante perché nel nostro brano, The Other Brother, siamo all’inizio del Vangelo e non alla fine, eppure Gesù già parla della sua morte. Del resto anche nel prologo avevamo letto che: «I suoi non l’anno accolto» (GV 1,11). E non dimentichiamo che questa è anche la Domenica «In Laetare» come proclama l’antifona d’ingresso della liturgia eucaristica. Dove trovare dunque i motivi per rallegrarsi? Evidentemente in questa verticalità evangelica che da vertigini.

Il primo ad essere sconcertato è Nicodemo, l’interlocutore di Gesù, al quale viene chiesta una rinascita dall’alto (desuper), cioè dallo Spirito effuso dall’alto. La reazione stupìta di Nicodemo ― «Come può accadere questo?» ― incontra una risposta da parte di Gesù che sconcerta anche noi:

«Se non credete quando vi ho parlato di cose della terra, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?» (GV 3,12).

Stando al contesto le cose terrestri consistono proprio nella dinamica di rinascita spirituale che deve avvenire in vita, here on Earth, nell’umanità della persona che, grazie alla fede, si apre all’azione dello Spirito. Mentre le cose celesti sono il paradosso di un innalzamento che coincide con una condanna a morte e una crocifissione che, secondo Giovanni, è esaltazione e glorificazione. Ritroviamo l’eco delle parole del profeta Isaia: «Chi crederà alla nostra rivelazione(53,1); le quali seguono l’annuncio che il «servo del Signore sarà innalzato» (Is 52,13). Il verbo greco, in versione della Settanta (LXX), ypsóo, sarà usato anche da Giovanni nel nostro testo per indicare l’innalzamento del Figlio dell’uomo. Così al cuore della fede cristiana vi è qualcosa di sorprendente specificato subito dopo: l’innalzamento del Figlio dell’uomo è l’evento che adempie e realizza in pienezza il dono che il Padre ha fatto all’umanità: il dono del Figlio. L’innalzamento sulla croce che sembra apparire come il punto più infimo della vita di Gesù, per lo sguardo di fede è il momento nel quale si nasce dall’alto, come veniva chiesto a Nicodemo: "In truth, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio»; grazie al dono dello Spirito che il crocifisso effonde. È qui il motivo per rallegrarci, poiché se «nessuno mai è salito al cielo se non colui che è disceso dal cielo» (GV 3,13), l’evento che potremmo leggere come il più basso della vita di Gesù, la sua croce, diviene secondo Giovanni il momento più alto per lui e per noi: occasione di un dono che palesa tutto l’amore di Dio. Un amore che, as such, non intende minimamente condannare, ma solo salvare. Un amore gratuito e incondizionato che si può diffondere e può manifestare le sue energie in chi vi fa spazio accogliendolo in sé attraverso la fede: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito». Un dono che è verticale e asimmetrico perché non cerca reciprocità: «As the Father loved me, così io ho amato voi. Rimanete nel mio amore» (GV 15,9); «Come io ho amato voi, così voi amatevi gli uni gli altri» (GV 13,34).

Qui dobbiamo insistere sull’assoluta novità di una affermazione. Nelle altre religioni si parla per esempio della profondità del mistero di Dio, della sua grandezza, della sua eternità, della sua giustizia, etc.. Ma solo il cristianesi­mo ci insegna:

«For God loved the world so much that he gave his only begotten Son, perché chiunque crede in lui […] abbia la vita eterna» (GV 3, 16).

Una tale rivelazione trasforma la morale cristiana. Gesù ci ha lasciato un solo comandamento, che è un comandamento nuovo, quello di amarci gli uni gli altri, come lui ha amato noi (GV 13, 34). Solo così si spiega il fatto, a prima vista paradossale, che tutta la morale giovannea è praticamente una morale della verità. Si compendia in due pre­cetti fondamentali: la fede che ci apre al Mistero e l’amore che ci fa vivere nel mistero della rivelazione. Per converso Giovanni sembra conoscere, nella sua essenzialità e semplicità ricchissime, solo due peccati: il rifiuto della fede in Gesù e l’odio del fratello.

Così la morale giovannea è una morale della verità: «Instead, he who does the truth comes towards the light, so that it appears clearly that his works were done in God ". In the growing awareness that "without me you can do nothing", le conseguenze dell’essere cristiano, anche a livello morale, vengono collegate in Giovanni al tema del rimanere. Il rimanere con Gesù implica come dovere a livello di coerenza, ma prima e innanzitutto come conseguenza a livello dell’essere, vivere come Gesù: «Chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato» (1 GV 2,6). «Chiunque rimane in Lui non pecca; chiunque pecca non lo ha visto né l’ha conosciuto» (1GV 3,6). Se il cristiano, like John, rimane stupito a guardarlo, anzi se veramente rimane in Lui, allora non pecca più. In quanto chi rimane in quello stupore e in quella grazia non può peccare. È bellissimo, nella sua sinteticità, il commento di Agostino a questo versetto: «In quantum in ipso manet, in tantum non peccat». Una percezione comune soprattutto tra i padri della Chiesa orientale. Anche Ecumenio, un teologo della tradizione antiochena di Crisostomo, nel suo commento alla Prima lettera di Giovanni, writes:

«Quando colui che è nato da Dio si è completamente dato a Cristo che abita in lui mediante la filiazione, egli resta fuori della portata del peccato».

Diventiamo impeccabili in quanto ci abbandoniamo totalmente a Gesù Cristo, in quanto rimaniamo in Lui.

Per concludere e riassumere, se mai fosse possibile, temi di così grande densità teologica ricavabili dal brano evangelico di questa domenica, riporto un brano della costituzione dogmatica The light:

«Cristo, indeed, innalzato da terra, attirò tutti a sé; risorto dai morti, inviò sui discepoli il suo Spirito vivificante e per mezzo di lui costituì il suo corpo, the church, quale universale sacramento di salvezza; assiso alla destra del Padre, opera incessantemente nel mondo per condurre gli uomini alla Chiesa e per mezzo di essa unirli più intimamente a sé e renderli partecipi della sua vita gloriosa nutrendoli con il suo corpo e il suo sangue».

From the Hermitage, 10 March 2024

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Sant'Angelo Cave in Ripe (Civitella del Tronto)

 

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Journey into the night with Nicodemus

Homiletic of the Fathers of The Island of Patmos

VIAGGIO NELLA NOTTE CON NICODEMO

"It gave, indeed, did not send the Son into the world to condemn the world, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui»

Author:
Gabriele Giordano M. Scardocci, o.p.

 

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Dear brothers and sisters,

nelle nostre vite abbiamo avuto momenti di grande notte e tenebra esistenziale e spirituale. In quei momenti il Signore ci è stato vicino con la sua Luce, anche se forse all’inizio non ce ne siamo accorti. In questo cammino di Quaresima possiamo ripensare a quei momenti e scoprire il senso della speranza come carità teologale. Nicodemo stesso era andato da Gesù di notte. I due hanno un lungo scambio di cui oggi effettivamente è riportata solo una parte. La sezione più importante:

Cristo e Nicodemo, opera di Pieter Crijnse Volmarijn, XVII sec.

"During that time, Gesù disse a Nicodèmo: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, so the Son of man must be raised up, so that everyone who believes in him may have eternal life. In fact, God so loved the world that he gave the only Son so that whoever believes in him would not be lost, but have eternal life. It gave, indeed, did not send the Son into the world to condemn the world, but for the world to be saved through him. Whoever believes in him is not condemned; but those who do not believe have already been sentenced, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: the light has come into the world, but men loved darkness more than light, because their works were evil. Anyone in fact does evil, He hates the light, and it does not come to light so that its works are not reproved. Instead, whoever does the truth comes towards the light, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”» (GV 3, 14-21).

Inizialmente Gesù fa riferimento al serpente nel deserto innalzato da Mosè (14-15), sostenendo con gran forza che Lui è il nuovo innalzato che donerà la vita eterna. Effectively, il richiamo al serpente non era nuovo per Nicodemo. For here, Jesus, fa riferimento all’episodio in cui Mosè aveva preso un serpente e postolo su di un’asta liberava dalla morte gli ebrei avvelenati (cf.. Nm 21,8 ss).

Ecco allora che Gesù è il Nuovo Innalzato: colui che se accolto con fede e amore libera da tutti i veleni della nostra vita. I peccati, i vizi e le fragilità. Accogliere la vita vera ed autentica è scoprire tutte le proprie potenzialità, i doni di Dio e offrirli nella carità al prossimo. Occorre dunque purificare lo sguardo della nostra fede per cercare di incontrare Gesù innalzato anche nei momenti di difficoltà e sofferenza. Anche quel momento, se vissuto con fede dona momenti di crescita: si entra nella vita nuova quando si è innalzati sulla propria croce in Lui, nei momenti cruciali of life.

Questo fiorire nella vita nuova in Cristo spalanca la speranza per un mondo migliore già adesso, che costruisce il Bene Comune nella Carità, e anche la speranza escatologica. La speranza cioè di essere redenti e un giorno di andare in Paradiso. Gesù stesso lo promette a Nicodemo:

"It gave, indeed, did not send the Son into the world to condemn the world, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

La salvezza che Gesù ci offre avviene proprio sulla croce, in which, con un’opera supererogatoria ci ha riscattato dal dominio del peccato e del demonio; noi abbiamo attinto a questa salvezza direttamente nel nostro battesimo e l’abbiamo rinvigorita nella cresima.

In this time of Lent possiamo rinvigorire la fede e la speranza della vita eterna, sempre con degli atti di carità, ma anche con uno sguardo di speranza e di bene sulla storia che viviamo. Indeed, la micro-storia personale che viviamo nella nostra quotidianità è un grande dono di grazia: Dio ci ha donato vita, libertà e vocazione personale, therefore, le nostre scelte personali influiscono nella costruzione del nostro quotidiano. Il nostro quotidiano se vissuto con fede e carità ci permette di sperare di costruire una macro-storia del mondo in cui viviamo, che spalanca la strada della speranza per la vita eterna. So, nel nostro piccolo percorso quotidiano amiamo, crediamo e operiamo nel Bene al contempo fondiamo la speranza di una vita che sarà eternamente bella perché al cospetto di Dio. La vita eterna che sarà inaugurata dalla mattina di Pasqua in cui con Cristo saremo chiamati a nascere per non morire mai più.

La Quaresima ci purifica per imparare a sperare nell’Eterno e non più solo sulle realtà temporanee. Chiediamo al Signore di crescere sempre più nella speranza e generare sempre più un cuore effuso dal suo Santo Spirito e dall’amore mariano.

Amen!

Santa Maria Novella in Florence, 10 March 2024

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