Il deserto e le vie tortuose offerte ad un uomo oggi più che mai emblema del vivere «in una selva oscura» dove «la diritta via era smarrita»

L’Angolo di Girolamo Savonarola: omiletica cattolica in tempi di vacche magre

IL DESERTO E LE VIE TORTUOSE OFFERTE AD UN UOMO OGGI PIÙ CHE MAI EMBLEMA DEL VIVERE «IN UNA SELVA OSCURA» DOVE «LA DIRITTA VIA ERA SMARRITA»

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San Giovanni porta a compimento un’antica e lunga stagione profetica segnata da uomini altrettanto straordinari: i grandi profeti d’Israele. Ma che cosa accomunava uomini come Geremia, finito lapidato. Isaia, condannato a morte, pare sia stato segato in due. Daniele, gettato in pasto ai leoni … e il Battista? Tutti questi uomini, servi anch’essi della verità e della giustizia, morti come Giovanni non di serena morte naturale in un quieto giaciglio, erano accomunati tra di loro dall’intuizione, un dono racchiuso per natura nell’istinto di ogni uomo, che se sviluppato dal tocco della grazia di Dio per opera dello Spirito Santo può portare chiunque a percepire e vedere oltre il tempo e le ristrettezze dello spazio presente

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo.

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Laudetur Jesus Christus !

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San Giovanni Battista in vignetta

Tra le righe dell’Evangelista Luca di questa IIª Domenica di Avvento [vedere testo della Liturgia della Parola, QUI] c’è il nostro inizio remoto, il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro. O come spesso ripeto: nel messaggio in movimento della parola viva di Dio c’è la totalità del nostro essere presente e del nostro divenire futuro.

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Essenziale, a tratti ombrosa, quasi selvatica come le locuste e il miele di cui si cibava, quella di San Giovanni detto il battista e il precursore, non è figura che nasca dal nulla; né una figura che termina la propria vita morendo in un quieto letto colto da senile morte naturale. Giovanni, che amava la verità e la giustizia, — perché senza verità e giustizia non possono operare né la misericordia né la grazia — fu sacrificato per una danza di Salomè; e la sua testa, in nome di quelle ragioni politiche alle quali pare talvolta non si possa mai dire di no, specie quando vilipendono la verità e la giustizia, fu recisa di netto e deposta su di un vassoio per la perversa gioia di Erodiade che la richiese in dono. Un dono non negato, anzi prontamente concesso, perché da esso dipendeva il mantenimento di tanti fragili equilibri legati al potere per il potere; non importa se immorali e perversi, ciò che solo contava era di mantenerli.

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San Giovanni porta a compimento un’antica e lunga stagione profetica segnata da uomini altrettanto straordinari: i grandi profeti d’Israele. Ma che cosa accomunava uomini come Geremia, finito lapidato. Isaia, condannato a morte, pare sia stato segato in due. Daniele, gettato in pasto ai leoni … e il Battista? Tutti questi uomini, servi anch’essi della verità e della giustizia, morti come Giovanni non di serena morte naturale in un quieto giaciglio, erano accomunati tra di loro dall’intuizione, un dono racchiuso per natura nell’istinto di ogni uomo, che se sviluppato dal tocco della grazia di Dio per opera dello Spirito Santo può portare chiunque a percepire e vedere oltre il tempo e le ristrettezze dello spazio presente, nel quale spesso ci facciamo prigionieri anziché creature libere, perché se nel nostro spazio sviluppiamo la libertà, la nostra esistenza sarà una continua emancipazione. Se invece rimaniamo chiusi nel nostro spazio, ci riduciamo alla limitatezza, ed in questo caso la nostra esistenza sarà una prigionia, semmai dorata, ma pur sempre una prigione.

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Altro elemento sul quale oggi più che mai si dovrebbe parlare in modo approfondito, forse anche drammatico, è il concetto di deserto. Da questa pagina del beato Evangelista Luca abbiamo appena udito: «Voce di uno che grida nel deserto». Ebbene, proviamo a pensare quali generi di sordi e muti deserti si è costretti a vivere oggi in mezzo al rumore, tra le fibre ottiche che corrono invisibili e le reti telematiche super tecnologiche del nostro mondo della notizia in tempo reale. Eppure mai come oggi, l’uomo è stato solo nei moderni spazi deserti dell’anima, che sono totalmente diversi dai deserti in cui l’uomo si ritirava in passato, per trovare se stesso e avvertire il soffio della carezza di Dio su di lui.

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Quale senso può avere la frase del profeta Isaia riportata dall’Evangelista Luca: «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri?» [cf. Is 40, 3]. Si tratta di una frase all’apparenza chiara, che necessita però di profonde spiegazioni. Esempio: tutti abbiamo udito qualche volta nel corso della vita, attraverso i modi di dire degli anziani: «Dio raddrizza le vie storte». Cosa che la sua grazia fa e che più volte nel corso della storia ha mostrato di fare. Però, in questo caso, il soggetto chiamato in causa, o per meglio dire all’opera, pare proprio che sia l’uomo. Dio ha bisogno di sentieri adeguati per camminare tra gli uomini, che per andare incontro alla sua Maestà Divina devono lavorare a raddrizzare quei sentieri che all’origine Dio aveva tracciato diritti. Volendo possiamo aggiungere altro ancora: talvolta le vie non sono neppure più storte, molto di più e molto peggio: all’apparenza le vie non esistono proprio più!

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Si pensi a tal proposito quante antiche strade sono scomparse nel tempo, inghiottite dalla terra, dalla vegetazione, da strati urbani e architettonici sovrapposti gli uni sugli altri. Basti solo pensare alla nostra antica Roma. Eppure, quelle strade una volta esistevano. E si trattava di strade non solo reali, ma pure funzionali; e per lunghi periodi di tempo furono percorse per secoli dagli etruschi, appresso dai romani. Poi, dopo la caduta dell’Impero Romano che segnò la grande decadenza, molte di quelle strade, assieme a numerosi stabili ed opere architettoniche, furono ingoiate dalla vegetazione e sommerse da strati di terra.

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Talvolta, la strada, per poter essere preparata richiede un attento e faticoso recupero archeologico, cosa questa che a suo tempo San Giovanni Battista intuì. E dal deserto tracciò il recupero inducendo alla purificazione e al pentimento dei peccati, quindi alla preparazione annunciando: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo» [cf. Mt 3, 11].

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Proviamo a riflettere su quello che nei Santi Vangeli è l’apertura di un inizio senza fine. Avete mai riflettuto sul fatto che il Vangelo, in sé e di per sé, è un inizio senza fine? In quale dei Vangeli è infatti scritta, o anche solo vagamente sottintesa la parola: fine?

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Scrive il beato Evangelista Matteo:

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«Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che io vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» [Mt 28, 19-20].

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Scrive il beato Evangelista Marco:

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«Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano» [Mc 16, 20].

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Scrive il Beato Evangelista Luca:

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«Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio» [Lc 24, 51-53].

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Mentre il Beato Evangelista Giovanni, nella sua conclusione non manca di precisare:

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«Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere» [Gv 21, 25].

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In modo diverso, al termine delle loro stesure gli Evangelisti non pongono in alcun modo la parola fine a un racconto, tutt’altro: delineano che quel racconto — che tale semplicemente non è —, racchiude in sé il mistero della rivelazione che dà avvio all’inizio: adesso cominciate a partire, fate discepoli e battezzate [cf. Mt supra] … allora partirono e cominciarono a predicare dappertutto [cf. Mc supra] … e dopo che il Signore fu salito al cielo loro tornarono a Gerusalemme e cominciarono ad andare sempre al Tempio a lodare Dio [cf. Mc supra]. E, beninteso: tutto questo è solo una piccola parte di tutto ciò che realmente è accaduto [cf. Gv supra].

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Il Vangelo procede di inizio in inizio sino alla parusia che traccerà un nuovo eterno inizio: Dio che irrompe nell’esperienza dell’uomo in modo reale, fisico e  corporeo  attraverso l’incarnazione. Sino a  giungere, dopo  l’ intera esperienza cristologia che pare culminare con l’infamia della croce, alla pietra rovesciata di un sepolcro che non segna la chiusura di una storia a lieto fine, ma l’inizio della vera storia dell’umanità che col Cristo è risorta e che comincia a muovere il passo con i due discepoli lungo la via di Emmaus [cf. Lc 24, 13-53] sino al ritorno del Cristo alla fine dei tempi.

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«Noi infatti», dice il Beato Apostolo Pietro: «Secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia» [cf. II Pt 3, 8-14]. E di questa nuova terra e di questi nuovi cieli, Dio non ci vuole certo spettatori, ma protagonisti costruttori, per bagnare questa nuova terra con l’acqua che stilla dalle fonti dell’eterna giustizia. L’amore di Dio è infatti giustizia e la giustizia è l’espressione divina più perfetta del suo immenso amore. Chi infatti ama, è sempre giusto; e nella giustizia trova senso ed espressione il suo amore di creatura creata a immagine e somiglianza del Dio Vivente. Solo allora «Le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie spianate». E «ogni uomo» di buona volontà, che ha saputo percorrere i deserti «vedrà la salvezza di Dio» [Lc 3, 6]. 

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dall’Isola di Patmos, 9 dicembre 2018

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È DISPONIBILE IL LIBRO DELLE SANTE MESSE DE L’ISOLA DI PATMOS, QUI

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1 commento
  1. Nemo
    Nemo dice:

    Salve, Padre. Letteralmente il profeta è colui che “parla per conto di Dio”, Nel caso della sua omelia il Vero Padre. Il problema sono gli altri “profeti”, coloro che parlano per conto di “abusivi” e che mietono vittime (spirituali) nella società civile, corrompendo i giovani e conducendoli all’atrofia spirituale. Sono sicuro che ha già pregato per le povere e giovani vittime di quella discoteca marchigiana, ma non so se ha provato a leggere i testi delle “canzoni” del “loro profeta” . E’ necessario essere percettori di esperienza per cercare di capire come i giovani, il nostro futuro, possano lodare tali testi, nemesi della Parola di Dio, e del come possano essere stati autorizzati da genitori consapevoli (?), a seguire tali “idoli”.
    P.S.: La Chiesa ha perso la sua funzione di guida, e ne stiamo pagando i risultati!

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