“Lettere” – Castighi divini, amore e misericordia. Le ragioni di Roberto de Mattei

lettere dei lettori 2

 

Lettere dei Lettori dell’Isola di Patmos

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CASTIGHI DIVINI, AMORE, MISERICORDIA. LE RAGIONI DI ROBERTO de MATTEI

 

«Gentili Padri dell’Isola di Patmos, mi sono imbattuto in un video del Prof. Roberto de Mattei nel quale si collegano certi eventi naturali quali il terremoto di Messina del 1908 a un … castigo divino (!?). Sono esterrefatto che si usino ancora certi toni e capisco perché il Padre Ariel gli ha tirato alcune sferzate in suoi articoli. Il tutto per giunta alle porte del Giubileo della Misericordia. Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione »  

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Autore Redazione dell'Isola di Patmos

Autori
Giovanni Cavalcoli, OP
Ariel S. Levi di Gualdo

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«Gentili Padri dell’Isola di Patmos, mi sono imbattuto in un video del Prof. Roberto de Mattei nel quale si collegano certi eventi naturali quali il terremoto di Messina del 1908 a un … castigo divino (!?). Sono esterrefatto che si usino ancora certi toni e capisco perché il Padre Ariel gli ha tirato alcune sferzate in suoi articoli. Il tutto per giunta alle porte del Giubileo della Misericordia. Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione» [N.d.R. vedere video QUI ]

Stefano Salvitti, Roma

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Gentile Lettore.

roberto de mattei primo piano

Roberto de Mattei, nato a Roma ma appartenente ad una famiglia della vecchia aristocrazia siciliana, parlando del terremoto di Messina non ha espresso “opinioni personali” od “opinioni cattoliche di parte”, si è basato su fatti storici.

Le rispondiamo assieme per spiegarle perché condividiamo ciò che espose il Prof. Roberto de Mattei e perché lo difendemmo quando fu aggredito dagli “integralisti” laicisti in modo scomposto e senza argomenti, come lui stesso spiega in modo preciso e pacato nel video che lei ci ha inviato.

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Non faccia torto al Padre Ariel mal interpretando le sue «sferzate», perché si tratta di scambi d’opinioni colorite talora dal suo spirito toscano, attraverso le quali mai ha sminuito questo valente accademico cattolico, che entrambi conosciamo di persona. Quindi non confonda certe normali pizzicate tra studiosi con forme di astio che non toccano i Padri dell’Isola di Patmos. Sappia infatti che filosofi, teologi e storici si accapigliano da quando sono nate le discipline filosofiche, teologiche e storiche, finendo poi a cena assieme, perché il litigare finisce col metter loro fame, tante sono le energie che bruciano in certe discussioni.

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Nell’ambito di certi dibattiti noi non abbiamo accettato la critica di de Mattei al Concilio Vaticano II, a cui riguardo abbiamo all’occorrenza polemizzato. E qui non si tratta di opinioni, ma di fedeltà al Magistero della Chiesa, sul quale non possiamo transigere, pur nel profondo rispetto della cara persona.

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Attraverso la sua domanda ella offre conferma di quanto oggi sia difficile parlare una “lingua” cattolica. Per questo più volte i Padri dell’Isola di Patmos hanno insistito in vari articoli sulla “perdita della lingua”, o sul dramma derivante dal parlare una lingua che il mondo laicista, ma spesso anche un certo mondo cattolico intriso di modernismi e di sociologismi non è più disposto a recepire e capire [vedere QUI].

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Roberto de Mattei Castighi di Dio

il libro di Roberto de Mattei [ed. Fede&Cultura]

La citazione di Salviano di Marsiglia [Cf. De Gubernatione Dei] da parte di de Mattei è pertinente e applicabile al nostro tempo, dato l’evidente riferimento biblico ai famosi episodi di Sodoma e Gomorra. Una società come la nostra, sempre più accondiscendente per non dire favorevole a comportamenti contrari alla legge divina, quale appunto può essere la sodomia, rischia effettivamente di subire un severo castigo divino. Se infatti Dio, come spesso dice il Santo Padre Francesco, è sempre pronto ad accogliere chi si pente, non dimentica le esigenze della giustizia, che vogliono la punizione del peccatore arrogante, sfrontato e ostinato. Se non mantenessimo questo concetto di giustizia comune a tutte le religioni e fondato sulla coscienza morale naturale, crollerebbe l’intero ordine giuridico della Chiesa e dello Stato. Homo homini lupus. I delinquenti schiaccerebbero gli onesti, i prepotenti renderebbero schiavi i giusti.

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Occorre tener conto della importante distinzione contenuta nella Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1986, n.3 [vedere QUI]. Si tratta della distinzione fra condizione o tendenza omosessuale e atti omosessuali. L’inclinazione, spiega il documento, «benchè non sia in sè peccato», perchè è istintiva o spontanea, e a volte innata, «costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale», in quanto gli atti ai quali spinge o sollecita, «vengono privati della loro finalità essenziale e indispensabile», che è la procreazione. Costituisce dunque peccato o colpa non la semplice presenza dello stimolo omosessuale, ma l’accondiscendere volontariamente a questa inclinazione. Accondiscendere volontariamente a un’inclinazione cattiva, benchè involontaria, non può che essere un’azione cattiva. Il che lascia alla pastorale ecclesiale ed alla legge civile un giusto ed ampio spazio di interventi specifici e calibrati, a seconda dei casi, da attuare con prudenza, carità e rispetto delle persone, giacchè occorre sempre ricordare la fondamentale distinzione tra la qualifica morale oggettiva di un peccato o reato in rapporto alla legge morale o civile e l’entità della responsabilità concreta, se esiste e quanto esiste, nelle circostanze concrete, della persona che li commette. Giudicare dell’atto in linea di principio non è lo stesso che giudicare della coscienza del singolo in quelle determinate circostanze. È in relazione a questo secondo aspetto, non al primo, che bisogna intendere la famosa e articolata frase del Santo Padre riassunta dai giornali in: «Chi sono io per giudicare?» [vedere II parte della conferenza di Ariel S. Levi di Gualdo, minuto 18,40 QUI].

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bologna spettacolo blasfemo

la nuova Sodoma&Gomorra, spettacolo blasfemo sulla passione di Cristo messo in scena dall’Arcigay di Bologna [vedere QUI]

Per sostenere la teologia del castigo o la teologia dell’Inferno, basterebbe rifarsi alle numerose volte in cui il Signore Gesù vi fa riferimento nei Vangeli, indicandolo in vario modo come «fornace ardente» e come luogo «dove sarà pianto e stridore di denti» [Mt 13, 42]. Anche nell’Antico Testamento si fa frequente riferimento al giudizio di Dio e al suo castigo per i peccatori. Nella letteratura biblica l’ira di Dio viene posta assieme all’amore dal Salmista che canta le lodi di Dio celebrandolo come «lento all’ira e grande nell’amore» [Sal 102,8], ed ancora «Paziente e misericordioso è il Signore, lento all’ira e ricco di grazia» [Sal 144,8].

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Il castigo divino non sempre è necessariamente un atto positivo di Dio nei confronti del peccatore, quanto piuttosto una conseguenza necessaria dello stesso peccato, che egli commette, così come è logico che muoia chi beve un veleno. Però, secondo imperscrutabili piani di giustizia e di misericordia, Dio nella vita presente in certi casi punisce, in altri no, lasciando il castigo alla vita futura. Meglio subire il castigo adesso, perchè ci si può redimere, piuttosto che nell’al di là, dove non c’è più rimedio. Per questo, è bene approfittare subito della divina misericordia, facendo penitenza dei nostri peccati, perchè se non faremo questo adesso, di là, al posto della misericordia, ci sarà la giustizia, il cui rigore non auguriamo a nessuno.

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Le pene di questa vita possono colpire anche innocenti, mentre certi malfattori sembrano farla franca. Sembrerebbe a tutta prima che ci fosse in Dio una mancanza di giustizia, perchè non punisce i malfattori e non difende degli oppressi; e di misericordia, perchè lascia soffrire gli innocenti? La risposta ci viene dalla fede, la quale ci dice che gli innocenti vengono uniti dal Padre alla croce di Cristo, l’Innocente per eccellenza, diventano in Cristo strumenti di salvezza del mondo. Verso questi innocenti la giustizia coincide con la misericordia, secondo l’insegnamento paolino [Rm 3,21], in quanto si tratta di Dio che giustifica per misericordia. Quanto ai malfattori, esiste la misericordia anche per loro, ma a patto che si convertano. E Dio è giusto anche per loro, perchè offre anche a loro i mezzi per salvarsi.

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L’ira divina nel senso biblico non significa poi dare in escandescenze, nè significa tanto meno crudeltà, è semplicemente la volontà divina di fare giustizia e quindi il giusto castigo. Essere lenti all’ira non vuol quindi dire essere privi di ira, perché nell’immensa grazia dell’amore di Dio risiede anche la giustizia di quella misericordia attraverso la quale il Divino Giudice concederà il premio della beatitudine del Paradiso, assegnerà la destinazione dell’anima alla purgazione, cioè alla purificazione nel Purgatorio, ed irrogherà la pena eterna nell’Inferno per coloro che in modo ostinato e pervicace avranno rifiutato il suo amore, i suoi doni di grazia e quindi la sua misericordia e il suo perdono.

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Paul Rubens 1615 lot fugge con la sua famiglia

dipinto di Paul Rubens (1615) Lot fugge con la sua famiglia mentre su Sodoma e Gomorra piovono fuoco e zolto

Come sacerdoti e teologi ci rendiamo conto che urge sempre più ripartire da una accurata catechesi del Popolo di Dio, eliminando le imposture di un falso buonismo e di un falso perdonismo, ed al tempo stesso dando una corretta formazione ai sacerdoti, posto che molti fedeli, ma purtroppo anche diversi pastori in cura d’anime, hanno un’idea errata della misericordia di Dio, che non esclude la giustizia punitiva, così come l’esistenza del bene non esclude l’esistenza del male; e la buona azione non esclude il peccato. La misericordia non è solo dono, ma è anche premio. Non si premia il male, ma il bene.

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La misericordia divina suppone il castigo e la pena del peccato. La misericordia è la volontà divina di liberare in Cristo l’uomo dal peccato e di sollevarlo dalle sue miserie, conseguenze del peccato originale e, a volte, di peccati personali. Essa rimette il peccato, ma non necessariamente toglie o allevia la pena, la quale pertanto, unita per amore alla croce di Cristo, assume un valore riparatore ed espiativo. La remissione del peccato mortale libera dalla pena dell’inferno, mentre la pena per il peccato veniale è temporale, scontabile o quaggiù con la penitenza e l’uso delle indulgenze, oppure in Purgatorio. Dove pure le anime possono fruire delle indulgenze.

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Dio vuol fare a tutti misericordia. Se quindi di fatto — e questa è verità di fede — alcuni sono premiati e oggetto di misericordia, mentre altri sono dannati e castigati, tale differenza non dipende da Dio, ma dall’oscillazione tipica del libero arbitrio umano, capace di operare ora il bene ora il male. Per questo è giusto che i buoni siano premiati e i cattivi siano castigati. Sarebbe infatti ingiusto che Dio premiasse i cattivi. Sarebbe come autorizzarli a compiere il male. Potrà mai Dio permettere una cosa simile? D’altra parte, se l’uomo vuole evitare il castigo, non ha che da compiere il bene, cosa nella quale Dio lo soccorre infallibilmente e sovrabbondantemente con la sua grazia e la sua misericordia.

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Il castigo non contraddice né nega la misericordia, la quale si attua senza limiti, così come l’esistenza dei cattivi non esclude quella dei buoni. Se qualcuno è castigato e rifiuta la misericordia, non è perchè Dio faccia preferenze di persone, ma è solo colpa del peccatore. Siamo solo noi, col nostro peccato, a porre un freno alla misericordia divina, la quale, di per sè, come torrente inesauribile, fluirebbe in continuazione.

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La divina misericordia toglie il castigo o la trasfigura. I nostri progenitori hanno ricevuto un castigo che si è ripercosso in tutta l’umanità. Ma Dio ha avuto pietà di noi donandoci suo Figlio, sicchè mediante la croce noi siamo perdonati dei nostri peccati e trasformiamo il castigo in espiazione. E non solo, ma siamo resi anche figli di Dio. Se qualcuno invece non riceve misericordia, non è perchè Dio non gliela vuol dare, ma perchè è lui che non si pente delle sue colpe, sicchè il castigo, invece di essere espiazione, resta come castigo in tutta la sua severità.

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papa francesco misericordia

il Santo Padre sul Giubileo della Misericordia

Tanto la misericordia quanto il castigo sono dettati dall’amore. Infatti, l’amore che cosa chiede? Volere il bene dell’altro. Se dunque è bene che il malfattore, se merita il castigo, sia castigato, ed eventualmente obbligato a riparare il mal fatto o a risarcire i danni, onde nel contempo eventualmente farlo riflettere, ne viene che il castigare, da parte dell’autorità competente [Dio, Papa, vescovo, giudice, superiore, genitore, educatore, ecc.] è un atto di amore, per quanto ciò possa sembrare strano a chi ha un concetto solo emotivo-sentimentale dell’amore. Anzi, possiamo arrivare a dire che gli stessi dannati dall’Inferno continuano ad essere amati da Dio, che li conserva in vita nell’ordine della città infernale e — come ritiene San Tommaso d’Aquino — non li castiga tanto per quanto meriterebbero. Per questo la misericordia divina si fa sentire anche nell’Inferno.

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È sbagliato credere che uno che castiga odia il castigato. Al contrario, chi castiga deve dare un giudizio lucido, prudente, obbiettivo, spassionato ed imparziale, nell’applicazione della legge, come il giudice di un tribunale, per la rieducazione se è possibile dello stesso castigato, per la salvaguardia del bene comune, nonchè per la difesa e la soddisfazione di chi ha ricevuto torto, senza lasciarsi trasportare da interessi privati o dalla passione, altrimenti non attuerebbe la giustizia.

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Questo lo spirito col quale invitiamo a partecipare al Giubileo della Misericordia, aperti all’accoglimento della grazia e del perdono di Dio, che ci sono concessi a condizione della nostra conversione e del ripudio dei nostri peccati, sinceramente dediti alle opere della giustizia e della misericordia, curando la nostra salvezza «con timore e tremore», ma anche grande fiducia nella divina misericordia. «Ecco il momento favorevole!» — direbbe San Paolo —. «Ecco l’ora della salvezza!» [II Cor 6,2].

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Se Dio consente disastri naturali è solo per ammonirci su questa terra, non per sferrare su di noi la propria vendetta, bensì per donare agli uomini la sua misericordia, tanto desidera la nostra conversione per strapparci al castigo eterno. Ma per strapparci alla «fornace» dove «sarà pianto e stridore di denti», Egli ha bisogno del nostro consenso, perché liberi ci ha creati, liberi ci vuole.

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Cena de destrui͋o apos o terremoto no bairro de Bel Air centro de Porto Principe - Haiti - 15/01/2010 - FOTO JONNE RORIZ/AE

il terribile terremoto di Haiti, dinanzi al quale, a giudizio di taluni, non è lecito ricordare che quel Paese era: crocevia di tutti i vizi, dei peggiori traffici, con un tasso altissimo di omicidi, uno dei massimi centri al mondo di “magia nera”, un centro di prostituzione  soprattutto minorile, luogo di espianti e di traffico di organi umani, ecc …

Il problema è che oggi non riusciamo più a leggere i segni sempre più numerosi: alterazioni climatiche insolite, siccità, terremoti, maremoti … e se qualcuno in tutto questo invita a leggere anche degli avvertimenti o dei moniti divini, finisce sotto il tiro incrociato di coloro che hanno sfrattato Dio dalla storia e dall’esperienza umana. E proprio costoro, che in tutti i modi vogliono privare l’umanità di Dio, all’occorrenza pure a colpi di leggi inique, finiscono poi con l’accusarci di mancanza di umanità, cosa questa accaduta anche a Roberto de Mattei subissato a suo tempo d’insulti, ma pure a noi, quando predicando certe pagine del Vangelo o ricordando ai fedeli certi moniti del Signore Gesù, ci siamo sentiti rispondere, persino da certi confratelli sacerdoti, che «l’Inferno è una contraddizione in termini della Misericordia di Dio che è amore» e che come tale «non permetterebbe mai la condanna dell’uomo all’eterna dannazione». E tutto questo, nel linguaggio dottrinale della Chiesa, si chiama eresia, solo e null’altro che eresia.

 

Dall’Isola di Patmos, 30 maggio 2015

 

 

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Super Quark, servizio sul terremoto di Messina-Reggio di Calabria

10 commenti
  1. Giancarlo dice:

    Caro don Ariel, dunque è corretto pensare che Dio punisce i suoi figli, non solo con il purgatorio o l’inferno, ma già ora, qui sulla terra, servendosi di malattie, guerre o eventi catastrofici?

    Glielo chiedo perché mi è capitato di dire proprio questo, cioè che Dio castiga i suoi figli, anche duramente, qui sulla terra per ottenere conversioni e fede, ma sono stato letteralmente aggredito da un gran numero di sedicenti cattolici che hanno subito tirato fuori un Dio pieno di misericordia ed incapace di punire i suoi figli. Io credo invece, che Dio punisce, eccome se punisce i suoi figli, tanto più quelli che Lo amano, perchè è un Padre buono e, quando punisce, vuole evitare guai peggiori (il purgatorio o, addirittura, l’inferno) a coloro che stentano a convertirsi.

  2. Beppe1944 dice:

    Mi dispiace di averLe dato l’impressione di un lettore “sordo e astioso”, con cui – ovviamente – non vale perder tempo… Semplicemente, nel sentire che condivide quanto sostenuto da Roberto de Mattei sono rimasto, come Paola, profondamente scandalizzato… sì, scandalizzato! nel testo di commento all’intervento di de Mattei (che avevo già ascoltato a suo tempo, come avevo già ascoltato la “giustificazione” teologica dello stesso de Mattei del terremoto avvenuto in Giappone nel 2011) Lei quell’intervento dichiara apertamente di condividerlo… e questo, proprio come credente, mi scandalizza… Buona serata!

  3. Beppe1944 dice:

    prima domanda, cui non avete risposto…

    perché il terremoto ha colpito il Nepal? quali nefandezze si compivano in Nepal? o Dio ha sbagliato la mira…ed ha colpito il Nepal per punire le nefandezze compiute in California? oppure Dio, visto che le nefandezze si compiono ovunque, ha colpito un po’ a caso, tanto per dare un segnale?

    in secondo luogo, con riferimento all’intervento di Paola, rimango “basito e scandalizzato anch’io da questa mancanza di pietà umana e di carità” … penso che Dio si comporti in maniera diversa dall’abortista che sopprime vite innocenti, mentre per voi (teologi e sacerdoti) sembra che Dio non faccia caso alla soppressione di vite innocenti, sia un Dio che colpisce ‘nel mucchio’, così, a caso… tanto per dare un esempio ….

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Lettore.

      Lei non intende né porre domande né esprimere delle opinioni legittimamente contrarie, che proprio per questo sarebbero pubblicate in ossequio alla libertà dei figli di Dio e alla loro libertà di espressione; lei cerca solo la rissa, futile e gratuita, perché si rifiuta di ascoltare e di intendere. Pone delle domande alle quale le sono state date risposte precise e per tutta risposta ribatte aggredendo.

      A questo suo reiterato quesito è stato risposto sopra, con tanto di chiara indicazione alle righe dell’articolo, il tutto a riprova che lei non legge proprio i contenuti dei testi che presume poi di controbattere.

      Oggi è domenica, festa della Santissima Trinità. Ho già celebrato la prima Messa, ho confessato per tutta la mattina prima e dopo la Messa, ho predicato, mi sono intrattenuto con le persone. Questa sera celebrerò la seconda Messa alle 18.30, sarà disponibile sin dalle 16.30 per le confessioni e, come di prassi, rimarrò poi nel confessionale almeno fino alle 21.
      Ecc …
      A un prete non manca lavoro, ma soprattutto non mancano persone, a volte purtroppo sempre più “orfane” di pastori, che se trovano un prete semplicemente disposto ad ascoltare i figli di Dio e dedicarsi a loro, prendono come somma grazie le nostre buone parole, i nostri consigli e conforti.

      Avendo da fare tutto questo, le assicuro che non posso ne devo perdere tempo con un soggetto ostinato come lei che – a parte la sua vergognosa mancanza di rispetto verso i sacerdoti mostrata nei suoi commenti – mostra solo di essere capace di parlarsi addosso, con rabbia e con malanimo non cristiano, senza premurarsi di leggere quello che è stato scritto e di leggere ciò che le è stato risposto.

      La saluto dunque, perché mi attende il Popolo di Dio, dinanzi al quale ho tante e gravose responsabilità, per le quali non posso perdere il mio tempo prezioso con un sordo astioso come lei, che tra un insulto e l’altro, se le canta e se le suona da solo.

  4. Padre Ariel
    Ariel S. Levi di Gualdo dice:

    Cara Paola.

    Auguri per il suo prezioso lavoro che la porta a contatto anche e soprattutto con la vita nascente.
    Anzitutto diamo per scontato che lei sia obbiettore di coscienza, visto che in molti dei reparti di ostetricia-ginecologia degli ospedali e delle cliniche italiane si praticano aborti a catena.
    Detto questo: se a due sacerdoti che hanno espresso in modo pacato e dottrinalmente ineccepibile ciò che insegnano la dottrina e il Magistero della Chiesa, lei si rivolge a questo modo, al personale medico e para-medico che invece sopprime tutti i giorni vite innocenti attraverso la pratica dell’aborto, solitamente, in che toni si rivolge?
    Perché presupponiamo che come cristiana sia altrettanto e anzi ancor più «basita e scandalizzata da questa mancanza di pietà umana e di carità» del personale medico e para-medico abortista che sopprime vite innocenti, al contrario di noi, che invece i bambini li battezziamo, ricordando opportunamente a certi soggetti sia il giudizio sia in castigo di Dio.

    • Padre Ariel
      Paola Finocchiaro dice:

      Ma voi lo sapete cosa è per una donna il dramma di un aborto? Lungo sarebbe il discorso. Comunque, i miei colleghi “abortisti”, come li chiamate voi, hanno, quelli che conosco io, più umanità della vostra.

      • Padre Ariel
        Ariel S. Levi di Gualdo dice:

        Cara Paola.

        Come esorcista – nel senso che ho questo ministero che ho esercitato molto raramente perché oltre il 90% dei casi sono costituiti da persone da indirizzare con prudenza e tatto pastorale dai medici psichiatri, perché solo l’1 o 2% forse sono casi autentici, ed ancora ripeto forse … – posso dirle che è molto difficile strappare al Demonio il suo nome.
        Eppure lei, dinanzi “all’esorcista” che non le ha rivolto alcuna domanda diretta, ha replicato … svelando il suo nome!

        RIspondo subito alla sua domanda “ma voi lo sapete che cosa è per una donna il dramma di un aborto?”. Sì, lo sappiamo: è il dramma di un innocente che viene ucciso nel grembo di sua madre e che, in quanto innocente, non può in alcun modo difendersi.

        Dire a dei sacerdoti che difendono la vita che quei medici che la sopprimono «hanno più umanità della vostra», non è semplicemente disumano, è proprio luciferino.

        Dunque sappiamo molto bene «cosa è per una donna il dramma di un aborto». Nell’aborto, l’elemento del dramma, sta nel fatto che esiste una sola e tragica vittima: il bambino ucciso dalla volontà di sua madre, una volontà in quel momento diabolica dinanzi alla quale non esistono giustificazioni. Può esistere ed esiste il perdono e quindi la riammissione alla grazia di Dio dopo profondo e sincero pentimento, ma non esistono giustificazioni per ciò che di immondo la madre ha compiuto.

        Come confessore che ne ha facoltà, ho sempre assolto tutte le donne che mi hanno confessato questo gravissimo peccato contro Dio e contro la vita, ma non l’ho mai fatto sùbito, l’ho sempre fatto dopo più colloqui, perché a Dio va offerto sempre, ed in specie dinanzi a peccati di questo genere, il proprio sincero pentimento, non si possono e non si devono offrire i propri sensi di colpa.
        Solo quando ho capito che la penitente era veramente pentita – e che non si sentiva invece semplicemente in colpa -, l’ho mandata assolta, appunto perché Dio vuole il nostro pentimento e non i nostri sensi di colpa.
        Più grave e terribile è il peccato, più sovrabbonda, dinanzi al sincero pentimento, la misericordia, il perdono e la grazia di Dio.

        Veda di non rifiutarla neppure lei, questa misericordia, questo perdono e questa grazia, perché parlando a questo modo, lei è in gravissimo errore; ed a tal proposito le ricordo che non si pecca solo in “opere” e “omissioni”, ma anzitutto in quei “pensieri” e “parole” che spesso danno vita alle peggiori “opere” e “omissioni”.

  5. Padre Ariel
    Paola Finocchiaro dice:

    Sono basita e come cristiana scandalizzata da questa mancanza di pietà umana e di carità, e meno male che siete teologi e sacerdoti!
    Io lavoro in un reparto di ostetricia-ginecologia, fate visita al mio reparto, e imparerete un po’ che cosa è l’umanità e che cosa è la vita.

  6. Beppe1944 dice:

    … e il recente terribile terremoto del Nepal per colpire quali nefandezze è stato inviato?

    • Padre Ariel
      Redazione dell'Isola di Patmos dice:

      Caro Lettore,

      provi a leggere meglio, anzi, provi proprio a leggere ciò che i Padri hanno scritto nel loro articolo, per esempio:

      « Le pene di questa vita possono colpire anche innocenti, mentre certi malfattori sembrano farla franca. Sembrerebbe a tutta prima che ci fosse in Dio una mancanza di giustizia, perchè non punisce i malfattori e non difende degli oppressi; e di misericordia, perchè lascia soffrire gli innocenti? La risposta ci viene dalla fede, la quale ci dice che gli innocenti vengono uniti dal Padre alla croce di Cristo, l’Innocente per eccellenza, diventano in Cristo strumenti di salvezza del mondo. Verso questi innocenti la giustizia coincide con la misericordia, secondo l’insegnamento paolino [Rm 3,21], in quanto si tratta di Dio che giustifica per misericordia […] ».

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