«Dacci oggi il nostro teatrino quotidiano». Alessandro Minutella ricorda di essere «due volte teologo» e «due volte laureato», poi annuncia di essersi confessato. Domanda: chi lo ha validamente assolto?

«DACCI OGGI IL NOSTRO TEATRINO QUOTIDIANO». ALESSANDRO MINUTELLA RICORDA DI ESSERE «DUE VOLTE TEOLOGO E DUE VOLTE LAUREATO», POI ANNUNCIA DI ESSERSI CONFESSATO. DOMANDA: CHI LO HA VALIDAMENTE ASSOLTO?

Minutella non può essere assolto né ricevere alcuna valida assoluzione se non dopo aver ritrattato le sue eresie. E, considerato che i delitti nei quali è incorso sono riservati alla Sede Apostolica, chiunque lo assolva senza sua previa ritrattazione pubblica, o perlomeno dinanzi a due testimoni in caso di pericolo di vita, incorrerebbe a sua volta in scomunica.

– Teologia e diritto canonico –

AutoreTeodoro Beccia

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Teodoro Beccia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Nei giorni passati è finito sotto i fuochi di Alessandro Minutella ― prete palermitano scomunicato e poi dimesso dallo stato clericale ― il discepolo del Servo di Dio Padre Divo Barsotti, il Padre Serafino Tognetti, “colpevole” di avere adempiuto al proprio dovere sacerdotale dissuadendo alcune persone che lo hanno interpellato dal seguire questo soggetto sulla via del grave errore. Come sempre accade in questi casi è tornato alla carica con un suo vecchio mantra:

«Ricordo al confratello Padre Tognetti che Don Minutella è due volte teologo, ho due lauree in teologia …».  

È il caso di chiarire — ovviamente senza entrare nel merito del foro interno sacramentale ed extra-sacramentale — alcuni punti fondamentali a quelle persone semplici non addentro a certe dinamiche ecclesiastiche:

a) il Nostro, sebbene si proclami teologo dogmatico, tale non è, non avendo mai conseguito “lauree” in teologia alla facoltà di teologia ma in spiritualità presso l’Istituto di Spiritualità della Pontificia Università Gregoriana;

b) tra una “laurea” in teologia (Facoltà di Teologia) e una in spiritualità (Istituto di Spiritualità) c’è la differenza che corre tra una laurea in medicina e una in scienze infermieristiche.

Ma soprattutto, sempre ai non addetti ai lavori è opportuno e giusto chiarire che la “laurea in teologia” non esiste proprio come titolo nelle università ecclesiastiche e che i nostri titoli accademici sono i seguenti:

1) baccellierato canonico in teologia, rilasciato dopo 5 anni, titolo di base equivalente per lo Stato a un diploma universitario di primo livello o cosiddetta “laurea breve triennale”;

2) licenza specialistica, rilasciata dopo 2 o 3 anni, titolo che sommato al baccellierato teologico equivale per lo Stato a un diploma di laurea magistrale;

3) dottorato di ricerca, rilasciato dopo un minimo di almeno due anni, con il quale si conferisce titolo di dottore, equivalente per lo Stato a un dottorato di ricerca, ma non sempre però, a volte è riconosciuto equipollente a un master post-laurea; al dottorato sono riconosciuti equipollenti il dottorato in teologia, in diritto canonico, in scienze bibliche, in filosofia, in storia … non però tutti quegli altri nuovi rami considerati “propedeutici” o “marginali”, tra questi la spiritualità.

Chiarito il tutto è bene ricordare che alla prova dei fatti le due decantate lauree — peraltro inesistenti secondo i gradi e i titoli rilasciati dalle università e dagli atenei ecclesiastici — sono servite al Nostro per ottenere questi straordinari risultati:

a) incorrere in scomunica latae sententiae per scisma (Can. 1364 – § 1);

b) incorrere latae sententiae in scomunica per eresia (cann. 1364-1365);

c) incorrere  ferendae sententiae nella dimissione dallo stato clericale con decreto emesso personalmente dal Romano Pontefice, perché lui solo può infliggere questa pena estrema comminata solo in casi molto rari e molto gravi.

Nella rubrica “Santi e Caffè” de 4 luglio, Mister Sono-Due-Volte-Teologo (nome) Ho-Due-Lauree-In-Teologia (cognome) ha annunciato urbi et orbi di essersi confessato (!?).

Domanda del tutto legittima: chi lo avrebbe assolto, forse qualche suo compagno di sventura colpito anch’esso da provvedimenti canonici che vietano tassativamente al gruppetto di preti al suo seguito di celebrare la Santa Messa, predicare e amministrare confessioni? Ormai conosciamo bene la sua tecnica comunicativa: gettare una affermazione ad effetto in mezzo alle altre, facendo passare la cosa come assolutamente naturale agli occhi di quelli che lo seguono.

Senza — come scritto poc’anzi — entrare nel campo del foro interno sacramentale ed extra-sacramentale, così come nell’ambito del lavoro del sacerdote che abbia raccolto la sua confessione sacramentale, è necessario intervenire su alcune questioni delle quali lo stesso Minutella ne ha reso e ne rende ampia pubblicità.

Da alcuni anni Mister Sono-Due-Volte-Teologo (nome) Ho-Due-Lauree-In-Teologia (cognome), cita in modo ossessivo compulsivo dei canoni del Codice di Diritto Canonico ai quali fa dire quello che in essi non è scritto, estrapolandoli e de-contestualizzandoli da tutto quanto l’impianto giuridico ecclesiastico, come nel caso del can 332 § 2, al quale dedicherò prossimamente un articolo sul tema del munus e del ministerium del Romano Pontefice.

Leggi canoniche ben chiare e precise, in particolare il can. 1331 § 1 del C.I.C. del 1983 che proibisce allo scomunicato:

1º di celebrare il Sacrificio dell’Eucaristia e gli altri sacramenti;

2º di ricevere i sacramenti;

3º di amministrare i sacramentali e di celebrare le altre cerimonie di culto liturgico;

4º di avere alcuna parte attiva nelle celebrazioni sopra enumerate;

5º di esercitare uffici o incarichi o ministeri o funzioni ecclesiastici;

6º di porre atti di governo.

§ 2. Se la scomunica ferendae sententiae fu inflitta o quella latae sententiae fu dichiarata, il reo:

1º se vuole agire contro il disposto del § 1, nn. 1-4, deve essere allontanato o si deve interrompere l’azione liturgica, se non si opponga una causa grave;

2º pone invalidamente gli atti di governo, che a norma del § 1, n. 6, sono illeciti;

3º incorre nella proibizione di far uso dei privilegi a lui concessi in precedenza;

4º non acquisisce le retribuzioni possedute a titolo puramente ecclesiastico;

5º è inabile a conseguire uffici, incarichi, ministeri, funzioni, diritti, privilegi e titoli onorifici.

A uno scomunicato che non abbia fatto ammenda dei suoi delitti contro la Chiesa e il deposito della fede è proibito ricevere i Sacramenti e se vescovo o presbitero è proibito amministrarli. Come infatti l’eretico scismatico ha dato pubblico scandalo, allo stesso modo, nel caso auspicabile volesse ravvedersi e ricevere la remissione di un peccato la cui assoluzione è di per sé riservata alla Sede Apostolica (cfr. can. 1354 §2;  art. 52 della Costituzione Apostolica Pastor Bonus), dovrà altrettanto pubblicamente abiurare i propri errori. Solo se, per reali motivi di vita e di morte non fosse possibile fare pubbliche dichiarazioni, in quel caso il confessore è autorizzato ad assolvere anche dai delitti riservati alla Sede Apostolica; dovrà però chiamare due testimoni e far ritrattare dinanzi a loro l’eretico, apostata e scismatico prima di concedergli l’assoluzione in articulo mortis.

Ai sensi delle leggi canoniche, Mister Sono-Due-Volte-Teologo (nome) Ho-Due-Lauree-In-Teologia (cognome) non può quindi essere assolto né ricevere alcuna valida assoluzione se non dopo aver ritrattato le sue eresie. E, considerato che i delitti nei quali è incorso sono riservati alla Sede Apostolica, chiunque lo assolva senza sua previa ritrattazione pubblica, o perlomeno dinanzi a due testimoni in caso di reale pericolo di vita, incorrerebbe a sua volta in scomunica latae sententiae (cfr. can 969; can. 1378 §2 n. 2).

Questo è ciò che stabiliscono le leggi canoniche, al contrario di quelle personali di Mister Sono-Due-Volte-Teologo (nome) Ho-Due-Lauree-In-Teologia (cognome) e dei suoi compagni di sventura, inclusi gli inventori di codici anfibologici.

Velletri di Roma, 4 luglio 2024

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