La risurrezione di Cristo è quell’atto d’amore salvifico perfetto che caccia via in noi la paura della morte

L’angolo dell’omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

LA RISURREZIONE DI CRISTO È QUELL’ATTO D’AMORE SALVIFICO PERFETTO CHE CACCIA VIA IN NOI LA PAURA DELLA MORTE

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[…] quando considero Gesù come un defunto, quando vedo in lui il caro estinto da compiangere oppure quando vedo in lui solo una tradizione del passato da rispettare annualmente è difficile fare Pasqua, è difficile trovare un rimedio alla paura e alla morte. Ma Gesù non è un morto è il Vivente, è l’eterno presente e sono chiamato a sperimentare questo, così come è avvenuto per le donne: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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Cari fratelli e sorelle, 

Lampada del Santissimo Sacramento nella chiesa parrocchiale del convento dei Frati Minori Cappuccini di Laconi (Oristano)

«Non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto come aveva detto» [Mt 28, 1-10].

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Queste le parole tratte dal Vangelo di Matteo di questa notte che ci annunciano la Risurrezione di Cristo. n annuncio forte che contrasta con due aspetti presenti nella vita di ciascuno di noi: la paura e la morte. E davanti alla paura e alla morte non abbiamo bisogno solo di essere incoraggiati, ma abbiamo necessità di trovare qualcuno che ci liberi dalla morte e metta in fuga la paura. La Pasqua è la risposta a questa necessità. Infatti, per prima cosa, l’Angelo invita le donne a non avere paura.

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Per l’attuale crisi sanitaria ognuno di noi sta vivendo un tempo di scoraggiamento e di timore. È bastato un virus per mettere in discussione tutta la nostra vita e quello che sembrava fino a poco tempo fa normale, oggi non lo è più. La Pasqua è l’evento in cui Dio attraverso Gesù Cristo ci dice che l’uomo non è stato creato per vivere nella paura, ma è stato creato libero e privo di ogni male. Non possiamo perciò pensare di condurre una vita normale ― anche di fede ― se permettiamo alla paura di dominarci. Allora quale è il rimedio alla paura? È Gesù, è il sapere che egli non si è scordato di noi, egli è il Vivente anche durante questo tempo di prova. Proprio perché è vero Dio e vero uomo è capace di un abbraccio che salva, che supera enormemente ogni peccato e ogni male del mondo.

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Padre Ivano Liguori, celebrazione del Triduo Paquale nella chiesa parrocchiale del Convento dei Frati Minori Cappuccini di Laconi (Oristano)

Quando abbiamo superato la paura, resta in noi una domanda che vediamo presente anche nel cuore delle donne che si recano al sepolcro: quando vado alla ricerca di Gesù, io chi cerco, un vivo oppure un morto? L’angelo dice chiaramente alle donne: «So che cercate Gesù, il crocifisso», il che significa voi cercate quel Gesù che è stato ammazzato. Ma quel Gesù dopo il Venerdì e il Sabato Santo non c’è più, non esiste più un cadavere ma il Risorto, non esiste più un defunto ma il Vivente.

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Cari fratelli, quando considero Gesù come un defunto, quando vedo in lui il caro estinto da compiangere oppure quando vedo in lui solo una tradizione del passato da rispettare annualmente è difficile fare Pasqua, è difficile trovare un rimedio alla paura e alla morte. Ma Gesù non è un morto è il Vivente, è l’eterno presente e sono chiamato a sperimentare questo, così come è avvenuto per le donne: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».

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Padre Ivano Liguori, celebrazione del Triduo Paquale nella chiesa parrocchiale del Convento dei Frati Minori Cappuccini di Laconi (Oristano)

Oggi la sfida della fede pasquale ci porta a incontrare Gesù vivo nella Galilea dell’emergenza sanitaria di Coronavirus. Significa portare l’annuncio del vivente ― l’Exultet Pasquale ― dentro quelle situazioni di morte, di malattia, di paura che imperversano nelle nostre città, all’interno della nostra cara nazione, nel mondo intero.

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Dov’è o morte la tua vittoria, dov’è o malattia la tua vittoria? Non c’è, ha avuto termine con il silenzio del Sabato Santo, oggi è la domenica di Pasqua, oggi vince la vita e la salvezza di Cristo.

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Cari amici, pur vivendo una Pasqua a porte chiuse, nell’intimità delle nostre case, dei nostri appartamenti, questo non impedisce al Risorto di farsi presente. Egli che entrò a porte chiuse nel cenacolo per mostrarsi risorto agli Apostoli, si manifesterà anche a noi, radunati in questo giorno nel suo nome. Gesù vivo spalanca le porte delle nostre case, spalanca le porte delle nostre paure e vi entra come Salvatore potente. Non sarà un virus a strapparci dall’amore di Cristo, non sarà un virus a rendere vana la Pasqua del Signore.

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Cristo risorto benedica noi tutti e ci ottenga di ritornare presto alla serenità della vita quotidiana, non nella paura della morte ma nella gioia della vita che non ha fine.

Buona Pasqua, Cristo è veramente risorto!

Laconi, 11 aprile 2020

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1 commento
  1. Antonio Bonifacio
    Antonio Bonifacio dice:

    Stimato padre
    Si comprende benissimo il valore di ciò dal punto di vista della dottrina cattolica che esprime il suo punto di vista sulla paura della morte e la correlativa fede nella resurrezione, sostenendo che questa paura costituisca il substrato comune al genere umano perchè la morte è il doloroso salario del peccato di Adamo (di cui tutti siamo figli) inaugurando tale concezione quel “paradossale” tempo lineare che poi concreta la storia della salvezza, inconcepibile in altri ambiti.
    Ciò però non coincide con il sentire di molti popoli variamente distribuiti nel globo terracqueo che, credendo il tempo circolare e non lineare, immaginarono (o fu loro insegnato in via di rivelazione) e vissero (e vivono) in una condizione diversa la temporalità. Legati a cicli cosmici via via più ampi, videro nella ripetitiva macchina celeste, sempre ritornante al medesimo punto, il ritmo delle stesse loro esistenze individuali e a questo ormeggio convitamente ancorarono le loro effimere individualità nella perfetta e imperturbabile convinzione che anche nella loro persona fosse impresso quel medesimo moto che scorgevano presentarsi nel lento volversi dei cieli.

    Per conseguenza si convinsero che c’è una vita con il corpo e una vita senza il corpo, ovvero il corpo apparve loro come una tunica dismissibile.
    Anche la frase “donna partorirai con dolore” – l’ingresso alla vita – è una convinzione culturalmente condizionata in quanto presso molti gruppi umani il parto, seppur evidentemente impegnativo, è raramente doloroso e avviene in modo del tutto naturale, addirittura conversando con gli astanti, in similitudine a questo atteggiamento è accettata dal morente la sua separazione dal corpo.
    Sono i pensieri che si fa un religioso senza religione come me in queste giornate.

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