Conservatorismo e progressismo, due categorie giornalistiche, non del magistero della Chiesa

Padre Giovanni

CONSERVATORISMO E PROGRESSISMO:

DUE CATEGORIE GIORNALISTICHE, NON DEL

MAGISTERO DELLA CHIESA

 

Il timoniere della barca sta dormendo. Non occorre svegliarlo, per non sentirci rimproverare di aver poca fede. Sa Lui quando e come intervenire. Sta a Lui semmai svegliarci. Quanto a noi, continuiamo a remare, per quanto la nostra azione ci sembri inefficace. Se la barca correrà veramente il pericolo di affondare, penserà Lui a calmare le acque.

 

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

 

progressisti conservatori

Progressisti e conservatori, due categorie mai fatte proprie dal linguaggio ecclesiale

Cosa valgono queste due categorie giornalistiche, che tengono banco da cinquant’anni nei grossi mass-media, mai fatte proprie dal linguaggio del Magistero della Chiesa? Esse riflettono una visione superficiale ed estremamente approssimativa delle questioni morali e dottrinali, confondendo il dibattito e la problematica ecclesiali con le controversie e le contrastanti quanto effimere correnti ed opinioni del mondo politico. Come cercherò di dimostrare in questo articolo, esse sono assolutamente inadeguate e fuorvianti rispetto al problema dottrinale che oggi nella Chiesa si è fatto gravissimo. Sono una specie di ipocrita cortina fumogena o, come si suol dire, di “specchietto per le allodole”, che da cinquant’anni i modernisti e i nemici della Chiesa, aperti o nascosti, sono riusciti ad imporre all’opinione pubblica con una potentissima propaganda, connivente la debolezza o l’improntitudine dell’autorità ecclesiastica, per diffondere impunemente i loro errori e vizi morali nella Chiesa.

togliere maschera

è giunta l’ora di togliere la maschera …

Per questo è giunta l’ora di dire basta e di smascherare una volta per tutte gli impostori recuperando la saggezza, l’onestà, la serietà, la precisione e la chiarezza del linguaggio della Chiesa, attestato nella storia di duemila anni di cristianesimo e basato sullo stesso senso comune, che avverte la necessità fondamentale di distinguere, nelle questioni vitali, non tanto il conservare dal progredire, cose certamente rispettabili ma non decisive, quanto piuttosto il vero dal falso, il bene dal male, la giustizia dal peccato. È ammissibile nel linguaggio, quando l’argomento o l’opportunità lo impone, un certo stile indeterminato, diplomatico o sfumato; non si può sempre procedere a colpi di accetta, col rischio anche di essere offensivi (1), questo è vero, ma anche il costume oggi diffusissimo dell’ambiguità sistematica, della slealtà abituale, di quel dire e non dire che ironicamente vien chiamato il polically correct, è cosa ripugnante e sorgente di infiniti mali.

Cardinale martini

ll defunto cardinale Carlo Maria Martini, si prestò come punto di riferimento critico verso Benedetto XVI e leader di una teologia liberal-progressista.

E’ vero che queste categorie fuorvianti, benchè in se stesse non illecite, sono favorite da quell’ala oggi assai potente del mondo e della teologia cattolica, che si pavoneggia narcisisticamente del titolo di “progressista” emarginando con degnazione, altezzoso compatimento e malcelata insofferenza tutti coloro che nella Chiesa non condividono il suo modernismo, dai lefevriani e dai sedevacantisti sino ai cattolici più puri, integerrimi e fedeli e perfino ai progressisti alla Maritain o alla Congar. Ma questo progressismo per loro non è ancora sufficiente, dato che costoro sono talmente avanzati verso la Chiesa del futuro, che considerano lo stesso Concilio Vaticano II e il successivo pontificato come superato ed ancora legato agli avanzi del passato. Il Cardinale Carlo Maria Martini, pochi mesi prima della morte, ebbe a dichiarare sul Corriere della Sera che la Chiesa di Ratzinger è rimasta indietro di due secoli [vedere qui].

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Il Santo Padre Francesco

Papa Francesco nel suo recente discorso al sinodo ha condannato i “progressisti”, [vedere qui] ma è evidente che si riferiva ai modernisti, i quali da cinquant’anni sono riusciti finora a sopravvivere da parassiti della Chiesa, figurando come i primi della classe, ed a mietere successo nascondendosi sotto l’onorevole titolo di “progressisti”. Infatti è indubbio che il Concilio ha avuto un carattere progressista, in quanto ha promosso il progresso della pietà cristiana, dell’ecclesiologia, della teologia, della morale, del dialogo col mondo e della vita spirituale. D’altra parte, possiamo capire perchè i Papi finora non hanno parlato se non in rarissime occasioni di “modernismo”; perchè tutti abbiamo ancora il ricordo drammatico del modernismo dei tempi di San Pio X, il quale definì il fenomeno come la “somma di tutte le eresie”. Eppure, da cinquant’anni, studiosi di primo piano ed autorevolissimi pastori della Chiesa, come furono Jacques Maritain (2), Dietrich von Hildebrand (3), Cornelio Fabro (4), il Cardinale Giuseppe Siri (5), il Cardinale Pietro Parente (6) ed il Cardinale Alfredo Ottaviani, segnalarono profeticamente il ritorno di un modernismo che si verificò sin dall’immediato postconcilio. È vero che ci fu anche Monsignor Marcel Lefèbvre, il quale però, disgraziatamente, cadendo in un gravissimo equivoco accusò di modernismo lo stesso Concilio. Per questo senza dubbio la parola “modernismo” spaventa. Eppure, ad un’analisi attenta della situazione della Chiesa e della teologia di oggi, le cose stanno proprio così. Naturalmente non si deve dire che questa malattia dello spirito colpisce tutti i pazienti al grado massimo; tuttavia sappiamo bene che per parlare di neoplasia maligna non è necessario che l’organismo si trovi in metastasi, ma è sufficiente una presenza iniziale che, grazie ad un pronto intervento, può essere anche eliminata. Così è lecito usare l’appellativo di “modernista” anche per soggetti nei quali si trovano solo tracce di questa grave malattia dello spirito.

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Opera pittorica di Ruben

L’importante è non confondere il progressismo col modernismo. Il progressismo, come ho detto, è un aspetto del tutto normale e direi obbligatorio della sana vita cristiana. “La carità, dice Sant’Agostino, se non progredisce, non è carità”. E San Paolo esorta tutti a tendere con tutte le forze e ad avanzare continuamente verso la perfezione. La Chiesa, dal canto suo, assistita dallo Spirito Santo, avanza continuamente nella storia verso la pienezza della verità. Il modernismo invece è un falso progressismo; è un tentativo ingannevole e sbagliato che, pretendendo dolosamente di rifarsi al Concilio, vuole ammodernare la vita cristiana mediante un’assunzione acritica della modernità, la quale, invece di essere giudicata dal Vangelo, pretende essa stessa di giudicarlo. Il progressismo legittimo, pertanto, può essere espressione di una sana propensione per il nuovo, effetto di una libera scelta o preferenza del tutto normale di certi fedeli all’interno della Chiesa, maggiormente interessati di altri all’elemento dinamico, evolutivo e propulsivo. Niente di male, anzi è un gran bene. Un prezioso servizio, certo non privo di rischi, che vale la pena di correre al fine di suggerire vie nuove, progetti di ricerca e di realizzazione, onde favorire l’avanzamento della Chiesa nella storia verso la pienezza escatologica.

tradizionalisti

Lo splendore dell’antica liturgia è un patrimonio di fede che non può essere disperso né andare perduto

Indispensabile e vitale, nella Chiesa come nella teologia, è inoltre un certo elemento o ufficio di conservazione o di tradizione, in quanto si tratta di approfondire, chiarire, esplicitare, sviluppare, migliorare, far crescere e progredire un patrimonio, potremmo dire un tesoro divino, incorruttibile, immarcescibile ed immutabile di valori teoretici e morali, “non negoziabili”, universali ed assoluti, rivelati, comandati e fondati da Cristo e da Lui affidati agli apostoli. In questa luce San Paolo comanda a Timoteo: «Custodisci il deposito» [I Tm 6,20]. Evidentemente non si tratta di restare attaccati a usi, istituzioni, cose, dottrine del passato che, avendo esaurita la loro funzione, o mostratesi dannose, non servono più, non hanno più nulla da dare ed anzi diventano pericolose: ecco il “tradizionalismo” condannato dal Papa nel citato discorso. Questo “tradizionalismo” non sarebbe fedeltà, ma arretratezza e impedimento al progresso, come si suol dire, “una palla al piede” o addirittura un veleno, come sarebbe per esempio il consumare un cibo scaduto o il “mettere la museruola al bue che trebbia” [I Cor 9,9].

Nokter Wolf

Dom Notker Wolf, abate primate della confederazione benedettina, durante un concerto rock

Progressismo e sano conservatorismo si richiamano a vicenda, così come un organismo ha bisogno ad un tempo di crescere mantenendo la propria identità. Un fissismo rigido e chiuso, senza movimento e adattamento, o per converso il movimento disordinato proprio della dissoluzione di un corpo privato della propria identità non sono i fenomeni della vita, ma della morte. Il conservatore, come il lefevriano, che si oppone al progressista o il progressista modernista, che rifiuti il conservatore sono entrambi degli estremisti che rovinano la Chiesa e la conducono fuori della verità. È urgente pertanto apportare alcune modifiche a un certo modo di esprimersi su queste questioni. Per esempio, nel grande dibattito recentemente avvenuto attorno alla vicenda e alle conclusioni del sinodo dei vescovi sulla famiglia, bisogna fare alcune puntualizzazioni. La grande stampa modernista e massonica si è compiaciuta di presentare la corrente del Cardinale Walter Kasper come “progressista” e vicina al Papa, mentre la corrente degli ormai famosi cinque cardinali includente il Cardinale Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede è stata calunniosamente o quanto meno impropriamente spacciata come “conservatrice” e contraria al Papa “progressista”. Questo significa, come si usa dire, cambiare le carte in tavola in modo perfido e sleale. Mettiamo quindi le cose a posto. I cinque cardinali, che non hanno fatto altro che ricordare i valori essenziali e dogmatici del matrimonio e della famiglia non sono affatto “conservatori”, ma perfetti cattolici. il Cardinale Kasper ed amici, per converso, con i loro presupposti malcelatamente relativistici e storicistici, non vanno chiamati “progressisti”, ma semmai modernisti.

Paolo VI

Il Beato Pontefice Paolo VI

Al Papa poi, ovviamente super partes grazie al carisma di Pietro e come maestro della fede, se vogliamo proprio dare una qualifica, potremmo assegnargli al massimo quella di progressista, ma non alla Rahner o alla Kasper o alla Küng, bensì alla Paolo VI, alla Maritain o alla Congar, non certo, quindi, un modernista, con buona pace dei modernisti che se lo vorrebbero accaparrare. Anche un Pontefice è libero di preferire una data corrente teologica o di esprimere una sua linea culturale personale, che nulla ha a che vedere con il suo ufficio di infallibile dottore universale della Chiesa, al di là di tutte le opinioni o possibili tendenze teologiche. Se quindi c’è uno contro il Papa, maestro della fede, al di là delle sue sbandierate e inattendibili dichiarazioni di rappresentare il Papa, questi è proprio Kasper; e se c’è uno col Papa maestro della fede, questi sarà proprio il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Non si venga quindi a raccontarci delle fandonie. I giornalisti improvvisati teologi, prima di scrivere delle corbellerie, si facciano istruire da chi di teologia se ne intende un po’ più di loro.

Un’ultima considerazione su questo argomento, ed è questa. Il problema del modernismo è in se stesso molto più serio di quello del conservatorismo o del lefevrismo. Senonchè il primo è molto più difficile da risolvere che non il secondo, perchè mentre i lefevriani e affini costituiscono una piccolissima minoranza, quindi di assai scarso potere, i modernisti, dopo un indefesso lavoro di scalata ai vertici, che dura da cinquant’anni, sono ormai riusciti a conquistare nella Chiesa e nella stessa gerarchia un enorme potere. Si capisce allora come, mentre è facile intervenire nei confronti dei lefevriani, dei conservatori e dei tradizionalisti, è assai più difficile eliminare il modernismo, dato che ne sono impelagate proprio quelle autorità che dovrebbero intervenire. È, come ha detto umoristicamente un bravo giornalista, come mettere i topi a custodire il formaggio. In tal modo è evidente l’ingiustizia che oggi si sta attuando. Sono i cosiddetti “due pesi e due misure”. Esempi eclatanti e paradigmatici sono da una parte la persecuzione in atto nei confronti dei Francescani dell’Immacolata e dall’altra l’impunità e il permanere del successo enorme del quale tuttora gode il rahnerismo, tuttora perdurante dopo cinquant’anni, nonostante le opposizioni e denunce di illustri teologi. C’è infatti da considerare che, se da una parte i lefevriani hanno almeno rispetto per l’immutabilità del dogma mentre respingono il progresso dogmatico, i modernisti sono molto peggio, a causa del loro relativismo ed evoluzionismo dogmatico, che li porta a distruggere tutti i dogmi e scalzano le basi della fede (7) conducendo le anime all’apostasia ed all’immoralità, al di là di tutto il loro finto cattolicesimo.

Burke de Mattei

Il cardinale Raymond Leonard Burke alla Marcia per la Vita, alla sua sinistra il prof. Roberto de Mattei che da anni ne è il principale organizzatore

Il rimedio o per lo meno un importante rimedio a questo clima di falsità e di ingiustizia, per il quale, secondo un’efficace espressione del Cardinale Raymond Leonard Burke, sentiamo il “mal di mare” nella barca della Chiesa che pare senza timoniere in mezzo alla tempesta, sembra essere da parte del Magistero una decisa, saggia e coraggiosa ripresa dell’autentico e genuino linguaggio dottrinale e pastorale, che sempre ha distinto le grandi guide della Chiesa, i grandi riformatori e i santi pastori e maestri, quella sapienza pedagogica, catechetica, terapeutica, risanatrice ed evangelizzatrice della Chiesa, ispirata alla Parola di Dio, guidata dallo Spirito, sapienza educatrice che eccelle su ogni altra scuola di teologia, di spiritualità, e di perfezione morale e di virtù dell’umanità. In particolare bisogna che la Chiesa torni a parlare della distinzione dell’eresia dal dogma, dell’ortodossia dall’eterodossia, ossia in sostanza del vero dal falso nel campo della fede, così come è normale per il medico parlare di malattia e di salute. Qual è quel medico che non si azzarda di dire al malato che è malato? C’è troppo scrupolo nelle autorità e fra i pastori di parlare francamente di errore, quasi che ciò possa offendere l’errante. Certo occorre saperne parlare, ma il saperne parlare è in realtà a tutto vantaggio dell’errante e di coloro che da lui sono ingannati. Oggi ci sono centinaia di migliaia, per non dire milioni di cattolici o comunque di persone ingannati dagli eretici.

correzione

Il Santo Padre Benedetto XVI

Non serve a nulla far finta di non vedere o limitarsi a condanne o denunce vaghe e generiche, che non disturbano nessuno, se non peggiorano la situazione degli erranti e finiscono col dare mano libera agli impostori. Sembra che il Magistero da tempo sia preso da un eccessivo riguardo per gli erranti, che poi si capovolge a loro stesso danno. Non dovrebbe temere di toccare teologi o pastori famosi o di grido, anche se vicini alla stessa Santa Sede o appartenenti alla stessa Curia Romana od a Facoltà pontificie. La franchezza con la quale i cardinali fedeli hanno criticato, a difesa del Magistero della Chiesa, i confratelli che sbagliano, è esemplare e confortante. Era ora che i buoni cardinali uscissero allo scoperto. Naturalmente i modernisti si lamentano che Roma è troppo severa. Ma questo si capisce benissimo e non dobbiamo tenerne alcun conto. La denuncia dell’errore serve proprio a correggere l’errante, mentre un eccessivo riguardo, un linguaggio impreciso e generico, troppo morbido e indulgente non è misericordia, ma alla fine è connivenza con l’errore, col danno evidente dell’errante.

timone

timone

Un linguaggio timido, balbettante e tergiversante mostra mancanza di convinzioni, desideri di plauso e non genera alcun rispetto, non serve a moderare gli arroganti ed anzi suscita solo riso o la compassione. Le cose devono essere chiamate col loro nome. Occorre essere cauti prima di qualificare una proposizione come eretica; ma se ci accorgiamo con certezza che è eretica, si deve dire che è eretica. Occorre certo a volte, anzi di solito, essere miti e delicati negli interventi, aver pazienza e saper attendere. Ma per scuotere una coscienza addormentata o spavalda, occorre energia e severità. Le espressioni allusive ed eufemistiche, le circonlocuzioni, le parafrasi o le perifrasi, se elevate a sistema, sono assolutamente inefficaci a mostrare i mali e a correggere i costumi e le idee sbagliate, come dimostra ad abundantiam l’esperienza di chi si dedica all’educazione, alla formazione del prossimo o alla guida delle anime.

Il timoniere della barca sta dormendo. Non occorre svegliarlo, per non sentirci rimproverare di aver poca fede. Sa Lui quando e come intervenire. Sta a Lui semmai svegliarci. Quanto a noi, continuiamo a remare, per quanto la nostra azione ci sembri inefficace. Se la barca correrà veramente il pericolo di affondare, penserà Lui a calmare le acque.

Fontanellato, 3 novembre 2014

 

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NOTE

(1) Cf Le paysan de la Garonne. Un vieux laïc s’interroge à propos du temps prèsent, Desclée de Brouwer, Paris 1966.
(2) Cf Le paysan de la Garonne. Un vieux laïc s’interroge à propos du temps prèsent, Desclée de Brouwer, Paris 1966.
(3) Cf Il cavallo di Troia nella città di Dio, Edizioni Giovanni Volpe, Roma 1969.
(4) Cf L’avventura della teologia progressista, Rusconi Editore, Milano 1974.
(5) Cf Getsemani. Riflessioni sul movimento teologico contemporaneo, Edizioni della Fraternità della SS.Vergine Maria, Roma 1980.
(6) Cf La crisi della verità e il Concilio Vaticano II, Istituto Padano di Arti Grafiche, Rovigo 1983.
(7) Una “fede”, per esempio, come quella predicata dal card.Martini, nella quale è intrinseco l’ateismo o come quella preconizzata dal card.Ravasi, che porterebbe in se stessa il dubbio, o la fede “atematica” di Rahner o la fede non come dottrina ma come “incontro” o “esperienza” che fede è?