«In Dio possiamo tutti diventare dei grandi scrittori e artisti dell’unità dell’amore»

Padre Gabriele

L’angolo dell’omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

«IN DIO POSSIAMO TUTTI DIVENTARE I GRANDI SCRITTORI E ARTISTI DELL’UNITÀ DELL’AMORE»

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Spiegare e mostrare la nostra fede quindi non è salire in cattedra, non è riempirsi di superbia ma innanzitutto amare con un atto d’amore profondo e tenero e generare l’unione di tutti gli uomini con Dio.

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Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Cari fratelli e sorelle,

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San Raimondo di Peñafort, patrono dei giuristi e delle facoltà di diritto canonico, che secondo la pia leggenda attraversa le acque sul suo mantello di Frate Domenicano

La Liturgia della Parola di questa III domenica del temo ordinario [cf. Ne 8, 2-4.5-6.8-10; Sal 18; 1 Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21, testi leggibili, QUI], ha richiamato alla mia mente il ricordo di quando per la prima volta sono stato su una nave. Era un traghetto che portava da Napoli all’isola di Ischia. Ricordo anche la presenza di più personale di bordo: c’era il semplice marinaio, l’addetto ai passeggeri, i responsabili della cucina, il medico di bordo e infine, ovviamente, anche il capitano della nave ed i suoi assistenti. Ognuno aveva un compito ben preciso e distinto, ma tutti, allo stesso tempo, avevano un’unica finalità: condurre la nave nel porto di Ischia.

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Questo esempio di diversità e di unità è anche il tema delle letture di oggi. Nella prima lettura tratta dall’Antico Testamento abbiamo ascoltato:

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«Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo. […] I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura» [Ne  8, 4 – 6] . 

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Questo libro che viene spiegato è la Legge mosaica che gli ebrei avevano ricevuto tramite Mosè al Sinai. Dunque sia Esdra, un profeta, che i leviti, i sacerdoti rendono chiaro qualcosa che Dio aveva rivelato ma che aveva bisogno di una chiarificazione. In quel brano sappiamo anche che viene annunciato un giorno consacrato al Signore. Dunque, l’opera dei profeti e dei leviti ebrei era quasi mostrare l’esistenza di un certo tempo dedicato a Dio. Leviti e profeti, dunque, hanno un compito specifico: rendere chiaro e vivo il messaggio di Dio.

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Su questo si concentra anche la seconda lettura quando San Paolo scrivendo ai Corinzi afferma:

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«Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto»  [1 Cor 1,14]

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Ecco dunque che viene confermato ciò è il Signore stesso a volere una certa distinzione e diversità all’interno del Popolo di Dio. Dalle prime due letture impariamo anche che il Signore ci chiede di imparare al nostro posto. Saper capire quali sono i propri doni e metterli al servizio di tutta la comunità ecclesiale senza essere egoisti è l’atto di umiltà più grande. È Dio stesso infatti a chiamare ogni singola persona secondo un compito specifico: chi alla vita religiosa o sacerdotale, chi al matrimonio, come distinzione primaria.  

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L’inizio del Vangelo di Luca specifica uno dei compiti comuni che Gesù ha demandato a tutta la Chiesa. Leggiamo infatti:

 

«Gesù ritornò in Galilea […] Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode» [Lc 4,14]

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Insegnare o spiegare la parola di Dio, o appunto il contenuto della nostra fede è compito che tutti noi credenti riceviamo da Gesù. Certo, in primis noi ministri, nella omelia o nell’attività catechetica quotidiana. Ma anche i laici. In particolare chi vive la fede nel mondo, insieme ai suoi figli e alla sua famiglia, può oltre che con la spiegazione di ciò che crede, anche dare testimonianza della bellezza della fede in Dio. Una fede che è incontro vivo, tenero e reale con Gesù Cristo. In tal modo, con il chiarificare ciò che crediamo e la speranza che il Signore ci ha donato, possiamo permettere che la fede divenga amore di carità. Dunque da offrire una conoscenza di Dio passiamo a donare un amare Dio e il prossimo in modo concreto. Potremo dire insieme al Signore:

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«Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

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Così, davvero, avremo anche svelato un po’ di quel grande mistero del Dio Trinitario che ci ama, con l’autorità di un Padre, con la bellezza di un Figlio e con la maternità dello Spirito Santo. Sarà davvero la carezza più bella e intensa che potremo donare a chi amiamo, o a chi non si sente amato da nessuno.

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Spiegare e mostrare la nostra fede quindi non è salire in cattedra, non è riempirsi di superbia ma innanzitutto amare con un atto d’amore profondo e tenero e generare l’unione di tutti gli uomini con Dio. Come ha scritto il pittore Eugene Delacroix nel suo Diario, dove esprime che in Dio possiamo tutti diventare i grandi scrittori e artisti dell’unità dell’Amore:

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«Il sentimento dell’unità e il potere di realizzarlo nell’opera fanno il grande scrittore e il grande artista».

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Così sia.

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Roma, 27 gennaio 2019

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