Lo smarrimento del linguaggio teologico nell’arte sacra

– Arte&Fede –

LO SMARRIMENTO DEL LINGUAGGIO TEOLOGICO NELL’ARTE SACRA

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Quando la Chiesa cominciò a perdere nel XIX secolo la propria influenza sulle arti, l’artista fu inevitabilmente costretto a dedicarsi a forme artistiche più ristrette di natura effimera, quasi trascurando tutto ciò che per secoli era stato espressione del patrimonio della fede.

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Autore Licia Oddo *

Autore
Licia Oddo *

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Per troppi anni abbiamo dovuto subire le stravaganze e le pazzie di molte nullità nazionali e straniere; per troppi decenni abbiamo trasformato la vera arte in una moda effimera e vuota di ogni significato, tutto ciò solo per correre dietro a certe mode di oltre oceano, solo per apparire aggiornati, moderni di avanguardia.

Quirino De Ieso [Benevento 1926 – Noto 2006]

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Quirino De Ieso, il mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio e della sua passione e morte, 2005

Le vicende artistiche del Novecento hanno inevitabilmente contrito il concetto di arte contribuendo spesso a infonderle un significato dissacrante della rappresentazione, perché scevro da ogni credibilità in quei valori umani e cristiani che un tempo ne decretarono il successo mediante il mecenatismo della Chiesa Cattolica ed il sensus fidei che animava gli artisti.

Quando la Chiesa cominciò a perdere nel XIX secolo la propria influenza sulle arti, l’artista fu inevitabilmente costretto a dedicarsi a forme artistiche più ristrette di natura effimera, quasi trascurando tutto ciò che per secoli era stato espressione del patrimonio della fede. Lo stile artistico del Novecento, pur essendo profondamente rivoluzionario è pur tuttavia detentore di quei cardini che hanno contrassegnato la storia dell’arte nei secoli, ne risentì molto. Del resto l’arte [1] ha sempre mostrato il medesimo processo evolutivo. Il nuovo è presto vecchio [2], l’innovazione diventa tradizione ed il presente diventa passato ma quest’ultimo è pur necessario a quello, che lo segue nel tempo per una prospettiva futura: muta la forma, alla base di ogni vicenda, come di ogni estetica.

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IL BATTESIMO DI GESU - CM. - 50 X 100

Quirino De Ieso, Battesimo di Gesù al fiume Giordano, 1995

A tutti noi è evidente che la nostra società, già da parecchi anni, si sta evolvendo verso la amoralità, non ultimo attraverso la distruzione delle proprie stesse radici cristiane, che sono anche patrimonio d’arte. Cosa è auspicabile dunque per provocare un’inversione di tendenza e frenare la caduta dei valori umani strappando al pericolo della superficialità la rappresentazione artistica che del sacro è la più fedele interprete? Per rispondere a questo quesito nel quale il pittorico diviene espressione di fede e l’arte una manifestazione del trascendente metafisico, è di gran lunga interessante lo studio, frutto della contemplazione dell’opera del pittore contemporaneo postumo Quirino De Ieso, nelle cui tele egli traduce il mistero dell’universale, ed il teologico in pittorico [3]. Secondo l’opinione di De Ieso, è pur evidente che l’arte presenta mille volti, dal sacro al profano, ma è pur vero che è il «concetto stesso di arte» che ha una derivazione squisitamente spirituale, divina, è una delle manifestazioni umane più devota dell’amore dell’uomo nei confronti del suo Creatore. Egli interpreta la Verità nell’aspetto spirituale e sacro, ma indagata all’interno del nostro animo, perché, come afferma il maestro: «il mistero dell’Arte è quello stesso dell’Universo, nell’una e nell’altro sono presenti la verità e l’amore cristiani». Nel momento in cui l’artista raggiunge la consapevolezza di tale Verità, solo allora il suo lavoro può elevarsi a dignità di opera d’arte, dando vita al capolavoro.

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Gesu pescatore di uomini particolare cappella funeraria Noto

Quirino De Ieso, Gesù che dice ai suoi discepoli «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini» [Mc 1, 14-20], particolare di una cappella funeraria di Noto, 1995-1996

De Ieso sostiene che solo una ricerca interiore è in grado di produrre un simile miracolo. Tale ricerca sta proprio nel mondo dell’Arte, la musica, la poesia, la pittura, la scultura. Arte dunque come ricerca interiore. Si pensi in tal senso al modo in cui Dante Alighieri traduce in rima poetica ed immagini, nel XXXIII Canto del Paradiso, i misteri della fede esposti da San Tommaso d’Aquino nella sua Summa Theologiae; immagini che in seguito, Sandro Botticelli, raffigurerà attraverso i suoi celebri disegni illustrativi della Divina Commedia [cf. QUI]. Ma è pur vero che molti valori determinanti per la nostra società sono stati svuotati del loro contenuto reale, contaminati da effimere grandezze, calpestati da una progressiva involuzione etica. E se l’Arte si riduce a tele vuote, bruciacchiate, tagliuzzate, a tele semplicemente imbrattate di colore, a pietre levigate solo dalle acque dei fiumi, a lamiere contorte e arrugginite, allora l’Arte è morta? No di certo. Per fortuna, ad ogni caduta segue sempre una risalita; pertanto, prima o poi, l’Arte autentica, intrisa di sentimento passionale, morale, sociale, cultuale, che morta non è, ritornerà a trionfare e, ancora una volta ci condurrà sulla via della bellezza, della purezza, della gioia e dell’amore.

Nelle opere di questo artista si percepisce quell’indagine spirituale che egli traduce in vere e proprie rappresentazioni mistiche, sia astratte, sia retinate (tecnica quest’ultima di sua mera invenzione) frutto delle sue meditazioni e che sfociano in una vera e propria dissertazione filosofica del significato della parola Arte, proferendo persino un attacco diretto nei confronti dell’arte contemporanea.

In questi anni gli interessi dei singoli e l’avidità dei traguardi economici hanno fatto dimenticare alla civiltà i suoi reali obiettivi per mostrarsi degna di essere definita tale. La fiducia nell’operato senza pregiudizi, la solidarietà del gruppo in funzione del raggiungimento di comuni traguardi, l’etica di una condotta scevra da ogni contaminazione egoistica sono stati sostituiti dal puro superficialismo della semplice apparenza, quale surrogato per rimpiazzare la realtà e condurre al risultato di distruzione di massa, addivenendo così ad una terra inquinata da non potere garantire la sopravvivenza dei suoi abitanti e negare la speranza del domani ai posteri. Commenta il maestro:

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«Per troppi anni abbiamo cercato la novità a tutti i costi, come se ciò fosse il fine principale dell’arte; e non abbiamo capito che la novità, l’originalità non sono conquiste che vengono dall’esterno ma dal nostro interiore, dal nostro cuore e dalla nostra mente; esse sono conquiste che si ottengono solo attraverso un lavoro serio, continuo, sofferto, lungamente meditato. Solo così si può arrivare a conquistare un linguaggio personalissimo ed efficace, sempre frutto, oltre che di talento, anche di lunghi anni di durissimo lavoro, durante i quali l’artista scava nel suo animo e si confronta col mondo esterno e con i problemi della società in cui egli vive».

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IL MISTERO DELLA CROCIFISSIONE DE IESO

Quirino De Ieso, Il mistero della crocifissione, 2001

Per rendere evidenti simili concetti non si può prescindere dai mezzi tecnici che della rappresentazione iconografica sono la più efficace espressione, quali la pittura o la scultura. In effetti secondo l’autorevole parere di questo grande maestro dell’epoca contemporanea, nella nozione di arte si dovrebbero distinguere due sensi o percezioni: uno generico o comune, ed uno puro o spirituale.

Fino a oggi nessun autore ha compiuto una netta distinzione delle due percezioni attribuendovi separatamente i dovuti significati specifici, ma ha mostrato l’arte come il frutto di questa combinazione, senza riflettere a ciò che vi sia dietro veramente. È risaputo infatti che tutti gli autori sono d’accordo nello stabilire che “Arte” significhi genericamente: lavoro dell’uomo risultante da studio, dalla pratica e dall’ingegno nel conseguire un determinato effetto; il complesso delle regole o precetti necessari a quello: astuzia; finezza; capacità di sapersi regolare per arrivare ad uno scopo, e tutto diventa quindi sinonimo di professione, mestiere, ufficio esaurendosi a tale definizione. Da queste prime interpretazioni si evince che mentre per il primo senso (generico) è abbastanza evidente per tutti un significato, non lo è così per il secondo (spirituale), o meglio quest’ultimo sembra non essere tanto comprensibile a tutti, ma solo a pochi, a coloro che appartengono a quella schiera di eletti capaci di leggere e di leggersi dentro. “Arte” intesa in senso puro e spirituale significa:

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«elevazione dell’anima a Dio, contemplazione della grandezza e della potenza di Dio chiaramente visibile nella meravigliosa Natura che ci circonda; ricerca della bellezza Divina nei suoi diversi aspetti trasfusi in tutto il creato; ricerca dell’armonia della perfezione del Signore nella sua opera; ricerca dell’Ordine della “Verità” universali; punto di contatto tra la materia e lo spirito, anello che congiunge gli uomini al Padre e alla Madre Celesti».

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Quirino De Ieso Il mistero della crocifissione, La Vergine Maria con Maddalena e l’Apostolo Giovanni sotto la croce, 2003

L’arte nasce col mistero della creazione dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio [cf. Gen 1,26]. Nell’uomo il Creatore infonde quel naturale spirito creativo che a poco a poco diverrà arte espressiva nelle sue varie forme. Da quel momento l’Arte nelle sue diverse manifestazioni è stata sempre la più intima compagna dell’uomo per se stesso ma anche per il suo rapporto con Dio, e lo sarà certamente fino all’eskaton, quando Dio darà vita a nuovi cieli e nuova terra.

L’uomo non si accontentò di cercare lo spirituale e mettersi in contatto con esso solo attraverso l’espressione figurativa ossia la rappresentazione iconografica del suo pensiero, cercò di arrivare ad esso anche con un mezzo più rapido: verbalmente, cioè con la preghiera intesa come strumento e mezzo di comunione con Dio, ed anch’essa arte, nelle sue varie forme espressive poetiche e musicali. Certo, la preghiera dei primi uomini non era comunque quella concepita da noi, poiché il loro modo di vedere e di pensare di uomini antichissimi era ben diverso dal nostro, ma non per questo dobbiamo pensare che la loro preghiera e il loro concetto di soprannaturale fossero sentiti con calore e sincerità minori di come li sentiamo oggi, perché lo spirito e il desiderio di elevazione e di slancio mistico verso una dimensione metafisica che alberga nell’animo umano è da sempre vivo, ma è certamente cambiato il modo di manifestarlo attraverso i secoli, rischiando talvolta di perdersi strada facendo.

È nota ai più, la lunga strada che l’arte ha percorso con le sue parabole ascendenti e discendenti. Ad ogni periodo di maggiore splendore è seguito sempre un periodo di declino. Ci si chiede: perché ci sono stati questi alti e bassi in campo artistico? Non si deve certo pensare ad una più o meno scarsa intelligenza dell’uomo come spesso la maggior parte dei critici di tutti i tempi ci ha voluto dimostrare con le loro più o meno profonde osservazioni. La vera ragione che secondo De Ieso ha sempre causato alti e bassi è di tutt’altra natura, è introspettiva. È risaputo infatti che in tutti i tempi gli artisti hanno sempre cercato un mezzo o una maniera efficacissima per astrarre la realtà delle cose e della natura, per far comprendere agli spettatori il contenuto delle loro opere, o meglio per mettere in rapido contatto lo spirito del contemplatore con lo stato d’animo contenuto nelle loro opere [4].

Crocifissione, 1954

Quirino De Ieso, il Cristo crocifisso in mezzo ai due ladroni, opera giovanile, 1954

Solo quando gli artisti riuscivano a trovare questo mezzo efficace di astrazione, l’arte si avviava per quella strada che l’avrebbe condotta alle più alte vette, ossia alle più sublimi realizzazioni artistiche. Solo dal dialogo interiore attraverso una netta introspezione dell’artista con se stesso elevando il suo spirito a Dio, poteva accadere questo. Quando questa maniera di astrarre fu sfruttata al massimo, gli artisti successivi per non ripetere la stessa strada dei loro predecessori furono costretti a cambiar via. Per fare ciò, dovevano trovare una nuova maniera di “astrarre” e che nello stesso tempo fosse altrettanto efficace quanto quella già universalmente accettata. Purtroppo, cercando al di fuori del loro essere, gli artisti sono riusciti a catturare quello che la realtà triste di questi ultimi scampoli di progresso tecnologico offre loro, restando mediocri e paralizzati nella rappresentazione, che non è scaturita dallo spirito di cui l’uomo è portavoce, ossia dalla consapevolezza dell’esistenza del divino, ma piuttosto dalla vuota esteriorità che prima di tutto è spesso vile apparenza senza sostanza.

Arte è prima di tutto esperienza di vita e come tale si sviluppa unitamente alle emozioni, al percorso sociale, culturale ma soprattutto spirituale che l’uomo-artista compie nella sua esistenza. Essa è indubbiamente fenomeno sociale ed espressione della vita stessa, cambia col mutare della società e delle esperienze dell’uomo. Ma in questo continuo “divenire” l’arte deve pur mantenere lo spirito essenziale della sua essenza, attraverso quella serie di interrogativi esistenziali che l’individuo si pone, e che non è il linguaggio dei segni che si modifica a seconda delle varie epoche, almeno non è solo quello, ma piuttosto è linguaggio universale, catechetico. Numerose sono infatti le pitture ― in particolare gli affreschi impressi in molte nelle chiese tra il XIII e XVI secolo ― che sono vere e proprie tavole illustrative del catechismo per il Popolo di Dio; basti citare, tra le numerose, quelle del Duomo di San Gimignano [vedere QUI].

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Quirino De Ieso, Il mistero della risurrezione del Cristo, 1996

La “Verità” pura nell’universo, nel suo duplice aspetto, materiale e spirituale, ma anche catechetico, si esprime attraverso l’arte, ancella della comunicazione universale e da secoli posta a servizio del divino, del sacro, attraverso un travagliato cammino per il raggiungimento di una catarsi dell’interiorità dal vizio, dal disordine morale per arrivare al recupero dei valori etici, obiettivi preposti e perduti a causa dell’esteriorità con cui oggi gli artisti si approcciano ad essa senza guardarsi dentro, secondo il monito evangelico: «Il regno di Dio è dentro di voi» [cf. Lc 17,21]. In questa interiorità alberga il seme di grazia della Verità, quindi lo spirito essenza della vera arte, quella capace di percepire il divino e manifestarlo attraverso i messaggi espressivi propri delle arti.

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Quirino De Ieso, La discesa dello Spirito Santo nel cenacolo sopra gli Apostoli e la Vergine Maria a Pentecoste. Affresco centrale, Chiesa del Sacro Cuore in Noto, 1999.

Particolarmente vicino alla teologia paolina, Quirino De Ieso soleva dire che senza la vittoria dell’uomo su se stesso (a causa della mancata analisi introspettiva) vi sarà la sconfitta universale, con l’infelice prospettiva di diventare l’uomo “dinosauro” del duemila, ossia specie destinata all’estinzione. Ma l’uomo, il solo granello pensante dell’universo, quali strade può percorrere per ritrovare se stesso? Solo dalla personale ricerca interiore può scaturire la nuova forza vitale capace di ricollocarlo al primo posto della scala degli esseri viventi. Chi prevale? La bestia o l’angelo, il compiacimento o il rimpianto, la concretezza o la fantasia, la dόxa o il logos, la fede o la scienza, la realtà o l’illusione, la vittoria o la sconfitta? Dove collochiamo il nostro io: in un turbine senza fine, oppure in un sereno romantico scorcio della nostra terra? Chi domina il nostro pensiero: incubi nati da antichi tormenti, o speranze di felici orizzonti? Ed è così che dall’intreccio di una rete intessuta con ardua impresa l’Altissimo scruta l’uomo in trepidante attesa nella risposta alla ricerca e scoperta della Verità.

Sia che ci scopriamo prosecutori di primordiali istinti, sia che ci valutiamo figli di una Creatura celestiale naufragata in un mondo dominato da discutibili passioni in seguito alla cacciata dell’uomo dal Paradiso terrestre [cf. Gen 3, 23-24], scopriremo comunque che la ricerca interiore che vivifica il mondo dell’Arte ci guida in una affascinante avventura nella Natura che ci circonda, e di cui facciamo parte integrante come il vento, i fiumi, le stelle, il sole, mirabili opere di Dio che, nonostante il rifiuto dell’uomo corrotto nella propria primordiale essenza dal peccato originale e abbandonato spesso alla grettezza prevaricante delle sue passioni, non ha mai cessato di venirci incontro e di amarci nel corso dell’intera storia della nostra esperienza umana, sino all’incarnazione del Verbo di Dio fatto uomo [cf. Gv. 1,1].

Il doppio interrogativo che De Ieso pone ed impone attraverso le sue opere ai suoi interlocutori sull’uomo e sulla Natura quale opera del Creato, non è dunque una fredda interrogazione filosofica, ma la domanda viva ed assillante di chi vuole additare i grandi problemi dell’oggi e collaborare nei rimedi per la salvezza dell’umanità e del suo naturale ambiente, mediante l’espressione più raffinata della produzione umana che è l’arte, testimonianza materiale ed immateriale avente valore storico di civiltà quale carta di identità di un popolo, procedente al recupero affannoso di quell’identità smarrita e forse perduta per sempre, dopo che l’uomo uscì dall’antico Giardino di Eden, verso il quale è stato nuovamente ricondotto dal Cristo Redentore, fattosi nuovo Adamo, perché «come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» [cf. I Cor 15,22].

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* storica dell’arte

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Per leggere la recensione tratta dalla rivista Le Sicilie cliccare sotto

Licia Oddo – Jorge A Facio Lince: «QUIRINO DE IESO TRA ARTE E KOINÉ»

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NOTE

[1] C.Vicari, Come l’800 fu la premessa all’arte contemporanea, in l’Arte italiana nella seconda metà del XX sec.: Tradizione e Avanguardia, Piacenza, 1980, p.5
[2] Ossani Silipo, Carattere Generale dell’Arte tra il nuovo e l’antico, in l’Arte italiana nella seconda metà del XX sec.: Tradizione e Avanguardia, Piacenza, 1980, p. 21
[3] Ariel S. Levi di Gualdo, Le Sicilie, pag. 96 [cf. QUI]
[4] Tale interpretazione è quella che nella comprensione dell’opera d’arte di Panofsky,corrisponde ad una terza ed ultima fase che fornisce il significato intrinseco dell’opera stessa: l’analisi iconologica. Coglie al di là dei motivi e al di là delle storie i valori simbolici, valutandone le tendenze politiche, religiose, filosofiche e sociali sia nella personalità dell’artista che nell’epoca in cui egli vive.

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Quirino Di Ieso

una delle ultime immagini del pittore Quirino De Ieso, 2006

 

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5 commenti
  1. emilio dice:

    Mi sono occupato pochissimo di arte, pur avendo in passato girato musei in tutto il mondo. Su invito di Topazia Alliata Maraini, morta da poco a 102 anni, ho conosciuto Gillo Dorfles, ora anni 105. In una sua conferenza ha dichiarato che l’arte di oggi è priva di anima ed è solo decorazione. Mi risulta che nella chiesa nuova di San Giovanni Rotondo, dove trovasi il corpo di padre Pio con maschera del volto in silicone, leggasi Mischitielli, manca il crocefisso, e che l’averlo introdotto per una visita di Benedetto XVI ha portato ad una causa dell’architetto ateo e massone Renzo Piano contro il Vaticano… e se non erro il crocefisso mancava nel padiglione Expo del Vaticano, per non offendere la sensibilità dei musulmani… ora nel Corano arabo fissato da Othman come quello di Aisha Gesù non muore sulla croce, ma vi muore e risorge stando al più autentico Corano del Senegal, non inviato a Baghdad dove Othman voleva tutti i corani, motivo quindi del fatto che l’islam africano sia considerato eretico dagli arabi… vedasi un recente libro sull’ Africa di padre Gheddo del Pime.

  2. Padre Ariel
    Don Angelo Rossit dice:

    Lette queste righe …

    “Arte dunque come ricerca interiore. Si pensi in tal senso al modo in cui Dante Alighieri traduce in rima poetica ed immagini, nel XXXIII Canto del Paradiso, i misteri della fede esposti da San Tommaso d’Aquino nella sua Summa Theologiae; immagini che in seguito, Sandro Botticelli, raffigurerà attraverso i suoi celebri disegni illustrativi della Divina Commedia. Ma è pur vero che molti valori determinanti per la nostra società sono stati svuotati del loro contenuto reale, contaminati da effimere grandezze, calpestati da una progressiva involuzione etica”

    … mi sono detto: ah, ragionassero a questo modo presso la Pontificia commissione di arte sacra!

  3. Padre Ariel
    Alberto Molina dice:

    Bell’articolo, illuminante circa il rapporto arte e fede.
    Mi ha colpito la pittura “vi farò pescatori di uomini”, non saprei spiegare perché, ma l’ho trovata veramente molto particolare. Molto belle anche le altre opere.

  4. Padre Ariel
    antondon.12 dice:

    Gentile Signora, due considerazioni da un sacerdote che segue l’Isola di Patmos da quando è nata, ossia da quando i nostri cari padri hanno approdato su questa giovannea isola.

    1. Non ricordo neppure quand’è stata l’ultima volta che ho letto l’articolo di uno storico dell’arte che parlasse d’arte in rapporto alla fede e di arte come espressione della fede. Ricordo però che ormai non c’è più biennale di Venezia, esposizione parigina o newyorchese nella quale non vengano presentate delle “opere d’arte” che dissacrano i principali simbolo ed elementi della fede cristiana.

    2. In gioventù sono stato parroco di una piccola chiesa del ‘600, rimaneggiata poi a metà ‘700 in modo sobrio, un vero gioiello d’arte. Poi fui mandato in una grande parrocchia, classica costruzione moderna anni ’70, e posso garantirle che per quanto noi preti, spesso, ci impegnamo (anche per una specie di autodifesa, di sopravvivenza!) al brutto non ci si abitua mai! Ho dovuto lottare molto per riuscire a rimuovere un crocifisso rasente l’oscenità ed una indescrivibile Madonna con bambino, e alla fine ci sono riuscito perché i fedeli hanno minacciato la nostra curia che avrebbero fatto sparire loro “quelle schifezze”, come dissero al responsabile degli edifici di culto. Il primo (il crocifisso in questione) realizzato da un ateo dichiarato, oltre che comunista militante, che aveva dato al volto di Gesù l’espressione del Che Guevara, la seconda “opera” era una Madonna, in bronzo fuso, realizzata da una scultrice femminista e abortista militante.

    Leggere il suo articolo, scritto a quanto vedo dalla sua foto da una donna giovane, mi ha proprio rincuorato.

    Non conoscevo il pittore di cui lei scrive, ma i quadri che accompagnano l’articolo mi sono piaciuti molto, e se opere di questo tipo fossero state collocate nella mia chiesa parrocchiale, le dirò che non avrei vissuto anni di disagi, evitando di guardare in alto, a destra o a sinistra, durante le celebrazioni eucaristiche.

    La “mercanzia artistica” messa nelle nostre chiese moderne, spesso è imbarazzante e fonte di imbarazzo per sacerdoti e fedeli. Non è vero che l’arte moderna è brutta, ma è vero ch’esistono artisti contemporanei che realizzano brutte opere d’arte che, non si sa come né perché, spesso finiscono nelle nostre chiese.

    don Antonio

    • Padre Ariel
      Don Roberto G. dice:

      Don Antonio, ti consolo ricordandoti che io, a pochi chilometri di distanza da te, feci rimuovere da una cappella un quadro della “natività” che i miei parrocchiani avevano soprannominato il quadro della “Madonna vampira”, che con i denti strappava il cordone ombelicale a un Gesù bambino sporco di sostanze organiche.
      E questo sempre a proposito di artisti contemporanei, arte contemporanea, ma, soprattutto, a proposito di chi mette certe cose nelle nostre chiese, spesso persino pagate fior di quattrini.

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