“E bomba o non bomba noi arriveremo a Roma”: Nunzio Galantino conversa su Dio con Dario Fo

Padre Giovanni

«E BOMBA O NON BOMBA NOI ARRIVEREMO A ROMA» NUNZIO GALANTINO CONVERSA SU DIO CON DARIO FO

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Il discorso di Fo è assurdo e blasfemo e non vedo in che consisterebbe questa «grande religiosità» che Nunzio Galantino, con evidente piaggeria, attribuisce a Fo.

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Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

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nunzio galantino 1

S.E. Mons. Nunzio Galantino, Segretario generale della C.E.I.

S.E. Mons. Nunzio Galantino, Segretario Generale della C.E.I, ha iniziato sul quotidiano Sole 24 Ore della Domenica una rubrica intitolata Abitare nelle parole, la quale si propone di trattare del significato di alcune parole-chiave della moderna cultura riguardante il rapporto io col mondo. Egli ha iniziato con la parola Dio facendo riferimento al pensiero di Dario Fo, l’Articolo integrale è leggibile QUI.

Ho estratto dallo scritto di Nunzio Galantino alcune affermazioni, qui riportate in rosso, a ciascuna delle quali desidero fare un commento.

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Dio è una parola paradosso. Per alcuni c’è solo il termine e non c’è il soggetto corrispondente, per altri c’è il soggetto corrispondente ma non va nominato e secondo altri ancora il Dio di Mosè non tollerava di essere rappresentato.

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 E Galantino che ne pensa? Non si pronuncia.

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Dio è parola di massima creatività […] Dio è il principale protagonista della visibilità […] Con la parola Dio, e con la realtà alla quale essa rimanda, possiamo permettere alla nostra mente di viaggiare in ampi spazi e di fare esperienze straordinariamente cariche di vita, sia partendo dalla parola e aprendoci alla fantasia, sia partendo dall’immagine e poi ricollegandoci alle parole.

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Non vedo che cosa c’entri Dio con la «creatività» e la «visibilità». Esse non appartengono alla teologia, ma alla poesia, o alla letteratura o alla pittura. Dice di non voler fare teologia. Ma, parlando di Dio, che cosa vuol fare, allora? San Paolo è molto chiaro. Dice: «Dalla creazione del mondo le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da Lui compiute» [cf. Rm 1,20]. Dio non è oggetto né della fantasia né dell’immaginazione, ma dell’intelletto. Altrimenti, come dice la Scrittura, abbiamo un idolo fatto dalle nostre mani.

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Un bambino avrebbe difficoltà a seguire il nostro discorso, perché lui sa che dietro la parola «mamma» c’è una mamma; ma dietro la parola Dio cosa c’è? Cosa dirgli? […] Spiegare a un bambino che può piovere anche da realtà invisibili, ma esistenti. Con un bambino proverei a cavarmela così.

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Dietro la parola “Dio” c’è Dio, perché anche la mente del fanciullo, in quanto capace di ragionare, può sapere che Dio esiste. A parte il fatto che comunque ci arriva da solo, bisogna aiutarlo nella applicazione del principio di causalità, come insegna il Libro della Sapienza: «Dalla bellezza e grandezza delle creature per analogia si conosce l’Autore» [cf. Sap 13,5].

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Dice Fo: «Dio Non c’è. Non esiste. Non ci credo… Però…». Secondo lui Dio è un gran falsario che si è inventato da sé, un genio della Storia, perché ha saputo creare la sua immagine. Un abile croupier. La sua anti-religiosità m’è parsa molto religiosa […] A Dio non basta mai l’amore degli altri, mentre Gesù fonda il suo sentimento sull’amore da dare e non da ricevere.

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Il discorso di Fo è assurdo e blasfemo. Dio di per sé è bontà e generosità infinite, ed è il Dio di Gesù Cristo. Se Cristo dona e non è un egoista, ciò dipende proprio dal fatto che è Dio Egli stesso. Non vedo in che consisterebbe questa «grande religiosità», che Galantino, con evidente piaggeria, attribuisce a Fo.

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Noi uomini abbiamo bisogno di trascendenza e per noi cristiani l’essenza dell’esistenza umana si trova nell’uscire da noi, nell’andare e nel sentirci proiettati oltre. Quello che qualcuno chiama “auto-trascendimento” non ci porta solo verso Dio […] Questa situazione appartiene anche a un ateo.

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È vero che abbiamo bisogno di trascendenza, ma non facciamo della confusione. Innanzitutto distinguiamo. Un conto è l’uscire da noi stessi, che è segno di socialità, e un conto è il “sentirci proiettati oltre”, che è un fenomeno psicologico, che può essere normale come patologico. Un conto è l’ulteriorità metafisica, morale o teologica, dalla quale si sente attratto l’uomo ragionevole, e un conto è l’ulteriorità emotiva, irrazionale e fantastica, che attira l’alienato mentale. E’ ovvio che è solo il primo tipo di ulteriorità che stimola l’affermazione di Dio.

Quanto all’autotrascendimento, anche qui bisogna distinguere. L’autotrascendimento, in generale, è un atto psicologico, col quale il soggetto supera intenzionalmente e volontariamente se stesso o va oltre se stesso. Lo spirito sale, si eleva, si innalza verso un vertice che sta oltre il proprio limite.

Questa elevazione dello spirito, però, è diversa nel caso che l’impulso venga dal basso o dall’alto, vale a dire o dall’uomo o da Dio. L’uomo può trascendersi o innalzarsi verso Dio o perché si lascia attrarre da Lui, in sottomissione a Lui, e allora abbiamo il transcende teipsum, del quale parla Sant’Agostino, o perché si innalza ergendosi contro Dio, in antagonismo con Dio. Nel primo caso abbiamo l’umiltà, che fruttifica nella religione; nel secondo caso abbiamo la superbia, che fruttifica nell’empietà e nell’ateismo. È chiaro che solo il primo tipo di trascendimento caratterizza, non l’esistenza cristiana come tale, ma la potenza o la facoltà del suo spirito, giacché l’identità dell’essere con l’agire c’è solo in Dio.

L’essenza dell’esistenza umana nella visione cristiana non si trova in nessun “uscire da noi, o nell’andare e nel sentirci proiettati oltre” o in quello che qualcuno chiama “auto-trascendimento”, ma consiste nell’essere, come dice il Concilio Vaticano II, «unità di anima e corpo»[1], creata «ad immagine di Dio, capace di conoscere ed amare il proprio Creatore»[2] e niente affatto «nell’uscire da noi, nell’andare e nel sentirci proiettati oltre. Quello che qualcuno chiama ‘auto-trascendimento’». Questi semmai sono potenze o possibili atti e non costitutivi dell’esistenza umana. Vorrei sapere dove Galantino ha pescato quella definizione dell’uomo. Non certo nella Scrittura o nel Magistero della Chiesa o in San Tommaso.

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Gesù chiede, pretende, l’amore difficile, illogico, paradossale.

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Gesù non pretende alcun amore «illogico», ma perfettamente conforme a ragione. L’amore illogico è peccaminoso, perché contrasterebbe col nostro dovere di agire secondo ragione. Gli esempi che porta Galantino o sono equivoci o si possono risolvere facilmente, ma qui non abbiamo lo spazio e poi si può sempre consultare un qualunque trattato di teologia morale.

Mi fermo solo sull’amore per il nemico. Non c’è nulla di illogico in questo amore, ovviamente ad intenderlo bene, e non come se Cristo ci comandasse di amare l’inimicizia del nostro nemico contro di noi; il che sarebbe esattamente un peccato da parte nostra. Si trova invece in questo comando una profonda saggezza, che dà serenità alla persona offesa, facilita la conciliazione e dispone l’avversario a più miti consigli, rendendolo disposto a chiedere perdono e ad essere perdonato.

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Varazze, 16 marzo 2016

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[1] Gaudium et spes, n. 14.

[2] Ibid., n. 12.

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E BOMBA O NON BOMBA NOI ARRIVEREMO A ROMA … E PURTROPPO CI SONO ARRIVATI !

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Autore Redazione dell'Isola di Patmos

Autore
Redazione
dell’Isola di Patmos

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La Redazione dell’Isola di Patmos, coglie l’occasione per ricordare a S.E. Mons. Nunzio Galantino quale è da sempre il “lodevole” livello di «religiosità» dell’ateo Dario Fo: farsi beffa di Dio, di Cristo, del Vangelo e tutti i santi. Prendiamo atto però che il lungimirante Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, in tutto questo ravvisa comunque «grande religiosità». Domanda: la Congregazione per la dottrina della fede è sempre aperta e operativa, oppure è stato il primo dicastero della Santa Sede ad essere abolito dalla riforma della Curia Romana in vista di una prossima “nuova Chiesa” libera finalmente da tutti gli “inutili dogmatismi” che per troppi secoli l’hanno “oppressa“?

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LA GIULLARATA SUL VANGELO DELLA RISURREZIONE DI LAZZARO

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1 commento
  1. ettore dice:

    http://www.ilfoglio.it/preghiera/2016/03/25/cristianesimo-pasqua-galantino___1-vr-139833-rubriche_c401.htm
    Abbiamo bisogno degli eremiti di una volta! denuncia Camillo Langone.
    “Negli eremiti di quei lontani secoli era fortissimo il senso del peccato, il timore del Male, l’incombere del giudizio. Leggendo le loro vite sembra di leggere di un’altra religione, molto più efficace del cristianesimo senza croce che va per la maggiore. Innanzitutto quei campioni della fede guarivano i malati, e inoltre, all’occorrenza, ammansivano le belve feroci. “Questa guerra si argina solo con una politica di integrazione” ha detto il vescovo Galantino: chiedendo il soccorso dello Stato, e non di Dio, ha dimostrato di non saper ammansire nemmeno una zanzara. Prego perché dal deserto arrivi un eremita del tipo di colui che veniva morso dalle vipere e si curava con un segno di croce e si salvava. “

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