«Chiesa Aperta» (dalla XIV alla XVI puntata) — Tre meditazioni alle porte di un Triduo Pasquale a suo modo unico nella storia della Chiesa: una Chiesa sempre aperta costretta in questo momento a celebrare a porte chiuse

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (dalla XIII alla XVI puntata) — TRE MEDITAZIONI ALLE PORTE DI UN TRIDUO PASQUALE A SUO MODO UNICO NELLA STORIA DELLA CHIESA: UNA CHIESA SEMPRE APERTA COSTRETTA IN QUESTO MOMENTO A CELEBRARE A PORTE CHIUSE

Offriamo ai nostri Lettori questo nuovo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla XIV puntata di Chiesa Aperta!

Non solo in Italia, ma anche in altre parti del mondo la Chiesa ha mantenuto aperte le chiese fatte di pietra e di mattoni ed ha pure escogitato nuove maniere per restare accanto alla gente. Oggi accenniamo ad un modo di essere Chiesa che pure durante la pandemia non deve faticare a trovare nuove modalità per rimanere Aperta: parliamo della Chiesa impegnata a fare penitenza, soprattutto nel tempo di Quaresima.

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Il Mercoledì delle ceneri, nella Prima lettura della Santa Messa, la Santa Chiesa ci ha ricordato le Tre opere della penitenza quaresimale: la preghiera, l’elemosina e il digiuno. Soffermiamoci su quest’ultimo: in Quaresima i cristiani praticano la penitenza anche mediante il digiuno e l’astinenza dalle carni in forma collettiva il Mercoledì delle ceneri e il Venerdì Santo e poi mediante la sola astinenza ogni singolo venerdì di Quaresima. Anche nei giorni di pubblica penitenza che abbiamo appena ricordato, la pratica del digiuno e dell’astinenza dalle carni non si pratica in chiesa, ma ognuno nella propria casa, nel seno della propria famiglia, oppure anche sui luoghi di lavoro e a scuola.

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La pandemia non ha quindi inciso sulla pratica del digiuno e dell’astinenza, che sono praticabili in questa Quaresima come sempre. Affronto questo argomento perché ho notato che nei vari comunicati e disposizioni ecclesiastici diramati in questo periodo ci si è preoccupati di dare norme e suggerimenti su come gestire in emergenza molti aspetti della vita ecclesiale, ma quasi mai, per non dire mai, ci si è preoccupati di ricordare ai fedeli che potevano continuare a praticare come sempre il digiuno e l’astinenza; forse perché tali pratiche penitenziali, dopo essere scomparse dall’orizzonte sociale, sono diventate poco importanti anche per il Clero e il popolo ad esso affidato? Anzi, a mio modesto parere, la presente emergenza richiede non solo di ricordare a tutti il senso e il valore della penitenza cristiana, ma anche di dare disposizioni precise sulle eccezioni al digiuno e all’astinenza, da sempre previste per varie categorie di persone, come sarebbero attualmente i poveri, il personale medico e assistenziale, i malati in quarantena, eccetera, eccetera.

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Nel presente tragico frangente, dalle tante parole ufficiali spese dagli ecclesiastici – spesso ottime – non mi pare però che sia emerso il richiamo a vivere i sacrifici presenti come occasione per far penitenza dei propri peccati e giungere rinnovati nello spirito a celebrare la prossima Pasqua. Ad esempio: la concessione delle nuove Indulgenze da parte del Santo Padre il Papa poteva essere una opportuna occasione in tal senso, ma non mi pare che sia stata colta da chi di dovere. Sia chiaro che non voglio fomentare alcuna polemica contro chicchessia, ma solo contribuire a dire una parola complementare alle tante che vengono dette attualmente.

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La penitenza come virtù da praticare anche mediante le classiche opere di penitenza è al centro della fede cristiana, come la Parola di Dio insegna e come i Santi hanno sempre attuato. Ai nostri giorni le forme collettive della penitenza ecclesiastica sono ridotte ad una forma molto blanda di digiuno per prepararsi alla Santa Comunione, al digiuno e all’astinenza in due soli giorni della Quaresima, all’astinenza dalle carni nei venerdì di quaresima e all’astinenza dalle carni o ad altra opera penitenziale a scelta negli altri venerdì dell’anno; non è quindi proprio il caso che le opere della penitenza ecclesiale vengano date per scontate e trascurate nella comune considerazione dei cristiani. In una società come la nostra, ove il peccato è gabellato per virtù, c’è ancora più bisogno che i cristiani diano pubblica testimonianza di penitenza per i peccati propri e altrui. In una società come la nostra, ove di fronte alla pubblica calamità si tende a contare quasi esclusivamente sulle forze umane, c’è ancora più bisogno che i cristiani diano pubblica testimonianza nell’invocare innanzitutto il soccorso divino, richiesto mediante la preghiera di supplica e di intercessione, il digiuno, la carità (che è autentica carità cristiana solo se frutto della preghiera e del digiuno).

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Questa eccezionale Quaresima volge ormai al termine; anche la pandemia prima o poi passerà col suo tragico bilancio di lutti e sofferenze; ma i tempi difficili e i grandi sacrifici che comunque attendono l’umanità potranno essere affrontati solo con uno spirito umano rinnovato e fortificato anche dalla penitenza cristiana. Il nostro confinamento domestico si protrarrà ancora per diversi giorni. Fra le tante cose che possiamo fare per occupare proficuamente il tempo trascorso forzatamente in casa, invito gli ascoltatori a leggere e meditare il seguente e sempre attuale testo: Conferenza Episcopale Italiana, Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza (4 ottobre 1994). Una lettura che non solo ci aiuta a vivere spiritualmente questo difficile presente, ma che ci prepara ad affrontare cristianamente il difficile tempo che verrà.

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Oggi e nel futuro la Chiesa rimane però sempre Aperta per aiutare gli uomini a fare penitenza dei propri peccati e giungere alla salvezza eterna; «è apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo; il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone» (Tt 2, 11 – 14).

A risentirci alla prossima puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 3 aprile 2020

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XV PUNTATA

RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla XV puntata di Chiesa Aperta.

Nelle chiese di pietra e di mattoni rimaste aperte, segno de la Chiesa che rimane Aperta pure in tempo di pandemia, il Clero continua a celebrare la Liturgia, particolarmente la Santa Messa, a gloria di Dio e per il bene dei vivi e dei defunti. I fedeli possono frequentare le chiese solo individualmente ma, mentre sono costretti in casa, ogni giorno possono assistere alla trasmissione televisiva di molte Sante Messe, spesso anche di quella celebrata dal proprio Parroco. Riflettiamo brevemente sul valore di tale pratica, esponendo delle semplici argomentazioni di buon senso. Innanzitutto occorre tenere ben presente che nulla può mai sostituire la partecipazione personale alla Liturgia, specialmente alla Santa Messa; la trasmissione televisiva è un semplice servizio offerto a quanti sono impossibilitati ad andare personalmente in chiesa, per esempio a causa della malattia, della vecchiaia, della distanza, eccetera.

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In tempi normali, la Domenica gli impossibilitati a partecipare alla Santa Messa sono infatti dispensati dall’adempimento del precetto festivo e non lo assolvono assistendo ad una trasmissione televisiva della Santa Messa; rimane però anche per loro l’obbligo divino di santificare la festa mediante l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera personale, la Comunione spirituale, il riposo, le opere della carità. Gli impossibilitati possono quindi essere aiutati a far ciò mediante il collegamento televisivo con una comunità cristiana riunita per celebrare l’Eucaristia.

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A causa delle limitazioni personali e sociali imposte dalla lotta alla pandemia, la stragrande maggioranza dei fedeli si trova purtroppo attualmente impossibilitata a partecipare personalmente alla Santa Messa e il collegamento televisivo anche con un solo sacerdote che la celebra in quel momento può essere di aiuto nel coltivare la propria unione spirituale con il Signore e con la sua Chiesa, come possibile in una situazione eccezionale. Per questo la legge ecclesiastica esige che la telecronaca della Santa Messa sia trasmessa in diretta e mai in differita, perché se viene a mancare la contemporaneità fra coloro che celebrano in una chiesa e coloro che guardano e ascoltano da casa, viene a mancare l’unione spirituale con l’atto liturgico che si compie in un determinato luogo. Il Rosario non è una celebrazione liturgica e quindi per aiutarmi a pregarlo posso anche seguire mentalmente una registrazione audio-video; ma la Santa Messa è l’atto liturgico per eccellenza e guardarne una telecronaca registrata equivale a fissare un quadro che raffigura la celebrazione della Messa, niente di più.

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Deve quindi rimanere ben chiaro a tutti che assistere ad una trasmissione televisiva non equivale alla partecipazione alla Santa Messa; quella che si vede e si sente sullo schermo televisivo non è la Santa Messa ma unicamente una telecronaca elettronica di essa, nulla di più; così come leggere privatamente i testi del Messale e del Lezionario non equivale a partecipare alla Messa, non lo è nemmeno il guardare alla televisione qualcuno che la celebra. Da una parte, dobbiamo ringraziare Dio, il quale donandoci l’intelligenza e l’abilità, ci ha messi in grado di poter usufruire dei mezzi della comunicazione di massa, mediante i quali nella presente emergenza la stragrande maggioranza dei fedeli può essere aiutata ad unirsi spiritualmente alla celebrazione liturgica. Dall’altra parte occorre vigilare, affinché non si radichi nella mentalità comune il messaggio erroneo che il mettersi comodamente davanti alla televisione di casa possa sostituire senz’altro la partecipazione personale alla Liturgia celebrata in chiesa assieme al Clero e agli altri fedeli, con il risultato che poi, quando potremo di nuovo andare in chiesa senza pericolo, le Sante Messe siano più disertate di prima, perché molti si sono abituati a fare i telespettatori.

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Dall’inizio della pandemia, moltissimi sacerdoti stanno sfruttando con entusiasmo la possibilità di trasmettere la telecronaca diretta della Santa Messa quotidiana: in tal modo rimangono vicini ai propri fedeli e continuano a prendersene cura pastorale; forse molti sacerdoti sono più ascoltati adesso che celebrano in solitudine che prima. Occorre però ricordare che per celebrare una Messa teletrasmessa non basta mettere in funzione una qualsivoglia telecamera; è indispensabile salvaguardare la sacralità e la dignità dell’azione liturgica, perché altrimenti c’è il rischio concreto di risultare controproducenti e che i telespettatori cambino canale! Mentre chi va in chiesa lo fa appositamente, la telecronaca di una Liturgia non è guardata solo da fedeli ben motivati, ma cade sotto l’occhio anche di coloro che sono mal disposti verso la fede cristiana o che non sono cristiani e che possono transitare più o meno a lungo sul canale televisivo durante la Messa teletrasmessa e che possono essere allontanati, invece che attratti, da un agire liturgico sciatto e da una predicazione retorica.

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Anche in tempi normali, spetta particolarmente ai Vescovi dare indicazioni e vigilare sullo svolgimento della trasmissione televisiva della Liturgia, tanto più nella presente situazione eccezionale e vieppiù ora con l’avvicinarsi del Triduo pasquale, cuore e culmine di tutto l’Anno liturgico.

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Pure la moltiplicazione a dismisura del numero di Sante Messe diffuse in televisione a tutte le ore del giorno può alla lunga risultare controproducente, se fosse manifestazione di un protagonismo clericale più alla ricerca di un pubblico davanti al quale esibirsi invece che di anime da servire. Dio non voglia che, per gestire l’emergenza liturgica causata dalla pandemia, la Chiesa si smaterializzi e il gregge dei fedeli si disperda nella marea dei telespettatori anonimi! I sacerdoti sanno che anche in tempo di pandemia ai fedeli non c’è da assicurare solo la Messa, ma anche gli altri Sacramenti e specialmente la Santa Comunione, la Confessione, l’Unzione degli infermi, Sacramenti non meno importanti solo perché non sono teletrasmessi!

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Nei giorni della Pasqua ormai imminente non mancheranno dignitose Messe teletrasmesse e predicazioni autorevoli (a cominciare da quelle del papa e dei singoli vescovi) mentre spetta ai sacerdoti, specie se parroci, donare innanzitutto il conforto spirituale della Comunione e della Confessione e, nelle attuali condizioni, ciò richiede più abnegazione e creatività della semplice messa in onda di una Santa Messa su Facebook, per quanto lodevole.

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Concludo segnalando all’attenzione generale i lavoratori delle televisioni e i tanti volontari videoperatori, i quali con la loro opera rendono possibili le telecronache liturgiche; benchè invisibili, dalle regie e dietro le telecamere, anche in tempo di pandemia ci aiutano a rimanere una Chiesa Aperta.

A risentirci alla prossima puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 4 aprile 2020

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XVI PUNTATA

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla XVI puntata di Chiesa Aperta.

Quella appena trascorsa è stata un’altra Domenica con le chiese di pietra e di mattoni aperte solo al di fuori delle celebrazioni liturgiche, svolte dal Clero senza la presenza dei fedeli, unirsi spiritualmente mediante le telecronache dirette diffuse per via televisiva, del valore delle quali ho accennato nella scorsa puntata di questa rubrica.

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Per i fedeli, unirsi solo spiritualmente alla Santa Messa celebrata altrove è una privazione attualmente necessaria ma dolorosa, particolarmente durante la Settimana Santa. Questo anno i fedeli hanno anche dovuto rinunciare per ora a recare nelle proprie case le palme benedette nelle chiese, le quali vi rimangono però custodite in attesa che, terminata l’emergenza sanitaria, ognuno possa andare a prenderle.

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La Domenica appena trascorsa porta il titolo delle palme, della Passione del Signore; tale titolo ci ricorda il significato della palma benedetta: 2000 anni fa, per le folle di Gerusalemme, i rami festosi furono il segno della loro fede in Cristo Salvatore, fede che però non resse alla prova del Venerdì Santo successivo; oggi i rami benedetti sono il segno della nostra volontà di essere pubblici testimoni di Cristo Re e Signore e di seguirlo però fino alla croce, per giungere poi a condividere la sua gloria di Risorto. Se dunque viviamo in unione con Gesù la presente e pesante croce della pandemia, sperimenteremo nella nostra vita quotidiana anche la potenza della sua risurrezione e quando le palme benedette potranno entrare nelle nostre case, saranno davvero il segno che siamo discepoli fedeli di Cristo e, alla sua venuta nella alla fine dei tempi, egli ci accoglierà nella sua gloria.

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La Santa Messa della Domenica delle palme, della Passione del Signore è una delle più frequentate dal popolo cristiano, anche perché il segno dei rami benedetti attira i fedeli. Giova però ricordare che il culmine della Santa Messa non è certamente la benedizione dei rami, ma la consacrazione eucaristica e la Santa Comunione, perché l’Eucaristia è la partecipazione sacramentale al sacrificio redentore della Croce. In questo tempo di pandemia la stragrande maggioranza dei fedeli non riesce a ricevere la Santa Comunione in forma sacramentale e si deve accontentare della cosiddetta comunione spirituale. Anche questo è uno dei modi nei quali la Chiesa rimane Aperta per i fedeli.

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Dico ora qualche parola per aiutare a comprendere il valore e il modo della comunione spirituale: la comunione spirituale è una pratica approvata dalla Chiesa; il Concilio ecumenico di Trento (Decreto sull’Eucaristia, 11 ottobre 1551) definisce che vi sono 3 modi di ricevere il Sacramento dell’Eucaristia: solo sacramentalmente (chi si comunica in stato di peccato mortale e quindi “mangia e beve la propria condanna”, cf 1Cor 11, 29), solo spiritualmente (è il caso che adesso ci interessa), sacramentalmente e spiritualmente assieme (per il fedele che si comunica in grazia di Dio). La comunione spirituale è quindi possibile perché, se ordinariamente Dio dona la sua grazia agli uomini per mezzo dei Sacramenti, tuttavia Dio non è legato ai Sacramenti e può concedere la comunione con lui anche per altra via.

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Il fine dell’Eucarestia non è la transustanziazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo, bensì trasformare in Cristo chi li riceve. Per tale fine non è sufficiente la ricezione materiale del Sacramento, se in noi permangono ostacoli che impediscono la nostra unione e assimilazione a Cristo Signore. I Santi hanno sempre consigliato la comunione spirituale; ascoltiamo santa Teresa di Gesù: “Quando non vi comunicate e non partecipate alla Messa, potete comunicarvi spiritualmente, la qual cosa è assai vantaggiosa… Così in voi si imprime molto dell’amore di Nostro Signore” (Cammino di perfezione, 35). La comunione spirituale consiste nell’avere un ardente desiderio di ricevere il Sacramento dell’Eucaristia e la grazia santificante che dona; un teologo gesuita del XVI secolo così la spiegava: «come quando uno ha una gran fame, divora la carne con gli occhi, così bisogna divorare con gli occhi dello spirito quella Carne celeste» (Manuel Rodriguez, Pratica della perfezione cristiana, II, 8, 15).

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L’efficacia del desiderio procedente dalla fede può supplire all’atto del Sacramento; sappiamo, per esempio, che se il battesimo con l’acqua è impossibile, il battesimo di desiderio è una porta aperta per la salvezza. La comunione spirituale deve necessariamente essere fatta in stato di grazia, perché è manifestazione di un desiderio spirituale alimentato da una fede viva; chi si comunicasse spiritualmente in stato di peccato mortale e con la decisione di restarvi, commetterebbe un altro peccato e non riceverebbe alcun frutto spirituale.

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Nella presente situazione, chi fosse conscio di essere in peccato mortale, prima della comunione spirituale deve fare un atto di contrizione perfetto, per esempio recitando l’Atto di dolore, con il quale si riconoscono le proprie colpe davanti a Dio e si rinunzia ad ogni attaccamento al peccato; la contrizione è perfetta anche perché include necessariamente il fermo proposito di ricevere appena possibile il Sacramento della Confessione. L’atto della comunione spirituale può essere compiuto pregando con parole spontanee, oppure recitando una delle formule consuete; una delle più conosciute è quella composta da sant’Alfonso Maria de’ Liguori, facilmente reperibile anche in internet. Ricordiamoci che il momento privilegiato per la Comunione spirituale è il tempo della Messa; ci si può associare all’ora in cui essa è celebrata.

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Questo tipo di devozione deve essere soprattutto un complemento alla nostra Comunione abituale e può aiutare nei periodi in cui è più difficile accostarsi ai Sacramenti; in tempi normali questo può succedere per esempio a causa di una malattia o durante le vacanze. Se le disposizioni interiori sono perfette, gli effetti della comunione spirituale saranno identici o perfino migliori di quelli di una Comunione sacramentale fatta distrattamente.

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Si racconta di sant’Angela Merici che, quando le era interdetta la Comunione giornaliera, ella vi suppliva con delle frequenti comunioni spirituali durante la Santa Messa e talvolta ella si sentiva inondata di grazie simili a quelle che avrebbe ricevute se si fosse comunicata con le specie sacramentali. La comunione eucaristica d’altronde non produce immancabilmente un accrescimento della grazia abituale, poiché quest’ultimo è legato alle disposizioni interiori di chi si comunica, le quali possono anche impedire l’effetto spirituale del Sacramento ricevuto: per esempio, il distratto automatismo con cui tanti si comunicano spensieratamente non apporta loro alcun beneficio reale, bensì una colpa supplementare.

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Fino ad un recente passato, la Comunione sacramentale era molto rara e il ricorso alla comunione spirituale era molto frequente. Se in passato si facevano poche comunioni sacramentali e frequenti comunioni spirituali, oggi si fanno fin troppo le comunioni sacramentali (spesso anche distrattamente o, peggio, indegnamente), senza la indispensabile disposizione spirituale. La presente rarefazione della Santa Comunione sacramentale è una occasione per riscoprire la pratica della comunione spirituale, in attesa di poter ritornare agevolmente a ricevere la Santa Comunione sacramentale.

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Ricordati il senso, il valore e il modo della comunione spirituale, occorre poi notare che siamo già entrati nella Settimana Santa e che uno dei precetti generali della Santa Chiesa è confessarsi e comunicarsi almeno a Pasqua, cioè entro la prossima Pentecoste, questo anno celebrata il 31 maggio prossimo. Poiché nessuno sa quando potranno essere celebrate di nuovo le Sante Messe con il popolo è urgente favorire come possibile i fedeli a confessarsi e a ricevere la Santa Comunione sacramentale fuori della Messa, modalità peraltro prevista e praticata a certe condizioni pure in tempi normali. Del resto, nelle chiese rimaste aperte il Clero continua a offrire ogni giorno il sacrificio dell’Eucaristia, anche per poterla donare ai moribondi come Viatico e a tutti i fedeli che si trovano nella disposizione di riceverla; i beni spirituali di prima necessità devono rimanere sempre disponibili, visto che lo sono quelli materiali indispensabili.

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Molti Vescovi e sacerdoti si sono già attivati perché i loro fedeli in tutta sicurezza possano confessarsi e comunicarsi nel tempo pasquale e speriamo che siano molti quelli che ne potranno beneficiare. A tal proposito segnalo che nei giorni scorsi la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha modificato in senso meno restrittivo le norme date in precedenza dal Ministero dell’Interno, stabilendo che:

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«L’accesso ai luoghi di culto è consentito, purché si evitino assembramenti e si assicuri tra i frequentatori la distanza non inferiore a un metro. È possibile raggiungere il luogo di culto più vicino a casa, intendendo tale spostamento per quanto possibile nelle prossimità della propria abitazione. Possono essere altresì raggiunti i luoghi di culto in occasione degli spostamenti comunque consentiti, cioè quelli determinati da comprovate esigenze lavorative o da necessità e che si trovino lungo il percorso già previsto, in modo che, in caso di controllo da parte delle forze dell’ordine, si possa esibire o rendere la prevista autodichiarazione».

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La strada è dunque aperta perché anche in tempo di pandemia almeno una volta nel tempo di Pasqua i fedeli ricevano i sacramenti pasquali. La comunione spirituale invece è possibile ogni giorno e anche più volte al giorno, specialmente quando il fedele si unisce spiritualmente alla santa Messa celebrata in una determinata chiesa, guardando la telecronaca diretta trasmessa con un mezzo televisivo. Soprattutto a Pasqua la Chiesa non chiude ma rimane Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 6 aprile 2020

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AVVISO AI LETTORI

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