Dalla penosa croce appendi-abito del politicamente corretto, al mistero salvifico del Verbo di Dio fatto uomo per la salvezza del mondo che oggi precipita verso l’abisso

L’Angolo di Girolamo Savonarola: omiletica cattolica in tempi di vacche magre

— omiletica —

DALLA PENOSA CROCE APPENDI-ABITO DEL POLITICAMENTE CORRETTO, AL MISTERO SALVIFICO DEL VERBO DI DIO FATTO UOMO PER LA SALVEZZA DEL MONDO CHE OGGI PRECIPITA VERSO L’ABISSO 

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… e oggi, questa terribile vanità mondana che mira a piacere al mondo, ha svuotato il mistero del Verbo di Dio fatto uomo, per riempirlo di altro: di barconi di migranti, di ciambelle di salvataggio, o di giubbotti salvagente attaccati sulla croce di Cristo. È l’emblema della peggiore sciatteria della Chiesa visibile contemporanea: la croce ridotta ad appendi-abito, dinanzi a cori esultanti di persone che non entrano nelle nostre chiese neppure per Natale e per Pasqua, ma che plaudono gaudenti dinanzi alla nostra auto-distruzione, mentre la povera sposa di Cristo sta annegando, non nelle acque del Mare Mediterraneo, sta annegando nel ridicolo, nel grottesco della sciatteria, senza che nessuno si curi di lanciarle neppure una misera ciambella di salvataggio, forse perché colpevole di non essere musulmana, sicché può anche tranquillamente affogare, sotto gli applausi di un mondo che odia sempre di più tutto ciò che è veramente e autenticamente cristiano.

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Puer natus est, Alleluia !

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per secoli, sulla croce, l’unica cosa che la tradizione cristiana ha appeso, è stato solo il sudario di Cristo Dio

Lux in tenebris lucet. La luce splende nelle tenebre, è la luce del Verbo incarnato narrata nella poetica di questo monumentale prologo al Vangelo di Giovanni [vedere testo della Liturgia della Parola, QUI]. Volendo potremmo aggiungere: la luce splende nelle tenebre in modo particolare in questo nostro mondo nel quale dobbiamo essere animati dalla più cristiana e operosa speranza, mentre siamo sottoposti alla più grande, difficile e temibile di tutte le prove: la grande prova della fede.

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Da diversi anni siamo spettatori silenti e impotenti protagonisti di mutamenti radicali generati da una condizione di grande crisi che investe a livello mondiale la morale, l’etica, la politica, l’economia, la comunità ecclesiale ed ecclesiastica che della crisi morale ed etica rischia di essere un paradigma. E proprio in questa situazione di grande crisi e decadenza dovremmo accogliere la luce che irrompe nelle tenebre attraverso l’incarnazione del Verbo di Dio, accogliendolo come nostro principio e fine ultimo.

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Il Verbo è stato annunciato nei tempi dalle parole di dolore, amore e speranza dei profeti; dalla voce del Battista, che all’alba della sua irruzione nella storia dell’umanità levò la voce dal deserto per rompere i deserti dell’animo umano. Il Verbo è parola viva ed eterna, ma è anche silenzio, perché nel nostro rumore mondano che tutto divora nell’indifferenza per meglio ingoiarci nel Grande Nulla, il Verbo tace nella misura che l’uomo non concede al suo amore eterno alcuno spazio per abitare in mezzo a noi, neppure un albergo di fortuna; neppure una mangiatoia in cui giacere dentro una stalla.

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Per rivelarsi il Verbo ha bisogno di quel luogo privilegiato che è il silenzio, per potersi manifestare e comunicare all’uomo che è oggetto del suo amore e suo soggetto amato.

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Gli antichi israeliti erano così intimoriti dal tetragramma dell’alfabeto ebraico che componeva il nome di Dio, che nessuno doveva osare pronunciarlo, solo il Kohen Gadol, il Sommo Sacerdote, chiuso nel Sancta Sanctorum del Tempio di Gerusalemme, a testa bassa col capo coperto, dopo essersi lungamente purificato lo pronunciava sommessamente una volta all’anno per il Yom Kippur, il gran giorno dell’espiazione.

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Impariamo a considerare il Natale come nome ineffabile di Dio, perché durante questa festa il Verbo di Dio si incarna in un uomo e viene ad abitare in mezzo a noi nella persona fisica di Gesù di Nazareth, aprendo ai nostri orizzonti il mistero del vero Dio e vero uomo. Fuggiamo dunque la gran bestemmia del Natale profanato, svuotato del Verbo e riempito d’altro, in un proliferare di presepi costruiti dall’Ufficio Supremo del Politicamente Corretto su barconi e ciambelle di salvataggio, con la Beata Vergine Maria ed il Beato Patriarca Giuseppe rivestiti di un salvagente. Riappropriamoci del Mistero del Natale, che è l’irruzione di Dio in carne e ossa nella storia dell’umanità, attraverso quel Gesù che noi adoriamo nella mangiatoia di Betlemme nella quale l’intera umanità è rinata ed è chiamata a rinascere, per giungere al suo apice con la pietra divelta del sepolcro vuoto del Cristo, col quale l’intera umanità è risorta ed è chiamata a risorgere. Adoriamolo nell’Eucaristia, suo memoriale vivo e santo, dono della sua presenza reale tra di noi, nostro sostegno e nostro cibo di vita eterna. Adoriamolo, perché Lui solo è l’inizio, il centro e il fine ultimo del nostro intero umanesimo. Soltanto così potremo aprire le porte del cuore per esprimere in modo pertinente e coerente: Buon Natale … il Natale del Dio che si è fatto come noi per invitarci a farci come Lui, in Lui e per Lui.

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Nei momenti di silenzio di questa sacra liturgia, prostrandoci durante la Preghiera Eucaristica sulle parole dell’Ultima Cena che renderanno il pane e il vino corpo e sangue vivo di Cristo, cerchiamo di cogliere il mistero e divenirne intimi partecipi, consapevoli che in silenzio il Verbo s’incarna e nel silenzio il Verbo ci parla. Prostriamoci con le ginocchia a terra, perché «nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi» [Fil 2, 10]. Non facciamo come coloro che dinanzi al Corpo e al Sangue vivo di Cristo hanno problemi all’anca, che però funziona a meraviglia per inginocchiarsi con scatto atletico dinanzi alla nuova “verità di fede”, o al nuovo “dogma del migrante” a cui sciacquare i piedi dinanzi ai giornalisti di regime che plaudono alla «nuova Chiesa» della «rivoluzione epocale», improntata su quella «misericordia» che concede la grazia della ghigliottina a chiunque osi proferire un legittimo, rispettoso e pacato sospiro di dissenso verso tutto ciò che può essere oggettivamente sbagliato e fuorviante.

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Il Gesù della storia, che col Natale entra nella nostra esperienza umana in carne e ossa, non è neppure un tenero simbolo a uso e consumo umano e commerciale delle varie tradizioni popolari o familiari, è il supremo mistero di Dio fatto uomo in Gesù che attraverso il mistero dell’Incarnazione comincia il suo percorso terreno deposto nella mangiatoia di una stalla e terminandolo deposto sul legno di una croce, per esplodere poco dopo come il Cristo della fede che rovescia la pietra del sepolcro, rendendoci per vocazione tutti partecipi della sua risurrezione.

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A questo siamo chiamati attraverso l’esperienza cristiana: ad incarnarci, a vivere, a morire ed a risorgere nel Cristo, perché Dio è giunto a farsi come noi affinché noi, proiettati nel mistero della sua grazia, ci facessimo come lui.

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Questo è il deposito della nostra fede, il resto è solo moderno paganesimo, nuova idolatria mirata a piacere e compiacere quel mondo sempre più anti-cristico al quale dovremmo cercare in ogni modo di non piacere. E noi, chiamati a servire e assistere il Popolo di Dio come sacerdoti, dobbiamo combattere sia il nuovo paganesimo sia il mondo sempre più anti-cristico, portando in modo amorevole e deciso il vero annuncio attraverso la vera pastorale evangelica, che non è certo l’odierna pastorale nevrotico-ossessiva del povero o del profugo vero o presunto, ma cristologica concretezza di vita vissuta. Non possiamo soprassedere, né peggio giustificare certe deviazioni come espressioni di fede, anzi siamo tenuti a chiamarle con il loro vero nome: veleno della fede.

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In nessuna pagina del Vangelo sta scritto che bisogna compiacere i vezzi ed i vizi del mondo, o peggio tacere sui suoi gravi peccati, perché il Verbo di Dio si è incarnato per divenire poi agnello sacrificale che lava con il sangue del proprio sacrificio sulla croce il peccato del mondo, ma soprattutto dopo averci avvisati:

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«Se il mondo vi odia, sappiate che ha odiato me prima di voi. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; ma poiché non siete del mondo, ma io vi ho scelto dal mondo, perciò il mondo vi odia» [Gv 15, 18-19].

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Quale terribile giudizio e meritato castigo, molti di noi pastori in cura d’anime riceveranno dal Divino Giudice, per avere lasciato in pasto alla paganitas il Popolo che Dio ci ha affidato, per essere andati a braccetto con i Démoni, per avere invitato e accolto il lupo dentro l’ovile e bastonato al tempo stesso le pecore che hanno osato gridare: «Attenti al lupo!». Perché anche in questo eravamo stati avvisati: 

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«Guai ai pastori che distruggono e disperdono
il gregge del mio pascolo!», dice il Signore.
Perciò così parla il Signore, Dio d’Israele,
riguardo ai pastori che pascolano il mio popolo:
«Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate,
e non ne avete avuto cura;
ecco, io vi punirò, per la malvagità delle vostre azioni»,
dice il Signore.
«Raccoglierò il rimanente delle mie pecore
da tutti i paesi dove le ho scacciate,
le ricondurrò ai loro pascoli,
saranno feconde e si moltiplicheranno.
Costituirò su di loro dei pastori che le porteranno al pascolo,
ed esse non avranno più paura né spavento,
e non ne mancherà nessuna», dice il Signore [Ger 23, 1-4].

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E ancora:

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«Profeti e sacerdoti sono empi,
nella mia casa stessa ho trovato la loro malvagità»,
dice il Signore .
«Perciò la loro via sarà per loro come luoghi sdrucciolevoli in mezzo alle tenebre;
essi vi saranno spinti e cadranno;
poiché io farò venire su di loro la calamità,
l’anno in cui li visiterò», dice il Signore [Ger 23, 11-12].

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Il tutto suggellato dalle parole di Cristo Dio che ammonisce:

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«A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più» [Lc 12, 48].

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Inutile a ricordarsi, sebbene lo faccia: a noi suoi sacerdoti, Dio ha affidato quanto ha di più prezioso: ci ha affidata la cura, la custodia e il governo pastorale del suo gregge, del suo Popolo Santo.

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Il Vangelo del Beato Evangelista Luca proclamato poche ore fa alla Messa della Santa Notte, narra in brevi parole con l’evento della nascita il modo scelto da Dio per rivelarsi nel Gesù della storia. Seguendo le parole di questo passo potremmo parlare del divino pudore di Dio che viene alla luce e che si manifesta agli uomini che attendevano il Messia, il Salvatore, quasi come se volesse nascondersi nell’atto stesso in cui si manifestava. È un aspetto che ci porta a riflettere sulla sfida sempre aperta delle sue divine intenzioni, della sua divina pedagogia.

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Forse il Signore, davanti alla sua rivelazione visibile, fisica e corporea, desiderava invitare gli uomini a non sentirsi esonerati dal dovere di ricercarlo, come i pastori che accorrono, come i magi che seguendo la luce di una stella giungono a portargli doni preziosi, senza alcuna paura di offendere la futura “idolatria del povero”. Forse, il Signore, il Salvatore nato in una stalla, voleva che questa nostra ricerca del suo essere eterno e del suo divenire tra di noi, ci obbligasse a piegare il nostro egocentrismo sulle vie dell’umiltà, che non è certo una posa a collo torto, ma la vera dignità dell’essere veri cristiani.

Contemplare l’umiltà di Dio Incarnato che giace in fasce dentro la mangiatoia di una stalla è un invito a penetrare il senso vero e profondo di quella virtù cristiana che è l’umiltà autentica, nostra strada maestra per correggere l’ostacolo principale che ci sbarra la via al nostro vero incontro col Cristo Salvatore: l’orgoglio che ci impedisce un rapporto con lui e un rapporto con gli altri. E dall’orgoglio si può guarire solo partendo dalla divina umiltà del bimbo Gesù nella stalla di Betlemme, per seguirlo sulla Via Dolorosa fino al Golgota, infine risorgere con quel Cristo della fede che fece dire a San Paolo: «Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me» [Gal 2, 20].

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Dio nasce nascosto e talvolta si nasconde affinché l’uomo possa cercarlo attraverso l’istinto libero e liberante di quell’amore che quando è perfetto caccia via ogni paura, come insegna il Beato Apostolo Giovanni in un altro passo del suo Vangelo [Cf. Gv 4, 18]. Perché Dio non si nasconde mai dietro le grandi cose che spesso tanto ci affascinano, ma dietro ai piccoli particolari che spesso ci lasciano del tutto indifferenti; Dio non lo troviamo e non lo incontriamo, in ciò che al mondo piace, ma in tutto ciò che il mondo rigetta e odia.

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Il modo in cui si può cercare e trovare Dio celato in una stalla, ce lo ricorda uno dei più grandi convertiti della storia, che con la sua esperienza ci invita tutti alla conversione. Questo maestro è Aurelio di Tagaste, meglio noto come Sant’Agostino Vescovo di Ippona, divenuto in seguito santo e Dottore della Chiesa: «Amore pètitur, amore quaèritur, amore pulsàtur, amore revelàtur» con l’amore si domanda, con l’amore si cerca, con l’amore si bussa, con l’amore si rivela.

Solo in questo modo possiamo entrare nella vera stalla di Betlemme, che è la stalla della fede e del mistero divino; quindi capire qualche cosa del Natale; per vivere il Natale nella fede in Gesù Cristo nostro Dio, Signore e Salvatore. Il resto — come diceva nel lontano Cinquecento quel grande pedagogo di San Filippo Neri prendendo spunto dal Libro di Qoelet — è solo vanità, nient’altro che vanità di vanità [cf. Qo 1,2]. E oggi, questa terribile vanità mondana che mira a piacere al mondo, ha svuotato il mistero del Verbo di Dio fatto uomo, per riempirlo di altro: di barconi di migranti, di ciambelle di salvataggio, o di giubbotti salvagente attaccati sulla croce di Cristo. È l’emblema della peggiore sciatteria della Chiesa visibile contemporanea: la croce ridotta ad appendi-abito, dinanzi a cori esultanti di persone che non entrano nelle nostre chiese neppure per Natale e per Pasqua, ma che plaudono gaudenti alla nostra auto-distruzione, mentre la povera sposa di Cristo sta annegando, non nelle acque del Mare Mediterraneo, sta annegando nel ridicolo, nel grottesco della sciatteria, senza che nessuno si curi di lanciarle neppure una misera ciambella di salvataggio, forse perché colpevole di non essere musulmana, sicché può anche tranquillamente affogare, sotto gli applausi di un mondo che odia sempre di più tutto ciò che è veramente e autenticamente cristiano. E noi, indegni sacerdoti, oggi genuflessi al mondo come delle miserabili prostitute dinanzi al cliente, di questo annegamento siamo i responsabili. E di ciò dovremo un giorno rendere conto al Verbo di Dio che severo ci ricorderà:

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«A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più» [Lc 12, 48].

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Et homo factus est, alleluja!

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dall’Isola di Patmos, 25 dicembre 2019

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Cari Lettori,

nel mese di dicembre è entrato in distribuzione il mio nuovo libro Nada te turbe, un’opera di spiritualità sul martirio scritta in forma di romanzo storico e ambientata in un’epoca di feroce persecuzione della Chiesa. Ritengo che potrebbe edificare e aiutare molte persone, soprattutto in questo momento. Per questo vi invito ad acquistarlo presso il nostro negozio [vedere QUI] ma soprattutto a leggerlo.

 

 

 

 

 

 

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14 commenti
  1. giancarlo
    giancarlo dice:

    Carissimo padre Ariel,

    nel suo blog non trovo nessun commento in merito dell’attacco di Saviano alla madonna blasfemo e diabolico ho pensato che forse non è al corrente e non sa, vedendo che anche le persone che le scrivono tacciono e si preoccupano dell’otto per mille. Ma vedendo la sua reazione descritta nel diverbio con dei ragazzi ho pensato ma carattere forte. poi ripensando a mente fredda ma un prete che non interviene su questa blasfemia non ama la vergine santissima, ma spende una pagina per raccontare stupidaggini, le rammento che lei è in ritardo di 5 giorni sull’accaduto di questa blasfemia nei confronti della Vergine Maria, ma per il figlio sono come mille anni.

    ps, le ricordo che il purgatorio c’è anche per i preti e il giudizio sarà più duro, la mia preghiera di riparazione i 4 misteri del rosario al giorno
    saluti

    Giancarlo

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      … e io dovrei rispondere a una persona che anziché rivolgere domande mi lancia una serie di accuse, decretando anzitutto che non amo la Vergine Maria e che spendo al tempo stesso “una pagina per raccontare stupidaggini”?
      Vuole forse dirmi lei che cosa devo pensare, cosa devo scrivere, come devo pensare e come devo scrivere?

      La ringrazio anche per avermi ricordato che “esiste il Purgatorio”, stia però certo che questa grazia – ossia il Purgatorio – me la concederà Dio e non certo lei. Infatti prego tutti i giorni per questa grazia, non avendo mai avuta la presunzione di pensare solo per scherzo di potermi meritare il Paradiso dopo la morte, sono infatti pochissime a questo mondo le anime che giungono subito nel Paradiso e purtroppo, tra queste, non ci sarà la mia.

      Sebbene di recente un prete tragicomico fuori da ogni cattolico e umano equilibrio abbia aggredito il povero Roberto Saviano con parole durissime pronunciate in un suo video, dopo avere da tempo mutata la Madonna in un feticcio, in un idolo, al di la di ogni corretta teologia mariologica, io che invece considero e venero cattolicamente la Vergine Maria come la Immacolata concezione e la Mater Dei, sono perfettamente in grado di distinguere la “diabolica blasfemia” dalla pura e semplice ignoranza.

      Roberto Saviano è una persona ignorante, vale a dire: ignora i basilari fondamenti della fede cattolica.
      Nelle sue espressioni, non ha inteso bestemmiare la Madonna, anzi era convinto di rendere, come laico, un omaggio al Natale e alla Natività, era convinto di dire cose persino affettuose.

      Quindi non posso accusare di bestemmia e di blasfemia chi non aveva affatto simili intenzioni. Mentre invece posso accusare di bestemmia e di blasfemia quel certo prete squilibrato che tutti i giorni ribadisce che i sacerdoti del mondo intero, che celebrano “in comunione con il falso papa emissario dell’Anticristo”, celebrano Messe invalide, anzi “Messe sataniche”.
      Quella è gravissima bestemmia e blasfemia, non le espressioni di Roberto Saviano frutto di pura, semplice e inconsapevole ignoranza sulle materie della dottrina della fede.

      Concludo: una volta, i fedeli, dopo la Santa Messa venivano a baciarci le mani, adesso, gli pseudo-fedeli, tipo lei, ci prendono a calci nel culo; e più ci mollano calci nel culo, più si sentono veri e puri cattolici.

      Un cattolico che fosse veramente cattolico – cosa che lei dimostra di non essere affatto – non si rivolgerebbe mai ad un ministro in sacris nei suoi toni, dando dei giudizi severi e delle sentenze altrettanto severe che non stanno né in cielo né in terra. Glielo dica, al suo “Santone”, che i preti non sono così stupidi da non riconoscere all’istante i suoi settaristi sguinzagliati per la rete ed ai quali egli stesso mette in bocca certe cose istigandoli a fare azioni di disturbo e di offesa gratuita come questa sua.

  2. fabio
    fabio dice:

    caro padre ARIEL

    lei dice : “No, quelli della rivista Concilium che pubblicano cose del genere, non meritano tanto, pertanto mi limito a dire:” «..mo, ce mancava solo che se mettessero a fa puro a’ teologgia der bucio del culo!»”
    le ricordo che fu fondata da eminenti teologi che parteciparono al concilio vaticano 2 ,https://it.wikipedia.org/wiki/Concilium ,
    questa è la nuova teologia

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Al concilio hanno partecipato anche persone che sono poi cadute nelle più gravi eresie, come Hans Kung, o che hanno lasciato il sacerdozio cattolico, come l’Abate ordinario dell’allora prelatura territoriale di San Paolo Fuori le Mura, Dom Giovanni Franzoni. Vi partecipò il Vescovo Marcel Lefebvre che rigettò alcuni dei suoi documenti e delle sue dottrine, ecc …
      Avere partecipato a un concilio, all’ultimo come a tutti gli altri venti, non conferisce patente di santità e di ortodossia teologica a ogni singolo partecipante.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Orenzo,

      lei mi sfida, lei mi provoca, lei mi tira proprio le parolacce fuori dalla bocca.
      E questo non sta bene. No, non sta bene che un sacerdote dica parolacce, è disdicevole, oltre che pessimo esempio.
      Però, ci sono momenti nei quali certi soggetti non meritano altro. O dovrei forse replicare a quanto mi ha inviato rifacendomi all’Aquinate, od alla teologia morale di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori … ?
      No, quelli della rivista Concilium che pubblicano cose del genere, non meritano tanto, pertanto mi limito a dire: «..mo, ce mancava solo che se mettessero a fa puro a’ teologgia der bucio del culo!»

  3. Raptor84
    Raptor84 dice:

    Caro padre Ariel,

    io sono un suo grande estimatore.
    Pochi giorni fa noi cristiani autentici abbiamo celebrato l’ultima domenica di Avvento. Il mondo invece sembra aspettare ogni anno di più l’avvento del demonio. Ormai è tutto decaduto: valori, morale… le parole di nostro Signore.
    La chiesa che invece di condannare sempre e comunque la decadenza di questa società, apre a qualsiasi nefandezza che il diavolo ha suggerito nel cuore degli uomini.
    Aspetto con ansia la venuta di Cristo sulla terra insieme ai suoi angeli per mettere fine a questo mondo di tenebre.
    Le sembra giusto che per ascoltare un retto sacerdote di Cristo io debba collegarmi sull’Isola di Patmos e non dentro la mia comunità ecclesiale?
    Sono tutti deviati. Hanno il cuore corrotto!
    Purtroppo le sue parole, belle e in piena sintonia con Gesù non sono altro che una fioca e breve luce che il mondo oscura con le sue tenebre. Signore, che aspetti a mettere ordine?

  4. nonversolottopermille
    nonversolottopermille dice:

    Caro padre Ariel,
    leggo su Stilum curiae del nuovo atto di omaggio alla Pachamama avvenuto nella Sala Nervi la vigilia di Natale. Ormai sembra di essere nel cupo clima “culturale” degli anni Settanta col conformismo dell’eskimo ideologico che aveva pervaso le redazioni di tutte le principali testate giornalistiche, la scuola, ogni ambito sociale. Allora come adesso chi dissentiva veniva gambizzato se non peggio e mi è venuto in mente un episodio di uno dei film di Fantozzi là dove al termine della ennesima proiezione della Corazzata Potemkin osa dire l’indicibile: “la corazzata Potemkin è una cagata pazzesca” Ecco, non servono dotte discussioni, basterebbe un Fantozzi qualsiasi anche oggi che, oltre ad avere il coraggio di dire una cosa di buon senso, dicesse anche: andate tutti affanculo! Peccato che l’80% dei destinatari dell’invettiva la prenderebbe come augurio di buon lavoro.

  5. Padre Ariel
    Don Ciro (Napoli) dice:

    Santo Natale a tutti.
    Gran bella meditazione, veramente.
    Come prete cosiddetto “normale” (tale mi definisce la gente, io ho i miei dubbi!), ho a che fare giornalmente con il disagio sempre più forte della gente che specie nel periodo natalizio non ne può più di presepi che sono tutti quanti uno sfoggio di profughi, migranti, ciambelle, barchette, salvagente …
    Dubito che Gesù Cristo sia stato bianchissimo, biondo e con gli occhi azzurri, per carità, sicuramente non erano quelle le sue fattezze, anche se era “il più bello tra i figli dell’uomo”, ma era comunque un palestinese, non uno svedese. Ma dubito che avesse però anche le attuali fattezze negre, o che fosse un africano come lo rappresentano oggi in gran parte dei presepi.

    Visitando in una delle nostre chiese l’ennesimo presepe con l’immancabile Gesù bambino nero con tanto di Madonna tipicamente senegalese o nigeriana, un anziano napoletano mi ha detto … “perchè nel presepe hanno messo il sottofondo di Tu scendi dalle stelle? Sbagliato! Come sottofondo dovevano mettere il canto popolare … Tammurriata nera“.

    _______________

    N.d.R.
    Tammurriata nera, Grande canto popolare napoletano

    https://www.youtube.com/watch?v=3OkcVN-5j0M

  6. fabio
    fabio dice:

    caro padre Ariel

    buon natale le segnalo una notizia http://www.ilgiornale.it/news/cronache/palermo-messa-natale-ges-bambino-nero-1803731.html?fbclid=IwAR1U14AqkkYFopaT6OxWI0mWn7B-Mui6IqS8TirIZouJ8p_a_q3jLJ9lddY e le chiedo ma perché devono fare strumentalizzazione, da 7 natali il tema papale è il migrante, ma non si stanca?
    Sempre il solito ritornello?
    Ma dato che li ama tanto perché Bergoglio non se ne va a stare in Africa si vende il palazzo di Londra e gli alberghi e le proprietà, ne sfamerebbe a milioni e cosi non hanno bisogno di emigrare.
    Invece l’immigrazione è un business sia per i mercanti di uomini per le ong e la neochiesa che ne approfitta lucrando le sovvenzioni del ministero dell’interno per l’accoglienza insieme alle coop, ma l’obbiettivo è la distruzione della civiltà cristiana, la sostituzione etnica avanza inesorabile.

  7. nonversolottopermille
    nonversolottopermille dice:

    Grazie caro padre Ariel (Leone di Dio), i suoi ruggiti sono una ventata di aria fresca in questo tanfo asfissiante del politicamente corretto ecclesiastico. Non ne posso più di vedere abominevoli prelati e pretastri che rileggono le Scritture e la Tradizione piegandole alle mode anticristiche sotto l’alto patrocinio dell’ Argentino e dei poteri mondialisti a lui tanto cari.
    Noi poveri fedeli che non ci riconosciamo in questa chiesa abbiamo due mezzi per cercare di contrastare la deriva: la preghiera e la leva finanziaria. Personalmente non verso più da qualche anno l’8 per mille alla Chiesa cattolica (ma bisogna indicare un’altra destinazione sul modulo altrimenti la somma viene ridistribuita) né sostengo più le missioni dopo che il capo, prima tramite Scalfari, poi con i recenti atti di idolatria, ha indicato quale è il nuovo modello di “evangelizzazione”.

    • Giuseppeamedeo Damico
      Giuseppeamedeo Damico dice:

      Prego affinché una nuova Pentecoste possa infiammare col Fuoco Divino i cuori secolarizzati e senza lo Spirito di Dio. Un cieco non può guidare altri ciechi se non verso i burroni della valle delle ombre della morte. JHS. Nm 6,24-26

    • orenzo
      orenzo dice:

      I comandanti cambiano, gli eserciti restano:
      se i soldati distruggono le armi, quando verrà un nuovo comandante si ritroverà con un esercito disarmato.

  8. orenzo
    orenzo dice:

    Ho seguito in TV la S. Messa della notte della vigilia di Natale celebrata da papa Francesco:
    la Santa Messa è stata veramente bella;
    la predica qualcosa di sentito e risentito;
    il volto del celebrante mi ha suscitato una grande pena perché mi sembrava di leggervi la profonda tristezza di una persona con grossi problemi interiori.
    Che Gesù Bambino, assieme a Maria e Giuseppe, indichino al Santo Padre la strada della serenità interiore: preghiamo per Lui.

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