Autore Padre Ariel

In che misura un Pontefice che non ascolta nessuno fuorché se stesso potrebbe cadere in errore?

IN CHE MISURA UN PONTEFICE CHE NON ASCOLTA NESSUNO FUORCHÈ SE STESSO POTREBBE CADERE IN ERRORE?

 

L’affermazione del Santo Padre: «ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario» dovrebbe rallegrare molto i vescovi, che lungi dall’essere interpellati, possono avere in tal modo un meritato saggio di quello che è il reale concetto di “collegialità” del Principe degli Apostoli e Capo del Collegio Apostolico, casomai qualcuno di loro intendesse manifestare contrarietà, perché ogni Collegio Apostolico finisce sempre con l’avere per ineffabile grazia dello Spirito Santo il Capo che si merita.

 

 

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

Il presbitero Ariel S. Levi di Gualdo in modo aggressivo, il domenicano Giovanni Cavalcoli in modo più mitigato, hanno scritto parole durissime contro i lefebvriani. Oggi Papa Francesco ha affermato: «[…] ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario, di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono […] Nel frattempo, mosso dall’esigenza di corrispondere al bene di questi fedeli, per mia propria disposizione stabilisco che quanti durante l’Anno Santo della Misericordia si accosteranno per celebrare il Sacramento della Riconciliazione presso i sacerdoti della Fraternità San Pio X, riceveranno validamente e lecitamente l’assoluzione dei loro peccati» [cf. documento QUI]. Non sarebbe il caso di chiedere scusa da parte vostra per tutto quello che avete scritto in passato contro la Fraternità Sacerdotale di San Pio X?

Alessio Maffei

Caro Lettore

padre pio

San Pio da Pietrelcina dentro il confessionale a San Giovanni Rotondo

Anzitutto le rispondo che io chiederò scusa agli eretici lefebvriani ― che tali di fatto sono e restano ― quando me lo imporrà il mio Ordinario Diocesano e dopo che il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede o chi per lui facente le veci mi avrà indicato a uno a uno gli errori dottrinari, canonici e pastorali nei quali sono incorso in quei miei scritti passati tutti quanti reperibili nell’archivio dell’Isola di Patmos; scritti che al presente confermo nella loro sostanza sul piano dogmatico e canonico dal primo all’ultimo.

L’affermazione del Santo Padre: «ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario» dovrebbe rallegrare molto i vescovi, che lungi dall’essere interpellati possono avere in tal modo un meritato saggio di quello che è il reale concetto di “collegialità” del Principe degli Apostoli, nel caso qualcuno di loro intendesse manifestare legittima perplessità, perché ogni Collegio Apostolico finisce sempre con l’avere per ineffabile grazia dello Spirito Santo il Capo che si merita, visto che tra le righe — e neppure tanto tra le righe — il Santo Padre ha detto a tutti loro: “Io faccio quel che voglio e come voglio, a prescindere da ciò che potete pensare voi”. E questo al contrario del suo troppo mite Sommo Precedessore messo in croce per anni anche dalle peggiori critiche dei vescovi, per non parlare di quelle dei teologi o di quelle a tratti furenti di quella autentica piaga ecclesiale tali sono le teologhe femministe. È per ciò doveroso ricordare che Benedetto XVI procedette alla remissione della scomunica in cui incorsero i vescovi consacranti ed i vescovi consacrati senza mandato pontificio nel giugno del 1988, solo «dopo una vasta consultazione», come riferisce nel 2009 il Cardinale Darío Castrillón Hoyos all’epoca addetto ai lavori [vedere QUI].

A cavallo tra il XVII e il XVIII secolo regnò in Francia Luigi XIV [1643-1715], noto anche come Re Sole. Salì al trono alla tenera età di cinque anni sotto la reggenza della madre Anna d’Austria. All’età di 13 anni, nel 1651, fu dichiarato maggiorenne e quindi in grado di governare, anche se il governo proseguì a essere esercitato dal Cardinale Giulio Mazzarino [1602-1661], alla morte naturale del quale egli assunse i pieni poteri regi. Il suo governo fu improntato sul cosiddetto assolutismo, imitato presto dalla gran parte dei sovrani europei. A Luigi XIV è attribuita la dubbia frase l’etat c’est moi [lo stato sono io] variamente riportata e diffusa da vari autori anche come la lois c’est moi [la legge sono io].

Sinceramente credo che il Santo Padre Francesco è così umile che mai si comporterebbe come se “La Chiesa sono io” o come se “la Legge sono io”. Il Santo Padre Francesco è infatti talmente aperto a tutto, incluso ciò che non è cattolico, ed è talmente «liberale» o «rivoluzionario» ― per usare due impropri termini rasenti l’ingiuria alla Persona del Romano Pontefice usati da quella passionaria argentina di Elisabetta Piqué [1] e da una stampa internazionale che non ha proprio chiaro il ruolo del Successore di Pietro ― che mai si comporterebbe in modo arbitrario e impulsivo; mai si comporterebbe come se la Chiesa fosse sua o come se lui potesse andare tranquillamente al di là delle leggi ecclesiastiche, sino a modellarsi una Chiesa ad personam.

Non a caso, fino a pochi decenni fa il Romano Pontefice parlava usando il “Noi “, o cosiddetto plurale maiestatis, il quale non aveva proprio nulla di ridondante o di imperiale ma molto invece di teologico e di pastorale, lo dimostra il fatto che una volta tolto il “Noi ” è subentrato inevitabilmente l’ “Io“, sino alle forme più esasperate ed esasperanti di personalizzazione del pontificato. Non più quindi il “Noi ” che rende impersonale il sacro ministero petrino ricordando anzitutto a Pietro che egli è appunto Pietro e non più Simone, ma l’ “Io ” che invece personalizza il papato e che può correre il rischio di rendere Pietro ostaggio dei capricci di Simone.

Senza pena di equivoco chiarisco: essendo il Romano Pontefice rivestito di un potere che a lui perviene da Cristo Dio e non certo dal Popolo Sovrano o dal Parlamento Democratico dei Cardinali che lo ha eletto, egli ha legittima e piena facoltà di dire di “no” anche a proposte, direttive o riforme approvate all’unanimità da un concilio ecumenico, perché nulla potrebbe mai divenire dottrina o legge vincolante della Chiesa senza la sua approvazione. Quando infatti nei concili ecumenici o nei sinodi dei vescovi si vota, ciò avviene affinché Pietro abbia chiaro quello che è il pensiero del Collegio degli Apostoli, ma poi, chi in ultima istanza decide è lui; e le sue decisioni non sono prese a maggioranza dei voti parlamentari ma dalla grazia di stato del Successore del Principe degli Apostoli [2] che agisce e che dovrebbe sempre agire in quanto “Noi ” e non certo in quanto “Io “.

Per quanto riguarda la legge: il Romano Pontefice ha potestà piena e immediata su tutta la Chiesa. Egli è il supremo legislatore e come tale ha legittima facoltà di abolire, cambiare, riformulare diversamente o derogati i canoni del Codice di Diritto Canonico in qualsiasi momento lo voglia [3]. Cosa questa che avviene solitamente attraverso decreti, bolle pontificie, o comunque precisi atti del suo sommo magistero, non attraverso interviste, discorsi a braccio o messaggi privati, perché il Romano Pontefice, custode supremo del deposito della fede è anche supremo maestro, ed un maestro è tale nella misura in cui spiega e rende comprensibili le sue spiegazioni attraverso il pio insegnamento improntato sulla prudenza e la sapienza. E qui merita ricordare che la prudenza è la prima delle quattro virtù cardinali [4], la sapienza è il primo dei sette doni dello Spirito Santo [5].

Mi duole dover dire quello che altri sembra non abbiano il coraggio di dire: ciò che il Santo Padre ha disposto è purtroppo pastoralmente sbagliato. Si tratta peraltro di un errore palese, uno tra i tanti che giorno dietro giorno passano sotto il silenzio dei vescovi e che sono destinati ad aumentare la confusione che serpeggia nella Chiesa e tra le membra già troppo confuse del Popolo di Dio.

A cuore tutt’altro che leggero affermo che ciò è pastoralmente sbagliato per questo semplice motivo: i presbiteri consacrati sacerdoti nella Fraternità Sacerdotale di San Pio X, ai sensi del Codice di Diritto Canonico sono validi ma illeciti [6], quindi non amministrano e non possono amministrare lecitamente i Sacramenti, come ha spiegato il Venerabile Pontefice Benedetto XVI chiarendo che la revoca della scomunica non cancella il dato di fatto che i cosiddetti Lefebvriani non possono appunto amministrare lecitamente i Sacramenti:

«Per precisarlo ancora una volta: finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri – anche se sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica – non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa» [7].

Detta in altri termini: la loro ordinazione sacerdotale è valida, perché amministrata da un Vescovo che a sua volta è stato validamente ma illecitamente consacrato. Questa validità nulla toglie però all’illecito, perché è appunto illecito oltre che gravissimo consacrare sacerdoti dei presbiteri non in comunione con Roma. E come risaputo i cosiddetti lefebvriani negano la validità dell’ultimo concilio della Chiesa e la quasi totalità delle nuove discipline che ne sono conseguite sul piano dottrinale, non solo su quello “meramente” pastorale.

Non so che cosa abbia indotto il Santo Padre a conferire tale facoltà a dei sacerdoti illecitamente ordinati che come tali sono sospesi ipso facto dall’esercizio del sacro ministero all’atto stesso della loro sacra ordinazione. Infatti, i cosiddetti sacerdoti lefebvriani, tutt’oggi non in comunione con Roma e sprezzanti l’odierno Magistero della Chiesa, da essi accusata di essere scivolata ormai da mezzo secolo nell’apostasia [8], potrebbero amministrare lecitamente confessioni in un solo caso: ad una persona in grave pericolo di vita. Cosa questa che può fare ― e che anzi è tenuto a fare ― persino un sacerdote scomunicato e dimesso dallo stato clericale [9].

Dunque il Romano Pontefice, che pure può abolire le leggi, riformare le leggi o creare nuove leggi come e quando vuole, non è al tempo stesso al di sopra della dottrina della Chiesa, anche se tutti i vescovi, vuoi per pavidità, vuoi per interesse, su certe esternazioni confuse e ambigue tacciono in modo colpevole; e ciò sino a gravarsi per spirito omissivo dettato forse dal quieto vivere o da certe loro insopprimibili aspirazioni di carriera, di una tale responsabilità che potrebbe spalancare domani le porte dell’Inferno a diversi di loro. Non si può, infatti, tacere sull’ovvio. Non dovrebbero tacere quelli della Congregazione per la dottrina della fede e non dovrebbero tacere i canonisti che popolano il palazzo del Supremo tribunale della segnatura apostolica, perché siamo dinanzi a un errore che pare non tenere conto di una palese ovvietà: i Sacramenti non sono un bene disponibile, neppure per la Chiesa stessa che li ha ricevuti in custodia da Dio e che li dispensa come azioni della grazia soprannaturale; li dispensa, ma non li possiede. A nessuno è data facoltà, neppure al Romano Pontefice, di disporre in modo arbitrario di essi, concedendone la “lecita” amministrazione a chi di fatto ha eretto il proprio essere, esistere e operare proprio sulla negazione dell’unità e il rifiuto ostinato del Magistero della Chiesa degli ultimi cinquant’anni. Il Romano Pontefice è chiamato a «confermare i fratelli nella fede» [10], non a legittimarli nell’errore, non a confonderli, non a dividerli a colpi di ambiguità.

Più complesso ancora il discorso legato alla dogmatica sacramentaria, dinanzi al quale sembra tacere il tremolante esercito di monsignorini in forza presso la Congregazione per la dottrina della fede, gran parte dei quali anche docenti presso le varie università ed atenei pontifici: l’essenza dei Sacramenti e la loro sostanza metafisica si regge sull’unità [11]. Io celebro il Sacrificio Eucaristico e amministro i Sacramenti perché sono un presbitero in piena comunione col Vescovo dal quale promana e dipende il sacerdozio che ho ricevuto per mistero di grazia, previa solenne promessa di prestare a lui «devota e filiale obbedienza», perché è dalla Eucaristia del Vescovo investito del potere apostolico che procede la validità delle Eucaristie celebrate dai suoi sacerdoti. E il Vescovo non è tale semplicemente in quanto tale, ma perché a sua volta è in piena comunione col Vescovo di Roma, ed essere in comunione vuol dire anzitutto accettare, rispettare, applicare e diffondere tra le membra del Popolo di Dio la dottrina e il Magistero della Chiesa, non certo affermare e insegnare — come fanno invece i lefebvriani — che le dottrine di un intero concilio ecumenico sono fuorvianti ed il magistero che ne consegue è addirittura «apostatico».

Riguardo quest’ultimo discorso avrei molto altro da aggiungere soprattutto per quanto riguarda la natura e la sostanza dei Sacramenti. Lascio però alla Congregazione per la dottrina della fede presso la quale lavora appunto un esercito di monsignorini variamente dottori e professori, la risposta al seguente quesito: secondo la disciplina dei Sacramenti edificata sulla dogmatica sacramentaria, può essere conferita facoltà di amministrare lecitamente i Sacramenti a sacerdoti e Vescovi che negano la comunione con Pietro e col Collegio degli Apostoli e che da decenni accusano gli uni e gli altri di apostasia dalla fede cattolica, a partire dai Sommi Pontefici che si sono succeduti sulla Cattedra di Pietro dal 1958 a oggi? Perchè i bizantinismi pseudo canonici ed i farisaismi pseudo teologici dei lefebvriani ci sono noti da quattro decenni: da una parte, affermano di celebrare in comunione con la Chiesa (!?), dall’altra diffondono testi e documenti nei quali indicano come eretici i Romani Pontefici ed i Vescovi. 

È bene infatti ricordare a tutti coloro che difettano nel dono della memoria che il Superiore Generale della ereticale Fraternità Sacerdotale di San Pio X non si è limitato ad apostrofare come “eretico” il Santo Padre Francesco … molto di più! Del Romano Pontefice ha dato questa pubblica definizione: «Abbiamo davanti a noi un vero modernista!» [vedere QUI]. E detto questo ricordo, sempre ai carenti di memoria e forse anche di cultura teologica, che il modernismo, secondo la sapiente e sempre attuale definizione del Santo Pontefice Pio X, non è una semplice eresia, ma la madre e il ricettacolo di tutte le eresie. Da ciò dobbiamo forse dedurne che per meritare il rispetto, le attenzioni pastorali, la tenerezza e la misericordia del Santo Padre Francesco — va da sé, è un quesito paradossale — bisogna per caso accusarlo pubblicamente di essere “ricettacolo di tutte le peggiori eresie“, come ha fatto il Capo dei Lefebvriani?

Se a questi soggetti viene fatta tale concessione, pure in occasione dell’anno giubilare, senza che essi si siano ravveduti e senza che prima abbiano chiesto pubblicamente perdono al Romano Pontefice da loro insultato a male parole e additato come un vero e proprio eresiarca; se prima non rientreranno in piena comunione di unità con Roma, in che misura si può correre il rischio di trasformare il Sacramento in un bene disponibile del quale si può usare e forse abusare in modo arbitrario? Perché la Chiesa è «Sacramento di unità» [12] e se la disciplina dei sacramenti è stata riformata sotto il pontificato misericordioso del Santo Padre Francesco, che ha deciso di renderne lecita la amministrazione anche a coloro che sprezzanti la dottrina e il magistero negano la loro comunione con la Chiesa «apostatica» del «conciliabolo» Vaticano II e che non riconoscono gli atti del magistero successivi al 1958 [vedere QUI], allora esigo che i soloni della Congregazione per la dottrina della fede e quelli della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti ce lo facciano sapere in modo chiaro e prima possibile, così che noi presbiteri si possa prendere atto del fatto che l’etat c’est moi [lo stato sono io] e che la lois c’est moi [la legge sono io], quindi agire di conseguenza aumentando le nostre preghiere, le nostre penitenze e semmai mettendoci anche a gridare: si salvi chi può ! Perché se al Santo Padre non fosse chiara la natura del supremo ministero apostolico di cui egli è rivestito per mistero di grazia — ministero che peraltro non gli appartiene ma che gli è stato dato in comodato d’uso per servire la Chiesa e guidarla come supremo servitore — a noi il tutto è invece chiaro: non andrebbero fatte concessioni di alcun genere a persone che da quattro decenni accusano la Chiesa di apostasia dalla fede e che ricoprono di insulti Pietro e l’intero Collegio degli Apostoli, perché questa non è misericordia; e se queste sono le premesse dell’Anno Giubilare della Misericordia, come dicevo sopra … si salvi chi può !

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NOTE

[1] Cf. Elisabetta Piqué, Francesco, vita e rivoluzione [vedere QUI].

[2] Cf. Costituzione  dogmatica Lumen gentium, n. 8 [vedere QUI].

[3] Cf. Codice di Diritto Canonico, cann. 331-335 [vedere QUI].

[4] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1806.

[5] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1830.

[6] Cf. Codice di Diritto Canonico, cann. 1382-1384 [vedere QUI].

[7] Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai Vescovi della Chiesa Cattolica riguardo alla remissione della scomunica ai 4 Vescovi consacrati dall’Arcivescovo Lefebvre, 10 marzo 2009 [vedere QUI]; Nota della Segreteria di Stato circa i quattro Vescovi della Fraternità di San Pio X, 4 febbraio 2009 [vedere QUI].

[8] Dichiarazione del Vescovo Marcel Lefebvre sulla apostasia di Roma, vedere QUI

[9] Codice di Diritto Canonico, sul Sacramento della Penitenza [cann. 965-986], vedere nello specifico can. 976.

[10] Cf. Lc. 22,32.

[11] Cf. Beato Paolo VI, Unitatis redintegratio [vedere QUI]

[12] Cf. Costituzione dogmatica Lumen gentium, nn. 1-8 [vedere QUI]; Codice di Diritto Canonico, can. 837 [vedere QUI]

16 commenti
  1. ettore dice:

    Rev. Padre,
    ho letto oggi questa notizia, dati i tempi verosimile.
    “In un paesino delle Marche ieri sera processione con messa in onore della Madonna Addolorata che viene portata in pellegrinaggio ogni sera in una chiesa diversa dove si celebra l’eucarestia con concorso di popolo. Dopo la prima lettura e il salmo responsoriale viene annunciata la seconda lettura:”Dalle parole di papa Francesco”, e viene letto un brano di un suo discorso. Al termine di questa “seconda lettura”, come di consueto, viene detto:”parola…..della chiesa”. Segue un momento di silenzio imbarazzato e alla fine si risponde:”Rendiamo grazie a Dio” ”

    Forse mi sbaglio, mi consta che il celebrante possa scegliere i testi delle letture (la prima dal vecchio testamento e dagli atti degli apostoli, la seconda dalle lettere degli apostoli) solo tra quelle suggerite dal lezionario, non mi risulta che possa proporre nuovi testi a sua discrezione, anche se ripresi dai discorsi papali! Questo presbitero non merita una tiratina d’orecchi?

  2. ettore dice:

    Rev. Padre Ariel,
    è enorme il bailamme suscitato dai Motu Propri di Papa Francesco, Ancor più della lettera del Giubileo. Prima un colpo “misericordioso” ai sacramenti della penitenza e dell’ordine sacerdotale, poi l’accoglienza dei migranti imposta alle parrocchie, ora un colpo più forte al sacramento del matrimonio (con la semplificazione delle procedure di scioglimento, il sacro vincolo viene obiettivamente svilito nella percezione della gente comune) Cosicché i media plaudono alla “cancellazione dell’indissolubilità” e parlano di “divorzio cattolico in 30 giorni” , perfino Avvenire – il giornale della C E I arriva a titolare: Questa novità aiuta a vivere nuove unioni (sic)! Alcuni al contrario si strappano le vesti giudicando permissive, lassiste e mondane tali misure: anziché proteggere il recinto a salvaguardia delle pecore in esso custodite, si aprono i varchi per agevolarne la fuga; altri disorientati e confusi silenziosamente soffrono e pregano,
    Mala tempora currunt, come a Babilonia, poi venne il castigo di Dio

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Ettore,

      il Beato Paolo VI e San Giovanni Paolo II avevano tutte le più gravi e provate motivazioni per procedere allo scioglimento della Compagnia di Gesù. Se lo avessero fatto avrebbero anzitutto rispettato in tal modo la memoria del loro Santo Fondatore ed i santi che la stessa ha donato in passato alla Chiesa, prima di mutarsi in altro e spesso in grave danno alla Chiesa, specie in America Latina e in Oriente. Hanno però deciso di non procedere in tal senso, pur essendo “tentati” di farlo, avendo sicuramente tutti i loro buoni motivi dettati da prudenza e sapienza.

  3. ettore dice:

    Rev.Padre,
    Le segnalo questo articolo che contiene annotazioni interessanti:

    There are a few canonical ambiguities in the Holy Father’s letter that need clarifications so that his desires can be implemented appropriately.

    per esempio
    “..First, what is the canonical weight of this letter? It is not a law (Canon 8ff). It is not a general decree (Canon 29). It is not a general executory decree (Canon 31). It is not a canonical “instruction” (Canon 34). It is not indicated to be a motu proprio (of his own initiative). … ”

    Read more: http://www.ncregister.com/daily-news/some-canonical-question-regarding-pope-francis-year-of-mercy-indulgence/#ixzz3kkSWnPtv

  4. Claudio Salvatore dice:

    Sinceramente, canonicamente parlando sto col nostro Simon (e confido anche nel fatto che le anime degli interessati ne beneficeranno) ma ‘pastoralmente’, sono molto piu’ perplesso. A un ‘figlio’ che disubbidisce e si vanta della sua disubbidienza..non si da un premio-concessione; se lo si fa, mi sembra moooolto piu’ ragionevole pensare che tale premio venga…male interpretato, non come una ‘concessione paterna’ ma come una forma di approvazione’. Non so, vedremo….

  5. minstrel dice:

    Porto all’attenzione del caro Don Ariel la controrisposta a questo articolo che ha fornito Simon, uno dei fondatori del blog Croce-via.
    Tale articolo, intendiamoci, non vuole essere un appunto bensì uno spunto di riflessione ulteriore che potrebbe anche coinvolgere le nostre due testate telematiche verso uno sforzo collettivo di comprensione delle azioni del Santo Padre, comprensione che a nostro avviso deve sempre cercare di rispondere sia alla coscienza che alla fede cattolica, sotto la luce di una ermeneutica legata a doppio filo con un principle of charity.
    Colgo l’occasione per ringraziare lei, Padre Cavalcoli e tutta la Redazione isolana per il lavoro che svolgete!
    Ecco qui:

    http://pellegrininellaverita.com/2015/09/03/fsspx-in-stato-di-necessita-risposta-a-don-ariel/

    Buona lettura!

  6. ettore dice:

    Mi perdoni Padre, la risposta e gli esempi addotti proprio non convincono.
    Nei primi due casi parliamo di manifesta volontà dei singoli individui (non so quanto liberi, coscienti e responsabili nella scelta, ma fragili, immaturi nella fede) di non osservare la disciplina cattolica dei sacramenti, essi in sostanza li “rifiutano”, non riconoscendo la sottomissione a Dio.
    Il caso tedesco è più emblematico e grave; prossimo alla simonia quel rifiuto dell’estrema unzione: la Chiesa non ha forse ricevuto il mandato di predicare Cristo e di amministrare i suoi sacramenti GRATUITAMENTE? Fu volontà di Dio che Lei fosse là e sia intervenuto per la salvezza di quell’anima!
    In concreto può la Chiesa disattendere il mandato ricevuto: pascere le pecore e salvare le anime? Gesù non prediligeva forse i semplici, i poveri di spirito, gli umili peccatori che poco o nulla capiscono di rigore della legge e di contese teologiche e dogmatiche tra i loro pastori, disobbedienti e offensivi, e il Papa? Non appartiene a Pietro, in forza dello Spirito, la piena autorità anche se disinvoltamente espressa? Mancano forse i crismi? Il Giubileo è atto esclusivo di Pietro per la conversione.

  7. Paolo dice:

    Non entro nel merito.
    Dico solo che la soluzione della “questione lefebvriana” è possibile grazie a Papa Francesco (e ai passi fatti in precedenza, non voglio togliere meriti ai predecessori).
    Sono profondamente convinto che questa soluzione farà bene alla Chiesa.
    Oltretutto mons. Fellay mi pare di un altro pianeta rispetto al segretario della CEI e ai varii “don” con il pastorale.

  8. ettore dice:

    Mi perdoni Padre la mia ignoranza. Se ho ben capito, il Papa ha sbagliato, formalmente e sostanzialmente, riguardo ai lefreviani.
    Non è che il Papa – more solito insofferente alle regole, con slancio istintivo piuttosto che prudenza – abbia voluto pastoralmente mettere in condizioni di beneficiare dell’indulgenza giubilare il maggior numero di cristiani peccatori, inclusi quelli che frequentano la Fraternità San Pio X (fedeli che di certo non conoscono tutti le disposizioni canoniche e non sono certo colpevoli per l’indisciplina dei loro pastori)? Data la straordinarietà dell’evento, (Luca 15, 1-10), per la conversione e la salvezza delle pecorelle non si potrebbe configurare lo stato di grave pericolo?
    La decisione papale è sanabile ex ante entro la data di apertura del giubileo o potrebbe esserlo ex post? E come?
    La fattispecie non è assimilabile a quanto scrive MARCO 2,23-28 “….. Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è Signore anche del sabato”?

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Cari lettori.

      Rispondo brevemente ai quattro commenti sopra cercando di rendere quanto meglio possibile l’idea del problema:

      1. ad un giovane che alla fidanzata pone come condizione per il matrimonio la solenne promessa e l’impegno vincolante a non avere figli, noi dobbiamo giustamente negare le nozze, per il semplice fatto che il matrimonio sarebbe de facto nullo;

      2. ad un malato che approva l’eutanasia e che dispone per se stesso in modo cosciente e deciso l’eutanasia e che la richiede e la pretende, noi dobbiamo giustamente negare le esequie funebri;

      3. a un cattolico tedesco che non paga la tassa di culto (Kirchensteuer) possono essere negati i Sacramenti, io stesso narro in un mio libro del 2011 di quando a Monaco di Baviera amministrai l’unzione degli infermi a un morente presso il quale il parroco si era rifiutato di andare perché da anni non pagava più la “tasse di culto” e che peraltro aveva cessato di pagare per sacrosanta protesta per una gravissima ingiustizia realmente sofferta;

      ecc … ecc …

      Per contro però, a dei cattolici scismatici che negano la validità di un intero concilio ecumenico, che non accettano le sue discipline, che non ritengono valido il Magistero della Chiesa a partire dal 1958 in poi, che si sono presi persino la libertà di dichiarare che la Chiesa Cattolica è caduta in apostasia, che il Sommo Pontefice è un modernista eretico ed altrettanto i vescovi, ma soprattutto che hanno spesso, non pochi di essi, una percezione teologica erronea della stessa grazia sacramentale, viene invece concessa facoltà di amministrare il delicato Sacramento della confessione, perché la Chiesa intesa come “sacramento di unità”, probabilmente è divenuta una specie di optional.

      Questa è la questione che io sollevo, semplicemente questa; e sinceramente mi pare comprensibile, logica e anche pertinente.

      • Stefano dice:

        Padre, ma allora, il papa può fare quello che ha fatto oppure no?
        Questo mi chiedo alla fine.

  9. Orion dice:

    Questa volta, caro don Ariel, non sono d’accordo con lei. Premetto che non sono un dottore in Ius Caninicum, quindi “se mi sbaglio mi corrigerete”.
    Mi viene da dire che la validità dei sacramenti è questione ontologica e sostanziale, la liceità è invece questione in fin dei conti burocratica e formale.
    Ora,al Romano Pontefice è riconosciuto il potere di scavalcare qualunque formalità burocratica, potendo dispensare chiunque da qualunque norma di diritto umano (e non divino, ovvio). Ergo, se il Papa intende avvalersi di tale potere, non vedo dove sia il problema. Possiamo discutere sull’opportunità di tale atto, ma non so se possiamo discutere dell’efficacia dell’atto stesso. Anche perchè ho come l’impressione che lei alla fine metta implicitamente in dubbio la validità stessa di questi sacramenti, cosa che però è fuori discussione.
    Non dimentichiamo che si tratta comunque di un provvedimento straordinario e temporaneo, legato ad un evento straordinario e temporaneo quale appunto è un Giubileo.

    PS: al di là della sacramentaria, adesso i lefebvriani non potranno più dire che questo Papa è misericordioso con tutti (potestanti, comunisti, ateisti, etc) tranne che con…

  10. LDCaterina63 dice:

    Reverendo e caro Padre Ariel,
    non sono qui per alimentare un fan Club dell’Isola dei famosi… ehm, scusi 🙂 dell’Isola di Patmos perchè non ne avete bisogno, ma vorrei esporle un quesito anche io inerente all’argomento.
    Tempo fa, come si è ben saputo – con il consenso di Papa Francesco – il suo successore a Buenos Aires, con un fatto probabilmente caduto come il cacio sui maccheroni – perchè si trattava di un problema politico – ha “dovuto” mostrare il volto misericordioso della Chiesa riconoscendo la FSSPX quale comunità INCARDINATA (questo è il termine usato) nella diocesi di Buenos Aires e non risulta che con l’incardinazione si sia provveduto a specificare che la FSSPX non potesse esercitare il ministero sacramentale, dare i Sacramenti per intenderci, nella Diocesi che l’aveva accolta.
    La domanda è perciò questa: se il Papa ha fatto questo (e magari i motivi veri non li sappiamo o non li dobbiamo sapere), non è coerente allora anche la sua scelta di riconoscere che anche altrove questi Sacramenti sono validi? Il problema è semmai questo: perchè solo per un Anno? e quelli che stanno a Buenos Aires potranno continuare?

  11. vincenzodatorino dice:

    Non sono un teologo nè uno studioso, ma credo che Don Levi erri. I lefvreniani amministrano i sacramenti con potere valido, ma non lecito, mancando il consenso dell’ordinario per la conclamata non comunione di essi con Roma. Tuttavia, come i sacramenti dei sacerdoti lefevreniani sono validi e leciti in punto di morte, il papa può estendere questa eccezione temporalmente per il Giubileo. Non essendo una decisione permanente, ma dettato dalla volontà di amministrare la Misericordia ai tanti fedeli, affinchè pure rinsaviscano, rimane una eccezione che non cambia la regola. Purtroppo dalle prime reazioni sembra che i tradi-protestanti non vogliano ammettere la loro eresia, anzi… Boh!

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