Risposta ai dubia dei Cardinali? Il Sommo Pontefice risponderà attraverso gli scismatici lefebvriani …
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RISPOSTA AI DUBIA DEI CARDINALI? IL SOMMO PONTEFICE RISPONDERÀ ATTRAVERSO GLI SCISMATICI LEFEBVRIANI …
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La mancanza di diritto, sostituito con la emotività, il sentimentalismo ed il singolo arbitrio, oltre alla mancanza di senso comune, ed a tratti anche alla mancanza di comune senso del ridicolo, è la migliore, ma sotto certi aspetti anche peggiore risposta, che i quattro Cardinali autori dei dubia rischiano purtroppo di ricevere.
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A tutti voi, Lettori di questa giovannea Isola di Patmos, luogo dell’ultima rivelazione, nella quale il Beato Apostolo scrisse il Libro dell’Apocalisse, il mio benedicente saluto di pace e grazia dal Signore Nostro Gesù Cristo.
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Nelle nostre alture dell’Anatolia il clima è abbastanza mite e tra i quattro sassi delle rovine della mia antica chiesa cattedrale si sta vivendo una Quaresima ricca di frutti spirituali verso la Pasqua di Risurrezione.
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Venerdì ho diretto la Via Crucis, alla quale hanno partecipato un nutrito gruppo di pecore di montagna, a me condotte da Arak, un pastore turkmeno dell’Asia Centrale che mi è molto devoto e che oggi protegge dagli archeologi di frodo tedeschi i ruderi della mia chiesa cattedrale bruciata molti secoli fa, proprio da questo prende nome la mia sede titolare: Laodicea Combusta, ossia Laodicea la bruciata.
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Terminata la Via Crucis le pecore mi hanno baciata la mano a una a una ricevendo la mia apostolica benedizione, dopodiché, il pastore turkmeno Arak, le ha riportate edificate e santificate da questo pio esercizio presso il loro ovile, mentre io mi immergevo nella mia apostolica solitudine, tra le rovine visibili della mia chiesa, a riflettere su ciò che oggi accade nell’antica Roma, ridotta sempre più a rovina invisibile.
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Durante le mie solinghe meditazioni mi sono venuti a mente quattro miei Fratelli Vescovi, i Padri Cardinali Walter Brandmüller, Leo Burke, Carlo Caffarra e Joachim Meisner, che ho sempre stimato autentici uomini di Dio, ed ai quali desidero donare questa mia riflessione quaresimale a proposito dei loro Dubia [cf. QUI].
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Desidero anzitutto far notare ai miei quattro Eminenti Fratelli che come Vescovo di Laodicea Combusta mantengo molto vivo un ricordo legato alla prima epoca apostolica, perché la mia sede titolare è suffraganea dell’antica Arcidiocesi di Antiochia [cf. QUI], dove, come narra il Beato Apostolo Paolo nella Lettera Apostolica ai Galati [Gal 2,1-2.7-14], egli procedette ad ammonire e riprendere pubblicamente Pietro, di cui non mise mai in dubbio l’autorità, tutt’altro: a massima tutela della sua stessa autorità apostolica ritenne cosa buona e giusta indicargli l’errore e l’ambiguità nella quale era caduto.
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Con questi vivi ricordi che fanno parte della storia antica di questa terra dove ha sede la mia diocesi, ho particolarmente pregato per questi miei fratelli Vescovi, ai quali il Romano Pontefice può rispondere in vari modi, più o meno diretti o indiretti. Nel particolare caso di specie penso si stia accingendo a dar loro una risposta indiretta, ma non per questo meno esauriente, risolvendo così in modo definitivo il problema generato da alcune ambiguità contenute nel documento post-sinodale Amoris Laetitia.
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A tutti è nota la storia non poco dolorosa di quella frangia di cattolici scismatici e per questo tecnicamente e canonicamente eretici, tali sono i seguaci del Vescovo Marcel Lefebvre. Questo insigne presule ritenne opportuno, a tutela del deposito della fede cattolica, rifiutare l’ultimo Concilio Ecumenico della Chiesa. Beninteso, riguardo questo Concilio si potrebbe discutere sia sulle proprietà di certi linguaggi sia su alcune vaghezze o ambiguità. Sempre però chiarendo che un conto è discutere nell’obbedienza della fede, animati dallo scopo che la Chiesa – la sola ed unica legittimata a farlo – corregga o integri certe espressioni, peraltro di un concilio pastorale; altro conto auto-eleggersi novelli Atanasio di Alessandria e negare l’autorità della Chiesa. E detto questo è bene far notare, a tutti coloro che nel tempo hanno paragonato Marcel Lefebvre a questo Santo Padre della Chiesa, che il Vescovo Alessandrino non negò mai l’Autorità della Chiesa, ma la difese dall’eresia dei vescovi ariani, non combatté certamente contro la Chiesa; egli accusò di eresia i vescovi ariani, non accusò di eresia il Magistero della Chiesa.
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Il grave errore dei lefebvriani e di tutti i loro seguaci, è credere e insegnare che il Concilio Vaticano II, essendo stato pastorale, non è vincolante. E se questo non bastasse, lo giudicano e indicano pure colmo di eterodossie, affermando da alcuni decenni ch’esso è intriso di eresie moderniste. In tal modo, i lefebvriani ed i loro seguaci, si ergono per un verso a giudici della purezza della fede, per altro verso a unici custodi dell’unica e vera fede. Il tutto dimentichi con superbia a tratti sconfortante, che la custodia del deposito della fede non è stata affidata da Cristo Signore a loro, ma alla Chiesa governata dal Successore del Principe degli Apostoli. Ribadisco pertanto che i lefebvriani, allo stato attuale, sono scismatici ed eretici, perché chiunque accusi di eresia l’alto Magistero della Chiesa, è solo per questo eretico e fuori dalla comunione cattolica.
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Il Santo Pontefice Giovanni Paolo II e in seguito il Venerabile Pontefice Benedetto XVI, furono molto chiari nel precisare che i lefebvriani dovevano accettare il magistero del Concilio ed i suoi testi senza riserve. In seguito Benedetto XVI fece precisare alla apposita commissione Ecclesia Dei, che ai lefebvriani non era richiesto di accettare l’interpretazione del Concilio ― per intendersi il post-concilio ― ma i documenti del suo solenne magistero. E con animo misericordioso egli rimise ai quattro Vescovi consacrati da Marcel Lefebvre senza mandato pontificio la scomunica nella quale erano incorsi, ma precisando che al momento, questi Vescovi, ed i Sacerdoti da essi consacrati, non avevano alcun ruolo all’interno della Chiesa Cattolica [cf. QUI]; né potevano averlo, non essendo de facto in comunione con la Chiesa Cattolica.
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Stando a quando da settimane viene dichiarato, pare che il Pontefice felicemente regnante abbia superato il grande scoglio dell’accettazione del Magistero del Concilio, forse dichiarando di motu proprio dopo colazione, parlando con un giornalista alla presenza di un portinaio della Domus Sanctae Marthae, che in ogni caso, i cosiddetti lefebvriani, sono cattolici. E da alcuni mesi si sta parlando di istituire per loro una prelatura personale col pieno riconoscimento della Santa Sede, senza che questa pongo loro condizioni di alcun genere, a partire dalla accettazione senza riserve dell’alto magistero del Concilio Ecumenico Vaticano II.
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Una volta la Chiesa aveva un diritto proprio codificato. Fin da quando s’è deciso di eliminare questo fastidioso odore di legalismo, sostituito in parte dall’odore delle pecore, in parte da una misericordia tutta da chiarire, posto che l’una e l’altra cosa non possono dare vita né ad un diritto fai-da-te, né ad un diritto secondo-come-mi-batte-il-cuoricino.
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Il Superiore Generale della Fraternità di San Pio X, il Vescovo Bernard Fellay, ha più volte ripetuto in varie interviste ufficiali che ormai, l’accordo con Roma, è in pratica quasi fatto e che adesso «manca solo il timbro» [vedere video-intervista QUI]. Ebbene è doveroso far notare ― casomai il timbro arrivasse sul serio ―, che questo Vescovo non è eretico ipso facto in quanto scismatico, ma lo è perché segue e trasmette le mai smentite teorie del Vescovo Marcel Lefebvre che ha sempre accusato il Concilio di derive liberali, illuministiche ed indifferentistiche, insomma: un autentico ricettacolo di modernismo. E qui ricordiamo che il modernismo, fu definito dal Santo Pontefice Pio X come la madre di tutte le eresie attraverso la sua Enciclica Pascendi Dominici Gregis. È questo che rende eretico il Vescovo Marcel Lefebvre, il Vescovo Bernard Fellay, ed i loro sacerdoti che, così formati e ordinati, accusando imperterriti la Chiesa di eresia, sono e restato eretici, quindi sacerdoti validi ma illeciti, al momento senza alcun ruolo all’interno della Chiesa Cattolica.
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Pare quindi che i lefebvriani, dichiarati motu proprio cattolici un bel mattino dopo colazione alla presenza del portinaio della Domus Sanctae Marthae, sarà concessa una prelatura, ed in tal modo legittimati dalla Santa Sede a negare il Magistero della Chiesa, perché a prescindere da esso, sono comunque cattolici (!?).
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Il Regnante Pontefice, forse mira a mettere assieme, come in una minestra di verdure che assume un unico nome – in questo caso il nome di Chiesa Cattolica anziché di minestrone – ogni genere di ortaggio, inclusi i finocchi, ingredienti determinanti a qualsiasi genere di brodo ecclesiastico vegetale. E con ciò è presto detto: tra poco ci ritroveremo in una Chiesa nella quale dovranno convivere sotto lo stesso tetto: da una parte gli scalmanati di Kiko Arguello e di Carmen Hernandez che celebrano imperterriti la metodica profanazione dell’Eucaristia con le loro celebrazioni sui generis, dall’altra i non meno scalmanati lefebvriani pronti a mettere in discussione la transustanziazione delle specie eucaristiche per un involontario errore formale del celebrante.
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Da una parte i kikiani che ballano al suono dei bonghi attorno alla mensa allestita il sabato sera in qualche salone per fare Eucaristia allegra, dall’altra i canti gregoriani dei lefebvriani con le mani giunte all’unisono. E dentro la stessa minestra racchiusa nell’unico pentolone, i lefebvriani daranno a sacrosanta ragione degli eretici ai kikiani, mentre i kikiani daranno degli olezzanti naftalina pre-conciliare ai lefebvriani, ma senza aver però dal canto loro alcuna ragione, perché …
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… perché è indubitabile, oltre che lodevole, che i lefebvriani celebrino con sacra devozione la Santa Messa intesa come Sacrificio Eucaristico, non come festa degli amici attorno alla mensa. Anzi, a meritato onore dei lefebvriani, posso aggiungere che seguitando di questo passo, nel giro di dieci anni, per avere memoria di come una volta era la Messa cattolica, bisognerà andare necessariamente ad assistere alle celebrazioni fatte dai Sacerdoti della Fraternità Sacerdotale di San Pio X, mentre nei luoghi di culto della nuova Chiesa misericordiosa aperta a tutto e tutti, specie a tutto ciò che non è cattolico, avverrà ogni genere di abominio, dalle Eucaristie kikiane alle celebrazioni inter-confessionali con gli eretici scismatici luterani e anglicani.
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Se ai lefebvriani, per come sono e la pensano, sarà concessa una prelatura personale, quindi il massimo riconoscimento canonico da parte della Santa Sede, il tutto sarà una risposta indiretta ma chiara ai miei quattro Fratelli Vescovi, che seguendo la più antica tradizione apostolica hanno rivolto dei quesiti in forma di dubia, ai quali potrebbe far seguito quella fraterna correzione che il Beato Apostolo Paolo rivolse al Beato Apostolo Pietro qua ad Antiochia.
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Nulla di questo sarà però necessario, ve ne spiego il motivo: legittimando a questo modo e in questi termini i Lefebvriani, qualsiasi singolo Vescovo e qualsiasi Presbìtero sarà libero di accettare o di rigettare in modo del tutto legittimo le parti del Magistero della Chiesa che non gli piacciono.
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È presto detto: il problema dei dubia, in tal senso decadrà dinanzi ad una risposta data implicitamente. Se infatti i lefebvriani, che non accettano un intero concilio della Chiesa, sono cattolici e possono avere un loro ruolo ed un loro status giuridico all’interno della Chiesa, che cosa volete che sia, a loro confronto, rifiutare una semplice esortazione post-sinodale che aleggia in alcuni punti di ambiguità?
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Da diversi decenni è oggetto di discussione – benché non dovrebbe esserlo – ciò che sancisce il Beato Paolo VI nella sua enciclica Humanae Vitae. Ma anche in questo caso il problema è risolto, perché in fondo si tratta solo di una singola enciclica che contiene delle discipline morali ben precise, che alcuni potranno accettare, altri invece rifiutare. Dov’è il problema? In fondo, la Humane Vitae, contiene solo delle discipline morali vincolanti, non sancisce mica un dogma di fede! Ma soprattutto, quale autorità ecclesiastica potrebbe mai più richiamare Vescovi, Presbìteri o singoli teologi? Perché anche in questo caso la risposta sarebbe tanto semplice quanto coerente: avete legittimato e dato uno status giuridico ai lefebvriani che rigettano per intero l’ultimo concilio della Chiesa, a quale titolo richiamate noi, che invece non accettiamo solo alcuni documenti che non ci piacciono, senza mettere assolutamente in discussione alcun dogma della fede, a partire dalla infallibilità del magistero solenne della Chiesa?
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Pertanto, miei diletti Fratelli Vescovi e Padri Cardinali, attendete assieme a me, che da queste alture dell’Anatolia prego per voi, che il Romano Pontefice metta veramente questo annunciato timbro mancante ai lefebvriani. A quel punto ogni dubbio cadrà, ed ogni risposta diretta da parte di Sua Santità non sarà più necessaria. E chiunque lo reputi in coscienza opportuno, potrà rigettare in toto o in parte la Amoris Laetitia, assieme a quell’enciclica che pare scritta per la gioia della sinistra ecologista, la Laudato si’, senza che alcuna Autorità Ecclesiastica, a partire dall’Autorità Suprema della Chiesa, possa dir niente a chi rifiuta solo qualche documento, dopo che sarà stata data piena legittimazione e status giuridico a chi rifiuta e giudica invece eterodosso e inficiato di eresie moderniste un intero concilio della Chiesa, ed invita da decenni a considerarlo tale, vale a dire: un concilio solo pastorale e privo di autorità che contiene al proprio interno gravissimi errori.
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L’inosservanza del diritto, sostituito con la emotività, il sentimentalismo ed il singolo arbitrio, oltre alla mancanza di senso comune, ed a tratti anche alla mancanza di comune senso del ridicolo, è la migliore e sotto certi aspetti anche la peggiore risposta, che voi rischiate purtroppo di ricevere.
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In conclusione una precisazione, perché anche se certe cose si tende a darle per scontate, è bene — specie di questi tempi —, non dare mai nulla per conoscenza comune scontata. Per questo preciso che la definizione di scismatico e per logica conseguenza eretico data al Vescovo Bernard Fellay, lungi dall’essere una mancanza di rispetto nei suoi riguardi, è una affermazione che rientra nel lessico delle ordinarie dispute sia teologiche sia canoniche. Ciò che invece mai sarà imputato da queste colonne a questo Vescovo ed ai suoi Sacerdoti della Fraternità Sacerdotale di San Pio X, è di essere uomini senza fede. Perché costoro, oltre ad essere dotati di fede, sono anche dotati di autentica, profonda e lodevole pietà sacerdotale, come del resto lo era il Vescovo Marcel Lefebvre, che fu anzitutto modello di umane virtù e modello di Vescovo missionario.
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Non possiamo invece dire altrettanto nei riguardi di chi tratta la Santissima Eucaristia nel modo in cui documentano i filmati inseriti tra i testi di questo articolo. A maggior ragione si ribadisce quanto già detto in precedenza: seguitando di questo passo, nel giro massimo di dieci anni, per avere memoria di come una volta era la Messa cattolica, bisognerà andare di necessità ad assistere alle celebrazioni fatte dai Sacerdoti della Fraternità Sacerdotale di San Pio X, mentre nei luoghi di culto della nuova Chiesa misericordiosa aperta a tutto ed a tutti, specie a tutto ciò che non è cattolico, avverrà ogni genere di liturgica abominazione.
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dalle rovine della Chiesa cattedrale di Laodicea Combusta
27 marzo 2017
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Nel nostri cuori sacerdotali, resta indelebile il ricordo della Santa Messa celebrata dai Santi, che per tutta la vita hanno amata, servita e ubbidita la Chiesa …
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… invece, su questo, stendiamo un velo veramente pietoso.
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Su prezioso suggerimento di un Sacerdote nostro lettore, postumamente alla pubblicazione di questo testo, inseriamo, in formato PDF lo studio fatto dal Padre Enrico Zoffoli sul Cammino Neocatecumenale ed edito nel 1991. Potete leggerlo cliccando sotto:
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Enrico Zoffoli — « LE ERESIE DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE »
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Caro Confratello,
firmo sempre i commenti, penso sia giusto farlo, ma questa volta ti prego, per ovvie ragioni, di indicarmi come “commento di un parroco”.
L’Isola di Patmos è molto letta e seguita, e voglio evitare il rinascere di certe polemiche legate a un passato che cerco di dimenticare.
Come tu sai sono un cosiddetto dottore in sacra liturgia, e ci tengo a precisare … della vecchia e sana scuola, perché non ho mai avuto neppure un … “Grillo” per la testa.
Sono stato parroco di una grande parrocchia, cerimoniere vescovile, responsabile dell’ufficio liturgico, insegnante di quella che io seguito a chiamare “sacra liturgia” e non solo “liturgia”, ecc … ecc …
Nella mia diocesi di origine (e anche questo tu lo sai), c’è una forte presenza di gruppi del Cammino Neocatecumenale, con i quali mi misi in contrasto, non per chissà che, non per chissà quale e da me mai provata antipatia … ma per il fatto che le loro celebrazioni non erano accettabili, e ciò per un fatto: non sono cattoliche, in quanto spesso veri e propri scempi eucaristici.
Non tocchiamo il tasto dei super catechisti neocatecumenali, gente per gran parte senza seria e corretta proparazione dottrinale, però … ripieni di Spirito Santo (una volta si chiamava “superbia” e non “Spirito Santo”!). Mi sono ritrovato ripetutamente con questi “ripieni di Spirito”, ignoranti sul catechismo, che mi hanno aggredito in pubblico per aver loro ricordato cosa insegna la dottrina cattolica, e il fatto che io, sacerdote, gli ordini li prendevo solo dalla Chiesa, e non da Kiko.
Fui costretto, infine, a dire al vescovo che, la convivenza in parrocchia, era diventata impossibile, perché o mi piegavo io a fare ciò che loro esigevano (ma quello che esigevano non era corretto), oppure la cosa non poteva andare avanti, insomma …. “o io o loro”.
Il vescovo scelse “loro”.
Dopo poco mi sollevò dall’incarico di cerimoniere vescovile, poi di responsabile dell’ufficio liturgico, infine dall’insegnamento, ma in modo indiretto, perché mi destinò a una parrocchia così lontana che mi era impossibile proseguire a insegnare.
Due anni dopo chiesi e ottenni la escardinazione dalla mia diocesi e l’incardinazione in altra diocesi, dove ho ripreso una vita pastorale molto attiva, ho ripreso l’insegnamento, il vescovo mi consulta sempre per le questioni liturgiche, ecc …
Le sofferenze che queste persone mi hanno recato, hanno giovato a farmi scontare in terra diversi miei peccati, quindi in questo posso esser loro pur grato.
Io credo che i danni che questo movimento sta producendo soprattutto all’interno della vita pastorale delle diocesi, siano enormi, anche se si preferisce non vedere e soprassedere, forse perché sono tanti e … perché no, anche ottimamente piazzati a livello economico?.
C’è poco da dire: la struttura è quella della setta chiusa, aperta solo apparentemente, e solo per fare nuovi adepti.
Perché non si è ascoltato Padre Enrico Zoffoli, che il problema di questo movimento lo sollevò molti anni fa, spiegandone tutte le pericolose problematiche?
Se permetti, vorrei postarti e segnalare ai lettori il testo illuminante di questo santo sacerdote [Ndr vedere QUI].
Ti ringrazio per avere sollevato anche tu il problema in questo articolo a firma dell’ormai mitico Vescovo di Laodicea Combusta, con tanto di video che riprendono degli scempi liturgici che non dovrebbero esistere, e che non possono essere visti solo da chi non vuole vedere. E di tutto ciò che quei video, e altri molto peggiori, documentano, forse, un giorno, qualcuno dovrà rispondere a Dio.
Ma Don Ariel tutto questo era ben chiaro nell´Amoris laetitia stessa. Bastava leggere senza preconcetti quello che veramente Francesco diceva:
3. Ricordando che il tempo è superiore allo spazio, desidero ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano. Questo succederà fino a quando lo Spirito ci farà giungere alla verità completa (cfr Gv 16,13), cioè quando ci introdurrà perfettamente nel mistero di Cristo e potremo vedere tutto con il suo sguardo. Inoltre, in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali. Infatti, «le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale […] ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato».[3]
Rev.do P. Ariel,
ringraziandola di cuore per queste riflessioni così puntuali, vorrei chiederle ulteriori delucidazioni proprio a partire dal commento qui sopra (non sapendo se ne abbiate già parlato in altri articoli!). Infatti nell’attuale Magistero mi pare di cogliere come “ossatura” della teologia che propone, alcuni presupposti filosofici “preoccupanti” estrapolati dal pensiero hegeliano e quindi heideggeriano (come “l’innescare processi”, il tempo vs. lo spazio, il tutto vs. la parte…). Potrò sbagliarmi ma continuo a credere che la “Verità tutta intera” a cui ci vuole condurre lo Spirito (quello Santo, non quello Assoluto hegeliano!) non sia affatto il risultato di una sintesi dialettica o di una circolarità ermeneutica come la intende p. Sosa e tutta la Gregoriana di oggi…tuttavia non possiedo gli “strumenti culturali necessari” per identificare pienamente tutti gli errori abilmente disseminati dentro le “pieghe” dei loro discorsi e opporvi un’argomentazione realmente “cattolica” che si fondi sulla Parola e la Tradizione…per favore, potreste scrivere qualcosa a riguardo lei o p. Cavalcoli come ha fatto di recente Dom Giulio Meiattini OSB?
Grazie!
Il passo è sintomatico dell’ambiguità di AL, ma in sé rimane ortodosso in quanto in ogni cosa ci sono degli aspetti sostanziali e altri accidentali. La Chiesa nella sua essenza rimane se stessa anche quando nei suoi aspetti accidentali si adegua alle necessità che il Divenire di questo mondo le impone. Altra cosa è capovolgere la gerarchia, e subordinare la sostanza all’accidente. Non si capisce poi come debba intendersi la superiorità del tempo rispetto allo spazio, dal momento che tempo e spazio non sono concepibili isolatamente e sono in realtà due facce della stessa medaglia. E’ un’affermazione strana che può incoraggiare interpretazioni storicistiche del Cristianesimo, in quanto molti vorranno vedere nella “staticità spaziale” una specie verità sterile e dogmatica che diventa vitale solo assoggettandosi al primato del Divenire. Questa “sottomissione” non è certo nella mente del Papa, ma egli sembra non accorgersi di queste sottigliezze.
…e giusto per rimanere in tema mi capita di leggere sul blog di Andrea Grillo (http://www.cittadellaeditrice.com/munera/la-recezione-di-al-11-amoris-laetitia-e-un-pranzo-di-nozze/):
“Quello che in qualche modo salta è l’idea della condizione oggettiva di peccato grave come realtà “per sempre”. Lo vedremo andando avanti nel pasto, ma lo dico fin dall’antipasto: il discorso del Magistero che non deve intervenire su ogni dettaglio significa che deve esserci la possibilità di riconoscere i soggetti in un percorso e non solo in uno stato. La parola che abbiamo usato di più nell’ultimo secolo è stato di grazia e stato di peccato. Lo stato è lo spazio, il tempo cambia gli stati; nel tempo chi è in stato di peccato entra nello stato di grazia. Questo è il primato del tempo sullo spazio, che in Evangelii Gaudium Francesco declina così: «È primario nel tempo inaugurare percorsi di cambiamento piuttosto che preoccuparsi solo di occupare spazi». Lo dice della Chiesa; che si è abituata a occupare spazi e a non iniziare percorsi; oggi deve iniziare percorsi rinunciando ad occupare spazi.
Per non parlare del resto dell’articolo.
Un processo di cambiamento…verso dove, l’Inferno?
Il Papa è rimasto intrappolato in un groviglio di contorsionismi lessicali, di slittamenti semantici e di sfatte metafore che i suoi teologi di fiducia gli hanno cucito addosso; un groviglio che vorrebbe adombrare il messaggio che lo “spazio”, e in qualche modo il “presente”, è ciò che è statico, meschino, privo di misericordia,di pazienza, di lungimiranza; mentre col tempo tutto matura e si disvela. In questo vago schemino lui vede solo la Carità, e non si rende conto, invece, che serve gli interessi di chi propugna la supremazia del Divenire sull’Essere.
Perche supponi che sia “intrappolato” e non pensiero suo? I quattro principi, di cui il tempo é superiore allo spazio é uno, sono suoi da tanto tempo. Il piú completo analisi dei principi credo sia questo:
http://querculanus.blogspot.com.ar/2016/05/i-postulati-di-papa-francesco.html
Credo che quello che ha portato all’attuale confusione sia derivato dal recente “‘anno della Misericordia”.
La misericordia è stata presentata pressoché esclusivamente come “Rahamîm”, compassione: la conclusione è stata che, immaginando i peccatori come scarrafoni, “ogni scarrafone è bello a mamma soja” .
E’ di questi giorni la notizia che in Belgio il portavoce della Conferenza episcopale, in risposta ad un professore di filosofia che aveva definito omicidio l’aborto, ha detto: “Le parole di Stèphane Mercier mi sembrano caricaturali. La parola omicidio è troppo forte…. formule del genere non aiutano la Chiesa… il Papa chiama anche alla misericordia: dobbiamo mostrare comprensione, compassione”.
Si è tralasciato di ricordare che misericordia è, innanzitutto, “E’met” , fedeltà assoluta, anche nel caso dell’infedeltà del partner ed “Hésèd”, amore incrollabile, capace di mantenere una comunione per sempre, qualsiasi cosa capiti.
“E’met” ed “Hésèd” stanno pertanto a specificare che Dio non è buonismo a buon mercato, ma che è Misericordia prioritariamente perché è Amore Fedele anche dinanzi alla risposta negativa dell’uomo.
Non é che non si accorge ma che propio non vuole accorgersi. Per questo non risponde ai dubia direttamente.
“non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero.”
“ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano.”
“ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali. Infatti, «le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale […] ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato»”
Chiarissimo, come sempre.
bellissimo articolo don Ariel!
Quando si dice che la verità sta nel mezzo, ciò non significa che essa stia a metà strada tra due errori, ma che è ugualmente lontana da due errori. La verità è una ricca, coerente e stabile ricapitolazione: è un’infinità positiva, ancorché la sua ossimorica compiutezza potrà risplendere solo sullo sfondo di una nuova terra e di un nuovo cielo, al contrario di quanto pensano panteisti e immanentisti. Mentre l’errore è scisso in se stesso, e ciò conduce ad un’infinità negativa, cioè ad una congenita indefinitezza che per vivere è costretta a saltare da un errore all’altro. Pensare di surrogare la ricca ricapitolazione della verità con la riunione degli errori conduce all’effetto minestrone.
chi ha mai detto una sciocchezza del genere, che la verità sta nel mezzo?
I neocat esistono dai tempi di Paolo VI e sono stati più volte elogiati, come loro stessi riportano sul loro sito: http://www.camminoneocatecumenale.com/new/default.asp?lang=it&page=papi
Queste le parole di San Giovanni Paolo II: Tra le realtà generate dallo Spirito ai nostri giorni figurano le Comunità Neocatecumenali, iniziate dal Signor K. Argúello e dalla Signora C. Hernandez (Madrid, Spagna), la cui efficacia per il rinnovamento della vita cristiana veniva salutata dal mio predecessore Paolo VI come frutto del Concilio.
Ecco, sono un bel frutto del Concilio, non secondo le parole del primo che passa, ma dell’allora Sommo Pontefice che citava un suo predecessore…
Padre, se l’Autorità in questi 50 anni avesse usato verso i modernisti un decimo della durezza usata verso mons. Lefebvre e la sua Fraternità…
Quindi, se non ho capito male, talvolta, nella Chiesa, la risposta consiste semplicemente nella non risposta: a tal fine il card. Burke può giustamente affermare “… semplicemente questo, dedurre la risposta alle domande dall’insegnamento costante della Chiesa e renderlo noto per il bene delle anime”.