Dubbi circa la legittima validità delle ordinazioni sacerdotali degli omosessuali

– Theologica –

DUBBI CIRCA LA LEGITTIMA VALIDITÀ DELLE ORDINAZIONI SACERDOTALI DEGLI OMOSESSUALI

Non ci si può mettere in pace la coscienza limitandosi a pubblici e severi proclami, quando nei fatti i preti gay aumentano in proporzione alla presenza di vescovi che ragionano con una psicologia omosessuale latente. O per dirla cruda: alcuni seminaristi che tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta capeggiavano all’interno dei seminari la pia confraternita gay, oggi sono vescovi, ed appena divenuti tali, per prima cosa si sono circondati di soggetti affini, piazzati sempre e di rigore in tutti i posti chiave delle diocesi, seminari inclusi. E questi soggetti, che si proteggono e si riproducono tra di loro, hanno finito col creare una potente lobby di potere all’interno della Chiesa. Il quesito che oggi si pone riguarda quindi la validità delle sacre ordinazioni di soggetti nei quali appaiono sempre più assenti i requisiti minimi richiesti per la validità del Sacramento dell’Ordine, a partire dalla fede e dalla corretta percezione del sacerdozio cattolico.

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

.

.

.

PDF articolo formato stampa

.

.

I Padri dell’Isola di Patmos hanno deciso di offrire ai lettori, nella sezione Theologica di questa rivista telematica, due brevi saggi su un tema complesso e delicato sul piano teologico e giuridico: circa la effettiva validità delle ordinazioni sacerdotali di soggetti privi della corretta percezione del sacerdozio cattolico [cf. Giovanni Cavalcoli, OP vedere articolo QUI]; e circa la effettiva validità delle ordinazioni sacerdotali di candidati ai sacri ordini con tendenze omosessuali strutturalmente radicate [cf. Ariel S. Levi di Gualdo, articolo che segue sotto].

.

.

Per leggere l’articolo cliccare sotto:

07.07.2016  Ariel S. Levi di Gualdo   —   DUBBI CIRCA LA VALIDITÀ DELLE ORDINAZIONI SACERDOTALI DEGLI OMOSESSUALI

.

.

.

.

.





.

.

.

.

.

.

37 commenti
  1. Arcangelo dice:

    Volevo complimentarmi con Padre Ariel per il suo coraggio e la sua determinazione nel condannare questo problema che ormai è palese a tutti. I colpevoli, ormai, non si curano nemmeno di dissimulare la loro tendenza, e il far finta di nulla da parte di chi potrebbe fare qualcosa è vergognoso! C’è un elefante nella stanza (tipica espressione britannica che trovo appropriata) e si fa finta di non vederlo. Non ha idea, caro Padre Ariel, di quante “monsignorine” ci siano nell’ Arcidiocesi in cui vivo, coperte prima da un Vescovo che era praticamente una prima donna e poi da uno la cui inettitudine al governo fa sì che costoro proseguano le loro attività indisturbati. Ma io mi chiedo come ci si può lamentare del calo delle vocazioni, quando, praticamente, si costringono gli aspiranti al sacerdozio a vivere in un gay village clericale, per poi farli entrare in un presbiterio di iper-rahneriani e monsignorine? Naturalmente non mancano le lodevoli eccezioni e i preti santi, anche se sono una minoranza che si conta sulla punta delle dita…
    Perdoni il mio lungo sfogo.

  2. non metuens verbum dice:

    Solamente una nota di erudizione: l’accennata sopra leggenda della Papessa Giovanna e della sedia forata per la tastatina di controllo, sono state mirabilmente spiegate da Cesare D’Onofrio in “Una Donna sul Trono di Pietro”, in cui viene dimostrato che la vera radice (sulla quale protestanti e libertini intesserono perversi cachinni) è invece gloriosamente e teologicamente Cattolica, vanto e non vergogna per Santa Madre Chiesa e per i suoi apostolici Pastori.

    E una nota sociologica: diventerà ogni giorno più difficile per la Chiesa difendere le proprie leggi che richiedono di essere inequivocabilmente uomini (ordinato in sacris, religioso, sposo) o donne (sposa, religiosa), sia perché troppi da dentro non ci credono più e vogliono demolirle, sia perché la legislazione “civile” orientata al gender sarà sempre più intrusiva e totalitaria. Dopo averci derisi per la falsa Papessa Giovanna, pretenderanno di imporci una Papessa Jessica.

  3. Dimitri dice:

    Articolo illuminante.

    Per chi fosse interessato a dare uno sguardo alla situazione dei seminari in America, consiglio la lettura di ” Goodbye, Good Men ” di Michael S. Rose: resoconti e racconti di vite nei seminari negli anni 80 e 90.
    Tra gli argomenti quelli che in queste pagine i padri dell’Isola di Patmos ci fanno leggere:

    substrato gay tra i seminaristi, chi non lo era era fortemente spinto ad approvare ed elogiare il comportamento sodomita e dei seminaristi e dei superiori;
    odio verso gli insegnamenti della Chiesa, soprattutto in riferimento a: presenza reale di Gesù nell’Eucaristia, reputata obsoleta;
    concezione del sacerdozio cattolico, suore (!) a capo del gruppo di discernimento vocazionale dei seminaristi che volevano essere pretesse;
    morale e insegnamenti sulla sessualità.

    Inutile dire che molti venivano scartati e mandati dallo psicologo solo per essere normali (troppo eterosessuali) e ortodossi. Le diocesi dove si trovavano questi seminari avevano e hanno pochissimi preti, invece i vescovi ortodossi mandavano i loro seminaristi in determinati seminari (ovviamente ortodossi) e avevano molte vocazioni. Un capitolo parla pure del buon operato di vescovi che hanno saputo ribaltare la situazione.

    Un capitolo parla pure del buon operato di vescovi che hanno saputo ribaltare situazioni disastrose: volere è potere.
    Per chi fosse interessato può scaricarlo da qui.

  4. Sfinge dice:

    Molto Rev. Padre Ariel,
    sono nella schiera di coloro che leggono con attenzione gli articoli che, insieme all’ insigne domenicano Cavalcoli, scrivete puntualmente nel sito, e devo dire mi ritrovo spesso nel modo “garibaldino” (nel senso buono del termine!) che lei usa nelle sue argomentazioni. Intervengo solo per attestarle la mia stima e il mio ringraziamento, perchè nella situazione attuale è necessario e urgente che qualcuno approfondisca, puntualizzi e precisi quello che dice il Vangelo, la Parola di Dio e il Magistero della Chiesa, per non rimanere ulteriormente disorientati. Riferendomi all’ intervento di “Fuori dal coro”, mi sembra che l’autore sintetizzi bene l’opinione che in molti hanno dopo la lettura di “Amoris Laetitia” e non solo, quella del Diritto (ai sacramenti, alla misericordia, alle unioni omosessuali…),senza pensare minimamente che tutto quello che ruota intorno alla vita sacramentale è legato soprattutto al Dono (di Grazia) e alla conversione. Forse apparirò polemico, ma ho dei forti dubbi anche per quello che riguarda l’ interpretazione di Misericordia: se essa viene slegata dalla Verità e dalla Giustizia, secondo me rimane solo il buonismo, che non è propriamente una caratteristica positiva!

  5. Padre Ariel
    Ariel S. Levi di Gualdo dice:

    Caro Lettore.

    Io vorrei prenderla davvero sul serio e altrettanto seriamente risponderle, provo quindi a farlo applicando la sua stessa logica:

    … e il sottoscritto, allo stesso modo, in quanto «essere umano», ha il diritto di mettersi in testa una parrucca biondo platino, indossare tacchi a spillo da 15 cm. un costume aderente e presentarsi alla finalissima di Miss Italia.

    Lei è libero di commentare articoli che dichiara di non avere neppure letto sino a metà, ma io ho l’obbligo morale e pastorale di ricordarle che anzitutto, come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, il sacerdozio non è affatto un diritto, ma un dono di grazia del tutto immeritato, mentre la carità cristiana e la misericordia – secondo la Rivelazione e il deposito della fede cattolica – significano l’esatto contrario di ciò che lei afferma.

    Per quanto riguarda i gusti sessuali, su di essi io non discuto, purché un aspirante alla finalissima di Miss Italia, semmai fosse respinto, non cerchi di avere la propria rivalsa e il proprio riscatto diventando prete.

    • minstrel dice:

      Ottima risposta carissimo Don Ariel.
      L’unico mio timore è che quel che tu utilizzi come esempio assurdo a breve tanto assurdo non appaia. Dopo le olimpiadi nelle quali è saltata la differenza maschi/femmine (chissà come mai finora è solo successo che ex signori -diciamo- hanno preteso di gareggiare con le donne e non il contrario), arriveranno anche i concorsi di bellezza.
      Bellezza… ma se manco più sappiamo darne una definizione filosofica, che ne vogliamo sapere.
      E la chiamano “post modernità”.
      Detto questo grazie ancora ai due padri per questi articoli che mi hanno fatto scoprire una situazione imbarazzante e scandalosa della nostra Madre Chiesa. Mi sento profondamente offeso, ferito, da tutto questo. Mi passerà…
      Un abbraccio e una preghiera.

  6. Padre Ariel
    fuoridalcoro dice:

    Non capisco la lunga e cervellotica confabulazione di questo articolo che ho cessato di leggere nemmeno a metà. Ogni essere umano ha il diritto a diventare prete se vuole, al di là di quelli che possono essere i suoi gusti sessuali, se misericordia e carità cristiana significano sempre qualche cosa …

  7. Unum dice:

    Guardi don Ariel, il tema è complesso. Una persona omosessuale non è automaticamente una cattiva persona, inoltre bisogna vedere come vive la propria omosessualità, se conformemente al vangelo e al catechismo, quindi come una particolare condizione vissuta nella castità e trasformata in una croce e in un sacrificio da offrire a Dio per la propria salvezza. Per quanto mi riguarda ci possono anche essere omosessuali in odore di santità e santi omosessuali, se la loro vita è stata improntata esclusivamente all’imitazione di Cristo. Così tra i tantissimi sacerdoti cattolici omosessuali, perché occorre dire che ce ne sono veramente tanti, ci possono essere bravi e santi sacerdoti che hanno sacrificato la propria sessualità per servire Cristo e la Chiesa. Nulla toglie che ci siano anche i cattivi sacerdoti omosessuali, quelli che vivono una doppia vita e non riescono a rimarginare quella ferita che si portano dentro. Io sono un tradizionalista e frequento ambienti tradizionalisti e mi creda, ne ho visti di sacerdoti tradizionalisti con tendenze omosessuali, non solo per impressione personale, ma con prove inequivocabili, e tra questi solo quattro o cinque posso definirli cattivi preti.

    Ciò che voglio dire è che ormai il dado è tratto. Il clero cattolico è per buona parte composto da omosessuali latenti, omosessuali consapevoli, eterosessuali confusi, tuttavia cosa dobbiamo fare? Espellere 1/3 del clero in massa? Occorre invece, secondo il mio modesto e fallace pensiero, discernere caso per caso, vedere come è vissuta l’omosessualità dal singolo prete, se conformemente alla Parola e alla dottrina, e “giudicare” la persona in base alle opere. Se un sacerdote spende la propria vita con ardore per portare le anime a Cristo con umiltà e riesce bene in questo allora non mi interessa se sia omosessuale o eterosessuale, non mi interessa la sua sessualità mi interessa che faccia bene il proprio lavoro, che adempia ai suoi doveri conformemente alla tradizione della Chiesa. Del resto nessuno ha scritto sulla fronte “sono omosessuale”. Eviterei di generalizzare poiché ogni persona fa per sè e ci può essere il bene e il male, negli omosessuali come negli eterosessuali. Conosco molto bene un prete che so per certo essere omosessuale, è tradizionalista, ed sinceramente è uno dei preti migliori che abbia incontrato un curato d’Ars, non lo caccerei, ma lo inviterei a continuare sperando che per lui l’omosessualità non sia un problema, ma possa trasformarla in una risorsa, per viverla come dice il catechismo, una condizione speciale, una sessualità da non esercitare, e questa privazione offrirla come sacrificio per la salvezza propria e della anime.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Lettore.

      Lei solleva questioni ragionevoli, tutte quante pertinenti sul piano logico, formale e sostanziale, articolando il discorso anche secondo criteri di equo diritto.

      Per questo sono certo che lei per primo converrà sul fatto che la “norma” viene creata su criteri mirati al caso generale come regola generale, non sul caso particolare; e quelli ai quali lei fa riferimento, sono perlopiù casi particolari, che grazie a Dio esistono, ed ha fatto molto bene a ricordarli.

      Come linea generale, o come norma estesa erga omnes, il divieto riguardante l’ordinazione di soggetti con tendenze omosessuali dovrebbe essere categorico ed assoluto, senza mai escludere casi particolari, quasi sempre molto rari, che la Chiesa ha sempre preso in considerazione con somma prudenza. E ciò non solo per quanto riguarda questo discorso, ma per quanto riguarda molti altri discorsi, le faccio solo un paio di esempi per rendere l’idea di ciò che intendo dire:

      1. una persona con un grave handicap fisico, non può essere ordinato sacerdote; ma ciò nonostante, un vescovo, ordinò sacerdote un cieco, che trascorse tutta quanta la propria vita dentro il confessionale e che è morto in fama di santità.

      2. un neofita convertito al cattolicesimo, secondo la norma non può essere ordinato sacerdote; ma ciò nonostante noi abbiamo casi di eccezioni anche molto eclatanti, per esempio il compianto Arcivescovo di Parigi, Cardinale Jean Marie Lustiger, nato Aaron da famiglia di ebrei polacchi ashkenaziti, circonciso alla nascita, poi convertito al Cristianesimo e battezzato a 15 anni.

      Nel mio articolo, io non parlo di questi casi particolari, molti dei quali belli e anche parecchio edificanti, dei quali mi sono permesso – forse sbagliando – di dare del tutto scontata la esistenza. In uno spazio di 28 pagine, nel quale non si può scrivere un trattato che tocca tutte le varie sfaccettature del problema molto complesso, mi sono limitato a dissertare sui casi delle persone che lungi dall’essere sofferenti per la loro condizione e pronti ad una sorta di doloroso martirio bianco, vogliono vivere in modo più o meno sfacciato la propria omosessualità all’interno della Chiesa, diffondendo al proprio interno l’omosessualismo ed assieme ad esso concetti del tutto aberranti sul piano morale, tipo quei preti che affermano, persino in sede di confessione sacramentale, che «l’omosessualità è una naturale variante della sessualità umana e che cercare di impedire alle persone di esprimere in questo modo la loro affettività amorosa, sarebbe crudele».

      Vorrei poi farle osservare, per quanto riguarda i buoni e spesso ottimi effeminati, che oggi, la Chiesa, vive sotto gli occhi del mondo, con i riflettori puntati addosso, in particolare sotto questo pontificato, al quale ritengo vada un merito … perlomeno, tutto è centrato e concentrato sul Santo Padre! E questo distoglie – grazie a Dio! – molte telecamere che potrebbero essere puntate altrove.

      Lei ricorderà certamente che sotto l’ultimo scorcio di pontificato di San Giovanni Paolo II e sotto quello di Benedetto XVI, c’erano cardinali e vescovi che vagavano da un talk show all’altro. Oggi sono tutti spariti, sebbene sempre esistenti, perché forse, er Papa Re, non vuole nessuno che gli faccia ombra, o che gli rubi la scena, o l’occhio di bue.

      Ebbene, mio caro, come testimone oculare posso dirle – cosa che in passato ho scritto sia in un mio libro sia in alcuni miei articoli – che certi pontificali di Benedetto XVI erano a tratti imbarazzanti, perché capitava di ritrovarsi con una trentina di assistenti cerimonieri che parevano appena tirati fuori dal gay village. E a quei pontificali, io ho spesso partecipato come presbitero preposto a portare la Comunione ai fedeli.

      Mi si potrebbe obbiettare: «Ma tu, questi assistenti cerimonieri sfarfallanti, li hai forse visti affaccendati in una camera da letto o in altro dove, mentre erano uno sopra e uno sotto a giocare al mittente e al destinatario?». Certo che no, però, se Santa Madre Chiesa vuole stare sotto gli occhi dei riflettori, che vuol dire dare anche una certa immagine di sé, in tal caso, a mio parere, sarebbe bene evitare certe figure, piazzando semmai sotto i riflettori, come assistenti cerimonieri, una squadra di nigeriani, di guineani, di ivoriani e di congolesi che al loro ingresso riempano di testosterone tutta quanta la Basilica di San Pietro ancor più di quanto la possano riempire i fumi aromatici degli incensi.

      E anche di questo bisogna tenere conto, penso.

      • ettore dice:

        Rev. Padre,
        penso sia necessario precisare un passaggio di questa sua risposta, per quanto ovvio.
        Lungi dal riguardare la figura del Santo Padre, l’imbarazzo cui Ella accenna era semmai ascrivibile all’Ufficio delle celebrazioni pontificie e al suo Maestro, ed in particolare ai responsabili della formazione, selezione, addestramento e scelta di quei “sfarfallanti” assistenti: sacerdoti, diaconi, o ministranti che fossero, e delle loro gestualità interpretative.
        Ho opinioni ben distinte circa l’essere e l’agire del papa emerito e del regnante:
        Papa Benedetto XVI, indole gentile e personalità ieratica, con senso grave e solenne della sacralità del ruolo, prediligeva liturgie, pontificali, gesti rituali e canti, armoniosi, edificanti e certamente anche lunghi, il tutto esclusivamente ad maiorem Dei gloriam.
        Papa Francesco usa invece modalità liturgiche meno cerimoniose, meno ricche, meno formali, ha uno stile verbale, gestuale e comportamentale molto più asciutto, strettamente essenziale, a volte brusco che pare denotare un’indole meno umile. Tuttavia per il bene della Chiesa, la sua azione necessita delle nostre preghiere, come sempre chiede.

        • Padre Ariel
          Ariel S. Levi di Gualdo dice:

          Caro Ettore.

          Ha puntualizzato lei ciò che per me era un dato scontato, anche se è bene non dare mai, di questi tempi, nulla per scontato.
          Ovvio, che il Sommo Pontefice non conosceva neppure le persone in questione.

          Il felice esito di ogni pontificato della storia, si basa tutto quanto sui collaboratori del Sommo Pontefice. Per esempio: i prefetti dei dicasteri selezionano i loro diretti collaboratori, che a loro volta selezionano i collaboratori dei collaboratori …
          Se questo meccanismo, basato una volta sulla ricerca di ciò che di migliore e di più qualitativo era disponibile all’interno della Chiesa, in qualche modo si inceppa, ci si può ritrovare con Segretari di stato “per caso” che vanno a rilasciare inopportune interviste al Porta a Porta di Bruno Vespa o con Prefetti dei dicasteri che rilasciano dichiarazioni o che firmano documenti inopportuni. Tutti ricordiamo quando, sul finire del pontificato di Benedetto XVI, fu emanata una direttiva in base alla quale, ogni documento di qualsiasi dicastero, prima di essere reso pubblico doveva essere visionato in anticipo e quindi approvato dalla Segreteria di Stato.
          Pertanto, se il meccanismo si inceppa, ed anziché del meglio la curia romana comincia a riempirsi di amici degli amici degli amici, si può finire col trovarsi in situazioni come quella da me descritta, che non dipendono né dalla volontà né dalle scelte del Sommo Pontefice, chiunque sia il Successore di Pietro.

  8. Giacomo N. dice:

    Grazie padri per l’ulteriore chiarezza. Ho attinto quelle notizie sul sito Aleteia credendo che fossero in tema, anzi capisco che sono fuori argomento. Quindi, paragonando il tutto alle nostre leggi di Stato è come se dovesse riunirsi la Corte Costituzionale per decretare se talune norme sono anticostituzionali o meno.
    Padri, nel momento in cui ora io sono a conoscenza che taluni requisiti possono pregiudicare l’ordinazione sacerdotale di qualsiasi prelato e che la motivazione non è solamente per grave disordine sessuale, ma anche per altre gravi motivazioni, ho la facoltà di dubitare che la mia anima non avrà benefici dai suoi atti sacramentali?
    Grazie e Santa notte

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Giacomo.

      Questa è una domanda che merita una chiara risposta, ed alla quale rispondo con un esempio che dovrebbe essere esaustivo.

      Caso realmente accaduto: un diacono transeunte che prestava servizio in un ospedale in attesa della sacra ordinazione presbiterale, fu chiamato dai familiari di un morente, ovviamente egli non aveva facoltà e potestà per amministrargli il Sacramento dell’unzione degli infermi e con esso l’assoluzione plenaria prevista in quelle circostanze.

      Attorno a quel malato, neppure sessantenne, c’era un clima di grande tensione e dolore, da parte della moglie e delle due figlie; e mentre il diacono stava cercando di spiegare che lui non poteva … l’oncologo presente gli disse “guardi lo stato del malato e delle persone e a prescindere dal potere o non potere, li tranquillizzi e li rassereni”. Il diacono recitò la formula assolutoria in articulo mortis.

      In una situazione di questo genere, si creano due diversi problemi oggettivi:

      1. anzitutto, l’assoluzione data, oltre a essere illecita è del tutto invalida, perché il soggetto agente manca del grado di potestà sacramentale;

      2. uno che attenta al Sacramento, o che simula un Sacramento, oltre a incorrere in gravi sanzioni canoniche, non può ricevere la sacra ordinazione.

      Il poverino si precipita dal vescovo, narra il tutto e poi attende in silenzio la severa sentenza. Il vescovo lo abbracciò e gli disse: «Se così sono andate le cose e se questa era la situazione, indubbiamente tu hai sbagliato, ma completamente privo di malafede e della intenzione di attentare a un Sacramento. La tua assoluzione è ovviamente invalida, ma chi l’ha ricevuta, convinto che tu fossi un sacerdote, è stato toccato comunque dalla grazia di Dio».

      Il vescovo verificò poi, discretamente, che le cose fossero andate veramente in quel modo; appurò che egli si trovò in pratica costretto per il discorso legato alle familiari del malato ed il tutto in un momento nel quale i familiari erano incontrollabili e incapaci a ragionare perché accecati dal dolore e soprattutto perché intimoriti dalla salute eterna dell’anima del loro congiunto che non era stato propriamente uno stinco di santo … e pochi mesi dopo, il vescovo lo ordinò sacerdote.

      Sorvolo su un fatto che richiederebbe altra trattazione – cosa questa che ripeto spesso nelle mie omelie o nelle Sante Messe celebrate per gli ammalati -, vale a dire che il sacerdote va chiamato quando la persona è sempre in vita, non a spruzzare due gocce d’acqua santa su di un cadavere, sopra al quale nessuno può dire: «Per i poteri a me conferiti dalla Sede Apostolica io ti concedo l’assoluzione da tutti i tuoi peccati …». Ma d’altronde, l’ignoranza incorreggibile di un certo popolo bue, è convinta che se il malato vede il prete, si spaventa. Cosa non vera, perché mai, nessun morente, è rimasto spaventato nel vedermi arrivare, anzi, tutt’altro!

      Più volte è capitato, specie presso qualche istituzione religiosa femminile composta da qualche comunità di vecchie suore, che qualche falso sacerdote celebrasse la Santa Messa ed amministrasse confessioni; ma ciò è capitato anche presso alcune parrocchie, o presso alcuni santuari, con un “sacerdote di passaggio” che poi fu scoperto non essere un sacerdote.

      Il penitente contrito che ha chiesto la remissione dei propri peccati, convinto ovviamente che quel sacerdote fosse realmente un sacerdote, ha ricevuto comunque la grazia di Dio. Certo, una volta appurata la falsità del sacerdote, è necessario ripetere la confessione, o per esempio sanare canonicamente il matrimonio, posto comunque che, il Sacramento, se lo amministrano gli sposi tra di loro.

      Anche per questo motivo, noi sacerdoti, siamo dotati dai nostri vescovi di un “documento di identità” chiamato “celebret“, da presentare presso le chiese od i santuari nei quali non ci conoscono, quando ci troviamo in viaggio o in pellegrinaggio in località lontane dai luoghi dove siamo conosciuti.

      Detto questo: se lei, in coscienza, dubita di un sacerdote, se ne scelga un altro, evitando di creare dubbi e sconcerto tra il Popolo di Dio, perché la questione, in sé e di per sé delicatissima, non tocca il potere di azione dei fedeli, che possono – e devono all’occorrenza protestare – ma non possono certo dimettere un presbìtero. Cosa questa tutta quanta nelle responsabilità delle Autorità Ecclesiastiche, a pena della dannazione eterna delle loro anime, qualora consapevoli, tacessero e non agissero.

  9. Giacomo N. dice:

    Don Ariel, sembrerebbe da quest’articolo http://it.aleteia.org/2015/10/20/polemica-gli-omosessuali-non-hanno-diritto-di-essere-sacerdoti/ che già con Benedetto XVI il problema sia stato affrontato e risolto con la scelta oculata dei futuri preti. Quelli già ordinati purtroppo hanno degli obblighi di castità come gli altri etero.
    Sarà impossibile intervenire su quelli già ordinati a mio avviso, perché faranno di tutto per farsi valere nelle dovute sedi giuridiche e civili proprio perché saranno tutelati da tutte quelle organizzazioni che tutelano il gender. Immagini quanti di loro chiederanno indennizzi per la discriminazione subita. Ecco che per ovviare a quello che potrà verificarsi si parla di castità sia per loro e sia per gli etero. Dovranno essere i fedeli ad abbandonare quelli che fanno scandalo, anche quelli etero, non frequentando più quella parrocchia.
    Mi scuso se ancora mi permetto di commentare, bisogna allontanare gli scandalosi e pregare per quelli già ordinati sperando che diventino santi. A proposito ce ne sono?
    Santa sera e che il Signore ci illumini

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Giacomo.

      Lei fa una riflessione interessante e molto pertinente in questo suo commento, di cui condivido il contenuto. Mi creda però, qui non si tratta di fare copia/incolla in giro per la rete di articoli brevi e discorsivi, ma si tratta di entrare nell’ambito della più delicata dogmatica sacramentaria, quindi del diritto che regolamenta la disciplina dei Sacramenti.

      Io capisco, ciò che lei vuol dire, ma purtroppo temo che in questo discorso di per se molto delicato e complesso, lei non riesca a focalizzare la questione che sollevo, che tutto sommato è semplice, ed è questa:

      quando certi sacerdoti con tendenze omosessuali palesi e radicalmente strutturate, ritengono legittima sia l’omosessualità sia la sua pratica, temo che manchino alcuni o addirittura tutti i requisiti minimi richiesti per la validità dell’ordinazione.

      Ciò che io domando nel mio articolo è se possiamo ritenere valide le ordinazioni di soggetti nei quali mancano a monte i seguenti requisiti:

      1. essere un uomo;
      2. essere un credente;
      3. avere una corretta idea e percezione del sacerdozio cattolico ed essere stato adeguatamente formato ad esso;
      4. accettare il Magistero della Chiesa e la sua dottrina in materia di morale sessuale;
      5. avere la cosciente percezione del bene e del male, del lecito e dell’illecito;
      6. non giudicare bene ciò che la Chiesa giudica invece male, non giudicare come naturale ordine ciò che la Chiesa giudica invece come grave disordine;
      7. non sostenere e non credere che la Chiesa sbaglia a definire l’omosessualità come grave disordine, giudicando invece l’omosessualità come una naturale variante della sessualità umana, la pratica della quale sarebbe a parere di questi soggetti una legittima manifestazione della naturale affettività umana.

      Io propendo a credere che l’ordinazione di questo genere di soggetti omosessuali, giunti al sacerdozio con simili idee e con tutto ciò che esse comportano, non sia valida, ed attendo che qualcuno mi dica e mi dimostri che a pensare questo sbaglio.

    • Padre Ariel
      Don Franco Messina dice:

      Gentile Giacomo.

      Una cosa sulla quale concordo è il fatto che non ci si può inserire in discorsi così delicati con “copia-incolla” di testi tratti da internet, come infatti le ha spiegato padre Ariel, la questione è di estrema delicatezza, oso dire io … di eccezionale delicatezza. E posso dirle, come sacerdote, che sono molto colpito nel trovarmi dinanzi a un testo teologico-giuridico (a mio parere ineccepibile) di un sacerdote che ha avuto il coraggio di trattare pubblicamente un tema del genere.
      Mi permetto di darle un consiglio assolutamente non richiesto: legga con attenzione l’articolo in questione, dove si chiarisce, per esempio, che l’ordinazione di un sacerdote peccatore, e di tutti i suoi atti sacramentali, è fuori discussione valida. E viene spiegato, anche, che nulla osta, a che un peccatore (consapevole del peccato, del bene e del male) possa essere ordinato validamente prete ed essere validamente prete. La questione sollevata da p. Ariel è precisa e ahimè molto delicata, provo a sintetizzarla: sono valide le ordinazioni di persone che sono prive di una coscienza morale che le porta a considerare il male bene, sino a ritenere, quindi, in difetto la Chiesa e la sua dottrina morale? Si può “volere” il sacerdozio cattolico senza però credere ai fondamenti, del sacerdozio cattolico?
      Anni fa, io sono stato testimone della dichiarazione di nullità di un matrimonio, basata sul fatto che, gli sposi, non credevano al sacramento del matrimonio, ed anche agli altri sacramenti, e che si erano sposati in chiesa, solo su pressione dei rispettivi familiari.
      “Non avere”, come sostiene il p. Ariel “la percezione di che cosa veramente è il sacerdozio”, non è forse la stessa cosa?

    • Padre Ariel
      Don Stefano Bellobuono dice:

      Sig. Giacomo, lei ha ragione, per quanto riguarda l’ipotesi che paventa, ché da tener in seria considerazione … si, è vero, verremmo subissati di denunce per discriminazione, per omofobia, e queste cause sarebbero tutte vinte da queste persone, con la gioia dei genderisti esterni, e dei nostri non pochi genderisti interni.
      I preti che invece hanno subito nel corso di lunghi anni della loro vita, ingiustizie e angherie, semplicemente perché cercavano di essere buoni preti, patendo tutto il patibile in diocesi ormai devastate e mal governate, non saranno mai indennizzati, e nemmeno protetti. O come scriveva P. Ariel in un suo articolo che non ricordo ora quale di preciso sia … “la Chiesa ha chiesto perdono a tutti, agli ebrei, ai musulmani, ai protestanti … meno che ai suoi devoti sacerdoti”.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Giacomo.

      Nell’articolo che lei ci segnala, si ricade comunque nel pericoloso equivoco … “purché il sacerdote omosessuale non pratichi l’omosessualità”.
      Esattamente ciò che io, in modo particolare, contesto.
      Capisco che il mio articolo sono 28 pagine non facili da leggere, ma la questione che cerco di sollevare è proprio quella incentrata sul fatto: “Se a monte manca il requisito dell’uomo, del maschio, del credente e della persona con una corretta percezione del sacerdozio, si può parlare di valida ordinazione, mancando alcuni, se non a volte tutti, i requisiti fondamentali?”.

  10. ettore dice:

    Dai seminari italiani e non solo, la piaga è ben presente in Vaticano.
    Dell’argomento, al fine di prevenire la consumazione di reati (secondo i diversi profili, si potrebbero configurare: minaccia, violenza privata, ricatto,corruzione, estorsione, etc..) e di salvaguardare la legalità e la libertà, dovrebbe essere competente anche la Segreteria di Stato.
    Urge allora inviare copia personale anche a Mons. Becciu, numero due della segreteria, che in relazione a questa intervista:
    https://www.theguardian.com/world/2014/jan/20/swiss-guard-veteran-gay-network-vatican-pope-elmar-mader-homosexual
    rispose che le accuse vanno provate:
    “Ancora una volta si parla dell’esistenza di una ‘lobby gay’ in Vaticano, ma come altre volte è capitato non si fanno né nomi né cognomi. Troppo facile agire in questo modo. Il mio ufficio è aperto. Se Elmar Mäder vuole venire a dire a chi esattamente si riferisce sono qui”.
    http://www.repubblica.it/esteri/2014/01/21/news/lobby_gay_il_papa_vuole_chiarezza_ma_basta_denunce_anonime_chi_sa_parli-76513474/?ref=search

    Preghiamo e confidiamo nell’aiuto della B.V. Maria, Mater Ecclesiae.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Ettore.

      S.E. Mons. Angelo Becciu è colui che nel 2013, chiamando per telefono l’allora mio Vescovo, lamentò il fatto che io, pubblicamente, avevo sollevato la spinosa questione della lobby gay in una intervista a me fatta da una rete televisiva italiana, ed avendo fatto questo, a dire del numero due della Segreteria di Stato, avevo mancato di … “opportunità”, quindi invitava “diplomaticamente” il mio vescovo a farmi tacere per avere detto la verità. Al tempo stesso però, questo amabile “piccoletto“, non si premurava affatto né di Andrea Gallo che durante le Sante Messe cantava gli inni comunisti sventolando la bandiera rossa [vedere QUI], né di un vero e proprio esercito di preti che ne combinavano pubblicamente d’ogni mala sorta. Però aveva tempo per fare telefonate a mio riguardo, reo di avere detto il vero; e di averlo detto solo dopo averlo indicato, segnalato e soprattutto provato all’Autorità Ecclesiastica.

      Presso la Segreteria di Stato giace una mia relazione risalente alla fine del 2011, nella quale parlavo e indicavo:

      1. le frequentazioni da Sodoma e Gomorra dell’Arciabate di Montecassino;
      2. il caso di una basilica romana nella quale era foraggiato dal rettore un giro di marchettari;
      3. il caso dei carmelitani della chiesa di Santa Teresa in Roma.

      In precedenza, al Vicariato di Roma, nel febbraio 2010, avevo segnalato con altrettanta relazione l’andirivieni di preti dai locali gay del Testaccio. Se fossero intervenuti, si sarebbe evitato che nel luglio 2010, il settimanale Panorama, ci ricoprisse letteralmente di fango, tutto quanto cercato e quindi purtroppo meritato.

      E io, dovrei mandare un’altra comunicazione probante ad un “pigmeo sardo” che poi chiama il mio Vescovo per dire che … questo prete non è … “opportuno”?

      No, caro Ettore, io a Becciu non gli mando proprio niente, ciò che dovevo mandare, l’ho mandato alla Dottrina della fede, al Culto divino e alla disciplina dei Sacramenti, alla Congregazione per il clero e per i vescovi.

  11. Padre Ariel
    antonius.2011 dice:

    Carissimo confratello Ariel

    tu hai quasi i miei anni di sacerdozio. Io ho 78 anni, sono stato ordinato a 25 anni, quindi sono al 53° anno di sacerdozio.
    Quando si dibatte sottovoce a … porte chiuse, a volte sussurrando tra noi preti, che certe cose le sappiamo, ma che quando scoppiano gli scandali pubblici, per miracoloso incanto nessuno di noi ne sapeva però nulla … spesso si dice: ” vabbè, ma questi soggetti con tendenze strane ci sono sempre stati!”.
    Davvero? Io ancora non soffro di calo di memoria e di arteriosclerosi, e per quanto mi riguarda posso dire proprio il contrario: non ricordo che ci fossero. E lo dico per esperienza, perché sono entrato in seminario a 14 anni, uscendone prete a 25, e mai, durante i miei 11 anni di formazione, ho avuto a che fare coi soggetti che invece esistono, oggi, nei nostri seminari, o che sono usciti “sfarfallando” dai nostri seminari.
    Allora diciamo la verità, quella che fa tanto male, e che tu e l’illustre teologo domenicano Giovanni Cavalcoli dite senza paura su quest’Isola di Patmos … e la verità è che, come dice una canzone degli anni ’60 che tu hai riportato in fondo a un tuo articolo … “la verità mi fa male” [ndr. cf. QUI]
    Tra fine anni ’60 e inizi anni ’70 è successo qualche cosa che ha stravolto il nostro clero. E questi sono i risultati visibili dopo 40 anni circa. Sicché, sante parole le tue, sante, tristi e vere, quando scrivi che “alcuni seminaristi che tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta capeggiavano all’interno dei seminari la pia confraternita, oggi sono vescovi”.
    Hai toccato il punto cruciale, Ariel caro. Cosa pagherai per questo, non so, ma il punto cruciale lo hai toccato, indicando come, e attraverso chi, è stata “inquinata” la “catena di produzione”.
    Il Signore di benedica.

    tuo
    don Antonio da Napoli

  12. piertoussaint dice:

    Che storia!… E’ per questo, Signori, che – a monte – io non mi fido della pastorale “misericordiosa” del Santo Padre Francesco:

    https://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2016/04/03/amoris-laetitia-e-la-ruvida-realta/

    Vera misericordia sarebbe quella di far crescere un popolo cristiano di uomini virili – non solo preti – e, in parallelo, quella di levare ossigeno alla lobby ecclesiale gay. Ma, siccome dalla Santa Sede provvedimenti in questo senso non ne vengono…

  13. Padre Ariel
    Don Angelo Rossit dice:

    Questi vostri due articoli, Padri dell’Isola di Patmos, sono uno specchio sul quale, o si accetta di vedere ciò che di reale riflette, o si reagisce lanciandoci un sasso sopra per non vedere ciò che di reale riflette. In questo secondo caso però, le schegge dello specchio, rifletterebbero la realtà moltiplicata …
    Grazie, grazie per quanto avere scritto.

  14. Padre Ariel
    Lettera Firmata dice:

    Stimato Padre, sono un anziano urologo specializzato in chirurgia della prostata ed ho svolto la mia attività in un istituto oncologico. Da alcuni anni non opero più, e nella quiete della pensione seguo alcuni giovani chirurghi di questo settore, che, simpaticamente, mi han ribattezzato “il nonno della prostata”.
    Alle soglie degli 80 anni, conservo nel mio segreto professionale un caso risalente a molti anni fa.
    Mi ritrovai dinanzi al caso di un sacerdote, giovane, affetto da carcinoma prostatico avanzato. Il caso colpì me e l’allora mio primario, perché non avevamo mai diagnosticato un carcinoma di quel genere in un soggetto giovane. Rimanemmo esterrefatti per il fatto che il paziente, incurante di tutte le avvisaglie e disturbi, non si era mai sottoposto a controlli. Egli era più terrorizzato dalla paura d’esser visto, che dall’esser affetto da un tumore incurabile e anche inoperabile.
    Questo paziente era affetto da una gravissima malformazione all’apparato urogenitale per la quale è impossibile avere rapporti sessuali.
    Nel modo di porgersi, nel timbro della voce. nel suo aspetto fisico, era un uomo di indubitabile portamento virile, e dai suoi tratti si capiva che prima di essere debilitato dalla malattia era anche uomo di bella presenza.
    Leggendo il suo dotto articolo, dalla mia segretezza che resta inviolabile come quella di voi confessori, è riemersa questa figura d’uomo che, per tutta la vita, ha vissuto con un segreto e forse con un dolore. Sicché ho riflettuto sul modo in cui ella insiste nelle sue righe sul fatto che la virilità (o la mancanza di virilità) è tutta racchiusa dentro il cervello. E io posso dirle che quel giovane sacerdote era mentalmente indubitabilmente uomo.
    La leggenda, narra che una volta, i papi, venivano fatti sedere, prima della loro proclamata elezione, su di una sedia con un buco, e si procedeva ad un controllo …

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Professore.

      Mi perdoni se da questa sua email ho tolto la “parte introduttiva”, indubbiamente interessante, lasciando solo la parte in cui narra il cuore della questione.

      Lei m’insegna che la virilità intesa come capacità erettile e quindi come capacità ad avere rapporti sessuali, nel soggetto maschile termina spesso molti anni prima della fine della sua vita.

      Poi, il fatto che andando al bar del “Geriatra Allegro“, si scoprano seduti a chiacchierare ai tavoli gruppetti di ultra ottantenni che narrano di come, imperterriti, seguitano a sciupar femmine, ciò non vuol dire che quanti ascoltano siano sempre disponibili a prendere come realtà i racconti che certi vecchi rincoglioniti hanno tratto dai romanzi di fantascienza.

      E ancora, lei ed i suoi colleghi, non solo mi avete insegnato, ma spesso spiegato quanto nel vostro settore siate allarmati per varie disfunzioni sessuali da cui non erano affetti gran parte dei nostri padri e forse anche dei nostri nonni: eiaculazione precoce, disfunzioni erettili in fasce d’eta preoccupantemente giovani, oltre alla diminuzione della lunghezza e della circonferenza del pene, ecc …

      La virilità, intesa come capacità di compiere l’atto sessuale, non è eterna, ce lo insegnate voi specialisti e ce lo insegna il comune buon senso, il tutto con buona pace dei galletti irriducibile che narrano mirabilie al bar del “Geriatra Allegro“.

      Certo, oggi vi sono sistemi chirurgici e supporti farmacologici che sino a pochi anni fa erano impensabili. E ciò con questo serio rischio: tra non molto ci ritroveremo con dei novantenni capaci ad avere una erezione, ma al tempo stesso incapaci a trovare il bagno nel corridoio di casa, od a ricordare a che cosa serve, quel membro eretto, poiché affetti da demenza senile all’ultimo stadio.

      Nessun uomo, prete incluso, accetta con gioia di essere privato della propria virilità; anche se questa perdita fa parte del ciclo della vita, come fa parte del ciclo vitale l’invecchiamento, l’indebolimento fisico, spesso anche la malattia, ed infine la morte. Sempre fatta eccezione per quei novantenni che da una parte hanno il membro eretto grazie ad interventi di chirurgia urologica, ma dall’altra non riescono a trovare la porta del bagno perché devastati da demenza senile.

      Il luogo nel quale la virilità dell’uomo non viene mai meno, è quindi il cervello; e questa virilità determina il carattere, incide sulla personalità e ci accompagna per tutta la vita.

      Lei ha portato come esempio un caso particolare e raro, dinanzi al quale, un direttore spirituale e soprattutto un vescovo avente sacramentale facoltà di ordinare i presbìteri, nel totale segreto e nella salvaguardia della dignità e dell’onore della persona, avrebbero dovuto fare un prudente e attento discernimento, appurando che la persona in questione non aveva scelto il sacerdozio per il suo particolare stato fisico, quindi per “ripiego”, ma per autentica e determinata vocazione.

      E noi non sappiamo se, nel caso in questione, ciò sia stato fatto, semmai anche con attenzione e prudenza.

      Dinanzi a un caso simile io potrei dare una risposta meramente accademica, ma chi dinanzi a casi così particolari e così delicati può decidere, è per l’appunto solo il vescovo, a sua totale responsabilità.

      Ordinariamente, il candidato al sacerdozio, deve essere un uomo a posto sul piano fisico-sessuale e psico-sessuale. E nei seminari di una volta, anche a questo si era molto attenti, perché in modo discreto, il medico di fiducia del seminario, a uno a uno, i seminaristi, appena adolescenti li controllava tutti.

      Colgo infine l’occasione per sfatare una leggenda nata in ambito anti-romano e anti-cattolico protestante e messa in circolazione da autori calvinisti: la sedia con il buco per controllare che il Pontefice eletto fosse un uomo … a posto, quindi che non fosse eletta una donna mascherata da uomo, sempre come narra la leggenda della “papessa Giovanna” messa anch’essa in circolazione da ambienti protestanti del Nord dell’Europa.

      Mio caro Professore, chi mai, dinanzi a uomini come Urbano II, Bonifacio VIII o Alessandro VI, si sarebbe mai sognato di dire … beh, diamogli una tastatina, per vedere se ha le palle a posto?
      Solamente i poveri calvinisti, possono giungere a simili perversioni mentali.

      • Padre Ariel
        don Ciro dice:

        … quella del bar del “Geriatra Allegro” è da due giorni che ma la sto rivendendo in giro per Napoli, anche perché vicino alla mia parrocchia, un bar di fenomeni del genere c’è per davvero.
        Lasciando a parte le battute … mi è piaciuto molto il commento del professore urologo e la risposta di padre Ariel. Ma, sopra a tutto, mi è piaciuto l’articolo, anche perché, riprendendo la risposta data da padre Ariel al signore (lettera firmata) di origine calabrese rientrato in Calabria che solleva certe amare questioni, io credo di poter dire … sapeste che Calabria che abbiamo qua, nelle nostre zone campane, Napoli inclusa, sopra a tutto Napoli inclusa …

  15. Padre Ariel
    Calabrese Perplesso dice:

    Padre Ariel, ho lavorato a Milano per 31 anni andando in pensione 6 anni fa come dirigente bancario, mia moglie è andata in pensione 4 anni fa come insegnante dopo essere stata gli ultimi 10 anni preside di un istituto di scuola media superiore.
    Due anni fa ci siamo trasferiti in Calabria.
    Sono calabrese, ed in Calabria non sarei mai tornato, sinceramente. Ma mia moglie, che è invece nata a Milano da famiglia milanese, ha tanto insistito perché lasciassimo Milano e ci trasferissimo in Calabria.
    I nordici sono così, s’innamorano del meridione, e non vogliono sentire ragioni. Indubbiamente, il posto dove viviamo, è molto bello. Dice mia moglie: “Si vede il cielo tutti i giorni e si vede il mare, non i palazzi d’intorno”.
    A Milano il nostro unico figlio (dopo lui non potemmo averne altri), è cresciuto nell’oratorio, è andato alla scuola cattolica, si è laureato poi all’Università cattolica di Milano … siamo una famiglia cattolica e una coppia cattolica, forse oggi, più di ieri, sa … con l’età, si comincia a dire … “un giorno dovrò fare i conti con il Padreterno!”. Scherzo!
    A Milano, in parrocchia, in oratorio, nella scuola cattolica, abbiamo avuto contatti con molti preti, uno di questi è diventato poi anche vescovo. Ne abbiamo conosciuti di bravi (pochi) di mediocri (molti) di meno bravi (parecchi) …
    Qua, nella zona dove viviamo, diocesi di [ndr. omissis], c’è un campionario di clero che tutto ha, fuori che del maschile. E mi creda, questi “preti allegri” sono tanti, ma veramente tanti.
    Come le ho detto: a Milano ho conosciuto di tutto, preti bravi, mediocri, meno bravi …
    Perché, invece, qua dove oggi mi trovo, sono tutti così … svolazzanti?
    Lei riesce a darmi una risposta? Perché io, sinceramente, non riesco proprio a spiegarmi la cosa.
    Per questo mi firmo devotamente suo

    Calabrese Perplesso

    P.S. un ossequio anche alla grande firma domenicana, p. Giovanni Cavalcoli.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Lettore.

      Ringrazio anche lei per la lettera privata che mi ha inviato e mi perdoni se in questo suo commento abbiamo messo un “ndr. omissis“, sono certo capirà perché.

      Mi permetto di aggiungere un po’ di sale sulle sue ferite, perché sono diverse le cose che le sfuggono, ma dopo che gliele avrò indicate, lei valuterà quanto forse io abbia ragione, semmai dicendo tra sé … “Vero, questi particolari mi erano proprio sfuggiti”.

      I particolari sono questi, glieli espongo sotto forma di interrogativo:

      1. Come mai, in certe zone del nostro Meridione, Dio elargisce la grazia della vocazione in modo decisamente “classista”, visto che la assoluta maggioranza dei candidati al sacerdozio, provengono tutti quanti da famiglie di contadini e di operai, con tutto il più riverente rispetto per gli uni e per gli altri e le loro rispettive famiglie?

      2. Come mai, in certe zone del nostro Meridione dove non sono mai mancati ragazzi belli, dotati peraltro – quando veramente sono belli – di una tipica bellezza mediterranea, se entriamo dentro alcuni seminari, pare di entrare dentro la bottega degli orrori?

      3. Come mai capita che certi ragazzi ventenni belli e aitanti del nostro Meridione, con tendenze omosessuali più o meno celate, fanno il biglietto di sola andata per Roma, Bologna, Milano … dove in 48 ore trovano subito un ricco professionista cinquantenne che se li prende e che se li mantiene come prìncipi ereditari, mentre quelli con identiche tendenze, ma non belli, bensì bassi, grassi, brutti, sgradevoli nell’aspetto, vogliono putacaso diventare preti?

      A me non interessa fare arrabbiare con certi interrogativi anche tutta la Conferenza Episcopale Calabrese, perché nel caso in cui mi dovessero sollevare qualche lagnanza, me la caverei con una domanda lapidaria di tre sole parole: dimostratemi il contrario.

      E pensare che in certe zone del nostro Meridione vi sono delle Chiese particolari antichissime e gloriose che risalgono agli inizi della prima espansione del Cristianesimo al di fuori della Giudea!

      • Padre Ariel
        Don Marcello dice:

        Caro padre Ariel, statti certo che taceranno, esattamente per evitare che tu dica “dimostratemi il contrario”.
        Se però ti trovassi in necessità di dimostrare il molto facile contrario, chiamami! In privato ti ho fornito tutti i miei estremi apposta.
        Ero responsabile della pastorale vocazione, in una diocesi della Calabria, e quando alla fine sbottai con il vescovo, che non era possibile, vedere certi soggetti ammessi al seminario e portati avanti, lui mi revocò dalla sera alla mattina l’incarico.
        Facendolo, non mi ha offeso, anzi mi ha fatto un enorme favore, perché come gli dissi: “Eccellenza, la mia sentita riconoscenza, perché almeno cesso di essere complice!”.

      • Padre Ariel
        salv.rip11 dice:

        … “dimostrare il contrario” ?
        Lasciamo perdere … lasciamo perdere!
        Che contrario vuoi che ti dimostrino, per messi come siamo messi!
        Ogni giorno benedico il Signore per avere già compiuto 80 anni, e di essere più prossimo all’altro mondo che a questo mondo!
        Un saluto dalla Calabria.

        Don Salvo

  16. Padre Ariel
    Paolo N. dice:

    Quando al nostro vescovo dicemmo che il giovane parroco, prete da un anno, che ci aveva mandato, era omosessuale, in tono scandalizzato, ci rispose … “è solo una persona delicata, per il fatto che è un animo molto buono e sensibile”.
    Quindi noi eravamo dei malpensanti, incapaci di cogliere delicatezza, bontà e sensibilità.
    Quando attorno al parroco, cominciò a esserci un giro strano di giovani, il vescovo rispose “si dedica all’aiuto di giovani disagiati in difficoltà. Ai parrocchiani non va mai bene niente, se uno non è disponibile non va bene, se uno è disponibile non va bene …”.
    Quindi noi eravamo cuori duri, privi di carità verso i bisognosi.
    Quando l’allegro pretino fu beccato dalla polizia con un minore di 16 anni, il vescovo disse … “che cosa vi aspettate dalla Chiesa e dai preti? Forse la santità che non avete voi … le virtù che non avete voi? Da dove pensate che scendano i preti, dal paradiso? No, i preti sono figli di questo mondo e di questa vostra società”.
    Quindi era colpa della società.
    A quel punto, io, davanti a tutti, sbottai … “Bene Eccellenza, bene! Finalmente abbiamo capito che i preti finocchi non sono colpa di voi vescovi che li ordinate, ma sono tutta quanta colpa della società che li infinocchia e di noi laici che siamo privi di santità e di virtù”.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Paolo.

      La ringrazio per i duplici messaggi: quello dettagliato che mi ha inviato in privato e questo pubblico inserito come commento leggibile da tutti i nostri Lettori.

      I contenuti di questo suo commento, una volta dimostrati veri, dovrebbe essere sufficienti, anzi di avanzo per l’Autorità Ecclesiastica, per procedere senza indugio a rimuovere un vescovo del genere dalla cattedra episcopale.
      Le cose, invece, stanno purtroppo in tutt’altro modo …

      Mantenendo riservata l’identità del vescovo e il riferimento alla diocesi da lui attualmente governata, posso limitarmi a spiegare ai nostri Lettori quanto segue: il vescovo da lei illustrato – che è tale e quale come lei lo ha raffigurato – danni simili già li fece in una piccola diocesi, dalla quale fu sì rimosso, altro che se fu rimosso! Fu rimosso per essere trasferito ad una medio-grande sede arcivescovile metropolitana, proprio quella nella quale si è svolto il fatto da lei narrato in questo suo commento.

      Come ho scritto agli inizi del mio articolo, anche in questa risposta torno a ribadire che noi non abbiamo né possiamo esercitare potestà di cui non siamo rivestiti, pertanto, tutto ciò che al momento possiamo fare, è di dire il vero e di denunciare il male secondo giustizia e carità, pagando all’occorrenza alto e caro prezzo per opera di coloro che pensano, nel mondo moderno della notizia in tempo reale, di poter sempre giocare a quelli che “occultano lo sporco sotto il tappeto” o che pensano di poter “lavare i panni sporchi in casa“.

      E chi, di fronte a queste cose, non agisce con decisione, evitando che il Popolo di Dio rimanga nauseato da certe nostre gesta, domani rischia di pagarne un prezzo eterno: l’inferno.

  17. Padre Ariel
    Lettera Firmata dice:

    Gentile e Rev. Padre Ariel.

    Le parlo come donna, medico e specialista in psicologia clinica dedita alla psicoterapia cognitivo comportamentale.
    Siccome faccio parte di una associazione di medici cattolici, dediti al volontariato ed alle prestazioni specialistiche gratuite a favore di soggetti non abbienti, durante un incontro del nostro gruppo di medici con il vescovo della diocesi, lo presi da parte e gli sollevai la questione seria e oggettiva del suo clero, formato per almeno (se non oltre) il 50% da soggetti maschili affetti da evidenti tendenze omosessuali.
    Il tutto con questo risultato: il vescovo dette ordine ai responsabili della Caritas di non indirizzare più presso di me persone affette da disturbi a fronte dei quali non potevano fare ricorso a specialisti a pagamento.
    E quindi capii chi era il primo omosessuale stizzoso della diocesi.
    Mi domandavo: se a me, laica cattolica volontaria, hanno fatto questo per avere detto in privato al vescovo l’ovvio vero, a voi che siete sacerdoti, e che avete pubblicato quello che nei vostri articoli avete scritto, che cosa possono farvi?

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Cara Dottoressa.

      Rispondo con un sorriso e al tempo stesso con una lacrima, quindi con una rassicurazione: non si preoccupi per noi, perché tutto quello che di male potevano farci queste persone, ce lo hanno già fatto.
      E noi, Padre Giovanni e io, con la grazia di Dio e per la grazia di Dio siamo rimasti splendidamente in piedi, più fedeli alla Chiesa e più battaglieri di prima.
      E di questo, i nostri gai nemici, non riescono a darsi pace.
      Ma il problema non è nostro, è tutto quanto loro.

  18. Padre Ariel
    Don Andrea dice:

    Carissimo padre Ariel.

    L’argomento che sollevi è così vasto e intricato che mi limito ai seminari, cui riguardo confermo: ne ho visti nel tempo di proprio scandalosi, riguardo i soggetti ammessi al loro interno, ma anche riguardo ai formatori, spesso soggetti frustrati, col pallino degli psicologi mancati … e lasciamo perdere quelli con il pallino degli intellettuali.
    Hai ragione, e di conseguenza giungi (giustamente!) a mettere in dubbio le valide ordinazioni di elementi che non sono uomini, non sono cattolici, non hanno la corretta idea del sacerdozio.
    Tutto vero. Ma come possiamo risolvere la cosa, specie per tamponare i danni di quegli svariati vescovi, che, come nelle nostre zone, dove la carenza di clero si fa sentire sempre più, prendono chi capita, semmai a scapito dei pochi buoni elementi, che in certi seminari e con certe compagnie, non ci starebbero mai?

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Confratello.

      Da sempre io sono di questo parere: quando dal “centro” non si può purtroppo più controllare le istituzioni che si trovano nelle “periferie”, allora è necessario prendere quelle istituzioni e portarle tutte quante al “centro”, o comunque creare dei meccanismi che siano controllabili dal “centro”. Ciò che infatti avviene e seguita ad avvenire, inclusa la presenza di soggetti palesemente omosessuali all’interno dei nostri seminari, fa parte di un meccanismo sfuggito ormai al controllo; un controllo che, a volte, si ha quasi l’impressione che non voglia essere ripreso in mano.

      Parlo solo dell’Italia a mo’ d’esempio: a mio parere la soluzione sarebbe quella di creare tre grandi seminari: uno nel Nord dell’Italia (per esempio Milano), uno al Centro dell’Italia (a Roma), uno al Sud dell’Italia. In quest’ultimo caso propenderei come località per Messina, dove si trova l’enorme collegio dei gesuiti, i quali, pur essendo sempre in grado di fare danni sul piano filosofico e teologico, non sono però più in grado di tenere aperte molte delle loro enormi strutture, diverse delle quali sono già state vendute o cedute in affitto ad altre istituzioni.

      Questi tre seminari dovrebbero essere controllati direttamente dalla Santa Sede, i formatori scelti e nominati direttamente da essa, altrettanto gli insegnanti di filosofia e teologia.

      A livello didattico, bisognerebbe puntare anzitutto all’insegnamento del Catechismo della Chiesa Cattolica nel periodo della pre-formazione al seminario, poi all’insegnamento della dottrina cattolica e del Magistero della Chiesa, perché questo è ciò che serve come strumento formativo e poi come strumento pastorale ad un prete. Il tutto con programmi precisi e stabiliti, senza la possibilità di introdurre autori e teorie che da ormai mezzo secolo costituiscono quei filosofismi, sociologismi e teologismi, sui quali vengono “deformati” i futuri preti, molti dei quali, uscendo da questi seminari, non sono in grado neppure di elencare dal primo al settimo – cosa tristemente provata e appurata – i Doni di grazia dello Spirito Santo.

      Provvederei anche ad elevare a 29 anni l’età minima per l’ordinazione dei diaconi transeunti ed a 30 l’età minima per l’ordinazione dei presbìteri, stabilendo che il percorso formativo per un candidato ai sacri ordini che entra in un seminario in età al di sotto dei 30 anni, non sia inferiore a 8 anni.

      Provvederei altresì a creare, a Roma, un grande seminario diversamente strutturato che sia adeguato e specifico per le vocazioni adulte, le quali richiedono diverse e particolari cure, ma soprattutto diversi e molto esperti formatori. E in questo seminario manderei tutti coloro che cominciano il percorso formativo al sacerdozio in età superiore ai 35 anni.
      Reputo infatti cosa assurda – come invece diversi vescovi hanno fatto – mettere uomini di 40/50 anni in seminario con giovani in fascia d’età al di sotto dei 30 anni.

      Ma stai pur certo che a nessuno, purtroppo, passerà mai per la mente questo logico e soprattutto salvifico progetto.

I commenti sono chiusi.