S.O.S. Chi si prende cura dei migranti cattolici in cerca di pastori mentre la barca della Chiesa affonda?

— dalla cella del Monaco Eremita —

S.O.S. CHI SI PRENDE CURA DEI MIGRANTI CATTOLICI IN CERCA DI PASTORI MENTRE LA BARCA DELLA CHIESA AFFONDA?

Salvate le nostre anime! Prendetevi cura di noi, poveri migranti da questo mondo al Padre, che attraversiamo il mare tempestoso di questa vita sulla barca di Pietro, non lasciateci affogare tra i marosi del mondo e delle sue povere ideologie.

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Autore
Il Monaco Eremita

   

[chi è il Monaco eremita, vedere QUI]

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tempesta …

S.O.S è un segnale di richiesta di aiuto in situazioni di emergenza grave adottato a Berlino nella conferenza internazionale radiotelegrafica del 1806 ed entrato in vigore dal 1908. facilmente comunicabile nell’alfabeto Morse e reinterpretato in vari modi, tra i quali prevale Save Our Souls: salvate le nostre anime! Segno reso famoso dalla tragedia del Titanic, perché proprio in quell’occasione fu lanciato il primo S.O.S.

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Questo S.O.S vorremmo rivolgerlo come grido straziante alla Chiesa Cattolica e ai suoi pastori: Salvate le nostre anime!

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Sappiamo certamente che è Dio, attraverso il mistero pasquale di Cristo, nello Spirito, a salvare le anime. Tuttavia, Egli stesso ha voluto coinvolgere profondamente in questo mistero di redenzione il suo Mistico Corpo, cioè la Chiesa, dotandola dei mezzi ordinari per la salvezza degli uomini. Mezzi che non escludono i mezzi straordinari, ma questi secondi sono però nelle mani di Dio e nei suoi disegni a noi del tutto imperscrutabili.

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Se la Chiesa dimentica, minimizza, trascura, o addirittura accantona i mezzi donati dal Signore, non compie un’opera buona, anzi tradisce la propria missione specifica, rendendosi presente come una qualsiasi realtà mondana, quindi soggetta alle leggi di qualsiasi società di questo mondo, con tutte le conseguenze del caso. E come realtà puramente mondana non può certo pretendere di avere né di esercitare un munus infallibile, per esempio nella politica, nell’economia, nella tecnica e via dicendo. Questo munus la Chiesa lo possiede invece in sé, per quanto riguarda la dottrina della fede.

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È curioso che il giusto principio: «La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire», solennemente annunciato dal Concilio Vaticano II e ribadito dal magistero pontificio nella Octogesima adveniens di Paolo VI, per seguire con la Centesimus annus di Giovanni Paolo II e con la Caritas in veritate di Benedetto XVI, sia usato spesso contro la “cattiva” Chiesa del passato che si immischiava in questioni politiche, oggi sia invece ignorato da certo modo di porsi di molti pastori della nostra contemporaneità. Sembra, in effetti, quell’atteggiamento di molti rivoluzionari, i quali si schierano decisamente con sdegno contro ogni “stato di polizia”, fin quando però non conquistano il potere, scoprendo a quel punto che la polizia fa parecchio comodo!

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Nessun Concilio, nasce improvvisamente dal nulla nella storia della Chiesa. Pertanto, la riforma portata avanti dal Concilio di Trento, con ampie anticipazioni già nel periodo precedente, aveva come ideale e come fine la cura delle anime, come ben si sintetizza nel motto salus animarum suprema lex.

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Si trattava della ripresa in forma organica e sistematica di un’attenzione che aveva radici molto antiche; in fondo certo decadimento morale dell’apparato ecclesiastico pre-tridentino fu proprio causato dall’allontanamento della cura delle anime, per dedicarsi ad altro. Nei fatti concreti il Concilio riformatore seppe quindi, giustamente, reindirizzare la Chiesa verso il suo fine precipuo. Recita il Canone I della sessione XXIII, sul Sacramento dell’Ordine:

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«Poiché con precetto divino è stato comandato a tutti quelli cui è stata affidata la cura delle anime, di conoscere le proprie pecore, di offrire per esse il Sacrificio, di pascerle con la predicazione della Parola divina, con l’amministrazione dei sacramenti e con l’esempio di ogni opera buona; di aver una cura paterna per i poveri e per gli altri bisognosi e di attendere a tutti gli altri doveri pastorali ― cose tutte che non possono essere fatte e compiute da quelli che non vigilano sul proprio gregge e non lo assistono, ma lo abbandonano come mercenari ― il sacrosanto Sinodo li ammonisce e li esorta, perché, memori dei divini precetti e divenuti esempi del gregge, lo pascano e lo reggano nella saggezza e nella verità”.

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Parole che mantengono un’inalterata attualità. Non si tratta certamente di sterili rimpianti di un passato mitico ― nessun passato è stato esente da errori, peccati, deformazioni e via dicendo ― ma di saper cogliere ciò che di buono e di fondamentale è stato elaborato ed ha portato i suoi frutti, quelli visibili e quelli invisibili.

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Oggi la cura animarum sembra completamente sparita dall’orizzonte spirituale, culturale e pastorale del pensiero e dell’azione della Chiesa di oggi. Il termine cura, nella lingua latina, ha un ampio valore semantico, può infatti corrispondere a cura, sollecitudine, premura, attenzione, riguardo, diligenza, solerzia, inquietudine, affanno, pensiero, preoccupazione, governo, custodia, sorveglianza, coltivazione, allevamento, trattamento, cura delle malattie, rimedio, guarigione, curiosità, interesse, tutela, fino a spingersi addirittura a amore, pena d’amore.

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Sarebbe bello vedere dei pastori che manifestassero, non dico tutti, ma almeno uno dei sopraddetti significati. Trovare un pastore che arrivi addirittura a una pena di amore per le anime a lui affidate è certamente una grande gioia. Oggi invece tutto ciò sembra riservato non alle anime, bensì ai motti, agli slogan, delle ideologie correnti.

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La salute delle anime è ancora il supremo criterio che guida l’azione della Chiesa di oggi? La salvezza eterna degli uomini riguarda ancora questa società ecclesiastica? Il duro ma misericordioso richiamo del Signore: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua anima» (Luca 12,20) ha ancora una qualche eco nelle attuali strutture della chiesa, posto che questa è la vera misericordia di chi ti sta avvertendo di un pericolo mortale?

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Se guardiamo a ciò che appare dalle strutture ufficiali, la risposta appare negativa. Certamente la grazia di Cristo continua a riversarsi sugli uomini attraverso l’opera spesso nascosta ma coscienziosa di molti sacerdoti, religiosi e laici cristiani che restano con generosità fedeli al mandato di Gesù.

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Cura delle anime non sta a significare un cristianesimo intimistico, spiritualistico, staccato dalla vita reale, attento solo alle perfezioni di pochi eletti, dimentico delle grandi questioni umane; anzi è proprio la cura dell’anima che da verità, vigore, forza e significato per un vero impegno nel mondo, non però secondo modalità ideologiche bensì secondo modalità evangeliche, ossia del Cristo vivente, salvatore dell’uomo. La cura animarum non è l’estraneazione dalle problematiche umane, bensì è l’assunzione di ogni problema autenticamente umana nella prospettiva soteriologica. Il concetto di anima non ha valenze da culto misterico, o da ectoplasma da spiritisti; ci rifacciamo semplicemente alla nostra dottrina che trova sintesi nel Catechismo delle Chiesa Cattolica [Cfr. nn. da 362 a 368, testo QUI].

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Proprio in questa prospettiva rientra il preciso comando di Cristo:

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«Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» [Mt 28,19-20].

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Non si compie una cura delle anime senza il necessario e continuo annuncio di Cristo. Una Chiesa che si riduce a ripetere slogan a cui nessuno badò, come il povero Don Abbondio di manzoniana memoria, rischia di essere formata da pastori che non evangelizzano …

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Paradigmatico è il caso delle migrazioni: quanti pastori della Chiesa si sentono chiamati ad annunciare Cristo ai numerosi stranieri che vengono a vivere in Italia? Un annuncio che passa certamente anche nelle opere di giustizia e di assistenza materiale, ma che non può fermarsi lì, quasi che gli stranieri non abbiano un’anima da salvare.

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La sempre più marcata assenza di una vera cura delle anime porta a risultati devastanti, sia all’interno del corpo ecclesiale, sia nella società. La mancata attenzione alla dimensione spirituale, trascendente conduce ad esiti disastrosi. Ecco allora che moltissimi, spinti da quell’insopprimibile desiderio di vita interiore, si rivolgono ad altre realtà, che sembrano offrire una maggiore attenzione ai bisogni spirituali.

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Ecco la rinnovata attenzione alle varie religiosità di tipo orientale, oppure il ricorso a maghi e cartomanti, oppure la frequentazione di quei gruppi spiritualistici o para-cattolici, con tutto l’apparato di visioni, locuzioni, apparizioni fai da te e via a seguire. Mentre i pastori perdono la percezione stessa del fatto che, senza la cura delle anime, si producono danni molto gravi.

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Girava tempo fa una battuta tra i preti: «Quante anime ha la tua parrocchia?» chiedeva un parroco a un altro. E la risposta era: «Duemila corpi, dei quali alcuni, ogni tanto, si ricordano di avere un’anima». Oggi questo si è rovesciato sulla stessa struttura ecclesiastica.

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Non possiamo che ripetere l’appello iniziale: S.O.S. Salvate le nostre anime! Prendetevi cura di noi, poveri migranti da questo mondo al Padre, che attraversiamo il mare tempestoso di questa vita sulla barca di Pietro, non lasciateci affogare tra i marosi del mondo e delle sue povere ideologie.

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Cari pastori, prendetevi cura delle nostre anime: S.O.S! S.O.S! S.O.S! Mentre io, ritirato nel mio eremo nell’isolamento e nel silenzio, prego per voi, perché a questa missione ho dedicata l’intera vita terrena che Dio Padre vorrà concedermi.

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Dalla cella del monaco eremita, 24 febbraio 2020

 

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4 commenti
  1. Libera mente semper
    Libera mente semper dice:

    Non sa quanto, il padre eremita, colpisce “l’anima” di chi ha sete di “cura dell’anima”.
    Le nostre parrocchie curano molto il corpo: ritrovi, occasioni, appuntamenti ed eventi… ma per la cura dell’ ‘”anima” noi fedeli non sappiamo spesso a chi rivolgerci.
    Sembra quasi che l’importante sia “partecipare”, non “vivere”.
    Ci troviamo spesso sperduti, senza direzione, specialmente se siamo reduci da esperienze che ostentavano una “profondità”, ma che poi hanno avuto il solo effetto di lasciarti l’amaro in bocca, per non dire di peggio…
    Una volta lasciato, ti senti solo, gli SOS non vengono ascoltati, ma ti viene detto solo “fai questo”, “fai quello”, come se il fare fosse tutto.
    Abbiamo BISOGNO della cura dell’anima e di una direzione autorevole chiara e sicura.
    Altrimenti siamo al fai-da-te, che per quanto possa essere in buono spirito, non può mai essere come camminare con una guida.

    • Padre Ariel
      Redazione de L'Isola di Patmos dice:

      NOTA DELLA REDAZIONE

      non abbiamo “censurato” il suo pezzo, tutt’altro cogliamo l’occasione per informare lei e i lettori che il Padre non può rispondere ai commenti, perché vive una vita eremitica di stretta osservanza e usa molto poco internet. Quando lo usa lo fa in modo limitato esclusivamente allo stretto necessario.
      Le sue corrispondenze sono ridotte a quelle intrattenute con il suo vescovo e con pochissimi sacerdoti, non ha televisore e non usa il telefono.
      Internet lo usa per collegarsi, per esempio, agli archivi nei quali sono disponibili gli atti della Santa Sede, i documenti di magistero, o per aggiornarsi sulle notizie minime indispensabili, in pratica leggendo solo alcune pagine di giornale online.
      Inutile quindi pubblicare domande, o anche critiche ai suoi scritti, alle quali non potrebbe rispondere.
      Se pubblicassimo questi materiali in fondo ai suoi articoli, sarebbe scorretto nei riguardi di chi, per il genere di vita che conduce, non potrebbe rispondere.

  2. Davide Maria
    Davide Maria dice:

    Grazie nascosto Padre eremita per queste parole, sono degne di profonda e voglia Iddio, anche di fruttuosa riflessione.
    C’è anche un’altro spunto interessante per SOS, fornitomi dal nemico che sarebbe: senza ogni speranza.
    Che bello sapere in cosa con certezza non credere.
    Buona quarantena!

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