Dalle partite di calcio al Santo Vangelo: il comandamento più difficile è quello di amare i propri nemici

Padre Gabriele

catechesi & pastorale —

DALLE PARTITE DI CALCIO AL SANTO VANGELO: IL COMANDAMENTO PIÙ DIFFICILE È QUELLO DI AMARE I PROPRI NEMICI

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I nemici che dobbiamo amare, possono essere i terroristi dell’Isis, i massoni, i mafiosi o i falsi progressisti. Tanto per citarne qualcuno. Un nemico che è una persona ma che sprigiona una violenza, ideologica e fisica, contro il nostro essere fedeli alla Chiesa di Gesù Cristo.

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Autore
Gabriele Giordano Scardocci, O.P.

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tefferugli degli hooligans

Nel Vangelo di San Matteo troviamo il celebre monito che ci esorta ad amare i nostri nemici:

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«… avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» [Mt 5, 43-48].

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Prima di diventare frate ho sempre avuto diversi hobby di natura artistica e sportiva. Da sempre ho amato il calcio e l’ho anche praticato fino a quando non sono entrato nell’Ordine dei Predicatori. Ricordo un episodio legato al mondo del calcio, che mi ha molto stupito. Avvenne durante una partita di un campionato di Serie B.

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Le tifoserie di Ternana e Perugia, data la vicinanza geografica, ordinariamente non si amano. Quando le loro squadre si incontrano, i rispettivi supporters generano sempre incidenti e tafferugli e c’è bisogno delle forze dell’ordine per evitare il peggio. Durante una di queste partite, ci furono degli scontri. Un tifoso perugino si trovò riverso a terra, pronto per essere linciato dagli avversari. Ma in quel momento giunse una ragazza ternana che lo abbracciò e gli mise al collo una sciarpa della propria squadra. In questo modo, salvò l’avversario dal prendere tante botte. Non si seppero mai i nomi dei protagonisti di questa storia. Eppure, questo episodio, mi portò a riflettere sul tema dell’amore dei nemici.

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Anche il brano che ho scelto di meditare oggi su L’Isola di Patmos torna su questo tema: Amate i vostri nemici! Per me, esso rappresenta il nucleo centrale del messaggio di Gesù sull’amore. La richiesta che il Signore esprime nei confronti dei suoi ascoltatori sembra veramente impossibile. Infatti, il greco evangelico esprime questo amore con ἀγάπαω [agapao], che assurge a verbo tipico dell’amore del Cristianesimo. Un amore, cioè, che porta a donare tutto sé stesso al servizio del prossimo.

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In questo passaggio del Vangelo di San Matteo, la agapé [ἀγάπη] è portata alle sue massime conseguenze. Occorre però stare attenti alla distinzione che il Nuovo Testamento pone nei confronti del termine nemico. C’è infatti il temibile Nemico di cui parla San Paolo: il Diavolo. Vari sono i riferimenti che San Paolo fa al Diavolo, uno di questi in una delle lettere indirizzata al discepolo Timoteo, proprio laddove illustra quelli che devono essere i requisiti del vescovo [cf. I Tm 3,6].

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È impossibile pregare e donarsi per il Diavolo. Gesù non chiede di donarci per lui. Il Diavolo sin dal momento della sua creazione ha fatto una professione eterna di disobbedienza a Dio ed a tutto il creato. Stupende sono le parole del Faust di Marlowe, in cui Mefistofele, un diavolo, afferma:

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«Sono lo spirito che nega continuamente: ho ragione; perché quello che sussiste è degno di essere distrutto: e sarebbe stato pur meglio che nessuna cosa fosse mai uscita ad esistenza. Or dunque tutto ciò che voi uomini dite peccato, distruzione, quel che in somma chiamate male, è mio  elemento speciale».

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Il Diavolo odia profondamente e continua a odiare in primo luogo tutto il creato. E in primo luogo noi, religiosi. Ci odia perché vede nella nostra professione d’obbedienza a Dio una opposizione diretta a lui. Il Diavolo, che è il grande divisore, continua e continuerà a istigare le sue suggestioni degeneri: il relativismo, i totalitarismi, il modernismo, il falso progressismo … tanto per citarne alcuni. Ma, accanto al Diavolo, vi sono altri nemici: gli uomini. A questi uomini-nemici si riferisce il Signore quando ci chiede di amarli. Così, se si decide di amare, occorre amare tutta l’umanità.

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L’amore che Cristo chiede a noi, sua Chiesa, è un amore universale. Non è quindi un caso se la Chiesa di Cristo si chiama Chiesa Cattolica, ossia: universale. Ricordiamo per inciso che il termine “cattolica” deriva dal greco κατα ολων [kata olon], una categoria neoplatonica del filosofo Plotino che con essa indica «secondo il tutto». Questa definizione non era di tipo spaziale-geografico ma di tipo qualitativo. Infatti, per i primi grandi Padri della Chiesa, essere o divenire cattolici voleva dire che «nulla è umano».

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Nella dimensione cristiano cattolica è quindi necessario amare i propri nemici ed essere al di sopra di una delle mode del tempo attuale: la moda della vendetta. O anche un’altra delle mode che purtroppo ha infettato alcuni cattolici che si riferiscono di altri cattolici come nemici usando verso di questi espressioni come «li aspettiamo al varco, preghiamo Dio che muoiano presto» e “delicatezze” simili … 

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Siamo nella Chiesa Cattolica o nel Colosseo come gladiatori? È forse questo l’atteggiamento che Gesù ci ha chiesto e continua a chiederci di avere? Pertanto, i nemici che dobbiamo amare, possono essere i guerriglieri dell’Isis, i massoni, i mafiosi o i falsi progressisti. Tanto per citarne qualcuno. Un nemico che è una persona ma che sprigiona una violenza, ideologica e fisica, contro il nostro essere fedeli alla Chiesa di Gesù Cristo.

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Com’è possibile amarli? Solo con uno sguardo sub specie aeternitatis è possibile cogliere con pienezza l’insegnamento di Cristo. Gesù ci dice amate i vostri nemici e sarete figli di Dio, e sarete perfetti.

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Nella nostra offerta incessante di preghiera per loro, proveremo a convertirli, a renderci figli di Dio per loro. Figli di Dio per quelli che ci odiano. Essere perfetti come il Padre nostro nei cieli, implica mostrare Dio sul proprio volto al nemico, come stanno facendo i martiri di oggi. Allo stesso tempo significa accogliere ciò che Dio sta permettendo nell’azione del nostro nemico. Basti pensare agli effetti cruenti della Passione. I centurioni provocano violenza e morte su Gesù. Gesù lo permette e allo stesso tempo si dona a loro. L’effetto è la stessa redenzione di quei romani pagani.

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Se davvero allora vogliamo essere, con la grazia di Dio, suoi consacrati, ed un giorno futuri sacerdoti, non possiamo esimerci dal comandamento dell’amore per i nemici. Davvero allora saremo sale della terra [cf. Mt 5, 13-16] ogni atto di inimicizia si schiuderà in un’unica preghiera universale verso il Dio morto sulla croce per amore.

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È nella nostra essenza di frati domenicani, essere infine croce da cui sgorga amore. Altrimenti, la prostrazione a croce che abbiamo fatto il giorno della nostra professione, rischia di essere solamente un’azione teatrale. Uno splendido atto scenico. Saremo stati perfetti attori, che detta in greco equivale a perfetti ipocriti [dal greco ὑποκριτής, hypokritēs, deriva la parola attore].

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A ognuno di noi sta di scegliere se aver professato da hypokritēs o da veri figli di Dio e, per quanto mi riguarda, da figli di San Domenico, consacrati per Cristo nei diversi stati di vita.

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 Gesù dolce, Gesù amore! [cf. Santa Caterina da Siena]

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Roma, 17 novembre 2018

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