Autore Padre Ariel

Gli esercizi alla Curia Romana. Dai predicatori ai becchini: il funerale dell’omiletica

GLI ESERCIZI ALLA CURIA ROMANA. DAI PREDICATORI AI BECCHINI: IL FUNERALE DELL’OMILETICA

[In appendice: un’omelia del Padre Ariel agli adolescenti]

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È gravissimo che a supporto delle proprie oggettive eterodossie il Predicatore abusi degli straordinarî paradigmi cristologici quali ad esempio l’episodio della prostituta perdonata [Cf. Lc 7, 36-48] o dell’adultera [cf. Gv 7,53-8,11], per mutare il tutto in altro, per liberare l’uomo ormai psicanalizzato dal complesso del peccato. Proprio come in precedenza ebbe più volte a fare il suo celebre confratello Davide Maria Turoldo, insigne e celebrata firma del quotidiano Il Manifesto del Partito Comunista, nel quale per anni scrisse editoriali destinati a piacere ai comunisti radicali ed a confondere, se non a volte a umiliare, il sentimento dei cattolici.

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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PDF articolo formato stampa

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Si narra che il Doctor Angelicus San Tommaso d’Aquino, quando si ritrovava tra le mani manoscritti contenenti concetti filosofici o teologici errati, senza sprecare alcun commento, vi disegnava di lato la testa di un asino.

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asino padrone

l’asino va’ dove vuole il padrone

Nella mia Maremma toscana natia, un proverbio della saggezza popolare recita «L’asino va’ dove vuole il padrone», ed ancora: «L’asino si lega dove vuole il padrone».

Gli esercizi spirituali alla Curia Romana in corso di predicazione a cura del Padre Ermes Ronchi, illustre membro del turoldiano Ordine dei Servi di Maria, alla prova dei fatti è un atto di adulazione al padrone dell’asino legato – o legatosi – dove il padrone vuole.

Inutile ricordare che il Signore Gesù afferma: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» [cf. Gv 15,15]. Tema questo già trattato in uno dei miei articoli passati [cf. QUI].

Non ho intenzione di fare una legittima critica approfondita e tutta rigorosamente teologica rivolta alle numerose affermazioni audaci del Predicatore, perché sono davvero tante, a partire dall’Antico Testamento sino ai Vangeli. “Lodevole” il panegirico su Adamo ed Eva, che «credono» e «non credono», proprio come se ad essere allegorico fosse non solo il racconto, ma anche l’intero contenuto. Domanda: come possono Adamo ed Eva credere o non credere a ciò che vedono, posto che Dio ce l’hanno davanti agli occhi? [cf. QUI]. Ben altro è infatti il problema di fondo di queste due prime creature fatte a immagine e somiglianza di Dio, che è il volersi fare simili a Dio, per “prescindere” poi da Dio. E dalla loro libera e determinata ribellione nasce la rottura dell’armonia perfetta che corrompe l’umanità intera e che rende l’uomo mortale e corruttibile. Tutto questo è noto anche come peccato originale. E il peccato originale è una realtà che nasce da un atto e da un fatto reale, merita insegnarlo al Predicatore, visto che non ne parla proprio, forse perché non lo sa. Il peccato originale non è un’invenzione di Sant’Agostino, come affermano molti, né una «paura che raffigura i timori mitico-ancestrali dell’uomo», come soleva dire Karl Rahner. il Predicatore spiega che Adamo ed Eva provano «paura», anche se ad essere precisi andrebbe detto che, più che «paura», provano timore e vergogna. Ma non è questo il problema, bensì il fatto che il Predicatore non spiega l’origine di questo timore e vergogna, ma soprattutto che cosa ne consegue per loro e per tutta l’umanità. E questo è molto grave, perché è la base di partenza dell’idea totalmente errata che il predicatore ha del peccato e che di conseguenza affiora in tutta la sua predicazione, che di fatto, senza facile pena di smentita, è una predicazione eterodossa, tenuta dinanzi al Sommo Pontefice ed ai membri della Curia Romana.

asino conquistatore

il sorriso accattivante dell’asino conquistatore

Senza cadere nel più temibile dei peccati capitali, che è la superbia, in tutta onestà cristiana affermo che io, nello svolgimento del mio ministero di predicatore, gli esercizi spirituali alla Curia Roma non li avrei predicati meglio, ma molto meglio, partendo anzitutto dalla consapevolezza che Gesù Cristo mi chiama «amico» [cf. Gv 15, 9-17] e che lui solo è il mio unico «Padrone». Un padrone che peraltro non vuole la mia compiacente piaggeria, ma la mia fede e il mio amore. E l’una e l’altro passano attraverso l’esercizio del dono della libertà dei figli di Dio.

Mi limito quindi a due esempi, giusto per rendere l’idea: anzitutto il fatto che, nella seconda giornata di esercizi spirituali, il Predicatore afferma: «mi aiuta una frase di Bonhoeffer». E procede quindi a ruota con la relativa citazione [cf. QUI].

Chiariamo subito la cosa: quello del teologo luterano Dietrich Bonhoeffer è un pensiero altamente ereticale, già lo spiegai in passato dettagliando in un mio articolo come questo pensatore stava alla base della formazione dell’attuale Vescovo Segretario della Conferenza Episcopale Italiana [cf. QUI], un altro «asino» ― in senso puramente figurato, per la santa carità di Dio! ― «legato dove vuole il Padrone». Mi si potrebbe obiettare che anche in un eretico come Bonhoeffer, può esserci del buono; cosa questa che in sé è giusta e vera. Come però c’insegna il nostro sapiente maestro domenicano Giovanni Cavalcoli attraverso le sue critiche ai teologismi di Karl Rahner: «L’eresia più pericolosa è quella attraverso la quale, vero e giusto, finiscono cosparsi di errori dottrinali e infarciti di eterodossie».

asino comunicazione

l’arte della comunicazione …

Volendo, posso chiarire il tutto con uno di quegli esempi che mandano letteralmente fuori dai gangheri certi inguaribili clericali. L’esempio è il seguente: anche nel famoso porno-attore Rocco Siffredi – celebre non per il suo volto ma per altre parti anatomiche del suo corpo – c’è del buono. Più volte lo abbiamo visto commuoversi teneramente in diretta televisiva, mentre rispondendo all’intervistatore parlava della propria amata moglie e dei propri amati figli col candore di un San Luigi Gonzaga, spiegando che per lui la famiglia non è semplicemente importante, bensì proprio tutto. Pur malgrado, io non lo proporrei mai, né mai lo userei come modello di paterno amore familiare nella predicazione degli esercizi spirituali alle Carmelitane scalze. Sebbene comunque io ritenga cosa più grave usare l’eretico Bonhoeffer come esempio e paradigma per esprimere concetti di “alta spiritualità” alla presenza del Sommo Pontefice e dei membri della sua Curia, più o meno “sbracati” con dei clergyman sciatti indosso, di quelli sui quali è applicato un francobollo di plastica bianco al centro della camicetta, in uno sfoggio di croci pettorali di ferro penzolanti sulle pance. Ed a chi mi rispondesse: «Ma quali quisquilie vai ad osservare e cercare?», replicherei che tra poco, nel Vangelo della Passione, leggeremo l’episodio nel quale i soldati romani, ritrovandosi tra le mani la preziosa veste di Gesù, ben se ne guardarono dal farla in pezzi ed usarne gli stracci per pulire le loro lance e armature, come solitamente facevano coi miserabili vestimenti dei condannati alla crocifissione. Trattandosi infatti di un capo molto prezioso, tessuto interamente da cima a fondo in stoffa pregiata, quel pezzo di alta sartoria se lo giocarono a dadi [cf. Mt 27, 33-36]. Questo per dire che i vestimenti dimessi e sciatti dei membri della Curia Romana, legati come asini dove vuole il Padrone, potrebbero essere invece a malapena venduti nel mercatino dell’usato di Porta Portese.

asino accattivante

nella società contemporanea è importante avere una espressione accattivante un mezzo sorriso sornione e il mondo oggi è tuo

Molto peggio è contenuto nella quinta meditazione del Predicatore, che speditamente procede in una profonda e grave adulterazione del messaggio del Vangelo. Ogni predicatore, infatti, nel delicato ministero dell’annuncio della Parola del Verbo di Dio, deve tenere conto della totalità del testo in tutta la sua profonda interezza. I taglia e cuci a diverso uso e consumo operati sul Vangelo da quanti desiderano dare ad esso un altro senso mutandolo in tal modo in tutt’altro messaggio, vanno lasciati agli ultra laicisti od ai «Cari Fratelli Massoni» del Cardinale Gianfranco Ravasi [cf. QUI, QUI]. E la gravità teologica che nasce a monte da una errata capacità di esegesi e da una grave adulterazione del messaggio, nella specifica predicazione si regge su questo: viene affermato – giustamente – che «Gesù non è un moralista», come invece lo sono i farisei. Nulla da dire, se il tutto non fosse usato per far dire al Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo ciò che il Verbo di Dio Incarnato non ha mai detto, visto e considerato che Gesù, una morale, ce l’ha eccome, al punto da spiegarci in modo chiaro e inequivocabile: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento» [cf Mt 5, 17-20].

sorriso sornione

un mezzo sorriso sornione e il mondo oggi è tuo

Trovo inquietante che oggi, persino all’interno della Chiesa, dei lemmi come “dogma”, “dogmatico”, “morale” … siano usati in accezione negativa. Nessun presbitero infatti, neppure il più incolto dei curati di campagna d’una volta ― oggi equiparabile in preparazione a un odierno dottore in sacra teologia ―, per manifestare dissenso su una data cosa, avrebbe replicato al proprio interlocutore: «Ma quanto sei dogmatico … ah, tutti questi inutili dogmatismi!».

Sarebbe pertanto bene chiarire al Predicatore che non essere «moralisti», nell’accezione negativa o farisaica del termine, non vuol dire però essere privi del senso di peccato o del concetto di bene e di male, ossia di senso morale, affogando tutto quanto nella corrente e imperante melassa di una confusa misericordia e di un altrettanto confuso amore. Il modo in cui il Predicatore parla infatti di peccato è a dir poco ― oserei dire ― raccapricciante, ma soprattutto non cattolico. 

È gravissimo che a supporto delle proprie oggettive eterodossie il Predicatore abusi degli straordinarî paradigmi cristologici quali ad esempio l’episodio della prostituta perdonata [Cf. Lc 7, 36-48] o dell’adultera [cf. Gv 7,53-8,11], per mutare il tutto in altro, per liberare l’uomo ormai psicanalizzato dal “complesso del peccato”. Proprio come in precedenza ebbe più volte a fare il suo celebre confratello Davide Maria Turoldo, insigne e celebrata firma del quotidiano Il Manifesto del Partito Comunista, nel quale per anni scrisse editoriali destinati a piacere ai comunisti radicali ed a confondere, se non a volte ad umiliare, il sentimento dei cattolici. E si badi bene che ho detto: dei cattolici, non dei catto-farisei.  

esercizi alla curia 1

esercizi spirituali alla Curia Romana, Quaresima 2016

Traboccante forme di non meglio precisata tenerezza, il Predicatore non si è soffermato su un elemento imprescindibile sul quale si fonda la divina azione di grazia di Cristo Signore, ossia il fatto che la prostituta, anzitutto e avanti a tutto, è pentita. Dinanzi a Cristo Dio ella si inginocchia umile e penitente «bagnando i suoi piedi con le lacrime e asciugandoli poi con i suoi capelli» [Cf. Lc 7, 36-48]. Non era affatto fiera e orgogliosa del proprio mestiere e del proprio conseguente agire, né del suo peccato, né della sua vita di peccato né del suo stato di peccato. Questa è la base di partenza sulla quale viene edificata l’azione del Cristo che la accoglie, la protegge e la perdona, congedandola con la frase: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!». Che è una vera e propria assoluzione dai peccati data da Cristo sommo ed eterno sacerdote dell’universo. Per altro verso invece l’adultera, anch’essa perdonata perché pentita, è congedata con un preciso ammonimento, di cui però non v’è traccia alcuna nei vaniloqui del Predicatore che forse, proprio come il padrone dell’asino, ha deciso di essere più “tenero” e “misericordioso” di Cristo stesso. Per questo dico vaniloqui, tutti e di rigore giocati sull’emotivo, sul sentimentale da ballo di murga argentina e, soprattutto, sul politicamente corretto. E il monito amorevole, ed al tempo stesso severo del Signore Gesù è il seguente: «… va’ e d’ora in poi non peccare più» [Cf  Gv 7,11]. Lo stesso monito col quale oggi i confessori possono congedare il penitente dopo la santa assoluzione sacramentale. E questo monito è il suggello che completa l’azione della grazia divina, in assenza del quale, il messaggio cristologico, finisce con l’essere mutato in altro. Pertanto, togliendo l’elemento iniziale del pentimento dal peccato sul quale si muove l’azione del perdono di Cristo, ed infine il fondamentale suggello finale, si metterà in scena una perfetta falsificazione del Vangelo. E se questo avviene direttamente dinanzi al Sommo Pontefice ed ai membri della Curia Romana, voi capite bene cosa il tutto voglia dire: vuol dire che da tempo siamo ormai in “felice” marcia sul carro funebre.

esercizi alla curia Muller

[particolare della foto precedente] il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede durante gli esercizi alla Curia Romana, con una espressione che in  sé dice tutto …

Adesso capisco come mai, seduto in prima fila tra i presenti, spicca il volto sconsolato di quel grande e ortodosso teologo ratzingeriano del Cardinale Gerhard Ludwig Müller, che a onore del vero ritengo sia uno tra i migliori Prefetti della Congregazione per la dottrina della fede avuti dalla Chiesa nel corso degli ultimi cinquant’anni.

Ormai, tra eretici citati in gloria e discorsi costruiti su sociologismi e teologismi diffusi come metastasi dai cancri disseminati per il corpo della Chiesa da certi autori della Nouvelle Thèologiè, a predicare alla moribonda Curia Romana non chiamano più neppure i predicatori, ma direttamente i becchini, cosa sinceramente del tutto coerente col “nuovo corso”, a tratti desolante, o perlomeno ambiguo e dottrinalmente confondente.

E mentre l’insigne becchino-predicatore dava come sin qui sintetizzato il meglio di sé, questa mattina, su invito di un anziano parroco, io ricevevo da Dio la grazia di predicare a circa 300 studenti delle scuole medie inferiori, in età compresa tra gli 11 ed i 14 anni. E nel farlo, lungi dal sentirmi un becchino, mi sentivo uno specialista del reparto di terapia intensiva, animato dallo scopo di tenere in qualche modo viva la fede, o perlomeno le domande sulla fede, in coloro che domani, sui cadaveri di tutti questi poveri morti oggi in trionfale marcia sul carro funebre, potranno essere i Christi fideles del futuro. Questo il motivo per il quale lascio di buon grado al Padre Ermes Ronchi la predicazione ai morti, mentre io, da parte mia, sono da sempre impegnato a predicare ai vivi.

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dall’Isola di Patmos, 9 marzo 2016

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LITURGIA DELLA PAROLA DEL GIORNO [vedere qui] OMELIA AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE MEDIE INFERIORI

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[…] imparate ad accogliere Dio che si comunica a voi, ed imparate a comunicare con l’amore e la misericordia di Dio, di quel Dio che è «lento all’ira e grande nell’amore». Ma pur essendo il suo amore un fuoco che brucia in eterno, ciò non vuol dire che sia privo di ira verso chi sceglie il male a tutti i costi e costi quel che costi, anziché scegliere quella sua infinita misericordia

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

PDF articolo formato stampa 

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Sia lodato Gesù Cristo! 

vestizione 1

la sacrestia, quella silenziosa anticamera del paradiso …

Il Salmo che abbiamo letto è intervallato da un responsorio che assieme abbiamo ripetuto: «Misericordioso e pietoso è il Signore». Per comprendere veramente, quindi per accogliere gli altri e per trasmettere noi stessi per ciò che realmente siamo, ossia per comunicare coi nostri simili, è necessario l’uso della parola. Ma questo uso richiede, a sua volta, la vera e reale conoscenza delle parole, quindi l’uso appropriato e corretto delle parole stesse.

Come voi ben sapete, la moderna tecnologia dovrebbe esservi utile per comunicare meglio tra di voi e col mondo che vi circonda, mentre invece purtroppo, proprio la tecnologia vi toglie spesso la possibilità di comunicare le vostre emozioni e sensazioni. Provate a pensarci, ma soprattutto interrogatevi sul perché oggi, che pure siamo dotati di tutti i migliori mezzi comunicazione, i giovani hanno enormi difficoltà a comunicare le loro emozioni, sensazioni, sentimenti?

vestizione 2

la sacrestia, quella silenziosa anticamera del paradiso …

Forse le persone dell’età mia [io ho 52 anni] sotto questo aspetto erano più avvantaggiate di voi. Per esempio, questa vostra è anche l’età dei primi grandi amori. E credetemi lo so cosa questo voglia dire, perché all’età vostra io mi innamoravo mediamente due volte al mese; ed i miei erano sempre amori folli, come lo sono di solito a 12/13 anni. A quel punto si creava il naturale problema della comunicazione: io, adolescente tal ero, dovevo trovare il modo, l’espressione del volto, le parole giuste per dire a quella compagna di scuola che mi ero innamorato di lei. E tutto si giocava sulla comunicazione, con una consapevolezza: se non si riesce a comunicare i nostri sentimenti all’altra persona, i nostri sentimenti possono non essere capiti, quindi non essere accolti; e chi nutre sentimenti d’amore desidera essere accolto, ricambiato, quindi amato. A quel punto cosa accadeva? Più o meno questo: siccome uno degli elementi della comunicazione sono anche i cosiddetti espedienti intesi come colpi d’ingegno che fabbricano le cose in modo tale da far sembrare che tutto sia accaduto casualmente, accadeva quindi per caso che la ragazzina usciva dalla palestra della scuola per tornare in classe e … ma guarda caso, trovava me dietro l’angolo del corridoi che stava arrivando, ovviamente in modo casuale. E in modo altrettanto casuale avevo stampata in faccia un’aria da cupido trasognante, o se preferite da pesce lesso. E con una voce cosparsa di miele dicevo: «Buongiorno, ma guarda chi si vede». Come dire: eh, che scherzi fa il caso! E putacaso la incontravo di nuovo – sempre per caso, s’intende – all’uscita della scuola. Dopodiché, poteva forse mancare una telefonata nel pomeriggio, dovuta ad una situazione di emergenza dovuta al caso fortuito, in questo caso a una dimenticanza del tipo: «Non trovo il diario e non ricordo le pagine che l’insegnante di storia ci ha dato da studiare». E da quel pretesto nasceva una conversazione di quaranta minuti. E finalmente mio padre riusciva a telefonare a casa per chiedere a mia madre un’informazione urgente, sbottando: «Ho provato venti volte a chiamare ma era sempre occupato». E mia madre ribatteva: «Porta pazienza, tuo figlio s’è follemente innamorato un’altra volta!».

vestizione 3

la sacrestia, quella silenziosa anticamera del paradiso …

Ora voi capite che tra questo naturale, umano e affettivo “comunicare” fatto di gesti, sguardi, parole e anche di pretesti studiati in modo ingegnoso, ed un whatsapp o un sms sul quale a distanza viene scritto: “TVB”, che mi pare voglia dire ti voglio bene, c’è parecchia differenza. Figlioli cari: non possiamo comunicare a botte di “TVB” e di faccine sorridenti o tristi, né possiamo comunicare spedendo immagini di pollici alzati di approvazione o abbassati di disapprovazioni, perché le relazioni umane non si fanno con tre parole sgrammaticate sparate con wathsapp, o con l’immagine di un cuoricino inviata via sms. Le relazioni umane sono la nostra concreta realtà presente e la nostra reale prospettiva futura, in una vita che deve essere viva e reale, non virtuale. Per questo la vostra vita deve essere fatta di relazione vere, non di cuoricini mandati a pochi metri di distanza con un sms senza guardare neppure in faccia la persona che il cuore vero ve lo fa battere. E queste relazioni umane si fondano sulla comunicazione. Pertanto cercate d’imparare a guardare il compagno o la compagna negli occhi e provare a dirgli «ti voglio bene», anziché mandargli un cuoricino col telefonino da dieci metri di distanza.

vestizione 4

la sacrestia, quella silenziosa anticamera del paradiso …

Dio, quello che una volta veniva definito nel catechismo con una frase tanto breve quanto efficace: «Dio è l’essere perfettissimo creatore del cielo e della terra», racchiude nel proprio essere eterno anche la perfezione della comunicazione; perché in modo molto efficace Dio si è rivelato e comunicato all’uomo sin dall’inizio dei tempi. Pensate in che modo originale Dio si rivela a Mosè: lo fece richiamando la sua attenzione attraverso un roveto ardente che bruciava dinanzi ai suoi occhi ma che non si consumava [cf Es 3:1-4:17]. Se però ci pensate bene, il segno di quel roveto che brucia senza consumarsi racchiude anche un altro significato. Infatti, il fuoco che brucia ma che mai si consuma, è segno dell’amore eterno e inestinguibile di Dio.

A un certo punto della storia dell’uomo, ecco che il Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili, torna a comunicarsi ed a rendersi vivo e presente in un modo che supera ogni umana fantasia: Dio si fa uomo, presentandosi dinanzi a noi con un corpo, un volto, una voce, quella di Gesù Cristo. A quel punto, dal roveto ardente che brucia e che rappresenta l’amore inestinguibile di Dio per l’uomo, si passa a Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto uomo, che come agnello immolato lava il mondo dal peccato bruciando per amore dell’umanità sulla croce, per riscattare col fuoco vivo della sua passione l’umanità intera dal peccato. E ancora una volta, quello di Dio grande e misericordioso, è un fuoco d’amore che brucia e che mai si consuma.

messa giovani 2

arrivo dei giovani scolari in chiesa

Dinanzi all’insegnamento di un Dio che si comunica in modo così straordinario all’uomo, possiamo noi trasmetterci umanità, sentimento, amore, con un freddo cuoricino spedito via sms?

Quando il salmista, cantando la misericordia di Dio, ci annuncia che «Il Signore è vicino a chiunque lo invoca» [Sal 144, 3] con quelle parole vuol dire questo: il Signore, che si comunica e che si rivela all’uomo attraverso numerosi segni, desidera che l’uomo comunichi con lui.

messa giovani 1

arrivo dei giovani scolari in chiesa

E Cristo Signore, prima di morire e risorgere dai morti, prima di salire al cielo dove oggi siede alla destra del Padre, ci ha lasciato un altro grande dono: l’Eucaristia. E nel grande mistero dell’Eucaristia, il Signore Gesù è veramente vivo e presente tra noi attraverso i segni del pane e del vino che divengono suo corpo e suo sangue vivo. Sotto le specie consacrate del pane e del vino, Cristo stesso, vivente e glorioso, è infatti presente in maniera vera, reale e sostanziale, il suo Corpo e Sangue con la sua anima e divinità [cf. CCC, 1413]. 

Tutti questi doni di Dio Padre che continua a comunicarsi all’uomo sono racchiusi in una sola parola: Misericordia. Quella «misericordia di Dio» che come canta il salmista «si espande a tutte le sue creature» [Sal 144, 1].

messa giovani 3

la Sacra Celebrazione Eucaristica

Attenzione però, il salmista, cantando la divina Misericordia, ci avvisa anche che Dio è «lento all’ira e grande nell’amore». E voi capite bene che essere «lenti», non vuol dire essere «privi di ira». Voi tutti che avete ricevuto i Sacramenti di grazia, che avete fatto la Prima Comunione e molti di voi anche la Cresima, quando recitate la professione di fede – il Credo – assieme a tutta l’assemblea del Popolo di Dio affermate che Cristo «giorno tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti».

Non sfidiamo quindi l’amore di Dio e la sua infinita misericordia, perché Dio è anche divino giudice, al quale un giorno tutti noi – io per primo molto più di voi – dovremo rendere conto delle nostre azioni.

Nel Vangelo del beato apostolo Giovanni che abbiamo letto [cf. 5, 17-30], Cristo Signore afferma: «Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora […] in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno».

Messa giovani 5

un ricordo con alcuni giovani scolari

Per questo vi dico: imparate ad accogliere Dio che si comunica a voi, ed imparate a comunicare con l’amore e la misericordia di Dio, di quel Dio che è «lento all’ira e grande nell’amore». Ma pur essendo il suo amore un fuoco che brucia in eterno, ciò non vuol dire che sia privo di ira verso chi sceglie il male a tutti i costi e costi quel che costi, anziché scegliere quella sua infinita misericordia che parte dal roveto ardente di Mosè che brucia e che non si consuma, per giungere sino al Figlio Unigenito di Dio, Cristo Signore, che per amore dell’umanità brucia e consuma la propria passione sulla croce per la salvezza dell’umanità. E il terzo giorno è risuscitato secondo le scritture, nel mistero di quella Pasqua che tra poco vivremo nel ricordo di Cristo Signore, che per noi e morto e che per noi è risorto. E sul grande mistero del Cristo risorto che vince la morte, si regge l’intero grande mistero della nostra fede: Cristo Dio, l’Agnello Vittorioso, che vince la morte e che ci chiama tutti alla vita nel suo Regno che non avrà fine. Questi, i sentimenti cristiani con i quali vi esorto a vivere tra poco il grande mistero della Pasqua di risurrezione.

Sia lodato Gesù Cristo!

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3 commenti
  1. Giacomo N. dice:

    Che sensazione di smarrimento nel vedere chiuse questo sabato Santo le chiese. Nostro Signore Gesù Cristo ha lasciato questo mondo con la promessa e la gioia della Sua resurrezione. Sono attimi di angoscia i giorni della Sua Passione e Morte è uno stato d’animo di solitudine, vagare per le strade sconfortati, ma la Fede ci rincuora, ci fa capire che tutto non è finito e che si avvicina un grande giorno. E’ il giorno della Vittoria, della Gloria. Non è il giorno del menzognero sin dall’inizio che ha sperato inutilmente nella sconfitta definitiva di Cristo. E’ un giorno di solitudine, ma di immensa Speranza; un giorno di annuncio alle care persone vive e defunte che tutto non è finito, ma è solo l’inizio del trionfo di Cristo con l’istituzione del Sacerdozio e della SS Eucarestia. Questa è la vera Pace, questa è la vera Carità, nel riconoscere che non siamo perduti e che Lui ci ama. Voglia questo giorno di gloria della SS Pasqua effondere in Voi carissimi padri la gioia di emulare il Cristo, di non permettere a noi cristiani di sentirci smarriti, soprattutto in questo periodo di grave confusione politica, morale e religiosa. E’ attraverso voi che l’immagine di Cristo è viva…
    Confortateci, parlateci sempre della Verità, respingete ogni eresia, teneteci saldi nella fede e fateci comprendere dov’è l’errore affinchè possiamo testimoniare il Cristo. Auguri di una Santa Pasqua e che Iddio vi benedica.

  2. Padre Ariel
    Mattia dice:

    Infatti, il fuoco che brucia ma che mai si consuma, è segno dell’amore eterno e inestinguibile di Dio.”

    Il mio parroco invece spiegando questa lettura ha parlato di fughe di gas naturale come causa della combustione del roveto, e la suggestione di Mosé dinanzi a questo spettacolo come causa di ogni cosa riportata in questo testo biblico. Poi il resto non l’ho ascoltato… Sai che delusione! Me l’avevano spacciata all’inizio come parola di Dio !!

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Mattia.

      Se oltre a predicare queste cose, il parroco in questione parla anche di poveri, di povertà, dei poveri al centro della Chiesa; se poi apre un centro di accoglienza per profughi e se viaggia per le “periferie esistenziali”, qualora avesse sui cinquant’anni d’età, tra poco potrebbero farlo anche vescovo, i requisiti richiesti sembrano esserci proprio tutti.

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