Cristo Pio Pellicano è il cuore della solennità del Corpus Domini

Padre Gabriele

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

—  omiletica —

CRISTO PIO PELLICANO È IL CUORE DELLA SOLENNITÀ DEL CORPUS DOMINI   

L’inno Adoro te devote esprime nei suoi versi la tenerezza di Gesù, perché ci descrive il Signore come un pellicano che si strappa il cuore per cibare i suoi piccoli.

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Cari fratelli e sorelle,

Pie pellicáne, Jesu Dómine, Me immúndum munda tuo sánguine, Cujus una stilla salvum fácere, Totum mundum quit ab ómni scélere (O pio pellicano Signore Gesù, purifica me, peccatore, col tuo sangue, che, con una sola goccia, può rendere salvo tutto il mondo da ogni peccato).

oggi celebriamo un’altra meravigliosa festa del Signore, il Corpus Domini. Mistero grande, donatoci dal Signore nell’Ultima Cena, ultimo atto di tenerezza per l’uomo.

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Il bellissimo testo di san Tommaso D’Aquino Adoro te devote esprime nei suoi versi la tenerezza di Gesù, perché ci descrive il Signore come un pellicano:

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«Oh pio Pellicano, Signore Gesù, / Purifica me, immondo, col Tuo sangue / Del quale una sola goccia può salvare / Il mondo intero da ogni peccato».

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Gesù è il pellicano che dona il suo sangue per noi suoi piccoli, per tenerci in vita. Sicché, le letture di oggi [vedere Liturgia della Parola, QUI] ci introducono a questo mistero di presenza, comunione e dimora con Gesù. Innanzitutto, in Deuteronomio, troviamo già delle tracce della presenza viva e forte del Signore:

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«Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

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L’invito di Mosè al popolo ebraico è di non dimenticare e, dunque, di ricordare che il Signore ha nutrito con la manna il suo popolo, mentre era in situazioni di grande pericolo. Era sempre con loro, mentre li conduceva fuori dalla schiavitù egizia. La manna è una prefigurazione del cibo eucaristico, con cui ancora oggi il Signore ci è vicino e ci dona nutrimento nelle difficoltà della vita. Questo invito è allora per noi: non dimentichiamoci di Gesù Eucaristico, quando tutto sembra buio, quando sembra non ci sia via di uscita.  Il Signore stesso aiuta, mediante l’Eucarestia, a riconoscere le nostre schiavitù morali ed esistenziali e a uscirne. Mentre San Paolo espone in modo forte e chiaro questo mistero di presenza e comunione:

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«Vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane».

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Questo è un insegnamento grandissimo. Ogni volta che facciamo la comunione, entriamo in comunione con Gesù; e questo, ci rende comunione fra noi. Diventiamo uno solo, senza perdere la nostra distinzione personale. Il grande insegnamento di questa festa è di provare a vivere ogni messa, ogni partecipazione alla comunione come fonte di unità, ecclesiale ma anche interpersonale: l’Eucarestia ci aiuti a superare le divisioni e le spaccature che possono nascere.  Infatti da questa comunione c’è l’esperienza di Dio che dimora in noi. È questo allora il centro dell’insegnamento di Gesù:

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«Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui».

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Nell’originale greco, quel “rimane” si può tradurre anche con dimorare, prendendo proprio una sfumatura di luogo. Adesso che faremo la comunione, Dio prenderà dimora in noi. Questo dimorare ha un significato importantissimo: infatti è accogliere un altro punto di vista, quello di Dio che entra nelle pieghe più intima dell’anima, del cuore e dunque della vita. Il rimanere di Gesù in noi permette allora di aprirci ad una visione contemplativa, profonda, con lo sguardo di Dio su tutte le persone che incontriamo, su tutti gli eventi che ci accadono.

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Scriveva il poeta William Blake: «Le rovine del tempo costruiscono dimore nell’eternità».

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Chiediamo al Signore di sentire il bellissimo tocco di Gesù nei nostri cuori tramite le specie eucaristiche, affinché al di là del tempo che scorre fra minuti e secondi e della storia che si dipana fra anni e secoli, possiamo continuare a camminare fino al raggiungimento della vita Eterna e a costruire la dimora eterna per gustare il banchetto finale del Paradiso.

Così sia

Roma, 14 giugno 2020

Solennità del Corpus Domini

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Padre Gabriele

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4 commenti
  1. Maria
    Maria dice:

    È o non è sacrilegio l’uso del guanto per distribuire l’ostia santa?
    La prima volta quel guanto azzurrino mi ha scandalizzata.
    Ma al di là della sensibilità personale è o non è una mancanza di rispetto?
    Io dubito che il guanto abbia un’efficacia anticontagio.
    Che direbbero gli antichi maestri e padri nella fede di questa trovata?

    • Padre Ariel
      Redazione de L'Isola di Patmos dice:

      Quale attinenza ha questa domanda con il testo dell’omelia di Padre Gabriele?
      Il giovane filosofo e teologo domenicano parla della solennità del Corpus Domini, non ha trattato in alcun modo le modalità circa la distribuzione della Santissima Eucaristia.
      Se uno tratta argomenti legati alla cardiochirurgia, perché rivolgergli domande sulla implantologia odontoiatrica?

      • Maria
        Maria dice:

        Dite che non c’è attinenza? Fra Corpus Domini e Santissima Eucaristia?
        Se non c’è attinenza, scusate!
        L’ho letto volentieri lo stesso e ci ho riflettuto sopra.

  2. Antonello
    Antonello dice:

    Certamente nell’originale greco si puó leggere anche “dimorare” e non solo “rimanere”, in quanto il riferimento è alla coabitazione nuziale. Come ho già detto in altri commenti all’articolo sull’abolizione del SP di BXVI. Tutto va letto in chiave nuziale: il banchetto eucaristico non è una semplice “mensa”, ma un banchetto nuziale. Per questo Giovanni apre i segni di Gesù con le nozze di Cana. Il Dio che “allieta la mia giovinezza” è il Dio a cui ci rivolgiamo dicendo “non son degno che tu entri sotto il mio/a tetto/tenda”. Ogni messa è una festa di nozze.

I commenti sono chiusi.