I collaboratori del Papa ed i traditori del Papa, i limiti di sopportabilità

Padre Giovanni

lettere dei lettori 2

– Rispondono i Padri dell’Isola di Patmos –

I COLLABORATORI DEL PAPA ED I TRADITORI DEL PAPA 

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È meglio esser fedeli al Papa senza titoli speciali, che occupare una poltrona in Vaticano per fare poi in tutto e per tutto la parte di Giuda.

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Caro Padre Giovanni,

a proposito della crisi della fede [vedere articolo QUI], non discuto l’autorità dell’attuale Sommo Pontefice, ma mi consenta rispettosamente di dire che – quanto ad autorevolezza e credibilità – francamente mi pare stonato, come leggo a pag. 4 del suo testo, mettere sullo stesso piano quel gigante che è stato Benedetto XVI nella sua missione, e Papa Francesco, la cui ambiguità e la cui supponenza, come giustamente dice Spaemann, si sono spinte al limite [vedere articolo QUI]. È anche per questo che credo sia meglio non annoverarsi fra «i più stretti e fedeli collaboratori» del regnante Pontefice … pensando a figure non raccomandabili che lo sono realmente, come Sua Em.za il Card. Walter Kasper.

La saluto con deferenza e affetto.

Pierluigi (Firenze)

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Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

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Caro Pierluigi.

Il Cardinale Crescenzo Sepe mostra dall'altare del Duomo di Nap

il carrierismo, nell’Isola di Patmos, oltre a essere stigmatizzato come piaga della Chiesa, è stato anche reso oggetto di ironie e goliardie, come ad esempio il Padre Ariel eletto Vescovo titolare di Laodicea Combusta [cf. QUI, QUI, QUI] ed in seguito auto-promosso Arcivescovo Metropolita di Napoli [cf. QUI], con tanto di sua immagine foto-montata sull’abito corale cardinalizio del Cardinale Crescenzio Sepe.

Parlando in quel mio articolo di «collaboratori del Papa» [cf. QUI], intendevo i veri collaboratori, come per esempio i Padri di questa rivista telematica L’Isola di Patmos, che sono sinceramente, totalmente e autenticamente fedeli al Magistero pontificio.

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Il puro fatto giuridico-materiale-esteriore di rivestire un ruolo ufficiale di collaboratore, ottenuto con la frode, l’adulazione e la scalata al potere, come per esempio ha fatto il Cardinale Walter Kasper, non significa nulla. È pura facciata, pura ipocrisia, è menzogna. È cosa spregevole … Gesù lo avrebbe trattato da sepolcro imbiancato, perché le cose si giudicano dalla sostanza e non dall’apparenza.

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Dobbiamo stare attenti a non lasciarci ingannare da soli titoli e rivestimenti giuridici, perché possono nascondere il falso. Non basta, infatti, che in una bottiglia ci sia l’etichetta “Barolo”, perché contenga del vero Barolo.

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Se un collaboratore ufficiale del Papa tradisce o falsifica il Magistero del Papa – e dico del Papa come Papa – sia esso Jorge Mario Bergoglio o sia un altro Papa (in tutto i Romani Pontefici sono 265), chiamato a essere custode della divina Rivelazione contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, non è un collaboratore, ma un traditore.

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Chi invece obbedisce al Magistero del Papa, come facciamo noi, anche se non ha incarichi speciali alla Santa Sede o altrove, è il vero, affidabile, competente, autorevole e leale collaboratore.

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È meglio esser fedeli al Papa senza titoli speciali, che occupare una poltrona in Vaticano per fare poi in tutto e per tutto la parte di Giuda.

dall’Isola di Patmos, 20 giugno 2016

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I LIMITI DI SOPPORTABILITÀ

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[…] il Santo Padre ha una testa alquanto dura e difficilmente ascolta qualcuno, ma se qualcuno ascolta, alla prova dei fatti ascolta le persone più sbagliate, come quelle che gli hanno consigliato, viepiù nella ricorrenza del centenario delle apparizioni della Madonna di Fatima, di andare in visita apostolica a Stoccolma per prendere parte ai festeggiamenti dei cinquecento anni della pseudo-riforma luterana, che è per noi e che per noi rimane una eresia dinanzi alla quale non abbiamo proprio niente da festeggiare.

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Caro Padre Ariel.

Rifacendomi al suo ultimo articolo [cf. QUI] mi domandavo se difronte alle “limitatezze linguistiche e lessicali”, e conseguentemente ad alcune espressioni infelici che fanno pensare a presunte “elasticità dottrinali” dell’uomo che è Cefa, occorre chiedersi dove sia Paolo che, pur riconoscendone l’autorità, ardisca richiamarlo con fermezza? Almeno privatamente, se non pubblicamente. Narra infatti l’Apostolo: «… quando Cefa venne ad Antiòchia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto» [Gal 2,11]. E’ molto pesante la Croce di Pietro e forse Francesco se ne rende pienamente conto. Che sia questa la ragione per cui chiede sempre di pregare in suo soccorso? Anche a protezione di P. Federico Lombardi, tenuto sulle spine! Preghiamo per loro e per noi come Davide nei salmi 15 e 16. Intanto il filosofo Spaemann – amico di Papa Benedetto XVI – fa rilevare ragionevolmente: «Anche nella Chiesa c’è un limite di sopportabilità» [cf. QUI].

Ettore (Milano)

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Caro Ettore.

Kasper libro su lutero

La verità è che Giovanni Paolo II, su suggerimento del Cardinale Joseph Ratzinger, nel 1999 chiamò a Roma l’allora Vescovo di Rottenburg-Stoccarda, Walter Kasper, affidandogli il Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, affinché fosse tenuto sotto controllo, evitando che seguitasse a fomentare il peggio del catto-luteranesimo nelle facoltà teologiche e nell’episcopato tedesco. Purtroppo, quando nel 2013 il guinzaglio è stato tolto e con esso anche la museruola, i risultati sono stati quello che oggi brillano sotto gli occhi di tutti.

Io che non sono facilmente accusabile di usare le parole a caso, almeno fino a non facile prova contraria, comincio seriamente a temere per il Santo Padre i fischi in piazza [cf. QUI], proprio perché «Anche nella Chiesa c’è un limite di sopportabilità»; e temo che questo limite, che mai andrebbe valicato, sia stato invece valicato ormai da tempo.

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Il Santo Padre ha definito la Chiesa ospedale da campo, una definizione dinanzi alla quale ho reputato di ricordare in vari miei scritti e video-conferenze che nel pronto soccorso di questo ospedale ci stiamo noi presbìteri che viviamo a diretto contatto col cosiddetto polso della situazione. E sia io sia molti miei confratelli cominciamo a essere preoccupati per ragioni basate su dati oggettivi: i fedeli si lamentano sempre più e in toni sempre più aspri di questo pontificato; si lamentano di questo Sommo Pontefice che piace tanto, troppo, a tutte quelle persone che sono da sempre avverse al mondo cattolico ed al sentire cristiano. 

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Questa è la situazione. E coloro che vivendo a stretto contatto col Sommo Pontefice non lo informano di ciò, semmai per loro quieto vivere o per la speranza di poter passare dal color violaceo al color rosso porpora, nuocciono gravemente alla Chiesa e al Successore di Pietro, il quale «non va adulato ma aiutato», all’occorrenza persino redarguito, con tutto il rispetto dovuto alla sua sacra e inviolabile persona.

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Ciò che lamentano con sempre più frequenza proprio i fedeli che inizialmente erano entusiasti di questo pontificato, è «la confusione», la mancanza di «chiari si e di chiari no» al posto dei quali si tende a rispondere che «forse potrebbe essere si, ma forse anche no, assecondo il caso o la situazione …».

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A distanza di un anno dalla nomina dei nuovi vescovi stanno emergendo in varie diocesi italiane, in tutta la loro devastante portata, i disastri operati sul piano pastorale e dottrinale da figure molto mediocri che emulano con nauseabonda piaggeria il Santo Padre nel porgersi, nel parlare, nel vestire, persino nel salutare col pollicione alzato … [vedere miei precedenti articoli QUI, QUI, QUI]. Conosco diversi di questi sacerdoti elevati alla dignità episcopale, so bene quanto siano stati cresciuti a pane e Rahner usando come metro di speculazione teologica Hegel. E ricordo molto bene di quanto costoro si beassero nel citare nelle loro omelie o nelle loro catechesi, rivolte ai cattolici adulti di marca dossettiana, i libri di Umberto Eco e gli articoli di Paolo Flores d’Arcais editi sulla rivista della sinistra radicale Micromega; ma soprattutto ricordo con quanta ferocia hanno trattato il magistero di Benedetto XVI e in quali termini solevano definire «retrivo» o «anacronistico» il magistero di Giovanni Paolo II. E oggi, a uno a uno, ce li siamo ritrovati vescovi. E dopo avere trascorso gli anni a magnificare in giro per gli studi teologici italiani il libro di Hans Küng che pone in discussione l’infallibilità pontificia, oggi sono capaci di aggredire chiunque osi esercitare quel senso critico riconosciuto dalla libertà dei figli di Dio e dallo stesso Codice di Diritto Canonico, giacché al Regnante Pontefice – e va’ da sé, solo per loro perverso tornaconto personale –, essi pretendono di applicare criteri di infallibilità laddove mai sono stati riconosciuti come tali dalla Chiesa, oltre che dalla stessa struttura del dogma proclamato dal Beato Pio IX [si veda il motu proprio Ad tuendam fidem, QUI].

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Io che vivo nel pronto soccorso della Chiesa ospedale da campo, vedo questo tutti i giorni, non posso riferire cose diverse da quelle che vedo e che sento, vale a dire che i fedeli sono sempre più scontenti, oltre che disorientati.

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Per quanto riguarda il Beato Apostolo Paolo, possiamo dire che ad Antiochia affrontò Pietro a viso aperto senza problema alcuno per il semplice fatto che egli non aspirava a diventare cardinale. Detto questo va tenuta poi in considerazione un’altra cosa: se qualche Paolo oggi c’è – e questi potrebbe essere alla prova dei fatti il Cardinale Gerhard Ludwig Müller – purtroppo Pietro non lo ascolta, essendo troppo impegnato a prendere per oro colato le pericolose inesattezze teologiche del lacunoso rettore dell’Università Cattolica argentina, l’Arcivescovo Víctor Manuel Fernández, che non è certo quella grande e nobile aquila reale tale era il Cardinale George Marie Cottier, OP [25 aprile 1922 – 31 marzo 2016] teologo della Casa Pontificia.

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Il Santo Padre è circondato dal peggio della delinquenzialità dei modernisti, dei filo-luterani e degli eretici della peggior fatta. A questo si aggiunga che caratterialmente egli ha la testa alquanto dura e difficilmente ascolta qualcuno, ma se qualcuno ascolta, pare ascoltare le persone più sbagliate, come quelle che gli hanno consigliato – e viepiù nella ricorrenza del centenario delle apparizioni della Madonna di Fatima – di andare in visita apostolica a Stoccolma per prendere parte ai festeggiamenti dei cinquecento anni della pseudo-riforma luterana, che è per noi e che per noi rimane una eresia dinanzi alla quale non abbiamo proprio niente da festeggiare. Come per noi rimane altamente empio ed ereticale l’osceno libro celebrativo su Lutero pubblicato poche settimane fa dal Cardinale Walter Kasper, che in tutto e per tutto si palesa per l’eterodosso che è [cf. Giovanni Cavalcoli, OP QUI e mio articolo QUI].

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La verità è che Giovanni Paolo II, su suggerimento del Cardinale Joseph Ratzinger, nel 1999 chiamò a Roma l’allora Vescovo di Rottenburg-Stoccarda Walter Kasper, affidandogli il Pontificio segretariato per l’unità dei cristiani, affinché fosse tenuto sotto controllo, evitando così che seguitasse a fomentare il peggio del catto-luteranesimo nelle facoltà teologiche e nell’episcopato tedesco, o che favorisse persino profanazioni della Santissima Eucaristia tramite le cosiddette intercomunioni eucaristiche celebrate nelle chiese cattoliche coi figli dell’eresiarca Lutero. Purtroppo, quando nel 2013 il guinzaglio è stato tolto e con esso anche la museruola, i risultati sono stati quelli che oggi brillano sotto gli occhi di tutti, spingendoci in tal senso sino ai limiti della ecclesiale ed ecclesiastica sopportabilità, grazie non ultimo anche ai più stretti collaboratori del Romano Pontefice, che ormai non si fanno scrupolo alcuno a enunciare pubblicamente eresie, perseguitando ed emarginando in modo feroce e coercitivo tutti coloro che si mantengono fedeli alla sana dottrina cattolica ed al magistero della Chiesa; portando all’episcopato i loro amici catto-luterani e modernisti eretici i quali a loro volta consacreranno nel Sacro ordine sacerdotale altrettanti catto-luterani e modernisti eretici, respingendo tutte le migliori e sane vocazioni animate da autentici sentimenti cattolici.

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È la grande apostasia narrata nella sua Apocalisse dal Beato Apostolo Giovanni, attraverso la quale la Chiesa di Cristo dovrà passare per essere purificata. Questo il motivo per il quale ci siamo “ritirati” sull’Isola di Patmos, giovanneo luogo dell’ultima rivelazione; luogo nel quale l’Apostolo Giovanni scrisse durante il suo esilio l’Apocalisse. 

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dall’Isola di Patmos, 20 giugno 2016

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1 commento
  1. piertoussaint dice:

    Caro Padre Giovanni,

    “…Se un collaboratore ufficiale del Papa tradisce o falsifica il Magistero del Papa – e dico del Papa come Papa – sia esso Jorge Mario Bergoglio o sia un altro Papa (in tutto i Romani Pontefici sono 265), chiamato a essere custode della divina Rivelazione contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, non è un collaboratore, ma un traditore”.

    Il problema è che se, come lei dice, un collaboratore ufficiale del Papa è un traditore, i casi sono solo due:
    1. Il Papa non sa scegliersi i collaboratori ufficiali;
    2. Il Papa è d’accordo col quel suo collaboratore ufficiale.

    In ambedue i casi, c’è poco da stare allegri.

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