Ci siamo trascinati in casa un nemico che ci impiccherà con le corde che la Chiesa e gli Stati europei gli hanno fornito: una riflessione storica, sociale e teologica sulla fede islamica

Theologica 

CI SIAMO TRASCINATI IN CASA UN NEMICO CHE CI IMPICCHERÀ CON LE CORDE CHE LA CHIESA E GLI STATI EUROPEI GLI HANNO FORNITO: UNA RIFLESSIONE STORICA, SOCIALE E TEOLOGICA SULLA FEDE ISLAMICA

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Purtroppo, ci duole ammetterlo, con certi gesti decisamente imprudenti il Santo Padre ha consegnato, ai nuovi invasori di un’Europa ormai in fase irreversibile di scristianizzazione, le chiavi di casa. Nel mentre, a noi, in questa situazione irreversibile e senza umana possibilità di ritorno, non ci resta che attendere l’apertura del Settimo Sigillo secondo il racconto contenuto nella Apocalisse del Beato Apostolo Giovanni.

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Autori
Giovanni Cavalcoli, O.P. – Ariel S. Levi di Gualdo

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13 commenti
  1. Alessandro B dice:

    Grazie per le chiare spiegazioni, le precise descrizioni della situazione e le eccellenti e chiare argomentazioni teologiche. Nel mio piccolo, durante la lettura, mi sono venute in mente le quattro virtù teologali e cioé la prudenza, la giustizia, la temperanza, la fortezza che bene riassumono (oltre le tre virtù teologali, fede, speranza, carità) il necessario armamentario della vità cristiana. Come poi non ricordare il discorso di Papa Benedetto XVI a Ratisbona tutto centrato sulla ragione umana nella fede, che appunto manca nell’islam…

  2. orenzo
    orenzo dice:

    «Dal Concilio Vaticano II la Chiesa ha deciso di iniziare un cammino di dialogo con l’islam. Quali sono i risultati di questo mezzo secolo di dialogo? Quei Paesi che un tempo erano le roccheforti della cristianità sono pieni di moschee, mentre il mondo musulmano non conosce altro che discriminazioni, minacce e persecuzioni ai danni  dei cristiani. Uccisi, cacciati! Che bel dialogo! Non mancano i testi, i congressi, le conferenze, i caffè insieme, le dichiarazioni congiunte con i musulmani. Abbiamo visto il papa recentemente al Cairo. E poi? Risultati concreti? Zero assoluto».
    http://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-gesuita-l-islam-jihadista-e-quel-silenzio-del-papa-20932.htm

  3. Padre Ariel
    Ariel S. Levi di Gualdo dice:

    Carissimo Jamal,

    se lo desidera, il problema è risolto.

    Prima devo conoscerla di persona, poi, mi offro io di amministrarle il Sacramento del Battesimo.

    Fatto questo, se il Vescovo della sua diocesi dovesse sollevare qualsiasi genere di questione “canonica”, in tal caso io solleverò una questione pubblica senza precedenti, rivolgendomi al tempo stesso alla Congregazione per i Vescovi e alla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti.

    dopodiché, se necessario, mi difenderò canonicamente, supportato da una squadra di amici canonisti di prim’ordine, presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

    Sono quindi a sua completa disposizione.

    • Padre Ariel
      donclagen.12@ dice:

      Carissimo Padre Ariel,

      visto che tu non sei parroco, se vuoi evitare “problemi canonici” (che dubito avresti), invita pure il dott. Jamal nella parrocchia mia per il battesimo, al quale provvederesti tu con la felice presenza mia e quella del viceparroco che è … “dei nostri”.
      E vediamo se qualcuno ci dice qualcosa, in una Chiesa dove un gran numero di preti, da molti anni, compiono i peggiori abusi sui Sacramenti, altro che amministrare il battesimo a un adulto che lo richiede! Perché prima dovrebbero sanzionare canonicamente i preti che fanno le messe ecumeniche con i protestanti ai quali danno poi la comunione, ecc …
      Fammi solo sapere, io sono a tua completa disposizione.

      don Claudio (Milano)

  4. Padre Ariel
    Jamal dice:

    Illustri Padri,

    sono originario del Marocco, figlio di genitori marocchini, ho 44 anni, sono arrivato in Italia che avevo 3 anni, e sono cresciuto italiano.
    Sono cittadino italiano.
    Sono ingegnere civile ed esercito la professione.
    Sono sposato da 12 anni con una italiana e ho due figli, tutti e due battezzati, per mia volontà.
    Sono stato cresciuto laicamente dai miei genitori, che non mi hanno mai parlato di islam, non mi hanno nemmeno insegnato la lingua araba.
    Da grande volevo convertirmi al Cristianesimo, ma i preti della curia pensarono che volevo diventare cristiano solo per scopo matrimonio, per fare contenta mia moglie e i suoi familiari, e mi dissuasero, anche se non era affatto così.
    Dopo il battesimo del mio primo figlio, affascinato prima dal grande Giovanni Paolo II e poi dal grande Benedetto XVI, chiesi se potevo essere battezzato anche io.
    Mi fu fatto capire che per andare in paradiso, non è necessario essere cristiani, perché tutti vanno in paradiso.

    Venero Gesù, e lo credo Dio e Figlio di Dio, ma con Papa Francesco, ho capito che forse, a farsi battezzare (se me lo permetteranno un giorno!), è meglio aspettare … meglio aspettare …

    Grazie Padri carissimi.

    Jamal

  5. Padre Ariel
    Lettera Firmata dice:

    Cari Padri dell’Isola,

    non vi saremo mai abbastanza grati per la precisione e la decisione con la quale avete messo in luce un problema, mentre i “buonisti sognatori”, dinanzi al grave fenomeno da voi dipinto, ci stanno portando al suicidio collettivo.

    Non importa in quale città viviamo, importa il fatto soltanto, che è questo: siamo due insegnanti, marito e moglie (oggi non è scontato che una coppia sia composta da marito uomo e moglie donna, meglio quindi precisarlo!), genitori di due figlie di 15 e 17 anni.

    In uno stabile, praticamente di fronte a casa nostra, che fu a suo tempo un istituto per l’infanzia abbandonata, hanno creato un centro per … “profughi”. Questi “profughi” corrispondono ai “ragazzoni” da voi descritti, tutti giovani al di sotto dei 30 anni, tutti in ottima salute fisica, tutti a maggioranza musulmani … proprio come da descrizione da voi data.

    Fino al giorno che tre minori di 18 anni hanno pesantemente molestato due ragazze in un vicino parco, e la cosa sarebbe potuta andare peggio, se queste non avessero richiamato con le loro urla i frequentatori abituali che portano in quella zona i propri cani a passeggio.

    Il primo a difendere i tre, chiamandoli “disagiati”, è stato il parroco della locale parrocchia, affermando papale papale … “se fossero stati tre dei nostri sarebbe andata peggio”.

    Il prezzo di mercato delle case in questa zona è sceso in caduta libera. Noi ci siamo trasferiti nella nostra casetta di campagna e nei giorni di lavoro e di scuola, cioè di lavoro nostro e di scuola delle nostre figlie, facciamo 36 km all’andata e 36 km al ritorno, per una strada provinciale non proprio agevole, specie in inverno, partendo di case ogni giorni alle 6.45 del mattino per essere sul posto prima dell’apertura delle scuole alle 8.30, e alle 14/14.30 circa rientriamo a casa.

    Noi abbiamo dovuto rinunciare a diverse cose e abitudini, e le nostre figlie ugualmente, dalla palestra alla scuola di danza. L’unica cosa alla quale non ci è dispiaciuto rinunciare (e di questo non ce ne vogliano i buoni Padri dell’Isola), è la Messa domenicale celebrata dal parroco che vive in funzione dei “profughi” e di quelle che lui ritiene essere le loro sante ragioni, perché loro sono nella ragione, noi nel torto, loro le vittime (di non si sa che cosa), noi i carnefici giacché eredi e discendenti dell’Europa dei crociati, dei colonizzatori e degli sfruttatori. Avete capito bene, propri così dice e afferma il Reverendo Signor Parroco nei suoi sermoni domenicali, nei quali parla solo di poveri, profughi e rivoluzione epocale di papa Francesco.

    In un angolo di campagna si sta bene, mentre loro, i “profughi” disagiati, occupano le nostre città, sperando non giungano anche nelle campagne a stretto giro di tempo.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Cari Professori,

      ho reputato opportuno rispondere in privato al vostro commento duplice: quello pubblico, che qui è stato riportato, unito a quello privato indirizzato solo a me.

      Vi ho risposto in modo molto dettagliato in privato perché non intendevo “caricare” ulteriormente ciò che Padre Giovanni Cavalcoli ed io abbiamo scritto, all’occorrenza usando anche la necessaria severità.

      Sarebbe opportuno che voi, ed i fedeli di quella zona, chiedeste udienza al Vescovo. Scrivergli, non servirebbe infatti a niente, dovete parlargli di persona.

      Presentatevi da lui in delegazione e ricordategli che la parrocchia in questione, nell’immediato dopoguerra, con annesso asilo, cinema, campo di calcio e oratorio, è stata interamente costruita con le offerte dei fedeli, che hanno pagato mattone su mattone tutta l’opera, inclusi soprattutto i fedeli non abbienti, che hanno generosamente offerto quello che potevano, semmai in memoria dei loro familiari defunti o dei loro figli caduti o dispersi in guerra.

      Detto questo, ricordate al Vescovo se egli reputa giusto che i fedeli di quella parrocchia, costituiti in parte dagli anziani benefattori del dopoguerra, o dai loro figli e nipoti, meritano oggi di essere trattati come “capitalisti sfruttatori”, o indicati variamente come “eredi dei crociati” o dei “colonizzatori”, da una di quelle tante vergogne ideologiche del sacerdozio che non dovrebbero stare a fare danni nei presbitèri delle diocesi, ma dovrebbero far parte invece dello staff ideologico, distruttivo e quindi auto-lesionistico della Signora Laura Boldrini, colei che nella moschea di Roma si presentò tutta coperta e con il velo in testa, dal Sommo Pontefice Francesco si presentò invece in udienza in pantaloni e con le ciabatte infradito ai piedi.

      Seguite il mio consiglio, poi fatemi sapere come il Vescovo vi ha risposto, se vi risponderà, perché se non vi risponde, o se vi risponde male, allora, alla vergogna presbiterale del parroco in questione, si aggiungerà purtroppo anche la vergogna episcopale di quel vescovo diocesano.

  6. Zamax dice:

    Molto succintamente la mia opinione è questa: Maometto fu fondamentalmente un “rivoluzionario che fece le scuole in occidente” ante litteram. Cioè: un mercante che visse a contatto con tribù o comunità ebraiche della penisola araba e che ebbe la possibilità, grazie al suo mestiere, di conoscere con più agio il mondo religioso giudaico-cristiano, il cui lascito culturale, a lungo termine, dal punto di vista politico-sociale, è l’universalismo dei diritti che nasce naturalmente dalla credenza in un solo Dio.

    L’Islam è un fenomeno post-cristiano ed è per questo che porta, a suo modo, tracce di quei totalitarismi pervasivi che sono le ideologie politiche anticristiane che nascono come scimmie del Cristianesimo in ambito culturalmente cristiano. Non è un caso se nel medioevo Maometto fosse sentito istintivamente come un eretico. Maometto vide con politica perspicacia soprattutto questo universalismo nella sapienza biblica e se ne servì per raccogliere intorno a sé un’unita “falange di scontenti” che la ebbe vinta in un mondo profondamente tribale e quindi profondamente diviso.

    Il rapidissimo trionfo dell’Islam preannuncia già il folgorante successo del Comunismo fuori dal nativo recinto europeo di mille e passa anni dopo: in paesi, cioè, anche colossali, ma privi di anticorpi.

    Il monoteismo universalistico fu la scala che portò Maometto al potere. Quella sistemazione pasticciata di materiali biblici, rimpolpata da elementi pagani e animistici, che va sotto il nome di Corano, andò di pari passo con il consolidamento del potere dell’Islam. Le “luci” del Corano non sono altro che il riflesso accidentale di quei materiali, le contraddizioni il segno che esse sono prese a prestito e piegate ai fini di un disegno terreno che ha il fascino narcotico di quella compiutezza che ogni ideologia totalitaria promette alle genti. Fino, s’intende, a quel collasso inevitabile che secondo me proprio oggi – un “oggi” in senso epocale – l’Islam sta vivendo, a dispetto delle apparenze: infatti vengono scambiate per manifestazioni di vigore primigenio quelle che sono invece le manifeste convulsioni mortali da cui l’Islam è attanagliato in ogni angolo della terra in cui è presente.

  7. Padre Ariel
    Ariel S. Levi di Gualdo dice:

    Caro Fabrizio,

    conosco e parlo la lingua spagnola, ma per avere ulteriore conferma e non dare risposte errate, ho chiesto al mio allievo e collaboratore, che è di madrelingua spagnola.

    Parole di origine araba sono finite, per esempio, in molti dialetti del nostro Meridione d’Italia, dopo essere state “dialettizzate“; ed anche nella nostra Regione Sardegna, parole di origine araba sono finite nei dialetti, sebbene quella sarda, più che come dialetto, è riconosciuta come lingua, ma come un dialetto nel quale sono presenti parole “dialettizzate” di origine francese e spagnola.

    Una cosa è certa: se il 40% dei lemmi spagnoli fossero derivanti dall’arabo, in tal caso, la lingua spagnola, dovrebbe essere indicata espressamente come lingua di origine araba.

    In molti dialetti italiani, incluso il suo genovese, vi sono parole di ceppo francese e spagnolo, ma non mi risulta che questo dialetto ligure sia mai stato definito come dialetto di origine francese o spagnola.

  8. fabriziogiudici dice:

    Cosa pensa il Santo Padre dell’Islam? Su Vatican Insider, tra varie anticipazioni del prossimo libro con cui ci diletteremo – quello dove ha rivelato di essersi fatto curare da una psicologa non cattolica – Francesco, oltre a rivendicare le radici cristiane dell’Europa, si inventa pure quelle islamiche, e le rivendica:

    Ma qual è la cultura europea? Come definirei oggi la cultura europea? Sì, ha importanti radici cristiane, è vero. Ma non è sufficiente per definirla. Ci sono tutte le nostre capacità. Queste capacità per integrarsi, per ricevere gli altri. C’è anche la lingua nella cultura. Nella nostra lingua spagnola, il 40% delle parole è arabo. Perché? Perché erano lì per sette secoli. E hanno lasciato il segno… Credo che l’Europa abbia delle radici cristiane, ma non sono le uniche. Ci sono altre che non possono essere negati.

    PS Qualcuno potrebbe dirmi se quel “40%” è corretto?

    • Zamax dice:

      Mi arrischio di dire che la percentuale del 40% non sta né in cielo né in terra. In ogni caso, per quanto numerose, le parole spagnole di origine araba non hanno intaccato né la struttura, né la grammatica, né il lessico fondamentale del castigliano, che sono rimasti di stampo neolatino. Questi innesti linguistici sono un po’ come dei detriti che la secolare mareggiata araba ha lasciato sulla penisola iberica dopo la risacca. Un fenomeno similare – credo su scala minore – è avvenuto con il radicamento di parole turche nei Balcani al tempo del dominio degli Ottomani.

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