Autore Padre Ariel

Il caso del Vescovo di Albenga, indurrà alla ragione i “tradizionalisti estetici”?

IL CASO DEL VESCOVO DI ALBENGA, INDURRÀ
ALLA RAGIONE I “TRADIZIONALISTI ESTETICI”?

 

[…] sotto il suo governo sono stati accolti in quella Diocesi — o da lui stesso ordinati — anche dei sacerdoti transfughi da varie diocesi che definire problematici è un eufemismo; e questo è un fatto, non una congettura. È caduto, il povero asino, perché i fedeli e diversi sacerdoti di quella Chiesa particolare hanno inviato alla Santa Sede non delle semplici proteste ma delle documentazioni terrificanti, lamentando tra i vari problemi anche quello non lieve che riguarderebbe la presenza di non pochi sacerdoti con palesi tendenze omosessuali …

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

Avrei voluto occuparmi di cose molto più interessanti e, perché no: gratificanti. Insomma: fare il mio “mestiere” pastorale-teologico. Ho in lavorazione vari articoli per la nostra pagina Theologica e diversi sono gli scritti che ho abbozzato su alcuni Padri della Chiesa offrendo di essi una lettura attuale, perché oggi più che mai risultano di grande attualità figure di uomini come San Massimo il Confessore o Sant’Anselmo d’Aosta, premesso che l’attualità più sconvolgente ci perviene giornalmente dal Vangelo: molte sono infatti le sue pagine che sembrano scritte oggi per gli uomini e per la società moderna. Caratteristica questa che solo la Parola di Dio riesce ad avere, a riprova di quanto essa sia divina, quindi perennemente viva e in grado di comunicare al di là dei tempi.

New priests pose for a picture under a s

Giovani sacerdoti del seminario di Ecône della Fraternità Sacerdotale di San Pio X

Né io né i miei confratelli con i quali abbiamo dato vita a questa rivista telematica intendiamo portare avanti battaglie contro nessuno: non siamo membri di un partito né siamo sul libro paga di qualche esigente padrone, impegnati come tali a battagliare ed a togliere credibilità ad un partito avversario. Siamo solo e semplicemente preti e teologi cattolici e le uniche battaglie che intendiamo condurre sono quelle per la diffusione e per la tutela delle verità di fede. E la Chiesa non è il nostro partito, è nostra madre, nostra sposa. Nulla quindi di personale, meno che mai di livoroso verso il mondo della cosiddetta tradizione filo-lefebvriana. E oltre a non essere livorosi, siamo da anni consapevoli di un fatto: indurre alla ragione certe persone, soprattutto di fronte all’evidenza dei fatti, risulterebbe impresa ardua persino allo Spirito Santo, figurarsi quindi a noi poveri mortali.

cade asino 1

asino caduto in un pozzo

Il mondo della cosiddetta tradizione è pieno di controsensi e di incoerenze tanto più grandi quanto più accanita è la convinzione degli appartenenti a questo mondo di essere gli unici e soli detentori della purezza cattolica. Quando poi l’asino cade — dal celebre proverbio popolare: «È qua che cade l’asino!» — ecco che i buoni tradizionalisti filo-lefebvriani ed i loro vari fans club non solo non vedono la caduta, ma si comportano come se l’asino non esistesse. Invece l’asino esiste, è caduto, ed in questo specifico caso è proprio un beniamino, un punto di riferimento del mondo della tradizione: il Vescovo di Albenga Mario Oliveri, un indubbio degno pastore ed un uomo di solida dottrina, che in questi giorni si è trovato al centro di varie polemiche. Non sappiamo se il Vescovo sarà esautorato del governo della sua piccola diocesi, né sappiamo se a tal scopo la Santa Sede provvederà alla nomina di un vescovo ausiliare, evitando in tal modo al presule ligure l’umiliazione della destituzione dalla cattedra a poca distanza dal compimento dei 75 anni d’età. Tutte queste, per adesso, sono solo ipotesi e congetture giornalistiche in merito alle quali non si deve neppure entrare.

Mario Oliveri

Il Vescovo Mario Oliveri con una mitria gemmata alta più o meno 80 centimetri

Altro invece il merito nel quale è quasi doveroso entrare: l’asino è caduto perché sotto il suo governo sono stati accolti in quella Diocesi — o da lui stesso ordinati — anche dei sacerdoti transfughi da varie diocesi che definire problematici è un eufemismo; e questo è un fatto, non una congettura. È caduto, il povero asino, perché i fedeli e diversi sacerdoti di quella Chiesa particolare hanno inviato alla Santa Sede non delle semplici proteste ma delle documentazioni terrificanti, lamentando tra i vari problemi anche quello non lieve che riguarderebbe la presenza di non pochi sacerdoti con palesi tendenze omosessuali; ed i più eclatanti in tal senso sono risultati essere proprio quelli col bel latinorum sempre sulla bocca e che con manipoli, chiroteche e cappe magne hanno lo stesso rapporto artistico-professionale che la mitica Wanda Osiris aveva con le rose che lanciava agli spettatori, mentre con i levrieri afgani al guinzaglio scendeva lo scalone illuminato, scortata dai suoi boys e cantando la celebre canzone: «Sentimental, questa rosa appassita» …

Qualche sito e blog ultra tradizionalista ha provato sulle prime ad urlare alla “epurazione franceschista”, insomma: la “ennesima persecuzione”. Poi forse hanno capito ed hanno taciuto. E tutt’oggi seguitano a tacere in un silenzio ipocrita e doloso, avendo deciso che l’asino non può cadere semplicemente perché l’asino non esiste, perché nel mondo della cosiddetta tradizione tutto è puro, bello e spirituale; tutto è sacro e ispirato alla sacralità, altro che quella «oscena messa protestantica di Paolo VI nata in seguito alla grande aberrazione apostatica della Sacrosantum Concilium», come leggiamo ormai da anni in giro per i loro siti e blog dove lo sprezzo del Magistero della Chiesa pare essere lo sport più praticato, ed il tutto in nome di una non meglio precisata “purezza cattolica”.

Chi si è preso cura di leggere un mio libro, E Satana si fece Trino, nel quale dedico l’intero secondo capitolo al problema della «omosessualizzazione della Chiesa», quindi al problema drammatico e pericoloso della lobby gay al nostro interno; o chi ha avuto modo di leggere una mia intervista rilasciata a Roberto Marchesini per La Nuova Bussola Quotidiana [vedere qui], non tanto avrà percepito come la penso, ma in che modo e con quale serietà ho affrontato il problema. E quando si affronta e si analizza un problema, non si può usare due pesi e due misure, assecondo che il problema tocchi “i nostri” o “i loro”.

cade asino 2

forse, con l’apertura alla grazia di Dio e l’accoglimento della sua misericordia, anche gli asini che ragliano, possono andare in Paradiso …

Ciò che rimprovero a questo mondo della cosiddetta tradizione è l’ipocrisia farisaica e la estrema malleabilità sulla morale, riguardo la quale tendono a essere molto rigidi quando riguarda gli altri, sui quali sono pronti a deporre sulle spalle pesi che loro non muoverebbero neppure con un dito [Lc 11,46-48.52], come ha ammonito il Santo Padre stesso nella sua prolusione conclusiva al Sinodo dei Vescovi, per la quale rimando ai due commenti di padre Giovanni Cavalcoli pubblicati in questa rivista telematica.

Per quanto invece riguarda il resto, o meglio per quanto riguarda “i loro”, in quel caso, più che essere indulgenti, proprio non vedono, appunto perché l’asino non esiste. Ecco allora che ai tripudi pontificali nei quali risplendono dalmatiche, piviali e pianete, dove l’incenso avvolge movimenti perfetti, teatrali, studiati al millesimo, di fatto partecipano perlopiù orde di cavalieri veri o presunti, di nobili più o meno decaduti, di aspiranti nobili che vantano i loro quarti di nobiltà, che nella migliore delle ipotesi hanno un paio di divorzi alle spalle ed al momento convivono con una ragazza che potrebbe essere loro figlia. Sia però beninteso: vivono tra di loro come fratello e sorella. Che dire: beati loro! Io me ne guarderei bene dal prendermi in casa con me una statuaria perpetua di 25 anni con misure 90-60-90. Ciò non tanto perché il diritto canonico non me lo consentirebbe e l’Autorità Ecclesiastica neppure, ma perché nessuno sarebbe disposto a credere che viviamo da fratello e sorella, forse il primo a non crederci sarei proprio io. E siccome, pur non essendo un “cristiano adulto” di pura scuola dossettiana, penso però di essere cresciuto a sufficienza come uomo e come prete, ritengo di avere imparato che per fuggire situazioni di peccato il primo passo da fare è quello di fuggire prudentemente le occasioni propizie che creano al peccato tutti i migliori presupposti.

papa bambina

saluto di una bambina al Santo Padre

L’asino esiste e cade, talvolta anche in modo grottesco. E proprio in queste circostanze, attraverso l’auriga virtù della prudenza è necessario, passando per quella carità cristiana eretta sulla verità e sulla giustizia, esercitare la più profonda misericordia sugli asini in caduta libera; la vera misericordia della quale, molto probabilmente, parla il Santo Padre dietro le sue righe nella prolusione finale fatta al Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia.

Cliccare qui per ascoltare Pietà Signore, eseguito da Luciano Pavarotti, Monreal 1978

 

 

15 commenti
    • Padre Ariel
      Padre Ariel dice:

      Carissimo,

      pubblico la sua segnalazione perché noi non censuriamo nessuno, questo lo hanno fatto con noi “ragazzi” dell’Isola di Patmos gli ideologi politici del cosiddetto tradizionalismo, dei signori laici che spesso poco e male sanno di teologia e troppo giocano invece di ideologia politica, sino al punto di censurare sacerdoti e teologi in materie strettamente legate alla dottrina ed all’esercizio del sacro ministero sacerdotale, come troverà spiegato in questo mio articolo:

      https://isoladipatmos.com/stage/per-conoscere-la-verita-che-vi-fara-liberi-siate-perfetti-nellunita/

      Spero che questo articolo la scandalizzi ben più della non corretta descrizione delle mitrie che certi vescovi si mettono sul capo …

  1. DFR dice:

    Lasci stare i Lefebvriani e non confonda le acque. La prima istanza che dovrebbe imporle di esporre correttamente le cose non è certo l’Autorità Ecclesiastica, ma la sua coscienza illuminata dalla verità. I presunti scandali della diocesi di Albenga non sono attribuibili a sacerdoti che celebrano la liturgia tradizionale, quindi l’equivalenza tradizionale = immorale è, in questo caso, è falsa.
    La tendenziosità della sua esposizione emerge anche dalle piccole cose; ad esempio, la mitra di “ottanta centimetri” che lei deride nella didascalia è appartenuta a Leone XIII ed è stata indossata in molte occasioni da Benedetto XVI; forse che anche loro erano tradizionalisti estetizzanti? Controllare per credere:

    http://traditiocatholica.blogspot.it/2011_12_01_archive.html

    • Padre Ariel
      Padre Ariel dice:

      I musei vaticani e quelli diocesani italiani sono ricchi di opere d’arte, inclusi paramenti, spesso appartenuti e indossati anche da santi. Eppure sono in un museo, perché hanno fatto il loro tempo; perché ogni cosa ha il proprio tempo.
      Ciò che invece rimane immutato, al di là del tempo, sono il pane e il vino che divengono Corpo e Sangue di Cristo e che sono il centro della vita della Chiesa, memoriale della sua morte e risurrezione nell’attesa della sua venuta.
      Pensi dunque a questa “presenza” sempre “presente” che si chiama “sostanza immutabile” che regge la Chiesa. Tutto l’altro resto sono invece “accidenti” e come tali sono mutabili e mutevoli, a volte meritevoli di finire in un museo come prova della memoria storica indelebile del nostro passato, che per alcuni non deve però passare, ma mutarsi in un perenne ristagno.
      Leone XIII non era certo un “estetizzante”, prova ne è il fatto che, ben più della mitria a lui appartenuta, ci ha lasciato in straordinaria eredità la dottrina sociale della Chiesa. Lei la conosce, immagino? Oppure è troppo impegnato a dimostrare a chi, come e perché certe mitrie appartenevano, quindi chi le ha indossate, quando, come in che occasione e via dicendo?
      Perché con una Chiesa che sta vivendo una crisi senza precedenti e con divisioni interne drammatiche, perdere tempo per dimostrare in modo inconfutabile a chi apparteneva quella data mitria, è come quel tale che mentre la casa bruciava, innaffiava le margherite del giardiano perché non appassissero col calore del fuoco.

  2. DFR dice:

    Reverendo,

    Sono realmente persuaso che lei abbia prima di tutto e anzitutto da fare il prete – come me, del resto – ma è meglio non innescare bombe a mano se poi non si ha il tempo di seguirne la traiettoria. Detto questo, la sua risposta non entra nel merito della mia oppugnazione. Lei afferma che la diocesi sia un ricetto di “tradizionalisti estetici” dediti al vizio; io ribadisco che nessun sacerdote che celebri la messa tridentina è mai stato coinvolto in uno scandalo e pertanto non ho tema di dichiarare la tesi portante del suo articolo priva di fondamento, invitandola a modificarne i toni.
    Abbia per certa l’assicurazione della mia preghiera.
    Don Francesco Ramella.

    • Padre Ariel
      Padre Ariel dice:

      Caro Confratello.
      Capisco, dunque da una parte c’è il bene (il mondo della cosiddetta tradizione che non sbaglia mai) dall’altra il male (il mondo dei cosiddetti progressisti che stanno rovinando la Chiesa).
      Lei ritiene che se lo Spirito Santo osasse esprimere qualche riserva sui Lefebvriani, potrebbe essere opportunamente smentito e contestato?
      La mia risposta è chiara: “La Santa Sede è entrata da anni in possesso di prove molte delle quali superano nella loro realtà la stessa fantasia umana”.
      Questi sono i fatti e ad essi io mi attengo, senza bisogno di sporcare ulteriormente il volto della Santa Chiesa enumerandoli pubblicamente nei miei scritti, visto che ciò non servirebbe a risolvere in alcun modo il problema.
      Se ad affermare questo mento e dico il falso, mi si imponga attraverso l’Autorità Ecclesiastica – alla quale io ubbidisco, non essendo appunto un lefebvriano – di smentire me stesso e di chiedere pubblicamente scusa, ed io lo farò subito.

    • Padre Ariel
      Padre Ariel dice:

      Carissimo.

      Il mio/nostro collaboratore è andato un paio di settimane in viaggio in America Latina, io sono stato particolarmente impegnato nel corso degli ultimi due giorni col ministero delle confessioni. Appena ho potuto ho provveduto a leggere e pubblicare tutto ciò che mi avete inviato, perché prima di tutto e avanti a tutto devo fare il prete, sono certo che in questo e che per questo mi capirete e direte pure una preghiera per me.

  3. DFR dice:

    e totalmente priva di fondamento; essa getta una grave ombra di sospetto sopra i sacerdoti e i fedeli della diocesi vicini alla tradizione. La invito, secondo dovere di giustizia, a ritrattare questo giudizio temerario. L’idea secondo la quale i preti della diocesi legherebbero pesanti fardelli sulle spalle altrui senza badare alla propria condizione è semplicemente infame.
    Infine, la vulgata secondo la quale Mons. Oliveri è un “uomo pio” ma inadatto al governo costituisce una grave offesa verso un uomo che serve fedelmente da oltre quarant’anni la Chiesa di Cristo prima in quanto diplomatico, poi in quanto Vescovo. Di pessimo gusto l’applicazione del detto “qui casca l’asino” che sembra riferito proprio al Vescovo: mi auguro che ciò non corrisponda alle intenzioni dell’autore.
    So che lei, Reverendo, è uomo schietto; pertanto vorrà comprendere la mia schiettezza.
    In Cristo Gesù,
    don Francesco Ramella.

  4. DFR dice:

    Reverendo Signore,
    é con vivo rincrescimento e profonda indignazione che mi rivolgo a lei e a tutta la redazione del sito per deplorare le opinioni da lei espresse nel suo articolo circa la diocesi di Albenga-Imperia. In quanto sacerdote di questa diocesi e figlio di Monsignor Oliveri non posso in alcun modo tacere il mio disappunto. Il quadro da lei presentato non corrisponde in alcun modo alla realtà e ciò per vari motivi.
    In primo luogo, i presunti scandali propalati dalla stampa laica sono artatamente gonfiati e abilmente concatenati in modo tale da dipingere una sorta di Sodoma e Gomorra. Se si volesse rendere un servizio alla verità occorrerebbe far luce sui singoli casi riportati; si scoprirebbe senza fatica una situazione ben differente.
    In ogni caso gli scandali pretestuosamente sbandierati non riguardano in alcun modo sacerdoti per così dire “legati alla Tradizione”; quindi la sua accusa verso presunti “tradizionalisti estetici” è ingiusta, inconsistente, gratuita

  5. paolof dice:

    errata corrige, non riesco ad editare il commento:
    …suggerire una loro vicinanza ai “vari problemi” …
    grazie

  6. paolof dice:

    “il Vescovo di Albenga Mario Oliveri, un indubbio degno pastore ed un uomo di solida dottrina, …” ha la colpa di aver sbagliato, ma è davvero il solo? O è il solo ad essere pubblicamente ripreso?
    Avendo letti tutti i suoi post precedenti mi sarei aspettato una disamina più attenta e più, mi si consenta il termine, “misericordiosa”.

    Rilevo anche che nulla ha a che fare con il contenuto del post l’immagine dei seminaristi della Fraternità Sacerdotale di San Pio X, accostamento che ad un lettore frettoloso potrebbe suggerire una loro con ai “vari problemi” esposti nell’occhiello.
    Penso che si sia trattato di una scelta fortuita e Le suggerisco di cambiare immagine.

    Cordiali saluti e buono lavoro, Paolo

  7. Padre Ariel
    Padre Ariel dice:

    Ho ricevuto numerosi messaggi privati e diversi post tutti pubblicati di seguito, in diversi dei quali mi si rimprovera di avere dato dell’asino ad un vescovo. Anzitutto una premessa: di vescovi asini ne ho conosciuti nel corso della mia vita, ma mai mi sono permesso di dar loro degli asini sia in pubblico sia in privato e mai, soprattutto, di porre in discussione quella loro legittima autorità che ad essi perviene direttamente da Cristo Dio per il sacramento di grazia attraverso il quale sono stati segnati col carattere indelebile della pienezza del sacerdozio apostolico. Peraltro, in questo articolo, definisco S.E. Mons. Mario Oliveri con queste parole: «un indubbio degno pastore ed un uomo di solida dottrina». Vi si potrebbe aggiungere anche: sensibile, caritatevole, premuroso verso i bisognosi, dotato di splendida signorilità, ecc … Quando però un pastore in cura d’anime viene definito «un indubbio degno pastore» con la precisazione ulteriore «di solida dottrina», c’è ben poco da aggiungere. Bisogna però tenere conto che l’essere degni pastori dotati di solida dottrina, non esenta dall’errore nessuno di noi, vescovi inclusi.

    L’immagine dell’asino – usata in modo del tutto impersonale e puramente paradigmatico – è stata tratta da un noto detto popolare attraverso il quale miravo a sottintendere: « … è qui che cade l’asino dei lefebfriani». Credevo che il sottinteso fosse chiaro ed evidente, ma se invece non lo fosse stato per mia scarsa chiarezza, allora lo puntualizzo adesso.

    Che in quella Diocesi si siano create situazioni allarmanti è un fatto. Se quanto da me asserito fosse invece falso, in tal caso meriterei richiami e persino sanzioni da parte dell’Autorità Ecclesiastica, che difficilmente richiama e sanziona chi ha solo accennato, ed in modo anche parecchio pacato e vago, a fatti che in sé e di per sé sono molto più gravi, visto che alcuni di essi superano lo stesso immaginario della fantasia umana. E questo, l’Autorità Ecclesiastica, lo sa, avendo esaminato più e più volte fatti e prove a tal proposito; ed il tutto non certo nel corso delle ultime settimane, ma nel corso degli ultimi anni.

    In conclusione: i vari Walter Kasper, Gianfranco Ravasi, Bruno Forte, ecc … dal mondo del cosiddetto tradizionalismo sono stati aggrediti persino attraverso processi alle loro potenziali intenzioni, od attraverso estrapolazioni di mezze frasi prese da loro discorsi molto articolati e complessi. Quando invece a finire nell’occhio del mirino è stata la Diocesi di un vescovo beneamato dai membri del mondo della cosiddetta tradizione, ecco che gli stessi, le loro riviste, siti e blog, hanno fatto calare il totale e assoluto silenzio. Nel mio vocabolario, questa, si chiama malafede e disonestà intellettuale. Il tutto detto da un anti-modernista a tutto tondo che in più e più occasione ha rivolto pubblici complimenti a teologi e prelati che, seppure infarciti di palesi eresie moderniste, non di rado esprimono anche concetti pertinenti, interessanti, dottrinalmente e pastoralmente giusti, meritando per questo la mia pubblica approvazione.

    Questa ricerca di onestà l’ho particolarmente sviluppata attraverso il contatto con Antonio Livi e la sua filosofia del senso comune, ed attraverso la lucidità con la quale Giovanni Cavalcoli — anti-rahneriano per antonomasia — ha studiato per anni e anni gli scritti e la figura del teologo Karl Rahner cercando di individuare anzitutto e soprattutto i suoi non pochi lati positivi. Io non sono certo un teologo del livello di questi due maestri, ma perlomeno, avendo buoni confratelli anziani e buoni maestri, cerco di imparare da loro qualche cosa ed agire di conseguenza, pur con tutte le mie umane limitatezze.

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