Supplica al Sommo Pontefice: «Santità, non andate a rendere omaggio al cattivo maestro Lorenzo Milani»

— gli amici de L’Isola di Patmos scrivono … 

SUPPLICA AL SOMMO PONTEFICE: «SANTITÀ, NON ANDATE A RENDERE OMAGGIO AL CATTIVO MAESTRO LORENZO MILANI» 

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Passino i vescovi mediocri e quelli ruffiani, i quali rappresentano un fenomeno grave e deprimente, perché una visita privata promossa a Barbiana dall’Arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori e da Michele Gesualdi, allievo del Milani e Presidente della Fondazione intestata al Priore di Barbiana, potrebbe mutarsi in una vera e propria “beatificazione” di questo cattivo maestro, con conseguenze politiche, sociali e pastorali ancora peggiori.

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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video-messaggio del Sommo Pontefice Francesco I su don Lorenzo Milani – per aprire il video cliccare sopra l’immagine

L’Isola di Patmos non è solo una rivista telematica, ma anche strumento attraverso il quale due sacerdoti e teologi esercitano il loro sacro ministero, fatto soprattutto di tante relazioni pubbliche e private, di tanti dubbi presentati e risolti, di tante richieste spirituali evase, di tanti quesiti teologici e dottrinari chiariti. Questa, dietro le righe e oltre le righe, è L’Isola di Patmos, inclusa anzitutto l’assistenza spirituale e la vicinanza offerta a non pochi sacerdoti che si trovano in difficoltà di vario genere.

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Tra i nostri numerosi Lettori, in quest’Isola sempre più frequentata che marcia da tempo su una media di un milione di visite al mese, vi è un fiorentino, Pier Luigi Tossani. Tossani è un fedele cattolico che interessandosi, sia pure da non professionista o specialista, di religione, cultura, politica e società, ha realizzato una ricerca sulla figura del priore di Barbiana, la sua personalità e i frutti della sua attività pastorale. Il nostro Lettore ci ha inviato il frutto del suo lavoro, unito alla supplica da lui inviata lo scorso mercoledì 14 giugno 2017 per posta elettronica al Santo Padre Francesco, tramite la Segreteria di Stato Vaticana, nella quale egli chiede al Pontefice di non andare in visita a Barbiana, martedì 20 giugno prossimo, a pregare sulla tomba di don Lorenzo Milani. Il Sommo Pontefice darebbe evidentemente in tal modo il suo inequivocabile avallo e la sua approvazione ad una figura di sacerdote e di educatore «drammaticamente negativa», come rivelano le stesse parole del priore di Barbiana, puntualmente citate da Tossani nella supplica. La supplica è rivolta, oltre che al Romano Pontefice, anche a tre Cardinali che sono, a vario titolo, coinvolti nella vicenda milaniana.

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Mi sono consultato col Padre Giovanni Cavalcoli e il giovane filosofo e teologo Jorge Facio Lince, giungendo tutti e tre alla medesima conclusione: nessuno di noi conosce a fondo la figura di don Lorenzo Milani. La nostra è una conoscenza perlopiù superficiale.

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Alberto Melloni alla presentazione dell’opera su don Lorenzo Milani – per aprire il video cliccare sull’immagine

La ricerca di Pier Luigi Tossani ci ha colpiti, perché svolta anzitutto con molta serietà. Si tratta infatti di uno studio che non mira a denigrare una figura controversa, quanto piuttosto a far luce su di essa; soprattutto a scindere il vero dal verosimile, la realtà dall’alone di leggenda creato attorno a quel sacerdote ed educatore. Tossani, nell’analizzare la figura milaniana, distingue con cristiana e caritatevole cura l’errore da segnalare al popolo, dall’errante da correggere, da richiamare allo stato di grazia e quindi  da perdonare.

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Dopo avere premessa e ammessa la mia non conoscenza, esprimo un pensiero in forma dubitativa, che in breve vi riassumo: iniziai le scuole medie inferiori tra il 1974 ed il 1975. Ricordo sempre che una delle prime letture che l’insegnante d’italiano ci propose fu proprio quella delle Lettere di don Lorenzo Milani. Si trattava di un’insegnante uscita poco prima dalla stagione del vietato vietare e della immaginazione al potere, che manifestava il proprio anticlericalismo viscerale col ricorso a grossolani falsi storici, trasmettendo leggende nere sulla Chiesa Cattolica anziché dati storici oggettivi. Però era una che amava oltre misura la figura di don Lorenzo Milani. In seguito seppi anni dopo che questa insegnante era stata, ed era ai tempi del suo insegnamento, una militante nelle file di Lotta Continua.

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La figura di don Lorenzo Milani mi fu riproposta nella terza classe della scuole medie, dove fu persino oggetto di esame. Poi ancora dopo al liceo classico.

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Un recente evento decicato pochi giorni fa, il 7 giugno, a don Lorenzo Milani, promosso dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, al centro la nota e coltissima ministro dell’istruzione dell’attuale governo …- per aprire il video clicca sull’immagine

Per la terza volta ripeto — a costo d’esser prolisso —, che non ho mai approfondita la conoscenza di questa figura che non suscitò mai il mio particolare interesse, però una cosa la ricordo bene: gli insegnanti che proponevano don Lorenzo Milani come vessillo, erano tutti militanti nell’allora Partito Comunista Italiano, se non nelle frange più estreme della sinistra radicale; e don Lorenzo Milani lo proponevano in modo più o meno subdolo come bandiera contro il «potere ecclesiastico» e contro il sistema detto all’epoca «catto-fascista». 

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Portando come esempio me stesso — ma solo perché in questo discorso non potrei fare diversamente —, domando ai nostri Lettori: quante volte, su queste colonne, come prima altrove, compreso un libro che a suo tempo ebbe una certa eco e diffusione, ho scritto e parlato senza veli e senza mezzi termini della decadenza morale, dottrinale e spirituale del clero? Quante, ed in quali toni duri, ho indicato i difetti della Chiesa visibile? E detto questo vi domando: come mai, i nemici della Chiesa di ieri e di oggi, non mi hanno mai usato come loro bandiera? Permettetemi quindi di dare quella risposta che in molti già conoscete: perché certe critiche basate su dati oggettivi, nascono dal mio amore per la Chiesa di Cristo e dalla consapevolezza che io sono sacerdote in eterno; mai io accetterei di diventare un lupo solitario all’interno della Chiesa circondato da un codazzo di adulanti intellettuali o sedicenti tali della Sinistra, che inneggiano a me come ad un «prete di rottura», come ad un «prete contro-tendenza», ad un «prete fuori dal coro». Oggi vanno invece di moda i «preti di strada», ed i «preti di periferia», ma la solfa è sempre la stessa: giunge da una parte don Luigi Ciotti per lo show di una delle sue Messe socio-politiche, ed accorre subito festante e sculettante Niki Vendola con i suoi al seguito ad applaudire il «prete di base». Perché, il Vendola ed i suoi, non vengono ad applaudire me, che pure, col clero e la Chiesa gerarchica, sono stato spesso di una severità pesantissima? … Perché sanno benissimo che li inviterei a pentirsi anzitutto dei loro peccati, a partire da quello di sodomia. E con questo è presto detto perché questa gente ha bisogno dei vari don Luigi Ciotti che citano con la lacrima all’occhio quel “grande profeta” del Milani indicandolo come «prete di base» …

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… ecco i modelli di preti che avevano sempre pronta sulle labbra la citazione di don Lorenzo Milani da loro considerato un profeta: don Andrea Gallo in chiesa, al termine della Santa Messa, che come canto finale canta un inno della resistenza comunista sventolando un fazzoletto rosso – per aprire il video cliccare sull’immagine

I fricchettoni della Sinistra radical-chic, hanno bisogno degli Andrea Gallo, dei Paolo Farinella e dei Vitaliano Della Sala, ma non di un Ariel S. Levi di Gualdo, il quale non farebbe mai il loro gioco, anzi smaschererebbe i loro giochi, casomai qualcuno avesse la dabbenaggine — che però non hanno — di invitarmi a dibattere con certa gente a una diretta televisiva. Infatti, i Massoni, hanno bisogno delle parole untuose di un Gianfranco Ravasi [cf. QUI], hanno bisogno di un Alberto Melloni e di una Marinella Perroni che vadano ad un simposio organizzato dal Grande Oriente d’Italia in falso e pretestuoso onore del Santo Padre Francesco [cf. QUI, QUIQUI pag. 6], non hanno bisogno di un Ariel S. Levi di Gualdo che direbbe loro in faccia che la Massoneria è esoterismo pagano nonché negazione di quei princìpi di libertà, uguaglianza e fraternità di cui essi si riempono la bocca al solo scopo di infinocchiare gli allocchi, inclusi i danarosi per un verso, ed i bramosi di brillanti carriere professionali, cliniche e accademiche, seguiti da un esercito di frammassoni che aspirano a lucrare maggiori convenienze commerciali, imprenditoriali e politiche. E con questo ho detto in breve che io — che pure parlo delle immoralità diffuse nel clero e delle derive della Chiesa visibile —, non sono un donciottesco «prete di rottura» al quale inneggiare, perché sono un prete pronto a “rompere la testa” a chiunque tentasse di spaccare la comunione della Chiesa o di rendere la Chiesa di Cristo altro da quella che essa è.

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l’insolito e imbarazzante caso dell’eletto vescovo ausiliare di Palermo, altro grande estimatore della pedagogia di don Lorenzo Milani, che rinuncia alla nomina dichiarandosi colpito da «calunnie del tutto infondate». A maggior ragione, se davvero le accuse erano infondate e calunniose, non avrebbe mai dovuto rinunciare all’incarico – per aprire il video cliccare sull’immagine

Alberto Melloni ha già fatto fin troppi danni, presentandosi direttamente o per interposta persona alla Domus Sactae Marthae con le liste dei nuovi vescovi da nominare, ed all’uscita sua è entrato un altro soggetto non meno dannoso con altrettanta lista: Andrea Riccardi. Gli esiti dei vescovi melloniani si stanno però vedendo già a breve distanza dalle loro nomine, a partire dall’Arcivescovo di Palermo che di recente, in questo mondo senza memoria fatto di notizie che passano il giorno dopo, si era scelto come proprio vescovo ausiliare un soggetto talmente discusso che da svariate parti d’Italia, dopo l’ufficializzazione della sua nomina ed il decreto pontificio firmato dal Sommo Pontefice, giunsero alla Santa Sede segnalazioni accompagnate da stupore per quella scelta. E così fu prima richiesto un diplomatico «supplemento d’indagine» [cf. QUI], poi, un mese e mezzo dopo, il neo eletto ausiliare scriveva — in modo del tutto spontaneo, s’intende! —, la propria rinuncia alla nomina episcopale. Nel mentre, la sua benemerita Provincia Cappuccina, si stracciava addolorata le vesti, con i frati suoi membri nel ruolo delle vergini vestali addolorate per quanto patito dal loro povero confratello. Ma nel fare questo hanno sbagliato, perché se il loro confratello elevato alla dignità episcopale era immacolato, non avrebbe mai dovuto rinunciare alla nomina. Facendolo ha corso il rischio di dare a intendere lui stesso che forse così immacolato non era, sempre con buona pace delle vergini vestali cappuccine della Provincia di Sicilia [cf. QUI], probabilmente ignare che presso la Santa Sede le segnalazioni più gravi sull’eletto vescovo ausiliare di Palermo, giunsero proprio da non pochi Frati Minori Cappuccini, da religiosi di altre famiglie religiose e da svariate religiose che lamentavano i suoi discutibili metodi psicologici. E dinanzi a questo siamo costretti a dare ragione ai vecchi anticlericali dell’Ottocento, quando dalle colonne dei giornali anticlericali parlavano e ironizzavano sulla proverbiale ingenuità dei Frati Francescani …

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Alberto Melloni, colui che vede le «ingiustizie» solo secondo la sua convenienza ideologica e politica – per aprire il video cliccare sopra l’immagine

Tra queste righe abbiamo dipinto uno tra i figli episcopali più illustri del Melloni e della sua Scuola di Bologna, che è la scuola dei conferenzieri dei salotti politici della Sinistra e delle sale da convegno extra lusso con alloggi negli hotel a cinque stelle presso i quali parlano della «Chiesa povera per i poveri» e della «rivoluzione epocale di Francesco». Abbiamo dipinto un Melloni pauperista-ideologico, che osa parlare di «ingiustizia sanata» — quella recata a don Lorenzo Milani —, dal gran cuore misericordioso del Santo Padre Francesco. Ora, viene da chiedersi: ha il Melloni la più pallida idea delle sofferenze e delle ingiustizie recate a non pochi sacerdoti, a partire da quel fermo dissenziente dal pensiero di Giuseppe Dossetti e Giuseppe Alberigo, i fondatori della Scuola di Bologna, che è stato il Venerabile Padre Divo Barsotti, il quale trascorse tutti i primi anni del proprio ministero sacerdotale a casa dei propri genitori, senza alcun incarico pastorale affidatogli dal Vescovo della Diocesi, quella di San Miniato? Almeno, a don Lorenzo Milani, dopo i danni da lui fatti in una parrocchia fiorentina, dettero la chiesa parrocchiale di Barbiana, ma a quel santo uomo di Dio di don Divo Barsotti, non dettero nemmeno quella! Perché, il Melloni, non invoca che sia ripristinata la giustizia per i torti sofferti da questo autentico uomo di Dio? Semplice la risposta: perché il Padre Divo Barsotti non era uno che si lasciava strumentalizzare né dall’allora grande e potente Partito Comunista Italiano, né da quei pacifondisti degli anni Settanta che con le spranghe di ferro in mano gridavano «fate l’amore non fate la guerra», «mettete i fiori nei vostri cannoni» e via dicendo a seguire. Il tutto a riprova di quanto il Melloni sia una figura di dubbia onestà intellettuale, sembrando egli misurare le ingiustizie con metro diverso, a seconda della tendenza politica delle vittime, vere o presunte che siano. E che soggetti come Melloni, esercitino persino influenze sul Sommo Pontefice, è cosa gravissima che non può che inquietarci …

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un altro grande citatore di don Lorenzo Milani: don Luigi Ciotti, durante il “comizio” tenuto al “funerale porcino” di don Andrea Gallo in una chiesa ridotta ad un teatrino sacrilego di comunisti radicali, scalmanati dei centri sociali, transessuali, travestiti, abortisti, eutanasisti, ideologi del gender e via dicendo … per aprire il video cliccare sull’immagine

… ma siccome le pezze sono peggiori degli strappi, dopo quest’infelice sortita del Primate di Sicilia, figlio prediletto della Scuola di Bologna, che per la scelta di un vescovo ausiliare ha messo in imbarazzo la Santa Sede, oltre ai vescovi siciliani che hanno approvata la proposta di quel candidato, ecco che l’episcopato siciliano ha cercato in questi giorni di rifarsi la verginità dinanzi al Pontefice felicemente regnante con un gattopardesco tentativo di lusinga: la concessione della Comunione ai divorziati risposati previo discernimento accurato [cf. QUI, QUI]. Che equivale a dire: “Santità, non pensate male, perché noi, mitici figli del Gattopardo, proprio per questo siamo ancor più avanguardisti dello stesso episcopato tedesco!”…

… basta pertanto sbirciare, come abbiamo fatto, sotto la tovaglia in apparenza linda dell’altarino, per vedere la crosta di grasso che c’è  sotto e capire che tutto questo, se non fosse tragico, sarebbe davvero comico. Com’è tragico il fatto che, mentre il Melloni va e viene, direttamente o indirettamente dalla Domus Sanctae Marthae, ha il tempo, nella circostanza della “consegna” a tutte le scuole italiane della lettura di don Lorenzo Milani da parte della Ministra alla Pubblica Istruzione Valeria Fedeli, di gettare fango, in un velenoso discorso, sulla memoria del grande Arcivescovo di Firenze Ermenegildo Florit, già ordinario diocesano del priore di Barbiana. E qui correggo amichevolmente Tossani: il discorso di Melloni [il cui testo è riportato integralmente QUI da La Repubblica], non verrà pronunziato martedì prossimo a Barbiana, alla presenza del Sommo Pontefice, ma è già stato tenuto nella circostanza della solenne “consegna” di don Lorenzo Milani da parte del Ministro Fedeli alla scuola italiana. È quello l’evento a cui si riferisce La Repubblica, non la visita del Santo Padre a Barbiana. La sostanza del discorso, peraltro, non cambia di una virgola.

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Certo, pensavamo — sbagliando! —, che anche alla piaggeria gattopardesca vi fosse un limite, ma per l’appunto ci eravamo sbagliati, perché in realtà c’è sempre chi crede — proprio come i vescovi siciliani portati poc’anzi come paradigma —, che il mondo sia fatto di persone completamente incapaci di capire, discernere e  analizzare i motivi reali che muovono certi eventi, certe tovaglie messe sugli altarini, ed infine certe colossali leccate di … quel che voi sapete [chi volesse approfondire legga questo mio precedente articolo, QUI].

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un altro grande citatore di don Lorenzo Milani, il presbitero genovese Paolo Farinella, che sul palco di una tribuna politica si presenta dicendo … «di professione faccio il prete», poi comincia il suo comizio …  – per aprire il video cliccare sopra l’immagine

Passino i vescovi mediocri e quelli ruffiani, i quali rappresentano un fenomeno grave e deprimente, perché temo che le conseguenze sociali, politiche e soprattutto pastorali di una visita privata del Romano Pontefice promossa a Barbiana dal Cardinale Giuseppe Betori e da Michele Gesualdi, come si è detto allievo del priore e Presidente della Fondazione don Milani, traducendosi in una vera e propria “beatificazione” di questo cattivo maestro, potrebbero essere molto peggiori.

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Facciamo dunque voti affinché la supplica del nostro amico fiorentino venga accolta, che il Sommo Pontefice Francesco I e l’Arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori – la supplica è infatti stata rivolta anche a lui! – non vadano martedì prossimo a Barbiana e che essi vogliano censurare severamente Melloni — come Tossani ha richiesto —, per le infamanti accuse da lui lanciate al Cardinale Ermenegildo Florit, descritto come un’assetato di potere e spietato vessatore del “profeta” don Milani [vedere articolo di Alberto Melloni, QUI], mentre invece ancora oggi, questo Arcivescovo di Firenze di benedetta memoria, è ricordato come un autentico uomo di Dio da numerosi fedeli della Chiesa fiorentina.

Vi invito e vi lascio alla lettura della supplica al Sommo Pontefice firmata da Pier Luigi Tossani, invitandovi a leggere anche l’esaustivo dossier, anch’esso inviato al Sommo Pontefice e ai tre Cardinali, nel quale egli approfondisce in dettaglio le ragioni delle sue richieste, senza alcuna prevenzione nei riguardi di don Lorenzo Milani, per il quale invochiamo che Dio possa avere avuto pietà della sua anima, come ebbe a dire il Beato Paolo VI apprendendo della sua morte: «Speriamo bene!…». Ma anche in questo sta il cuore del problema: Paolo VI e Giovanni Paolo II li abbiamo beatificati e canonizzati, però non li abbiamo ascoltati …

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Facendo quindi nostra una felice espressione chiarificatrice di Marcello Veneziani, riteniamo di poter dire con lui che don Lorenzo Milani «non è un maestro cattivo, ma un cattivo maestro» [cf. QUI].

 

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da L’Isola di Patmos, 17 giugno 2017

Festa del Corpus Domini

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A quanti volessero approfondire il tema, rimandiamo a una pubblicazione del 1977 di un insigne teologo domenicano:

TITO S. CENTI, OP – «INCONTRI E SCONTRI CON DON LORENZO MILANI» [ed. Civiltà Brescia, 1977]

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Pier Luigi Tossani

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Beatissimo Padre,

Eminenze Reverendissime,

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Autore
Pier Luigi Tossani

è noto che, nell’ambito delle celebrazioni per il cinquantenario della morte di don Lorenzo Milani, è previsto che martedì 20 giugno prossimo Sua Santità Papa Francesco si rechi a Barbiana, in forma privata, a pregare sulla tomba del priore.

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A fronte di tal evento, il sottoscritto Vi trasmette un articolato dossier dal quale risultano molteplici caratteristiche del pensiero, dell’insegnamento e delle opere del priore di Barbiana, che inducono a ritenere non opportuna tale visita. Nello specifico, si evince dalle stesse parole del priore, anche nei suoi scritti più noti, che: 

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1. Don Milani, lungi dall’essere quel «ribelle obbediente» alla Chiesa, come viene correntemente definito, viveva invece in uno stato di permanente ammutinamento verso di essa [cf. capp. 1, 3, 6, 10 del dossier allegato], al punto, per esempio, da descrivere il suo superiore l’Arcivescovo Ermenegildo Florit, in una lettera indirizzata al suo allievo Francesco Gesualdi, come «un deficiente indemoniato».

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2. Il priore si rivela sostenitore della violenza rivoluzionaria di stampo giacobino [cf. capp. 3 e 4 del dossier allegato]. Ad esempio, egli infatti scrive nella famosa Lettera a Gianni : «Ma domani, quando i contadini impugneranno il forcone e sommergeranno nel sangue insieme a tanto male anche grandi valori di bene accumulati dalle famiglie universitarie nelle loro menti e nelle loro specializzazioni, ricordati quel giorno di non fare ingiustizie nella valutazione storica di quegli avvenimenti. Ricordati di non piangere il danno della Chiesa e della scienza, del pensiero o dell’arte per lo scempio di tante teste di pensatori e di scienziati e di poeti e di sacerdoti».

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3. Il priore è anche sostenitore della lotta di classe di stampo marxista-leninista [ancora capp. 3 e 4 del dossier allegato]. Si veda, ad esempio, quando egli scrive nella Lettera ai cappellani militari toscani : «…E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi».  

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4. Don Milani sostiene esplicitamente lo spargimento del sangue dei nemici del popolo, come si legge nel cap. 4 del dossier allegato, quando nella Lettera a Ettore Bernabei egli scrive: «…Per il bene dei poveri. Perché si facciano strada senza che scorra il sangue. E se anche il sangue dovesse scorrere un’altra volta, perché almeno non scorra invano per loro come è stato finora tutte le volte».

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In ultimo, don Milani manifesta anche pulsioni omosessuali e pedofile [vedi al cap. 5 del dossier allegato], quando in una lettera a Giorgio Pecorini egli scrive:

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«Come facevo a spiegare che amo i miei parrocchiani piú che la Chiesa e il Papa? E che se un rischio corro per l’anima mia non è certo quello di aver poco amato, ma piuttosto di amare troppo (cioè di portarmeli anche a letto!)». e che «… E chi potrà mai amare i ragazzi fino all’osso senza finire col metterglielo anche in culo se non un maestro che insieme a loro ami anche Dio e tema l’Inferno e desideri il Paradiso?».

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Il sottoscritto argomenta in dettaglio nel dossier allegato che:

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– L’insieme degli aspetti disturbati della psiche del priore ha ovviamente influenzato il suo progetto educativo [vedi al cap. 2 del dossier allegato], attribuendo ad esso un carattere ideologico e classista, che ne ha pregiudicato gravemente il livello nella qualità e nei contenuti. Ciò si è risolto in un danno, paradossalmente proprio nei confronti di quei poveri e di quegli ultimi che egli diceva di aver a cuore e voler aiutare, vale a dire in prima istanza i suoi allievi. Secondariamente verso tutti coloro, docenti e discenti, che si sono ispirati al suo esempio educativo. Si evince infatti dal dossier, ancora al capitolo 2, che anche tutta la scuola italiana è stata largamente contaminata in modo negativo dal portato milaniano, che come si sa ha avuto moltissimi estimatori e promotori.

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– L’infelice eredità milaniana, oltre ad aver avuto ripercussioni negative nel tessuto sociale e religioso, in particolare in quello fiorentino [vedi al capitolo 9 del dossier allegato], si è altresì tradotta in esperienze negative che ad essa si sono esplicitamente richiamate, come quella del Forteto [Ndr. QUI, QUI]e quella del cappellano della Comunità fiorentina delle Piagge, don Alessandro Santoro [vedi al cap. 8 del dossier allegato]  [Ndr. QUI, QUI]

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Il sottoscritto coglie la presente circostanza per segnalare a Sua Santità e alle Loro Eminenze la possibile alternativa al pensiero milaniano classista e rivoluzionario, come anche al pensiero del Servo di Dio Giorgio La Pira (questione appena accennata nel dossier allegato alla presente, nei capitoli 7 e 9), purtroppo politicamente caratterizzato da statalismo, assistenzialismo e dall’adesione pratica ai meccanismi perversi della società dei consumi. Tale alternativa, illustrata nel cap. 7 del dossier allegato, consiste nell’idea della Società partecipativa secondo la Dottrina sociale, elaborata a suo tempo dallo studioso lombardo Pier Luigi Zampetti, già nominato membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali da San Giovanni Paolo II.

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Da ultimo, il prof. Alberto Melloni, segretario della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII, è stato incaricato di un discorso da tenere martedì prossimo 20 giugno a Barbiana, alla presenza di Sua Santità Papa Francesco. In tale discorso, già reso pubblico sulla stampa, Melloni, sostenitore del priore, attacca con veemenza il Cardinal Ermenegildo Florit, già Arcivescovo di Firenze e superiore di don Milani, dipingendolo come un sadico vessatore, assetato di potere. Per cui, secondo Melloni, che nel suo discorso ribadisce su Florit le medesime parole don Milani, bene fece il priore a qualificarlo nei termini di “un deficiente indemoniato” [vedi al cap. 11 del dossier allegato]. La realtà dei fatti è invece che ovviamente – insulti di Melloni a parte – su don Milani, sia l’Arcivescovo Florit che il suo predecessore, il Venerabile Cardinal Elia Dalla Costa, avevano visto giusto. Il sottoscritto ne parla nel dossier allegato alla presente, al capitolo 1.

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Alle luce di tutto quanto sopra esposto ed ampiamente approfondito nel dossier allegato, il sottoscritto rivolge dunque a Sua Santità e alle Loro Eminenze la seguente

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S u p p l i c a

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– A Sua Santità Papa Francesco, umilmente chiede di voler verificare il Suo giudizio sulla figura di don Milani e, qualora trovasse fondati gli argomenti nel dossier allegato alla presente, di non andare a Barbiana a rendere omaggio alla memoria di quello che l’esame dei fatti indica inequivocabilmente come un cattivo maestro. Se ciò dovesse avvenire, se la la figura di don Milani dovesse essere ancora presentata come esempio al popolo dalla massima autorità della Chiesa cattolica, è evidente che le conseguenze sarebbero assai gravi, e si protrarrebbero per molti anni.

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A Sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, il sottoscritto porge umilmente la medesima istanza: se gli argomenti del dossier fossero per lui convincenti, a pro del bene del popolo, chiede di non andare a Barbiana, di voler dismettere la diffusione dell’infelice lezione milaniana, e, il sottoscritto si permette nella circostanza, anche di quella lapiriana. Per il bene del popolo vi sarebbe, semmai, da promuovere il ricco insegnamento sociale ispirato ai princìpi di sussidiarietà e di partecipazione, espresso dal Servo di Dio don Luigi Sturzo e da Pier Luigi Zampetti. Il sottoscritto supplica infine Mons. Giuseppe Betori affinché voglia anche provvedere al popolo delle Piagge, che ha già troppo sofferto in passato, e ancora sta soffrendo.

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– Al Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Sua Eminenza il Cardinale Gerhard Ludwig Müller. Dalla vicenda della rivalutazione della figura milaniana, si evince che essa ha preso le mosse da un parere favorevole della Congregazione per la Dottrina della Fede, circa la riabilitazione del libro di don Milani Esperienze Pastorali. Per quell’opera, al tempo di quegli eventi vi fu una comunicazione data dalla Congregazione all’Arcivescovo di Firenze, Elia Dalla Costa, nella quale si suggeriva di ritirare dal commercio il libro, e di non ristamparlo o tradurlo. Oggi risulta che per la Congregazione «le circostanze sono mutate e pertanto quell’intervento non ha più ragione di sussistere». Alla luce di quanto è esposto al capitolo 6 del dossier allegato, il sottoscritto supplica quindi umilmente  il Cardinale Gerhard Ludwig Müller, di voler verificare, e se del caso revocare, la Sua positiva valutazione.

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A Sua Eminenza il Cardinale Gualtiero Bassetti, recentemente nominato alla Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, noto estimatore di don Milani e di La Pira. Il sottoscritto coglie questa inusuale occasione per rivolgere umilmente anche a Lui la medesima supplica rivolta al Cardinale Betori, per la dismissione della diffusione della lezione milaniana e di quella lapiriana. promuovendo semmai in loro vece, per il bene del popolo, l’insegnamento sociale espresso da Sturzo e da Zampetti.

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Infine, a tutti e quattro gli autorevoli destinatari, il sottoscritto rivolge umilmente un’ultima supplica per un’immediata e severa censura nei confronti del prof. Alberto Melloni, che ha così indegnamente infangato la memoria del nostro fu Arcivescovo di Firenze Ermenegildo Florit.

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Il sottoscritto, per trasparenza, informa le SS.VV. che il dossier in PDF allegato, che viene spedito oggi per posta elettronica e per raccomandata celere, è l’anteprima di quello che verrà pubblicato domani sul sito web La filosofia della TAV, da lui gestito, e parimenti informa che del dossier medesimo e della supplica a Loro rivolta sarà data notizia ai media in una conferenza stampa che si terrà domani 15 giugno a Firenze, alle ore 11.30, presso il Gran Caffè Giubbe Rosse in piazza della Repubblica.

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Firenze, 14 giugno 2017

Pier Luigi Tossani

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Per aprire il dossier su don Lorenzo Milani cliccare sotto:

QUI

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L’antica menzogna dei Giudei sulla risurrezione di Cristo. Una riflessione contro il falso dialogo interreligioso ebraico-cristiano di Andrea Riccardi e della Comunità di Sant’Egidio

—  i video de L’Isola di Patmos —

L’ANTICA MENZOGNA DEI GIUDEI SULLA RISURREZIONE DI CRISTO. UNA RIFLESSIONE CONTRO IL FALSO DIALOGO INTERRELIGIOSO EBRAICO-CRISTIANO DI ANDREA RICCARDI E DELLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO

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Chi non crede alla risurrezione di Cristo, in modo coerente considera noi cristiani figli di una menzogna. Però l’importante è dialogare … dialogare … Sì, va bene: ma dialogare su che cosa? Perché se queste sono le premesse, sarebbe più coerente che certi dialoghi, anziché essere chiamati dialoghi interreligiosi, fossero chiamati dialoghi interpolitici, destinati solo a fare la gioia dei capocomici del sincretismo e del relativismo religioso.

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Lunedì della Pasqua 2017, in foto: Ariel S. Levi di Gualdo sullo sfondo di Pollica nel Cilento dal belvedere di Villa “La Rocca” Paravia.

Narrato che i capi dei Sacerdoti hanno corrotto le guardie poste a custodia del sepolcro con «una buona somma di danaro» affinché riferissero il falso [cf. Mt 28, 12-14], l’Evangelista Matteo conclude il racconto con una frase su cui non si può sorvolare: «Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino ad oggi» [Mt 28, 15].

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Riguardo la morte di Cristo va ribadito che i romani hanno eseguita una condanna voluta dall’autorità religiosa giudaica. Un fatto storico che nessuno può riscrivere per non irritare a posteriori la suscettibilità del moderno Sinedrio, o per non turbare certi insani dialoghi interreligiosi alla Sant’Egidio — che nulla hanno da spartire col sano dialogo interreligioso del documento Nostra Aetate —, ed ai quali taluni non esiterebbero a sacrificare gli stessi fondamenti della nostra fede e la storicità dei Santi Vangeli, pur di dialogare a tutti i costi e costi quel che costi.

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La domanda è quindi semplice: il Corpo di Cristo, è stato trafugato dai suoi seguaci, che hanno data poi vita ad una menzogna, oppure, Cristo è veramente risorto, ed altri hanno mentito ?

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tomba di cristo

possiamo fare tutti i dialoghi interreligiosi che vogliamo, ma una cosa resta certa: o hanno mentito i Discepoli di Cristo, o hanno mentito i Giudei, perché tesi e antitesi non possono avere entrambe ragione

Andrea Riccardi e la Comunità di Sant’Egidio possono dialogare quanto e con chi vogliono, ma, a duemila anni di distanza, resta in piedi il seguente quesito: tra le due diverse parti, una ha detto il vero, l’altra ha mentito e diffuso il falso. Solo una delle due parti ha narrato il vero, mentre l’altra ha adulterato i fatti, mentito e diffuso il falso. Chi infatti afferma un fatto e chi nega in modo deciso quel fatto stesso, non possono avere entrambi ragione, è un fondamento della logica e del senso comune. Pertanto, chi dei due ha mentito: i Discepoli di Cristo, o i Capi del Sinedrio?

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Hanno mentito coloro che hanno annunciata la risurrezione, o i giudei nell’affermare che durante la notte, il Corpo umano del Verbo di Dio fatto uomo, è stato trafugato dal sepolcro? Perché è su questo che si dialoga veramente. In caso contrario, prendere invece un caffè glatt kosher con i Capi del Sinedrio moderno al gran carnevale del sincretismo e del relativismo religioso di Assisi, organizzato da Andrea Riccardi e dalla Comunità di Sant’Egidio, non può servire né mai servirà a niente, tanto meno a quella verità che ci farà liberi [cf. Gv 8, 32]. Una verità che noi siamo chiamati a custodire e annunciare, non ad annacquare, non a mercanteggiare, specie con chi ci considera figli di una colossale menzogna  [segue il video …]

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“Amoris laetitia”. Il Cardinale Francesco Coccopalmerio e la via domenicana. Un articolo di Andrea Tornielli sulle tesi portate avanti dal 2015 da Giovanni Cavalcoli e dall’Isola di Patmos durante il Sinodo sulla Famiglia

notizie dalla rete

«AMORIS LAETITIA. IL CARDINALE FRANCESCO COCCOPALMERIO E LA VIA DOMENICANA». UN ARTICOLO DI ANDREA TORNIELLI SULLE TESI PORTATE AVANTI DAL 2015 DA GIOVANNI CAVALCOLI E DALL’ISOLA DI PATMOS DURANTE IL SINODO SULLA FAMIGLIA

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«Le conclusioni a cui arriva il Presidente dei testi legislativi nel libro sul capitolo VIII dell’esortazione sono in linea con quanto espresso dal teologo Cavalcoli e dal cardinale Schönborn» [Andrea Tornielli]

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Autore Jorge A. Facio Lince

Autore
Jorge A. Facio Lince

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Andrea Tornielli

il vaticanista de La Stampa, Andrea Tornielli, coordinatore di Vatican Insider

I Padri de L’Isola di Patmos, Giovanni Cavalcoli e Ariel S. Levi di Gualdo, nel corso dell’anno 2015 hanno dissertato in loro diversi articoli su discorsi teologici e pastorali legati al Sinodo sulla famiglia, a conclusione del quale uscì l’esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia.

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Il vaticanista Andrea Tornielli mette in risalto in un suo articolo [cf. QUI] che il documento pubblicato dal Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi e firmato dal Cardinale Francesco Coccopalmerio, rispecchia quando i nostri due Padri de L’Isola di Patmos già scrivevano nei loro articoli circa due anni fa …

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L’articolo di Andrea Tornielli è leggibile cliccando sul logo sotto

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vatican insider logo

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NEL CORSO DELL’ANNO 2015, I PADRI DE L’ISOLA DI PATMOS HANNO SCRITTO VARI ARTICOLI TEOLOGICI E DI ATTUALITÀ PASTORALE SUL DIBATTITO DEI DIVORZIATI RISPOSATI, CHE NON È STATO AFFATTO “IL TEMA” DEL SINODO, MA SOLTANTO “UNO TRA I TANTI TEMI ” DEL SINODO, SEBBENE MUTATO DALLA STAMPA NELL’UNICO E SOLO TEMA. QUESTA CHE SEGUE LA RACCOLTA DEGLI ARTICOLI PUBBLICATI DA 2 SETTEMBRE 2015 AL 9 OTTOBRE 2016

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IL SINODO SULLA FAMIGLIA
UNA LETTURA CRITICA SULLA TRILOGIA DI ARTICOLI DI ANTONIO LIVI

Jorge A. Facio Lince – 2 settembre 2015

[…] Il ritenere che i divorziati risposati siano in uno «stato permanente di peccato grave» è un giudizio temerario, che non ha a che vedere con la dottrina della Chiesa. Al contrario, secondo la morale cattolica, qualunque peccato, per quanto grave, se il peccatore si pente, può essere perdonato, anche senza il Sacramento della penitenza, considerando che esistono mezzi ordinari e straordinari di salvezza; i primi sono i Sacramenti di istituzione divina dei quali la Chiesa è dispensatrice, i secondi sono le vie imperscrutabili di Dio, e per usare questi secondi mezzi, sia la grazia sia la misericordia di Dio non necessitano del permesso né degli epistemologi né dei filosofi, né ai teologi [per leggere tutto cliccare QUI]

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IL SANTO PADRE FRANCESCO ARRECA «UNA FERITA AL MATRIMONIO CRISTIANO»? SUVVIA, CERCHIAMO DI ESSERE SERI …

Ariel S. Levi di Gualdo – 14 settembre 2015

Durante le mie prediche nel deserto da anni vado dicendo che l’origine del problema è data dal fatto che il matrimonio sacramentale è concesso dai vescovi e dai loro preti con una leggerezza che grida vendetta al cospetto di Dio. Non sarebbe meglio prevenire, anziché cercare poi di curare in seguito ciò che non sempre è curabile? [per leggere tutto cliccare QUI]

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LA PROBLEMATICA PASTORALE DEI DIVORZIATI RISPOSATI

Giovanni Cavalcoli, OP – 13 ottobre 2015

In questo frangente così grave per la vita della Chiesa e della società, occorre evitare i due estremismi contrapposti, il primo, di una piccola ma mordace minoranza, dell’ultra tradizionalismo, col suo allarmismo catastrofista e il suo legalismo rigorista, che teme che il Papa possa allontanarsi dal Vangelo o dalla Tradizione, se non lo ha già fatto; e il secondo, ben più diffuso ed arrogante, quello dei modernisti, spiriti mondani, relativisti impenitenti, predicatori del buonismo misercordista, che vorrebbero strumentalizzare il Papa con false adulazioni [per leggere tutto cliccare QUI]

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«LA COMUNIONE AI RISPOSATI NON TOCCA LA DOTTRINA MA LA DISCIPLINA»

intervista di Andrea Tornielli a Giovanni Cavalcoli, OP – 16 ottobre 2015

Il vaticanista de La Stampa Andrea Tornielli pubblica oggi su Vatican Insider l’intervista fatta a uno dei Padri dell’Isola di Patmos. Rispondendo alle sue domande il teologo domenicano Giovanni Cavalcoli chiarisce uno dei problemi oggetto di dibattito e di accesa polemica soprattutto al di fuori del Sinodo sulla Famiglia [per leggere tutto cliccare QUI]

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LA COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI: LECTIO MAGISTRALIS DI GIOVANNI CAVALCOLI A CORRADO GNERRE & C

Giovanni Cavalcoli, OP – 19 ottobre 2015

L’impressione che a volte il Papa non si attenga al dato rivelato trasmesso dalla Sacra Tradizione, è sempre un’impressione falsa, che deve farci comprendere che con simile atteggiamento mentale si finisce col cadere sotto il rimprovero del Signore, fatto ai farisei di non ascoltare la Parola del Dio eterno, che non passa e non muta, ma di farsi schiavi di caduche e vane “tradizioni di uomini” [per leggere tutto cliccare QUI]

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SUI DIVORZIATI RISPOSATI. CONTINUA LA DISCUSSIONE: REPLICA DI GIOVANNI CAVALCOLI ALLA RISPOSTA DI CORRADO GNERRE

Giovanni Cavalcoli, OP – 22 ottobre 2015

Viene oggi molto citato il n. 84 della Esortazione Apostolica Familiaris consortio di San Giovanni Paolo II, nel quale il Papa esprime la condizione della irregolarità dei divorziati risposati, in foro esterno o, come egli si e esprime, “oggettivamente”; ma il Santo Pontefice si guarda bene dal dire che essi sarebbero, soggettivamente o in foro interno, in un continuo stato di peccato mortale, perchè, questo, come ho già detto, sarebbe un giudizio temerario, che pretende scrutare l’intimo delle coscienze e le segrete operazioni della grazia. In secondo luogo, questo insegnamento del Santo Pontefice non va preso come fosse una dottrina di fede immutabile, ma solo come disposizione pastorale, come tale mutevole, per quanto di antichissima tradizione. Ma non si tratta di Sacra Tradizione, essa sola depositaria del dato rivelato, bensì solo di tradizione canonica. dagli anni nei quali questa Esortazione apostolica è stata scritta, la questione dei divorziati risposati si è alquanto estesa, complicata e aggravata, tanto che l’attuale Pontefice ha deciso di riprenderla in esame per vedere se mantenere l’attuale disciplina, oppure adottare soluzioni diverse dal passato [per leggere tutto cliccare QUI].

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CATTOLICI E SESSUOFOBIA: «LA VERGINITÀ DEGLI ERETICI È PIÙ IMPURA DELL’ADULTERIO»

Ariel S. Levi di Gualdo – 22 ottobre 2015

Certi cattolici cupi molto simili ai sadducei ed ai farisei, di fondo sono cresciuti con un’idea di Cristo morto ma non risorto, con un’idea della sessualità tutta quanta manichea; sono fissi su concetti di arido legalismo e intrisi di pelagianesimo, ed analogamente a Lutero hanno problemi seri sul concetto paolino della predestinazione, quindi sulla teologia della giustificazione che rischiano spesso di ridurre ad un’idea tutta quanta calvinista, seppure sotto forma di rigorismo morale cattolico [per leggere tutto cliccare QUI]

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I DIVORZIATI RISPOSATI E QUEI TEOLOGI CHE STRUMENTALIZZANO LA FAMILIARIS CONSORTIO DI SAN GIOVANNI PAOLO II

Giovanni Cavalcoli, OP – 23 ottobre 2015

La Familiaris consortio, appunto perché tocca solo il foro esterno, non sfiora neppure la questione in esame, caratteristica del foro interno, ossia della condizione o dello stato o del dinamismo interiore della volontà dei conviventi e lascia quindi aperta la porta alla legittimità della discussione in atto nel Sinodo, se, in certi casi gravi, ben precisati e circostanziati, con forti scusanti, i divorziati possano o non possono accedere ai Sacramenti [per leggere tutto cliccare QUI]

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DIVORZIATI RISPOSATI? LA PAROLA SPETTA ADESSO A PIETRO, SUL QUALE CRISTO HA EDIFICATO LA SUA CHIESA

Ariel S. Levi di Gualdo – 26 ottobre 2015

Dal discorso del Sommo Pontefice Francesco: « […] Mentre seguivo i lavori del Sinodo, mi sono chiesto: che cosa significherà per la Chiesa concludere questo Sinodo dedicato alla famiglia? Significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite. Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della Novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile. Nel cammino di questo Sinodo le opinioni diverse che si sono espresse liberamente – e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli – hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa “moduli preconfezionati”, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi ». [per leggere tutto cliccare QUI]

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SUI “DIVORZIATI RISPOSATI “. L’EUCARISTIA, IL PECCATO E LA COSCIENZA. RISPOSTA A PADRE RICCARDO BARILE

Giovanni Cavalcoli, OP – 7 novembre 2015

Il noto liturgista domenicano Padre Riccardo Barile ha pubblicato il 29 ottobre scorso sulla rivista telematica La Nuova Bussola Quotidiana [cf. QUI] un articolo con questo stesso titolo, nel quale mi rivolge alcune critiche, alle quali rispondo di seguito. Le sue obiezioni sono un corsivo. Le mie risposte e i miei passi che egli cita sono in tondo [per leggere tutto cliccare QUI].

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DISPUTATIONES THEOLOGICAE – REPLICA DI GIOVANNI CAVALCOLI ALLA CRITICA DI ANTONIO LIVI

Giovanni Cavalcoli, OP – 2 novembre 2015

Ho detto e ripetuto in più occasioni che non sappiamo che cosa il Santo Padre deciderà e che dobbiamo essere disponibili sia al mantenimento della legge attuale che a qualche suo mutamento. Diciamo ai conservatori che la legge attuale non è intoccabile ed agli innovatori che il dogma non è mutevole. Come avviene nel mistero dell’Incarnazione, così avviene nella morale cristiana e della famiglia: dobbiamo calare l’eterno nel temporale, senza eternizzare il temporale e senza temporalizzare l’eterno [per leggere tutto cliccare QUI]

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SUI DIVORZIATI RISPOSATI. NUOVA NOTA DEI PADRI DELL’ISOLA DI PATMOS

Giovanni Cavalcoli e Ariel S. Levi di Gualdo – 4 novembre 2015

Il timore di alcuni, che se il Santo Padre dovesse concedere la Comunione ai divorziati risposati compirebbe un attentato all’indissolubilità del matrimonio, non ha alcun fondamento dogmatico; ed in questo modo viene confusa la legge civile con la legge ecclesiastica [per leggere tutto cliccare QUI]

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ASINI IN CATTEDRA E ACCUSE DI ERESIA: UNO SPACCATO DI CERTI NOSTRI CENSORI

Ariel S. Levi di Gualdo – 5 novembre 2015

Più Vescovi di varie diocesi italiane, in camera caritatis mi hanno confidato di avere serie difficoltà a dare incarico agli insegnanti di religione, motivando le loro difficoltà con frasi di questo genere: «Abbiamo un tale campionario da non sapere dove pescare, in un mare nel quale i pesci risultano spesso uno peggio dell’altro» [per leggere tutto cliccare QUI]

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ANCORA SUI “DIVORZIATI RISPOSATI”, IL TERZO ROUND CON ANTONIO LIVI

Giovanni Cavalcoli, OP – 23 novembre 2015

La Chiesa non dice da nessuna parte che queste persone siano costantemente prive della grazia di Dio, ossia in peccato mortale. Anzi, già il permesso attuale che esse hanno di fare la Comunione spirituale, suppone che esse possano essere in grazia, giacchè, come si potrebbe pensare di fare la Comunione spirituale in uno stato di peccato mortale? [per leggere tutto cliccare QUI]

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AMORIS LÆTITIA, IL DOCUMENTO DEL SANTO PADRE FRANCESCO SUL SINODO DELLA FAMIGLIA

Giovanni Cavalcoli, OP – 17 aprile 2016

Questa esortazione ribadisce le verità fondamentali di ragione e di fede, che riguardano il matrimonio e la famiglia, ne delinea le caratteristiche, le finalità e le proprietà così come le ha volute il Creatore, il Quale, mediante la missione e l’opera di Cristo, ha concesso alla Chiesa e alla società civile di legiferare con più precisione in materia, a seconda dei tempi e dei luoghi, tenendo conto della fragilità e peccaminosità umana conseguente al peccato originale, al fine di assicurare il più possibile alla famiglia il massimo dell’esercizio delle virtù, soprattutto della carità, che sboccia nella laetitia amoris [per leggere tutto cliccare QUI]

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AMORIS LÆTITIA, LA “TEOLOGIA DELL’ASSEGNO IN BIANCO”: IL POTERE DELLE CHIAVI NON È SINDACABILE, SALVO CADERE IN ERESIA

Ariel S. Levi di Gualdo – 22 aprile 2016

Con il «tu es Petrus» Cristo ha firmato al proprio legittimo vicario istituito sulla terra un assegno in bianco. Si è limitato solo a firmarlo con il proprio nome e cognome, che sull’assegno risulta: Verbum Domini. E su questo assegno, dopo avervi impressa la firma, ci ha scritta sopra solamente la data di emissione, non vi ha scritta invece alcuna data di scadenza; ma soprattutto non vi ha scritto alcun importo, l’importo lo ha lasciato tutto quanto a Pietro ed ai suoi successori, perché presso la banca di emissione vi è una copertura illimitata [per leggere tutto cliccare QUI]

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AMORIS LÆTITIA. SIATE CASTI, PERÒ PAGATE LE TASSE, PERCHÉ IL PAGAMENTO DELLE TASSE E UN VERO DOGMA DI FEDE

Ariel S. Levi di Gualdo – 25 aprile 2016

È facile e comodo entrare nelle camere da letto altrui col dito puntato a sentenziare come nuovo dogma di fede «purché vivano come fratello e sorella». Ma voi, ipocriti di sempre, che «filtrate il moscerino» nelle camere da letto altrui e poi «vi ingoiate il cammello» [cf. Mt 23,24] siete pronti ad accettare, fare vostro e diffondere come indiscutibile dogma di fede: «Date a Cesare quel che è di Cesare», quindi pagare le tasse senza fiatare, ma soprattutto senza azzardarvi a dire che sono alte e che non sono giuste? [per leggere tutto cliccare QUI]

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AMORIS LÆTITIA. IL VESCOVO ATHANASIUS SCHNEIDER ED I SUOI GROSSOLANI EQUIVOCI 

Jorge A. Facio Lince – 26 aprile 2016

La Riflessione del Vescovo ausiliare di Astana non contiene al suo interno argomentazioni nuove anzi, essa sintetizza il diffuso “non cogliere” e “non voler capire” quei sostanziali elementi oggettivi quali legge divina e legge canonica, stato di irregolarità e stato di peccato … [per leggere tutto cliccare QUI].

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AMORIS LÆTITIA. IL FONDAMENTO DELLA INDISSOLUBILITÀ DEL MATRIMONIO

Giovani Cavalcoli, OP – 4 maggio 2016

La nullità del matrimonio quasi sempre emerge in modo drammatico dopo un certo tempo, più o meno lungo, possono passare anche anni ed esserci di mezzo dei figli, anche se ci è sposati in chiesa, e si è trattato di un matrimonio celebrato con grande solennità: tappeto rosso dall’ingresso della chiesa fino all’altare riccamente addobbato, mazzi di fiori esotici, lungo tutti i banchi della chiesa, fotografi e cine-operatori, folla entusiasta e commossa di gente della buona società, abbondante offerta al parroco. Eppure si è trattato di una semplice messa in scena. Nonostante la solenne Messa cantata e solenne benedizione, la grazia può esser scesa, ma non certo la grazia del matrimonio, dato che mancava la materia adatta. Il povero parroco, attorniato da concelebranti, si è preso, come dicono i romani, una bella buggeratura [o detta in romanesco: s’è pijato ‘na sola] [per leggere tutto cliccare QUI]

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AMORIS LÆTITIA. «LA CASTITÀ DEGLI ERETICI È PIÙ IMPURA DELL’ADULTERIO». QUEL GRANDE PIFFERAIO MAGICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO HA PORTATO ALLO SCOPERTO I TOPI E LA LORO “TEOLOGIA DELLA MUTANDA

Ariel S. Levi di Gualdo e Jorge A. Facio Lince – 11 maggio 2016

La morale cattolica – a meno che non si voglia cadere nel calvinismo più cupo e nel puritanesimo più furibondo – per essere tale, deve interamente strutturarsi sulla carità; perché la morale cattolica non è una clava ferrata, ma una via verso il percorso di salvezza. Ed a colpi di spranga sulle ginocchia o sui denti non è mai stato redento nessuno, inclusi coloro che questi moralisti d’assalto chiamano con sprezzo «concubini» e «adulteri» [per leggere tutto cliccare QUI]

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AMORIS LÆTITIA. CONCUPISCENZA E MATRIMONIO. IL PENSIERO DELL’APOSTOLO PAOLO

Giovanni Cavalcoli, OP – 11 maggio 2016

In San Paolo è evidente che per lui il rapporto uomo-donna corrisponde al rapporto superiore-inferiore [I Cor 11, 7-9; 14,34; I Tm 2, 11-14]. Ma queste sono idee sue. La dottrina invece del marito «capo della moglie» [Ef 5, 22-33] è un’altra cosa. Mentre infatti sul tema generale “uomo-donna” sentiamo Paolo col suo misoginismo rabbinico, nella dottrina del rapporto marito-moglie risplende certamente la bellezza della Parola di Dio, che non passa e che è stata confermata ed approfondita dal Concilio, che è giunto ad affermare che «la loro unione costituisce la prima forma di comunione delle persone» [per leggere tutto cliccare QUI]

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IL N. 84 DELLA FAMILIARIS CONSORTIO È PIÙ IMPORTANTE DEL PROLOGO DEL VANGELO DI GIOVANNI CHE NARRA IL MISTERO DELLA INCARNAZIONE DEL VERBO DI DIO ?

Ariel S. Levi di Gualdo – 9 ottobre 2016

Ciò che in fondo si chiede a certe persone è lo spirito di umana e cristiana coerenza: o forse credono davvero di poter attaccare da una parte l’intero Magistero della Chiesa degli ultimi cinquant’anni, ma al tempo stesso sostenere che il n. 84 della Familiaris Consortio, scritto da un Pontefice conciliare, presente come Vescovo al concilio e poi attuatore del concilio come Successore di Pietro, sia intoccabile, in quanto più importante e più dogmatico di quanto possa esserlo l’intero Prologo del Vangelo di Giovanni ? [per leggere tutto cliccare QUI]

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POSTILLA

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… alla prova dei fatti viene da dire: i Padri de L’Isola di Patmos lo avevano detto. E lo hanno detto anche tra una bastonata e l’altra, perché si sono procacciati le ire dei tradizionalisti rigoristi e dei progressisti lassisti. Mentre loro se ne stavano nel mezzo, alla ricerca di un equilibrio, a prendere bastonate da tradizionalisti rigoristi e da progressisti lassisti, tonificati a lode e gloria di Dio!

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Jorge A. Facio Lince – segretario editoriale

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

La stagione del post-concilio ed i conflitti nella Chiesa: “Se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi gli uni con gli altri”

– Theologica –

LA STAGIONE DEL POST-CONCILIO ED I CONFLITTI NELLA CHIESA: «SE VI MORDETE E DIVORATE A VICENDA, GUARDATE ALMENO DI NON DISTRUGGERVI GLI UNI CON GLI ALTRI»

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[…] occorre riscoprire la verità sul peccato originale per comprendere il senso del peccato e della sofferenza. Occorre tornare ad ammettere l’esistenza di premi e castighi eterni. La salvezza è offerta a tutti, ma non tutti si salvano. «Non tutti hanno buona volontà» (Edith Stein). Dio non è solo misericordioso, ma anche giusto. Non si può perdonare chi non è pentito. È bene confidare in Dio, ma occorre anche recuperare il santo timor di Dio. Devono recuperare il senso di responsabilità senza tirar fuori la scusa della misericordia. Occorre tornare ad ammettere il valore espiativo del sacrificio di Cristo e della Santa Messa […]     

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Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli, OP

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In questi ultimi decenni i modernisti si sono conquistati un vasto potere nella Chiesa, fino ad infiltrarsi nella stessa Santa Sede. Essi si atteggiano a fedelissimi del Romano Pontefice, ma in realtà lo strumentalizzano per i loro fini dissolventi e dissacranti. Col potere che essi hanno raggiunto negli stessi organi direttivi centrali della Chiesa, oggi riescono a limitare lo stesso papato nella sua libertà di azione e ad impedirgli di intervenire per frenarli e difendere la Chiesa dalle loro insidie.

Al Romano Pontefice resta la possibilità di esercitare il suo magistero dottrinale. Ma la loro presenza tra gli stessi collaboratori del Santo Padre impedisce poi che i suoi insegnamenti vengano accolti e diffusi e che egli possa prendere adeguati provvedimenti contro coloro che deviano dalla sana dottrina [ segue …]

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Per aprire l’articolo cliccare sotto

             21-11-2016 Giovanni Cavalcoli, OP  —  LA STAGIONE DEL POST-CONCILIO ED I CONFLITTI NELLA CHIESA

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Cari Lettori,

in prossimità della fine dell’anno ci è lieto informarvi che L’Isola di Patmos, dal 1° gennaio 2016 alla data di oggi ha superato i cinque milioni di visite. Dal giorno della sua apertura avvenuta il 20.10.2014 alla data di oggi, il numero complessivo di visite è pari a 7.620.000. Tra i vari Paesi del mondo che ci leggono con assiduità, i primi cinque per più alto numero di visite sono

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PAESI EUROPEI

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Germania

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Francia

Spagna

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PAESI EXTRA EUROPEI

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Stati Uniti d’America

Filippine

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Voci miagolose da cinema erotico anni Settanta: presunte “eresie papali” sulla Comunione ai divorziati, Cristina Siccardi la sabauda, Andrea Tornielli alla gogna …

lettere dei lettori 2

Rispondono i Padri dell’Isola di Patmos

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VOCI MIAGOLOSE  DA CINEMA EROTICO ANNI SETTANTA: PRESUNTE “ERESIE PAPALI” SULLA COMUNIONE AI DIVORZIATI, CRISTINA SICCARDI LA SABAUDA, ANDREA TORNIELLI ALLA GOGNA …

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non c’è peccato così grave, dal quale non sia possibile liberarsi ed ottenere il perdono divino. Non si deve supporre che i divorziati risposati siano sempre in uno stato di peccato mortale. Sarebbe questo un giudizio temerario, che negherebbe il libero arbitrio, come faceva Lutero, e la forza della grazia divina.

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Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli, OP

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Caro Padre Giovanni.

La proibizione della comunione ai divorziati risposati non è una semplice legge ecclesiastica che il Papa può abolire, ma dipende direttamente dal diritto divino, che impone la condizione di essere in grazia di Dio per accedere alla Comunione. Così infatti dice il Concilio di Trento: «Se qualcuno dirà che la fede è preparazione sufficiente per ricevere il sacramento della santissima eucaristia, sia anatema».

Davide

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Caro Davide.

Amoris Laetitia 10

l’esortazione post-sinodale del Santo Padre Francesco

Il Papa ha già spiegato nell’Amoris laetitia che i divorziati risposati, sebbene si trovino in uno stato irregolare, che induce fortemente al peccato e benchè possano commettere anche peccati mortali, tuttavia, se si pentono e fanno penitenza, possono riacquistare la grazia. E per questo, in linea di principio, potrebbero fare la Comunione.

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Ricordati che non c’è peccato così grave, dal quale non sia possibile liberarsi ed ottenere il perdono divino. Non si deve supporre che i divorziati risposati siano sempre in uno stato di peccato mortale. Sarebbe questo un giudizio temerario, che negherebbe il libero arbitrio, come faceva Lutero, e la forza della grazia divina. Se cadono in peccato, possono sempre riacquistare la grazia.

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Amoris Laetitia 6

Il Sommo Pontefice firma la esortazione post-sinodale

Il Papa, una volta che dovesse concedere la Comunione ai divorziati risposati in un documento canonicamente corretto, non attenterà a nessuna legge divina. Infatti, in questa questione le leggi divine in gioco sono due: la legge dell’indissolubilità del matrimonio e la sacralità della Comunione eucaristica.

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Per capire il senso del mutamento di legge ecclesiastica, che il Papa dovesse accingersi a fare — dalla proibizione della Comunione al permesso della Comunione —, bisogna fare le seguenti considerazioni:

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1) Occorre tener presente un tema di fondo, ormai noto a tutti, che è alla base del pontificato di Papa Francesco, ed è quello della misericordia, intesa qui come ricerca e volontà di fare tutto il possibile, ancor meglio del passato, per rendere accessibile la salvezza a coloro che sono maggiormente in pericolo. Ed è il caso dei divorziati risposati insieme a molti altri casi.

2) È vero che Dio può salvare anche senza  i Sacramenti [cf. QUI]; ma se è possibile aprire la porta dei Sacramenti a un maggior numero di persone disponibili, senza offendere la dignità dei Sacramenti, è meglio, ed anzi è doveroso;

3) Papa Francesco ci invita, su questa questione, a volgere lo sguardo in una direzione diversa da quella del passato. Fino a San Giovanni Paolo II [Cf. Familiaris Consortio n.84] la Chiesa, riguardo al problema della pastorale per i divorziati risposati, ha avuto sotto lo sguardo la dignità del Sacramento e lo scandalo pubblico dato dai divorziati risposati (“stato irregolare”, “pubblici peccatori”).

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Il Pontefice Regnante, invece, senza naturalmente accantonare queste considerazioni, ci invita a tener piuttosto presente che Dio può concedere ai divorziati risposati, in alcuni casi — che dovranno essere precisati dalla nuova legge —, di essere in grazia, nonostante il loro stato irregolare.

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4) La concessione della Santa Comunione in quei casi particolari non costituirebbe offesa al sacramento del matrimonio, ma ne salvaguarderebbe la dignità, benché in modo diverso ed anzi contrario a quello che finora si è seguito nella pastorale ai divorziati risposati.

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amoris laetitia 2

l’esortazione post-sinodale del Santo Padre Francesco

Questo è il punto più difficile da capire. Il principio morale dice così: «Una medesima legge morale, intelligentemente interpretata, può essere applicata in modi materialmente contradditori, a seconda delle circostanze».

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Facciamo l’esempio del comandamento Non uccidere. Proprio questo comandamento permette di uccidere l’ingiusto aggressore, ma non c’è qui lo spazio per spiegare questo apparente paradosso, per il quale rimando a un trattato di teologia morale.

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Per quanto riguarda la nostra fattispecie, possiamo allora dire che la legge della indissolubilità del matrimonio può continuare ad essere rispettata in certe circostanze, non solo con la proibizione della Comunione, ma anche permettendola, a condizione che i divorziati risposati si trovino in una particolare situazione, che dovrà essere specificata dalla nuova legge.

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Caro Padre Ariel.

Questa guerra sul campo della Comunione ai divorziati risposati è sempre più forte. C’è chi dice che non si deve ubbidire al Papa perché sbaglia. Allora mi domando: chi può giudicare se il Papa sbaglia, non ubbidirgli e invitare a disubbidirgli? Io, come donna, e anche come piemontese, sono irritata da certi commenti all’acido fenico coperti di miele scritti da Cristina Siccardi su vari blog, citati poi da altri come verità di fede. Questa scrittrice è forse un astro della teologia? Come sacerdote, lei come reagisce, di fronte a certi soggetti?

Margherita Altieri

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Cara Margherita.

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Edwige Fenech, locandina del film La dottoressa del distretto militare, a sinistra Alvaro Vitali, attore di teatro di gran talento scoperto da Federico Fellini. Come però ebbe a dire: « … il teatro è un’arte che non paga, mentre con i filmetti leggeri ho potuto mantenere la famiglia»

Anni fa spiegai in un mio libro che tutti sono capaci a ubbidire a una figura autorevole di grande personalità, spiritualità e santità di vita, ma non è questa la sfida della fede rivolta al presbìtero e al religioso, né al laico cattolico. La sfida è quella di ubbidire a un vescovo o a un superiore maggiore fragile, limitato e mediocre, purché costui non comandi cose contrarie alla dottrina e al Magistero della Chiesa e non usi la propria autorità per commettere ingiustizie e delitti, perché in tal caso si è tenuti a disubbidire per imperativo di coscienza cristiana e ad informare la suprema autorità ecclesiastica dei suoi abusi, affinché sia ripristinata la giustizia violata.

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Qualora il Romano Pontefice mi desse un ordine sbagliato e di ciò fossi consapevole, prima cercherei di convincerlo dell’errore e dimostrare lo sbaglio sostanziale del comando dato, se però lo ribadisse in tal caso lo eseguirei, a meno che non fosse in contrasto col depositum fidei e la morale cattolica. E detto questo aggiungo: non so chi possa dimostrare quanti comandi dati dai Romani Pontefici nel corso della storia della Chiesa siano risultati in conflitto col depositum fidei e la morale cattolica, perché personalmente non conosco alcun caso.

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Perché è meglio commettere un errore per eseguire un ordine che potrebbe apparire errato, anziché compiere la scelta giusta disubbidendo al Romano Pontefice? Perché nel secondo caso l’errore sarebbe sempre più grave. Sarà poi il Romano Pontefice a dover rispondere dinanzi agli uomini e alla storia, ma soprattutto dinanzi a Dio, qualora avesse imposto un ordine errato.

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Copertina del film La liceale, con Gloria Guida in un fantasioso liceo di Cinecittà …

Affermare questo, è forse obbedienza cieca in contrasto con la logica, il libero arbitrio e la dignità umana, come tendono a credere alcuni, marciando su quelle “buone intenzioni” di cui sono lastricate le vie dell’Inferno? Tutt’altro, affermare questo vuol dire procedere sulle vie della prudente sapienza. Il Romano Pontefice gode infatti di una speciale assistenza dello Spirito Santo, quindi di una grazia di stato della quale non godono i singoli vescovi, i sacerdoti e anche i laici cattolici. Se nella storia della Chiesa non si ha memoria di comandi errati imposti dai Pontefici in contrasto col depositum fidei e la morale cattolica, si hanno invece copiose prove di quanto giuste siano poi risultate negli anni avvenire delle scelte sul momento molto contestate. Su questo si fonda l’obbedienza dei Christi fideles e dei ministri in sacris : sulla prudente e sapiente consapevolezza che il Romano Pontefice ha una particolare grazia di stato e gode di una speciale assistenza dello Spirito Santo che lo rende infallibile in materia di dottrina e di fede [rimando all’articolo di Giovanni Cavalcoli: I compiti e i gradi della infallibilità del Sommo Pontefice, QUI]. E chi non accetta questo, presumendo semmai di essere investito per superiore grazia di stato del potere di giudizio su certe scelte del Romano Pontefice riguardanti materie di dottrina e di fede, o è un eretico, o più semplicemente uno stolto, visto che l’eresia richiede di per sé intelligenza e talento. E se da sempre gli eretici io li prendo sul serio col dovuto rispetto, gli stolti li prendo invece in giro …

Il Regnante Pontefice, che “merita” rispettose critiche con la devozione dovuta al Successore del Principe degli Apostoli e Vicario di Cristo in terra, non ha mai impartito ordini, in nessun atto del proprio sommo magistero, che fossero contrari alla fede e alla morale cattolica; e chi afferma il contrario dimostra nella migliore delle ipotesi di non essere in grado di fare distinzioni elementari tra il dottore privato, l’ordinario ministero pastorale, il sommo magistero di Pietro. O per meglio intendersi: dimostra di non conoscere le basi del Catechismo della Chiesa Cattolica, dando poi vita a questioni destinate soltanto a disorientare i semplici ed a seminare il veleno della confusione tra il Popolo di Dio [rimando a un mio precedente articolo, QUI].

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Per questo non mi sono mai posto il problema «Questo Papa non ci piace» [Gnocchi & Palmaro, cf. QUI], né mai sono caduto nelle trappole di certe aspre critiche a questo pontificato, brandendo verso di esso accuse più o meno sottili di eresia, formulate attraverso le teorie propinate da impenitenti eretici palesi, come quei lefebvriani ai quali si rifà la citata Cristiana Siccardi richiamata dalla nostra Lettrice, ed alla quale giungo adesso con gaudio e gioia …

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Nadia Cassini, locandina del film L’insegnante balla con tutta la classe. In alto un altro grande attore del teatro italiano: Renzo Montagnani [1930-1997]. Anch’egli ebbe a dire: «In Italia col teatro colto si fa la fame, coi filmetti leggeri si fa la spesa per la cucina di casa»

… non so chi sia questa Signora che scrive su Corrispondenza Siccardiana, già Corrispondenza Romana, sulla quale ogni tanto ha deliziati i lettori con articoli rosa su quella Real Casa di pirati, massoni e anticlericali tali furono i Savoia [cf, QUI, QUI, etc..], oppure su Riscossa Siccardiana, già Riscossa Cristiana, dove ogni anno sono pubblicati articoli per commemorare con la lacrima all’occhio la figura di quel sant’uomo di Benito Mussolini [cf. QUI, QUI, QUI etc..]. A questo punto faccio notare en passant, prima di proseguire oltre, a quali livelli giunga lo spirito di queste persone che tuonano da due anni contro l’eventuale sacrilegio della Comunione ai divorziati risposati, tra accuse d’eresia e qualche editorialista che invita persino a resistere con la disobbedienza al Sommo Pontefice. Ebbene, malgrado il loro rigore verso adulteri e concubini, da tenere come tali lontani dalle mense eucaristiche, se l’adultero è però l’ex Duce d’Italia, sposato e con figli, o la sua amante e sodale complice in adulterio, udite qual dolcezza e carità cristiana esprimono le anime tenere di Riscossa Siccardiana:

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«Le circostanze precise, il luogo, l’ora, in cui furono uccisi Mussolini e Claretta Petacci, la cui unica colpa era l’amore per il Duce, sono state a loro volta coperte da una storiografia di parte che aveva tutto l’interesse a diffondere una visione oleografica di avvenimenti in cui ci fu ben poco di dignitoso e di onesto» [cf. QUI].

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Locandina del film Sballato, gasato completamente fuso, alle spalle di Edwige Fenech l’attore Enrico Maria Salerno [1926-1994] celebre per essere stato uno dei grandi attori del teatro italiano tra i più dotati  nella interpretazione dei ruoli più disparati

Oh, povera Claretta, dolce creatura infelice, considerata dalla sanguinaria marmaglia partigiana e dagli storici disonesti colpevole d’essersi data all’adulterio con Benito Mussolini. In fondo, che cosa c’è di male? Che male c’è, ad amare un uomo sposato, marito e padre di quattro figli?

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Una volta scritte simili amenità, gli stessi personaggi vanno poi a spulciare vecchi articoli del vaticanista Andrea Tornielli, in questi giorni alla gogna poiché “reo” d’aver riportato i fatti di cronaca riguardo le vicende di Ettore Gotti Tedeschi e dello Ior in modo “difforme” dagli antecedenti del 2013 [cf. QUI]. Ebbene, se dal 2013 al 2016 le versioni date della Santa Sede o dall’Arcivescovo Georg Gänswein sono difformi, la colpa non è del vaticanista che ha riportato i fatti per come sono stati presentati, ma di chi nel tempo ne ha cambiata versione. Questo vaticanista è forse “colpevole” di non avere fatto notare questa discordanza, come afferma Roberto de Mattei in modo giusto sul piano formale [cf. QUI]? Sinceramente non so chi di noi, avendo scritto nel giro di tre anni oltre 200 articoli, possa ricordare il preciso passaggio e l’esatto particolare di uno di essi; cosa questa che vale per tutti i pubblicisti, ma proprio per tutti, incluso Andrea Tornielli che lavora da solo, cosa dubito faccia invece Roberto de Mattei, sulla base di un semplice calcolo basato su suoi scritti e attività. Infatti, Roberto de Mattei, è impegnato come accademico all’Università Europea, direttore di Corrispondenza Romana, direttore del mensile Radici Cristiane, direttore della Fondazione Lepanto, promotore della Marcia per la Vita, consulente di più istituzioni, autore di una media di due articoli a settimana con articoli extra pubblicati anche su La Repubblica e Il Foglio, autore di due libri all’anno, impegnato in numerose presenze come conferenziere in Italia e all’estero … non è che per caso costui benefici dell’ausilio di collaboratori pronti a ricercare sospiri e virgole su articoli scritti a tre anni di distanza da un vaticanista che lavora da solo, in modo tutto sommato onesto e senza paleologiimpallinatori sul suo libro-paga? Suvvia, si mostri per Andrea Tornielli perlomeno la stessa pietà che certi soggetti mostrano per Benito Mussolini e la dolce Claretta Petacci, la quale non era — come molti potrebbero pensare, ovviamente sbagliando — la sua amante, la sua concubina, colei che lo aiutava a commettere adulterio a danno della legittima moglie Donna Rachele. Assolutamente no! Claretta era solo la donna che «amava il Duce» e che forse gli articolisti di Riscossa Siccardiana non avrebbero esitato ad ammettere ai Sacramenti, assieme a tutti i più noti donnaioli di Casa Savoia, incluso l’ultimo Re d’Italia, Umberto II, un «galantuomo» caro alla pubblicistica rosa della Siccardi [cf. QUI], anch’esso separato dalla moglie e con una nidata di figli che assieme ai loro figli hanno fatto sprofondare questo casato di pirati nel meritato ridicolo della stampa scandalistica e dei talk show televisivi [vedere l’ultimo glorioso erede di Casa Savoia, video QUI].

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locandina del film L’insegnante, con l’immancabile Edwige Fenech e Alvaro Vitali

… ma torniamo alla Siccardi, la cui crassa ignoranza, per quanto concerne la storia della Chiesa e la teologia fondamentale, m’è invero d’avanzo. E non si tratta di un mio giudizio ingeneroso, perché siffatta crassa ignoranza stilla dai suoi libri, articoli e video-conferenze, che sono atti pubblici, non materiali riservati o coperti da legge sulla privacy. Visto però che si può bacchettare il Regnante Pontefice sino ad accusarlo d’eresia, vorrei proprio vedere se non è consentito criticare questa Signora che rivendica la legittima libertà a bacchettare come una maestrina l’intero magistero della Chiesa degli ultimi cinquant’anni, sempre stando ai suoi libri e articoli, che come ripeto sono e restano atti pubblici. Pertanto vale il rivisitato detto: “chi di acido ferisce di acido perisce”.

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Mi viene poi chiesto come io reagisco dinanzi a certe figure. Per capirlo va anzitutto premesso che io non sono solo figlio di Dante Alighieri, ma anche di Giovanni Boccaccio, di Pietro l’Aretino, di Cecco Angiolieri e via dicendo. Ciò premesso, diciamo che non sono avvezzo prender sul serio certe persone, propendo a prendere in giro loro e il redditizio circolino dei tradiprotestanti che si sono ricavati in parte il loro posto al sole e in parte il loro mercatino editoriale, tra alabardieri che vantano quarti di nobiltà tra i pizzi&merletti delle Messe in rito antico e le aspiranti contessine da romanzo di Liala che rimembrano struggenti Casa Savoia. Preferisco quindi buttarla in ridere, anche perché questa Signora dalla voce miagolosa, mi ricorda certe attrici del cinema erotico degli anni Settanta. Ovviamente mi riferisco alla voce, sia ben chiaro: solo alla voce. Anche perché stiamo a parlare di un cinema erotico che ai giorni d’oggi appare a tal punto castigato e pudìco che queste vecchie pellicole potrebbero essere proiettate nei cinema delle scuole per l’infanzia delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

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Lilli Carati, locandina del film La professoressa di scienze naturali. Anche nel cartellone di questo film comico leggero, spiccano i nomi di alcuni dei più grandi e talentati attori del teatro italiano del Novecento

Udendo la voce miagolosa della Siccardi — constatazione oggettiva, non certo irriverente sberleffo [cf. audio QUI] — mi sono tornate a mente delle attrici che parlavano anch’esse con voci miagolose : Edwige Fenech che fa La dottoressa del distretto militare [cf. QUI]; Gloria Guida nei panni della infermiera di notte [cf. QUI], Nadia Cassini nei panni della professoressa che balla con tutta la classe [cf. QUI], per seguire con altre attrici e soubrette che hanno turbato i sonni di gran parte di noi, oggi cinquantenni, quando negli anni Settanta eravamo adolescenti, figli a nostra volta di padri sani i cui sonni erano invece turbati nella loro adolescenza dall’immagine di Wanda Osiris, che vestiva abiti molto più monacali di quelli indossati oggi dalle suore americane ribelli che hanno avuto come sventurati insegnanti e direttori spirituali i Gesuiti della nuova Compagnia delle Indie. Anche per questo molti anni dopo siamo diventati preti sani, calati nel mondo della fede e del reale, con buona pace del pudibondo teatrino lefebvriano che olezza quella verginità degli eretici che in sé e di per sé è più impura dell’adulterio [cf. QUI].

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Non posso concludere questa rassegna di attrici dalla voce miagolosa dimenticando la bella e infelice Lilli Carati, al secolo Ileana Caravati [1956-2014 – cf. QUI, QUI] di cui conservo un ricordo struggente, pur avendoci parlato una sola volta, dopo che le era stata diagnosticata la malattia che la strappò alla vita nel 2014, incontrandola per caso presso un centro oncologico dove mi ero recato a visitare un amico che versava in stato ormai terminale. Sarebbe bello poter narrare quanto si manifestò delicato e di fondo cristiano l’animo di questa donna che si apprestava a concludere la sua esistenza dopo una lunga sequela di scelte sbagliate, ma si tratta di quei colloqui e ricordi che un sacerdote deve portarsi con sé nella tomba. Come il tenerissimo colloquio che ebbi anni fa a Ladispoli, mentre ero ospite di amici, con quell’anima tanto infelice quanto bella di Laura Antonelli [1941-2015], che fu icona della bellezza e dell’erotismo, di salute ormai malferma e fisicamente distrutta, alla quale donai una corona del rosario benedetta dal Santo Padre, dinanzi alla quale scoppiò in lacrime dalla gioia.

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La locandina del film L’anatra all’arancia, protagonisti principali di questa pellicola degli anni Settanta due mostri sacri del teatro e del cinema italiano: Monica Vitti e Ugo Tognazzi. Nel 1975 la visione della pellicola fu vietata nei cinema ai minori di 14 anni perché si intravedeva a distanza un piccolo scorcio di fondoschiena di Barbara Buochet, sebbene fosse più pudìco di certe immagini dipinte all’interno delle nostre chiese barocche. Così funzionava in quel periodo, salvo saltare però all’eccesso opposto pochi anni dopo,  quando in prima serata la Rai offriva una macelleria da un tanto al chilo [cf. QUI] …

Chi sia Cristina Siccardi lo provano quindi i suoi scritti strampalati sul piano storico e teologico e le sue conferenze erette su castelli d’ignoranza. Riguardo invece al come prenderla, direi che potrebbe essere presa come una che miagola in lefebvriano, mentre nelle proprie sconclusionate conferenze esalta il confuso e testardo Vescovo Marcel Lefebvre paragonandolo al Santo vescovo e dottore della Chiesa Atanasio d’Alessandria, vale a dire equiparando di fatto il Concilio Vaticano II all’eresia ariana [cf. QUI, QUI].

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A maggior ragione torna con tenerezza umana e pastorale alla mia mente il ricordo di quell’anima sofferente di Lilli Carati, pronta ad ammettere i propri errori passati, quelli che un’austera papessa lefebvriana come la Siccardi non ammetterebbe mai, ossia d’aver sbagliato per indomabile superbia ad auto-eleggersi al rango di esperta tuttologa in discipline complesse e delicate quali la storia della Chiesa, la dogmatica sacramentaria, il diritto canonico e via dicendo, conoscendo di fatto male il Catechismo di San Pio X, ed agendo di conseguenza contro la Chiesa anziché nella Chiesa, contro Pietro anziché sotto Pietro. Il tutto perché convinta d’essere non solo una vera cattolica, ma una concessionaria del Padreterno che possiede l’autentico Mistero della Verità, proprio come la boutique d’intimo di Via Monte Napoleone a Milano possiede la concessione esclusiva per la vendita dei baby doll e delle guèpiére di Christian Dior.

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I “moralisti immorali che al seguito della Siccardi e affini si stracciano da mesi le vesti sul pericolo “ereticale” della Comunione ai divorziati risposati, dimenticano per loro ovvio comodo che il primo dei peccati capitali, considerato da sempre la regina di tutti i vizi capitali, non è la lussuria, ma la superbia. E questo non lo insegna il “diabolico conciliabolo” Vaticano II, al quale, come afferma la Siccardi, l’eroico Marcel Lefebvre si oppose come Sant’Atanasio d’Alessandria si oppose all’eresia ariana; questo lo insegna il santissimo e sempre validissimo Catechismo di San Pio X, che costoro conoscono e insegnano solo quando fa a loro comodo e dove a loro fa comodo, per supportare una ideologia pseudo-cattolica sempre più cupa, di certo meno cattolica del libro infelice ed eterodosso pubblicato di recente dal Cardinale Walter Kasper a lode di Lutero [vedere articolo di Giovanni Cavalcoli, QUI]. Questo Cardinale è indubbiamente un filo-protestante e un irriducibile rahneriano, con una visione teologica errata della ecclesiologia e dell’ecumenismo; nel suo pensiero ricorrono diversi dei principali errori del modernismo e forse è pure il diretto fautore di alcuni pessimi consigli dati al Sommo Pontefice, ma non oserebbe mai accusare Pietro di eresia o di apostasia dalla fede cattolica, o di rompere l’unità della Chiesa. Questo il motivo per il quale, se proprio fossi indotto a una scelta obbligata senza alcuna possibilità di rifiuto, come devoto figlio della Chiesa e devoto presbìtero sceglierò sempre i Kasper, mai i lefebvriani ed i miagolii delle loro gattine acide e mielose che si dimenano alle Messe in rito antico, tra gli alabardieri che vantano quarti di nobiltà e le aspiranti contessine che beatificano senza pena di storico ridicolo quella calamità che fu per l’Italia e la Chiesa Cattolica la loro compianta Casa Savoia, fautrice di leggi anti-ecclesiastiche varate dai sabaudi sotto il modello legislativo di Napoleone Bonaparte, nonché scritte sotto diretta dettatura dei frammassoni. Il tutto avveniva in un’epoca nella quale, presso il Regio Senato e la Regia Camera dei Deputati del Regno d’Italia, i senatori ed i deputati menzionavano il Sommo Pontefice Pio IX chiamandolo «maiale» e il Sommo Pontefice Leone XIII chiamandolo «osso di merda». Così stanno le cose, se dal penoso romanzo siccardiano alla Liala per aspiranti contessine sognanti, vogliamo passare invece alla seria analisi storica, cosa questa che richiede anzitutto persone colte, competenti e soprattutto serie. E la vera cultura, la vera competenza e la vera serietà, nascono e procedono dal rifiuto della superbia e da quella straordinaria virtù dell’umiltà che porta all’ascolto, cosa purtroppo impossibile per coloro che ascoltano solo le ragioni di se stessi e che poi le mutano prima in verità assolute, poi in ideologie chiuse e aggressive.

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Virgo Fidelis! Un riconoscente encomio ai Carabinieri che hanno salvata L’Isola di Patmos

– Nei secoli fedeli –

VIRGO FIDELIS ! UN RICONOSCENTE ENCOMIO AI CARABINIERI CHE HANNO SALVATA L’ISOLA DI PATMOS

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Se non fosse stato per il tempestivo intervento dei Carabinieri della stazione di Ortigia in Siracusa, sarebbe andato perduto l’intero archivio dell’Isola di Patmos, giunta nei primi sette mesi di quest’anno [dal 1° gennaio al 1° agosto 2016] a quattro milioni di visite.

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Autore Redazione dell'Isola di Patmos

Autore
Redazione dell’Isola di Patmos

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medaglia valore civile

riconoscente encomio dell’Isola di Patmos ai Carabinieri di Ortigia

Se non fosse stato per il tempestivo intervento dei Carabinieri della stazione di Ortigia in Siracusa, sarebbe andato perduto l’intero archivio dell’Isola di Patmos, giunta nei primi sette mesi di quest’anno [dal 1° gennaio al 1° agosto 2016] a quattro milioni di visite.

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In questo periodo i Padri dell’Isola di Patmos  Giovanni Cavalcoli e Ariel S. Levi di Gualdo, ed il loro collaboratore, il filosofo e teologo Jorge A. Facio Lince, si trovano sparsi agli estremi angoli d’Italia. Il Padre Giovanni risiede in un convento domenicano di Varazze, presso le Cinque Terre, in Liguria; il Padre Ariel si trova al momento con Jorge nell’Ortigia di Siracusa, cuore dell’antica città greca, dove prima di diventare prete acquistò una casa per i suoi soggiorni, in un ambiente al quale  è da sempre affezionato e dov’è conosciuto e beneamato dalla popolazione locale.

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la piazzetta dove si affaccia l’abitazione del Padre Ariel

Quando soggiorna a Siracusa il Padre Ariel presta servizio presso l’Opera Bethania, poco fuori città, nella riserva marina del Plemmirio. Presso quest’opera, assieme a sette religiose, vive un anziano presbitero di 88 anni, colpito anni fa da un ictus cerebrale che ha tolto lui la deambulazione e l’uso della parola, quindi non in grado di poter celebrare la Santa Messa. Aiutato dal Padre Ariel e dal giovane Jorge che lo assiste durante le sacre celebrazioni, l’anziano presbìtero è così in grado di concelebrare la Santa Messa presieduta da un confratello dotato di tutte le necessarie facoltà psico-fisiche.

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furto balcone con vetro intatto

il balcone prima dell’intrusione dei ladri

Nella giornata di ieri, sabato 6 agosto, il Padre Ariel si è recato assieme a Jorge presso l’Opera Bethania per la celebrazione della Santa Messa pre-festiva. durante il viaggio di ritorno sono stati raggiunti al telefono da una vicina di casa britannica naturalizzata da molti anni a Siracusa, che li ha avvisati di un’intrusione nel loro alloggio dal balcone di casa. All’interno dell’abitazione era rimasta un’altra delle colonne dell’Isola di Patmos: Ipazia gatta romana, la gatta filosofa, nata e raccolta a Roma nel giugno del 2013 tra le Catacombe di Priscilla e la Scuola della Polizia di Stato.

 

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furto vetro rotto

lo scasso del balcone

I ladri sono saliti sul balcone della casa attorno alle 20.30 e con un mazzolo hanno spaccato il vetro anti-sfondamento e aperta la porta. Ipazia gatta romana, udito il primo rumore si è resa “irreperibile” salendo nella mansarda al secondo piano dove si trova la camera di Jorge, nascondendosi sotto le coperte del suo letto, dov’è rimasta fin quando i “suoi due uomini” sono rientrati a casa.

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le due postazioni di lavoro di Jorge (sinistra) e del Padre Ariel (destra) senza più i due computer

Nessun danno all’abitazione e nessun atto di vandalismo, come spesso accade in questi casi. I ladri sono entrati solo nella sala-studio che si affaccia sulla piazzetta dove si trova l’antica basilica paleocristiana di San Pietro [V° sec. d.C], senza neppure accedere nella adiacente camera del Padre Ariel, né salendo nella camera di Jorge al secondo piano. I ladri si sono limitati a portare via i due computer, all’interno dei quali erano archiviati 10 anni di lavori, compreso l’intero archivio editoriale dell’Isola di Patmos.

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l’Arcivescovo Metropolita di Siracusa in visita pastorale alla stazione dei Carabinieri di Ortigia  [cliccare sopra l’immagine per aprire il video]

Nel giro di pochi minuti sono accorsi i Carabinieri della stazione di Ortigia, affidata al comando del M.llo Santo Parisi. Ai militi della Benemerita il Padre Ariel ha detto: «Non fatevi trarre in inganno dalla mia apparente “calma”, perché il danno che ho subìto non è neppure quantificabile. Dentro il mio computer e in quello del mio collaboratore sono archiviati 10 anni di lavori. Ed ha aggiunto: «… ma c’è di peggio: io ho svolto vari lavori per diverse istituzioni della Santa Sede, due dei quali tutt’oggi in corso presso la Congregazione per le cause dei santi, ed alcuni dei materiali d’archivio che si trovano all’interno del mio computer, per quanto accessibili solo con password, sono coperti da segreto pontificio».

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il Generale Umberto Pinotti in visita alla stazione dei Carabinieri di Ortigia ritratti all’interno del chiostro dell’ex convento domenicano del XIV secolo dal quale fu ricavata a fine Ottocento la caserma

La leggenda popolare narra l’omertà dei siciliani che come le tre scimmie letterarie «Non vedono, non sentono, non parlano». Si tratta però di leggende legate a un passato remoto, perché tutti i vicini hanno invece fornito indicazioni risultate utili ai Carabinieri per procedere a colpo sicuro.

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Trascorse neppure due ore dal furto i militi sono tornati dal Padre Ariel dicendogli: «Abbiamo qualche cosa da consegnarle …». In tempo record i Carabinieri avevano recuperata la refurtiva salvando così tutti gli archivi accumulati nel corso degli anni, incluso l’intero archivio dell’Isola di Patmos.

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furto convento domenicani ortigia

scorcio del chiostro dell’ex convento domenicano di Ortigia adibito oggi a caserma dei Carabinieri

I due Padri dell’Isola di Patmos, il loro collaboratore Jorge A. Facio Lince, la webmaster Manuela Luzzardi, ed anche Ipazia, gatta romana, invocano con somma riconoscenza per i Carabinieri della Stazione di Ortigia le migliori grazie della Virgo Fidelis, materna protettrice della Benemerita Arma, per merito dei quali non sono andati perduti anni di lavori scientifici ed editoriali, oltre a vari documenti d’archivio strettamente riservati. 

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Il Padre Giovanni Cavalcoli, con un tocco di sagace umorismo romagnolo, ci ha fatto notare che la Stazione dei Carabinieri di Ortigia si trova nel complesso di un ex convento storico dei Frati Domenicani eretto nel XIV secolo. Come dire … quando c’è di mezzo la salvezza, in un modo o nell’altro, c’entrano sempre, direttamente o indirettamente, i Domenicani !

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Al termine della Santa Messa vespertina di questa XIX domenica del tempo ordinario, il Padre Ariel ha recitato davanti all’assemblea dei fedeli, dinanzi all’Immagine della Beata Vergine Maria, la preghiera alla Virgo Fidelis per i Carabinieri, in segno di riconoscenza per questo sventato danno che tutta la redazione dell’Isola di Patmos ha accolto come una autentica grazia di Dio, grazie all’opera dei Militi della Benemerita.

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Preghiera del Carabiniere

Dolcissima e gloriosissima Madre di Dio e nostra,
noi Carabinieri d’Italia,
a Te eleviamo reverente il pensiero,
fiduciosa la preghiera e fervido il cuore!

Tu che le nostre Legioni invocano confortatrice e protettrice
con il titolo di “Virgo Fidelis”.
Tu accogli ogni nostro proposito di bene
e fanne vigore e luce per la Patria nostra.

Tu accompagna la nostra vigilanza,
Tu consiglia il nostro dire,
Tu anima la nostra azione,
Tu sostenta il nostro sacrificio,
Tu infiamma la devozione nostra!

E da un capo all’altro d’Italia
suscita in ognuno di noi
l’entusiasmo di testimoniare,
con la fedeltà fino alla morte
l’amore a Dio e ai fratelli italiani.
 
Amen!

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Virgo Fidels

raffigurazione pittorica della Virgo Fidelis ispirata alla Pietà di Michelangelo, che tiene tra le braccia il corpo senza vita dell’eroe Salvo d’Acquisto avvolto nella bandiera italiana

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Il diaconato alle donne? C’è chi parla di “ripristino”, ma come si può ripristinare ciò che non è mai esistito?

– Theologica –

IL DIACONATO ALLE DONNE? C’È CHI PARLA DI «RIPRISTINO», MA COME SI PUÒ RIPRISTINARE CIÒ CHE NON È MAI ESISTITO?

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tra tripudi di giornaliste cattoliche “impegnate” e teologhe femministe che gridano già “vittoria!”, le televisioni stanno parlando ed i giornali titolando che «Papa Francesco ha aperto al diaconato alle donne». Molto avrei da dire sulle giornaliste cattoliche “impegnate” e sulle teologhe femministe che stimo assai peggiori delle sette piaghe d’Egitto e che già stanno parlano e scrivendo del «ripristino» del diaconato femminile», che a loro dire «esisteva nei primi secoli di vita della Chiesa», mentre in verità nulla di ciò è mai esistito.

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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PDF formato stampa: studio sul diaconato femminile

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donne prete

rasserenatevi, cari fedeli cattolici, nella nostra Santa Chiesa non saremo messi bene, ma nessuno ha intenzione di mutarla in una succursale del Carnevale di Rio de Janeiro

Il Sommo Pontefice, in una delle sue espressioni a braccio, è tornato a sollevare l’ennesimo vespaio, dinanzi al quale viene da chiedersi: nel lanciare certe battute che in pochi minuti fanno poi in giro del mondo riempendo le pagine dei giornali, il nostro Augusto Pontefice, può non rendersi pienamente conto di ciò che dice, o forse se ne rende invece conto? La risposta a siffatto quesito è racchiusa nella sua coscienza, che solo Dio può leggere.

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Il Sommo Pontefice ha l’abitudine – a mio parere fuorviante – di lasciarsi intervistare dai giornalisti e di consentire che le persone pongano a lui delle domande a bruciapelo in contesti pubblici; e spesso sono domande incentrate su temi di straordinaria delicatezza ai quali non si può rispondere con una battuta più o meno telegrafica. Né si può rispondere in modo improvvisato e vago, perché nessuno di noi è onnisciente; e le discipline filosofiche, teologiche, storiche, giuridiche, sono talmente complesse e articolate che neppure il Vicario di Cristo in terra può conoscere di ogni singola scienza tutto quanto il sapere.

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2. vescova

Preghiera: «Signore, i tuoi Sacerdoti ti ringraziano per il dono incommensurabile della castità» (Ave, Pater et Gloria …)

Ma vediamo anzitutto cos’è realmente accaduto: durante l’incontro col Sommo Pontefice dell’Unione delle Superiore Maggiori «le consacrate hanno presentato la questione dell’apertura alle donne del diaconato permanente, con riferimento alla Chiesa primitiva. Francesco ha ricordato che l’antico ruolo delle diaconesse non risulta tuttora molto chiaro e si è detto disponibile a interessare della questione una Commissione di studio» [vedere testo su Radio Vaticana, QUI].

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Il Santo Padre non ha dato una risposta, ha replicato dicendosi «disponibile a interessare della questione una Commissione di studio». Ma nel giro di poche ore, tra tripudi di giornaliste cattoliche “impegnate” e teologhe femministe che gridano già “vittoria!”, le televisioni stanno parlando ed i giornali titolando che «Papa Francesco ha aperto al diaconato alle donne». Molto avrei da dire sulle giornaliste cattoliche “impegnate” e sulle teologhe femministe che stimo assai peggiori delle sette piaghe d’Egitto e che già stanno parlando e scrivendo del «ripristino» del diaconato femminile», che a loro dire «esisteva nei primi secoli di vita della Chiesa», mentre in verità nulla di ciò è mai esistito.

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1. vescova

Preghiera: «Signore, i tuoi Sacerdoti ti ringraziano per il dono incommensurabile della castità» (Ave, Pater et Gloria …)

Sono molto lieto che il Sommo Pontefice, rispondendo, si sia in un certo senso messo al riparo affermando: «l’antico ruolo delle diaconesse non risulta tuttora molto chiaro». Altrettanto lieto sono del fatto che abbia pensato di far sì che anche a ciò sia data risposta, come già in passato fu data alle istanze sul sacerdozio alle donne; e la risposta ricordiamo che fu la seguente: 

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«Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa» [2] 

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3. vescova

Preghiera: «Signore, i tuoi Sacerdoti ti ringraziano per il dono incommensurabile della castità» (Ave, Pater et Gloria …)

La risposta fu «no» con carattere definitivo. Colgo l’occasione per spiegare cosa s’intende in teologia dogmatica con definitorio e definitivo. Il modo definitorio si esprime attraverso il dogma e implica l’infallibilità. Il modo definitivo si esprime quando il Sommo Pontefice procede a «confermare i fratelli nella fede» [cf. Lc 22,32]. In ambo i casi, sia esprimendosi attraverso il magistero definitivo sia attraverso il magistero definitorio, egli si esprime infallibilmente [3]. 
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Non avendo io né fili diretti col Sommo Pontefice né coi suoi stretti collaboratori, visto che egli intende incaricare una commissione di studio, desidero mettere ad essa a disposizione fin da adesso uno studio già fatto su questo tema, che è appunto lo studio mio. Questo studio lo pubblicai nel febbraio 2010 per confutare una affermazione peregrina del Cardinale Carlo Maria Martini, il quale si auspicava, proprio come oggi si auspicano le giornaliste cattoliche “impegnate” e le teologhe femministe che stimo assai peggiori delle sette piaghe d’Egitto, il «ripristino» di ciò che nella Chiesa sia di Oriente sia di Occidente non è mai esistito: il diaconato femminile. Cosa che spiego in questo studio già riproposto nel dicembre del 2014 sulle colonne di Theologica dell’Isola di Patmos. 

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come sempre invitiamo ad andare alle fonti e a non basarsi mai sul “sentito dire” e sulle male interpretazioni dei giornali, quindi a leggere il testo ufficiale nel quale è riportato per intero il colloquio del Santo Padre con le religiose

QUI

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NOTE

[1] Costituzione dogmatica Lumen gentium n. 25 e Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della professione di fede del 18 maggio 1998, n. 8.

[2] Ordinatio sacerdotalis del 22 maggio 1994

[3] Ad tuendam fidem, 18 maggio 1998.

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Per leggere lo studio cliccare sotto:

Ariel S. Levi di Gualdo – STUDIO SUL DIACONATO FEMMINILE

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Amoris laetitia, “salutare autocritica”

– Angolo dei Confratelli Ospiti dell’Isola di Patmos

AMORIS LÆTITIA, «SALUTARE AUTOCRITICA»

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È possibile che, via via che passano gli anni, le esortazioni apostoliche post-sinodali diventino sempre più prolisse? È possibile che non si riesca a sintetizzare in poche proposizioni i risultati delle discussioni dei Padri? La concisione, in genere, si sposa bene con l’efficacia e l’incisività: quando ci si dilunga oltre il necessario per trasmettere un determinato messaggio, il più delle volte significa che le idee non erano molto chiare.

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Giovanni Scalese, CRSP

Giovanni Scalese, CRSP *

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Canova eros e psiche

Eros e psiche, opera di Antonio Canova

Mi è stato sollecitato un intervento sulla esortazione apostolica Amoris laetitia. I lettori che mi seguono ab initio [cf. QUI] sanno che non mi piace molto commentare i documenti pontifici. Scrissi in altra occasione: «Le sentenze non si discutono, si applicano». In questa circostanza, pertanto, anziché entrare nel merito della esortazione, preferirei soffermarmi principalmente su alcuni aspetti procedurali, anche se sarà inevitabile fare dei riferimenti ai contenuti.

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Il documento ci invita a essere umili e realisti e a fare una «salutare autocritica» [n.36]. Credo che tale atteggiamento non debba essere rivolto solo verso la Chiesa del passato e la sua prassi pastorale, ma, per essere autentico, debba estendersi a 360° e quindi anche alla Chiesa odierna. Vorrei pertanto fare alcune domande, non con spirito polemico, ma come semplice invito alla riflessione.

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amoris laetitia

l’esortazione post-sinodale Amoris Laetitia

È corretto tornare su questioni che erano state già affrontate in tempi relativamente recenti (il precedente Sinodo sulla famiglia risale al 1980), senza che nel frattempo la situazione fosse radicalmente mutata? È vero che in questi trentacinque anni ci sono state non poche novità, che non erano state allora affrontate (p. es., la fecondazione assistita, la maternità surrogata, la teoria del gender, le unioni omosessuali, la stepchild adoption, ecc.); ma è altrettanto vero che tali tematiche non sono state al centro dei lavori degli ultimi Sinodi e sono toccate solo in parte e di sfuggita nell’esortazione apostolica. L’attenzione sembrava rivolta esclusivamente su una questione che era stata già ampiamente dibattuta e definita: l’accesso ai sacramenti da parte dei divorziati risposati civilmente. La questione era stata autorevolmente risolta nell’esortazione apostolica Familiaris consortio (n. 84); il suo insegnamento era stato poi ripreso dal atechismo della Chiesa cattolica (n. 1650) e ribadito dalla Lettera della Congregazione per la dottrina della fede del 14 settembre 1994 e dalla Dichiarazione del Pontificio Consiglio per i testi legislativi del 24 giugno 2000. Mi rendo perfettamente conto che Amoris laetitia sfugge a questa logica dottrinale-giuridica, per porsi su un piano squisitamente pastorale; chiedo solo: è corretto rimettere in discussione un insegnamento ormai praticamente definitivo?

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il Santo Padre Francesco con il Cardinale Carlo Caffarra, oggi Arcivescovo emerito di Bologna, considerato uno tra i più grandi esperti dei problemi sulla famiglia

È corretta la procedura seguita per affrontare questo tema? Prima il Concistoro straordinario nel febbraio 2014; poi l’assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi nell’ottobre dello stesso anno; successivamente, la emanazione dei due motu proprio sulle cause di nullità matrimoniale nell’agosto 2015; quindi l’assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi nell’ottobre immediatamente successivo; infine l’esortazione apostolica post-sinodale appena pubblicata. Finora non si era mai vista una simile procedura: non era sufficiente un’unica assemblea sinodale, debitamente preparata? Era proprio necessario questo “martellamento” durato due anni? A qual fine? Senza contare poi le anomalie registrate lungo il cammino: la segretezza della relazione al Concistoro e del dibattito sinodale; la relazione post disceptationem del Sinodo 2014, che non rifletteva i risultati del dibattito; la relazione finale del medesimo Sinodo, che riprendeva tematiche che non erano state approvate dai Padri; la lettera riservata dei tredici cardinali all’inizio del Sinodo 2015, denunciata pubblicamente come “cospirazione”; ecc.: sono cose normali?

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sinodo dei vescovi seduta

una seduta del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia

È corretto insinuare determinate soluzioni pastorali, che non erano state accolte dai Padri sinodali (e pertanto non potevano essere riprese nel testo dell’esortazione), nelle note del documento? È corretto mettere in discussione in un documento del magistero l’insegnamento di un documento precedente con la seguente formula: «molti … rilevano» [nota 329)] “Molti” chi? “Rilevano” a che titolo? Inoltre, quale tipo di adesione richiede la nota 351, che ammette una possibilità in aperto contrasto con con l’insegnamento e la prassi ininterrotta della Chiesa, basandosi su argomenti che erano stati già presi in considerazione e giudicati insufficienti a giustificare una deroga a quell’insegnamento e a quella prassi [cf. la Lettera della Congregazione della Dottrina della fede del 14 settembre 1994, in particolare il n.5: «Tale prassi di non ammettere i divorziati risposati all’Eucaristia], presentata [da Familiaris consortio] come vincolante, non può essere modificata in base alle differenti situazioni»]?

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assemblea dei fedeli

assemblea dei fedeli

Non ci si dovrebbe preoccupare, quando si pubblica un documento, di che cosa arriverà ai fedeli? In Evangelii gaudium si poneva, giustamente, il problema della comunicazione del messaggio evangelico [n.41)] in Amoris laetitia si ammonisce di «evitare il grave rischio di messaggi sbagliati» [n.300]. Il fatto che nei giorni successivi all’uscita dell’esortazione siano stati pubblicati commenti contrastanti fra loro non dovrebbe far riflettere? Non sarà che il linguaggio usato non fosse sufficientemente chiaro? È possibile che sullo stesso documento ci sia chi afferma che non cambia nulla e chi lo considera rivoluzionario? Se una affermazione fosse chiara, non se ne dovrebbero poter dare contemporaneamente due interpretazioni opposte. La confusione provocata non dovrebbe essere un campanello d’allarme? In Amoris laetitia non si ignora il problema: «Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione» [n.308], ma poi, con Evangelii gaudium [n.45)], si risponde che è preferibile una Chiesa che «non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada». Si è tentati addirittura di pensare che la confusione venga intenzionalmente ricercata, perché in essa agirebbe lo Spirito e in essa Dio va ricercato. Personalmente preferisco credere, con San Paolo, che «Dio non è un Dio di disordine, ma di pace» [1 Cor 14:33].

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libri

le vecchie, amate e belle scaffalature dei libri …

È possibile che, via via che passano gli anni, le esortazioni apostoliche post-sinodali diventino sempre più prolisse? È possibile che non si riesca a sintetizzare in poche proposizioni i risultati delle discussioni dei Padri? La concisione, in genere, si sposa bene con l’efficacia e l’incisività: quando ci si dilunga oltre il necessario per trasmettere un determinato messaggio, il più delle volte significa che le idee non erano molto chiare. Senza contare che, elaborando documenti eccessivamente lunghi, si rischia di scoraggiare anche i più volenterosi a intraprenderne la lettura e li si costringe ad accontentarsi dei sunti, solitamente parziali e di parte, che ne fanno i mezzi di informazione.

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psicoterapia

«… cominci a narrarmi la sua infanzia»

È proprio necessario che i documenti pontifici si trasformino in trattati di psicologia, pedagogia, teologia morale, pastorale, spiritualità? È questo il compito del magistero della Chiesa? Prima si afferma che «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero» [n.3] poi, di fatto, ci si pronuncia su ogni aspetto e si rischia addirittura di cadere in quella “casuistica insopportabile”, che pure, a parole, si dice di deprecare [n.304]. Al magistero spetta il compito di interpretare la parola di Dio [Dei Verbum, n.10; Catechismo della Chiesa cattolica, n.85], definire le verità della fede, custodire e interpretare la legge morale, non solo evangelica, ma anche naturale [Humanae vitae, n.4]. Il resto — la spiegazione, l’approfondimento, le applicazioni pratiche, ecc. — è sempre stato lasciato ai teologi, ai confessori, ai maestri di spirito, alla coscienza ben formata dei singoli fedeli. Un’esortazione apostolica, destinata a tutti i fedeli, non può, a mio parere, diventare un manuale per confessori.

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astrattezza

il problema dell’astrattezza …

È giusto insistere sull’astrattezza della dottrina [nn. 22; 36; 59; 201; 312], contrapponendola al discernimento e all’accompagnamento pastorale, quasi non ci fosse possibilità di convivenza fra le due realtà? Che la dottrina sia astratta, non mette conto di sottolinearlo: lo è per natura; come la prassi, di per sé, è pratica. Ma ciò non significa che nella vita umana non ci sia bisogno dell’una e dell’altra: la prassi deriva sempre da una teoria, basti pensare che in Amoris laetitia si ripete per ben due volte, ai nn. 3 e 261, un principio filosofico — e pertanto astratto — che era stato già enunciato in Evangelii gaudium ai nn. 222-225: «Il tempo è superiore allo spazio». Ragion per cui è importante che la prassi, per essere buona (“ortoprassi”), sia ispirata da una dottrina vera (“ortodossia”); in caso contrario, una dottrina errata genererebbe inevitabilmente una prassi cattiva. Disprezzare la dottrina non giova a nulla, serve solo a privare la prassi del suo fondamento, della luce che dovrebbe guidarla. Non ci si accorge, inoltre, che il parlare della prassi non si identifica con la prassi stessa, ma costituisce solo una teoria della prassi? E la teoria della prassi è pur sempre una teoria, altrettanto astratta quanto la dottrina a cui si vuole contrapporre la prassi.

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Bologna-chiesa-del-Baraccano-anni-50 giuseppe savini

Bologna, Chiesa del Baraccano, anni ’50 [foto di Giuseppe Savini]

Descrivere la Chiesa del passato come una Chiesa esclusivamente interessata alla purezza della dottrina e indifferente ai problemi reali delle persone, non è forse una caricatura che non corrisponde in alcun modo alla realtà storica? Arrivare al punto di usare certe espressioni [n. 49: «Invece di offrire la forza risanatrice della grazia e la luce del Vangelo, alcuni vogliono “indottrinare” il Vangelo, trasformarlo in “pietre morte da scagliare contro gli altri”»; n. 305: «Un pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa “per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite”»] è non solo offensivo, ma falso e ingeneroso verso quanto la Chiesa ha fatto e continua a fare, pur fra mille contraddizioni e infedeltà, per la salvezza delle anime. Nella Chiesa il discernimento e l’accompagnamento pastorale, magari chiamati con nomi diversi e senza fare troppe teorizzazioni, ci sono sempre stati; solo che finora ciascuno faceva il suo mestiere: il magistero insegnava la dottrina, i teologi l’approfondivano, i confessori e i direttori spirituali l’applicavano ai singoli casi. Oggi invece sembrerebbe che nessuno riesca più a distinguere la specificità del proprio ruolo.

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Trasformare le esigenze della vita cristiana in “ideali” [nn. 34; 36; 38; 119; 157; 230; 292; 298; 303; 307; 308] non significa — davvero in questo caso — trasformare il cristianesimo in qualcosa di astratto, peggio, in una filosofia, se non addirittura in una ideologia? Non significa forse dimenticare che la parola di Dio è viva ed efficace [Eb 4:12], che la verità rivelata è una “verità che salva” [Dei Verbum, n. 7; Gaudium et spes, n. 28], che il vangelo «è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» [Rm 1:16], che «Dio non comanda l’impossibile; ma, quando comanda, ti ammonisce di fare quello che puoi e di chiedere quello che non puoi, e ti aiuta perché tu possa farlo» [Concilio di Trento, Decreto sulla giustificazione, c. 11; cf Agostino, De natura et gratia, 43, 50]?

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ministero pastorale

la pastorale non può prescindere dalla dottrina e viceversa …

Siamo sicuri che la “conversione pastorale” [Evangelii gaudium, n. 25], che si richiede alla Chiesa odierna, sia un bene per essa? Ho l’impressione che alla base di tale conversione ci sia un equivoco di fondo, già presente al momento dell’indizione del Concilio Vaticano II e giunto fino ai nostri giorni: pensare che non sia più necessario che la Chiesa oggi si prenda cura della dottrina, essendo già essa sufficientemente chiara, conosciuta e accettata da tutti, e che ci si debba preoccupare solo della prassi pastorale. Ma siamo proprio sicuri che la dottrina sia oggi così chiara, che non necessiti di ulteriori approfondimenti e di essere difesa da interpretazioni erronee? Siamo proprio certi che tutti, oggi, conoscano la dottrina cristiana? Non basta rispondere a queste domande dicendo che c’è il Catechismo della Chiesa cattolica: primo, perché non è scontato che tutti lo conoscano; secondo, perché, quand’anche fosse conosciuto, non è detto che sia da tutti condiviso. Se è vero che «la misericordia non esclude la giustizia e la verità, ma anzitutto dobbiamo dire che la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione piú luminosa della verità di Dio» [Amoris laetitia, n. 311], è altrettanto vero che «non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo, è eminente forma di carità verso le anime» [Humanae vitae, n. 29; cf Familiaris consortio, n. 33;Reconciliatio et paenitentia, n. 34; Veritatis splendor, n. 95]. E il servizio che il magistero deve offrire alla Chiesa è, innanzi tutto, il servizio della verità [Catechismo della Chiesa cattolica, n. 890]; proprio insegnando la verità che salva il magistero assume un atteggiamento pastorale e “misericordioso” verso le anime. Solo quando il magistero avrà adempiuto a questo suo compito primario, gli operatori pastorali potranno, a loro volta, formare le coscienze, fare opera di discernimento e accompagnare le anime nel loro cammino di vita cristiana.

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* Giovanni Scalese [Roma, 1955] è sacerdote e teologo dell’Ordine dei Chierici Regolari di San Paolo (Padri Barnabiti).

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.,Senza peli sulla lingua

Pensieri in libertà di un Querciolino errante,

di Giovanni Scalese

[edito il 14 aprile 2016]

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grafica e foto a cura della redazione dell’Isola di Pamos

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Pedofilia: “Il caso Spotlight” è una ottima raffigurazione filmica della piaga dell’omertà clericale

PEDOFILIA: «IL CASO SPOTLIGHT» È UNA OTTIMA RAFFIGURAZIONE FILMICA DELLA PIAGA DELL’OMERTÀ CLERICALE

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Il caso di Spotlight” è un film che merita apprezzamento per il modo in cui il regista e gli attori hanno rappresentato il cuore di questo doloroso problema, costituito da quell’omertà clericale che da sempre caratterizza e avvolge sia i peggiori casi di pedofilia sia i vari disordini sessuali manifestati da non pochi membri del nostro clero secolare e regolare. E adesso ve lo spiego io sulla mia vita vissuta e sulla mia pelle, che cosa comporta per un prete violare l’omertà clericale, visto che i prezzi li ho pagati tutti, uno per uno …

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

 

PDF articolo formato stampa

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il caso spotlight

la locandina del film

Un lettore affezionato mi ha segnalato due articoli sulla Nuova Bussola Quotidiana, firmati uno da Massimo Introvigne [cf. QUI] e uno da Stefano Magni [cf. QUI]. L’oggetto di questi due articoli è la pellicola “Il caso di Spotlight”, premiato film-denuncia sui casi di pedofilia che scossero l’Arcidiocesi di Boston e la Chiesa Cattolica in più angoli del mondo [cf. trailer italiano, QUI]. 

I due autori che sulla Bussola Quotidiana hanno firmato i loro articoli, trattano il problema con quella correttezza giornalistica  che alle volte può indurre a cadere nel parziale e nel superficiale. Né Massimo Introvigne, che illustra un problema molto complesso attraverso la sua nota preparazione sociologica; né Stefano Magni, che nel suo ottimo articolo avrebbe potuto a mio parere evitare di definire l’opera come «film ideologico», no sono neppure sfiorati da quella parziale e imperante superficialità che oggi pare farla da padrona.

Io che certi problemi li ho toccati con mano e che mi ci sono ritrovato invischiato pagandone infine un caro prezzo, affermo che questo film, lungi dall’essere “ideologico”, è privo anzitutto di qualsiasi “scena forte” tesa a toccare il sentimento degli spettatori per suscitare in essi sprezzo verso la Chiesa Cattolica; dei sentimenti diversamente suscitati da ben altri film, per esempio “Schegge di paura” [USA, 1996, QUI], “Angeli ribelli” [Irlanda, 2003, QUI], “Magdalene” [2002, UK, QUI], etc ..

Il caso di Spotlight”, a parte alcune imprecisioni dovute alla vasta complessità e gravità di un tema non facile da trattare, merita apprezzamento per il modo in cui il regista e gli attori hanno rappresentato il cuore di questo doloroso problema, costituito da quell’omertà clericale che da sempre caratterizza e avvolge sia i peggiori casi di pedofilia sia i vari disordini sessuali manifestati da non pochi membri del nostro clero secolare e regolare. 

E adesso ve lo spiego io sulla mia vita vissuta e sulla mia pelle, che cosa comporta per un prete violare l’omertà clericale, visto che appunto i prezzi li ho pagati tutti, uno per uno …

Il limite che da anni riscontro nei molti che “presumono” di poter parlare di certi temi che toccano e scuotono a volte il nostro intero sistema ecclesiastico, è dato dalla scarsa propensione spesso mostrata da esponenti più o meno autorevoli del mondo cattolico a prendere il toro per le corna, anche perché tutti sappiamo che si può correre il rischio di essere infilzati, quindi meglio rimanere sugli spalti dell’arena a urlare per il torero o per il toro. O per meglio dire: se ha la meglio il torero, si grida “Viva il torero!”, se ha la meglio il toro, si grida “Viva il toro!”.

Negli anni ho approfondito il complesso problema del gaysmo dentro la Chiesa e nel farlo non ho mai guardato in faccia nessuno, pagandone sino a oggi le conseguenze. Cosa che non hanno invece mai pagato certi laici cattolici impegnati e militanti, presi a gridare assecondo il vento che tira nell’arena per “il torero” o per “il toro”. Questi cattolici impegnati e militanti, seppure avvisati in modo dettagliato, ben se ne guardarono dal sollevare all’epoca mezza voce in mia difesa, quando all’interno della mia Chiesa venivo passato dentro il tritacarne dai peggiori ecclesiastici omertosi per avere osato proferire il vero e per avere denunciato all’Autorità Ecclesiastica certe situazioni intollerabili. N’è prova il fatto che per due anni, nella Diocesi del Vescovo di Roma — che non è governata dal Vescovo di Roma ma dal suo Vicario Generale — celebrai la Santa Messa nelle Catacombe di Priscilla [2011-2013], assistito dal mio prezioso allievo e collaboratore, unica persona presente. Nel mentre, coloro che avrebbero potuto spendere due parole in mia difesa, non dico fossero latitanti, erano semplicemente impegnati nel politicamente corretto, tutti presi a ossequiare i loro padroni per i quali erano impegnati a guidare come dei devoti padroncini i furgoni-merce messi a loro disposizione.

Su certi argomenti penso di poter parlare con sufficiente autorevolezza perché sospiro dietro sospiro, tutto ciò che ho detto e tutte le denunce che all’epoca presentai al Vicariato di Roma, alla Congregazione per il Clero e alla Segreteria di Stato, le ho pagate bastonata dietro bastonata, cattiveria dietro cattiverie, ostracismo dietro ostracismo.

solitudine

la solitudine, spesso compagna del prete …

Non so quanti laici cattolici che ogni sera rientrano a casa loro senza che alcuno li scalfisca, possano parlare con la mia cognizione di causa, che a fine giornata rimanevo invece nella mia casa, che è la Ecclesia intesa anche come mondo ecclesiastico, avvolto dalla cupezza di quella omertà clericale imperante i cui nefasti risultati sono ormai dettagliati nelle motivazioni di sentenza date da numerosi tribunali sparsi in giro per il mondo. Sentenze tutt’altro che inique e lungi dall’esser mosse da sentimenti anti-cattolici, basti considerare che sulle parole di quelle sentenze è stata poi celebrata la penosa liturgia dei mea culpa da parte di quegli stessi ecclesiastici che sino a poco prima avevano redarguito, minacciato e ostracizzato i pochi preti che con coraggio avevano segnalato fatti, situazioni e, soprattutto, quei soggetti ad alto rischio protetti da intere cordate di potenti prelati. E certe persone, nella fattispecie gli omosessuali ecclesiastici per un verso, i pedofili per altro verso, hanno sempre avuto, dentro il mondo ecclesiastico, eserciti di protettori, ma soprattutto di solerti e spesso potenti “copertori”.

E chiunque paghi il prezzo da me pagato, per quanto bastonato a sangue, è però libero, ed essendo libero non ho debiti da pagare, perché il “segreto” di quella cristologica libertà che se realmente conosciuta ci farà liberi [cf. Gv 8, 32] si fonda sulla mancanza di qualsiasi aspirazione di carriera e beneficio ecclesiastico; checché ne dicano certi carrieristi, che non potendomi definire “uomo libero”, mi hanno semmai definito … “uomo pericoloso”, oppure “mina vagante” (!?). Anche per questo motivo io non ho creditori vestiti di rosso che bussano alla mia porta per presentarmi le cambiali in scadenza da pagare, o che mi ricordano i prestiti ottenuti, o semmai le donazioni o le regalie a me elargite sotto forma di sistemazioni, prebende e privilegi ecclesiastici, visto che a me hanno donato solo copiose sberle; e le sberle — come ben sappiamo — sono sempre gratuite, ottengono la grazia all’anima che le riceve e conducono spesso verso l’Inferno quella di chi le elargisce con gratuita o calcolata cattiveria, in sommo sprezzo a quella evangelica verità che ci farà liberi.

E Satana si fece trino (copertina)

Ariel S. Levi di Gualdo. E Satana si fece Trino. Relativismo, indivdualismo, disubbidienza. Analisi sulla Chiesa del terzo millennio. Edito nel 2011 ed a breve in ristampa

Nel 2011, in un mio libro attualmente in ristampa, analizzai in profondità il problema della omosessualizzazione della Chiesa ed il numero di sacerdoti gay sempre più alto, indicandone le ragioni, le origini scatenanti ed anche i possibili rimedi, anche se con questi risultati: non un solo vescovo e cardinale, di quelli che in seguito mi avvicinarono, mi dette torto per ciò che avevo scritto e per il modo chiaro in cui lo avevo scritto. Tutt’altro, collezionai complimenti a volte persino imbarazzanti, dentro le chiuse stanze private dei vari sacri palazzi. E fatta unicamente eccezione per un anziano arcivescovo titolare, che mi accolse sul finire del 2011 prendendosi paterna cura della mia formazione permanente al sacerdozio, nessuno, di questi alti prelati laudatori in privato, mosse mezzo dito per me, mentre un esercito di mediocri monsignorini incattiviti cercava di aggredirmi come un branco di iene inferocite.

I fatti sono fatti e restano tali, ma soprattutto documentati. E l’Autorità Ecclesiastica, a partire da quella romana, lo sa bene, in che modo io sono aduso documentare i fatti; e anche in che modo non parli mai senza prove.

Predicando alle sabbie del deserto e alle canne mosse dal vento ho parlato inutilmente di un golpe omosessualista all’interno della Chiesa [vedere QUI]. Inutilmente ho spiegato che la lobby dei gay non si limita a puntare in alto, perché da tempo è ormai giunta in alto. Sono infatti anni che i gay ecclesiastici ed i loro gay friendly incidono sulle nomine episcopali di candidati più o meno appartenenti alla gaia “pia confraternita”, ed una volta divenuti vescovi cominciano per prima cosa a piazzare i propri fedeli amici nei posti chiave delle diocesi, in molte delle quali imperano gay più o meno palesi in tutte quante le cosiddette stanze dei bottoni, con accesso immediato ai bottoni di attivazione del lancio di missili terra-aria sui buoni preti, o sui pochi che sopravvivono in certe diocesi nelle quali, chi ha la sventura di partecipare in esse ad una assemblea del clero, potrebbe avere a volte l’impressione d’essere finito per sbaglio in una succursale del gay village.

i moderni religiosi

uno spaccato del nuovo stile religioso, dinanzi al quale San Pio da Pietrelcina avrebbe fatto sicuramente salti di gioia …

Come mai è accaduto tutto questo? Il problema nasce a monte agli inizi degli anni Settanta, quando nella stagione del post-concilio si passò dal precedente rigore, forse eccessivo, al lassismo reattivo. E così, in una società in piena trasformazione e con la cosiddetta “liberazione sessuale” ormai imperante, i seminari si andarono svuotando, di più ancora i noviziati e gli studentati delle famiglie religiose e degli stessi ordini storici. Fu a quel punto che molti vescovi e superiori maggiori delle famiglie religiose spalancarono le porte e consentirono l’accesso alla formazione al sacerdozio e alla vita religiosa a soggetti che mai, in precedenza, sarebbero stati ammessi in un seminario o in un noviziato. E quando si creano dei covi di vipere, accade che le vipere si riproducano tra di loro e alla buona occorrenza tutte assieme mordano e tentino di avvelenare chiunque cerchi in qualche modo di colpirle.

Se quarant’anni fa era ragionevole dire che il problema nascesse a monte dalla formazione dei futuri nuovi presbiteri e religiosi, oggi, a degenerazione completamente avvenuta, è invece ragionevole dire — ma nessuno purtroppo lo dice — che il problema nasce tutto dall’episcopato. Come infatti spiegai in quel mio libro del 2011: «Coloro che negli anni Settanta capeggiavano all’interno dei seminari la gaia confraternita, oggi ce li ritroviamo vescovi, ed appena divenuti tali, per prima cosa hanno piazzato in tutti i ruoli di rilievo e portato avanti nella scala gerarchica o nella cosiddetta carriera ecclesiastica dei soggetti affini a loro». Questa è la drammatica radice di quel problema che indico ormai da anni, ma purtroppo inutilmente, perché nessuno dentro la Chiesa ha voluto prestare ancora ascolto alle mie parole, soprattutto quando l’evidenza dei fatti mi dava piena ragione.

Spiego anche, sempre in quella mia opera, che l’omosessualità fisica, quella concretamente praticata, è solo la punta estrema di una omosessualità ormai radicalizzata che in sé è molto peggiore e nociva: quella omosessualità psicologica andata ormai al potere ed in virtù della quale è stata infine omosessualizzata la Chiesa. E oggi ci ritroviamo non di rado dinanzi a preti, ma soprattutto dinanzi a vescovi e “uomini” in delicate posizioni di autorità che a volte ragionano con la stizza delle psicologie femminili affette da un loro tipico disturbo, che è l’isteria, parola il cui significato dice tutto, visto che l’etimo greco di questo lemma [ὕστερον, hysteron]  vuol dire utero.

vicariato di roma

il palazzo del Vicariato di Roma

Ma veniamo ai fatti rigorosamente documentati, visto che certi documenti e relazioni le consegnai a mio rischio e pericolo alle seguenti Autorità Ecclesiastiche: all’allora Vescovo ausiliare del settore centro della Diocesi di Roma S.E. Mons. Ernesto Mandara, uomo di cui conservo il vivo e amabile ricordo; all’allora Prefetto della Congregazione per il clero, Cardinale Mauro Piacenza, per mano dell’allora mio Vescovo. E ancora: al Cardinale Giuseppe Bertello, ex Nunzio apostolico in Italia, carica all’epoca vacante, nominato Governatore della Città del Vaticano, al quale andai a consegnare il mio testo nel suo nuovo ufficio presso la Santa Sede con preghiera di far avere quella mia relazione all’allora Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone, perché in gioco era l’immagine della Diocesi di Roma, ossia la Chiesa particolare di quel Sommo Pontefice che su certi temi e problemi si era già espresso in modo deciso e severo attraverso più locuzioni e documenti, pertanto era opportuno evitare che proprio nella sua Diocesi, a sua insaputa ed a causa del mal governo altrui, scoppiassero certi scandali.

In due mie diverse relazioni stilate a inizio 2011 venivano indicati vari casi, a partire da quello del rettore di una antica e prestigiosa basilica romana che da anni manteneva un giro di giovani marchettari, cosa peraltro che da anni tutti sapevano: lo sapeva il Cardinale Agostino Vallini, lo sapeva il suo predecessore al Vicariato di Roma Cardinale Camillo Ruini, lo sapeva il Prelato segretario dell’epoca presso il Vicariato, Mons. Mauro Parmeggiani, promosso in seguito Vescovo di Tivoli; lo sapeva l’allora Arcivescovo castrense Angelo Bagnasco, in seguito promosso Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che per ragioni d’ufficio frequentò per diversi anni quella basilica durante il suo ministero apostolico presso le Forze Armate, per seguire con tanti altri silenziosi prelati, tutti variamente maestri di quella somma “prudenza” che porta talvolta a vedere e al tempo stesso a non agire. Quale fu, infatti, la reazione del Cardinale Mauro Piacenza, quando all’epoca l’allora mio vescovo gli consegnò a mano quella mia relazione? Ne prese atto e rispose che la situazione incresciosa di quella basilica era a loro da tempo nota. E poco dopo, il vescovo latore della mia relazione — che con tutti i suoi pregi e difetti è sempre stato però un vero credente e soprattutto un uomo dotato di morale senso etico e che nei limiti delle sue possibilità cercò di proteggermi da quella grave ingiustizia —, uscì dal palazzo della Congregazione per il clero dicendomi: «Andiamo bene, li abbiamo informati di ciò che già sapevano!». E aggiunse: «Ma ciò che è peggio è che non facciano niente».

chiesa santa teresa

scorcio della chiesa metropolitana di Santa Teresa a Roma

In una di quelle due relazioni indicavo anche il delicato problema dei Carmelitani della Parrocchia di Santa Teresa, dai quali anni dopo scoppiò uno scandalo dai risvolti infernali [cf. QUI, QUI, QUI, QUI]. Appena però nominai i Carmelitani, il prelato mio interlocutore si rabbuiò e mi disse: «Molla sùbito la pezza! I Carmelitani sono nelle grazie del Cardinale Agostino Vallini che ha voluto promuoverne uno, suo notorio pupillo, anch’esso come lui canonista, prima alla carica di vescovo ausiliare di Napoli, poi a quella di Vescovo di Aquino-Sora-Pontecorvo. E ti dirò: sta cercando di portarselo al Vicariato come arcivescovo vicegerente». E così, in effetti, avvenne poco dopo nel 2012, quando il Carmelitano S.E. Mons. Filippo Iannone fu eletto a quell’incarico, affinché “l’organico dirigente” del Vicariato fosse completo nel suo quadro di timorosi e ossequiosi “segretarietti” e “subalterni“, non certo di confratelli nell’episcopato chiamati a collaborare in perfetta comunione per il bene della Diocesi del Vescovo di Roma con il suo Vicario Generale. È infatti noto che certi caporioni vogliono attorno a sé dei subalterni, non dei confratelli vescovi, tanto meno delle menti che ragionano; e li vogliono tali nella proporzione in cui sono inconsciamente consapevoli di essere dei clamorosi mediocri che devono proprio per questo cercare di brillare in ogni modo e con ogni mezzo di luce propria.

Dopo un colloquio tanto riservato quanto drammatico avuto con due alti funzionari della Digos di Roma agli inizi del 2012, fui messo a conoscenza della “vita spericolata” condotta dall’allora Arciabate di Montecassino, Dom Pietro Vittorelli, la cui palese gayezza l’avrebbe vista e percepita persino un cieco, fuorché la buona Autorità Ecclesiastica, caduta letteralmente dalle nuvole quando fu infine reso pubblico che questo indegno successore luciferino di San Benedetto da Norcia era un tossicodipendente impenitente ed altrettanto gay impenitente che manteneva la propria bella vita ed i servizi dei suoi costosi prostituti gay coi soldi sottratti alla Caritas della Diocesi a lui affidata. Inutile ricordare oggi — benché per dovere lo ricordi comunque — a che cosa hanno portato tutti questi casi da me segnalati con anni di anticipo, grazie al non agire delle informatissime Autorità Ecclesiastiche, che se messe dinanzi a certe loro responsabilità di azione, prima che certi fattacci si mutassero in scandali pubblici, non è raro che si irritino nei confronti di chi gli segnala certe cose, facendola semmai pagare a caro prezzo al malcapitato, proprio come accadde al sottoscritto.

confessionale

questo grande ristoro dell’anima …

A parte certe informazioni a me riferite in via del tutto riservata da vari esponenti delle Forze dell’Ordine che frequentavano la basilica romana nella quale all’epoca prestavo servizio, prima di procedere oltre devo per inciso chiarire in che modo sono venuto a conoscenza di certi fatti …

… a partire da poche settimane dopo la mia sacra ordinazione sacerdotale cominciai a essere confessore e direttore spirituale di un numero sempre più crescente di sacerdoti, religiosi, seminaristi secolari e religiosi in formazione, i quali più volte, in foro interno e in foro esterno, prostrati in condizioni di profonda sofferenza interiore o di vero e proprio choc mi riferirono le situazioni gravissime che si ritrovavano a vivere ed a subìre. Siccome non tutti si nasce leoni o aquile, diversi di questi confratelli e diversi seminaristi e religiosi, non sapendo come agire o semplicemente come rivolgersi ai propri superiori e rimanere illesi, mi liberarono dall’inviolabile sigillo sacramentale della confessione e dopo avermi svincolato mi fornirono dettagli, prove e documenti, autorizzando me a segnalare i casi ed a parlare con la competente Autorità Ecclesiastica. Pensate, tra i vari documenti da me consegnati figura persino una ludica raccolta fotografica completa nella quale, i seminaristi di un prestigioso collegio romano, non avevano trovato di meglio da fare che festeggiare il Natale proponendosi come “mignotte” a un baccanale di Bacco e Cerere, ideando poi un servizio fotografico nel quale si erano foto-montati su immagini di nudi e seminudi femminili in coppia con i loro formatori, su figure di donne coi seni prosperosi e via dicendo a seguire. Questa istituzione ha ovviamente un nome, peraltro pure prestigioso, si chiama Almo Collegio Capranica, fucina di molti vescovi e cardinali italiani, specie di diversi dei nostri attuali peggiori, i quali tutti assieme, come una sorta di “loggia segreta”, proteggono all’occorrenza questo almo collegio, all’interno del quale è avvenuto di tutto e di più, con sgomento della stessa Segreteria di Stato alla quale appartiene la sua giurisdizione e dalla quale, oltre allo sgomento per fatti da tempo conosciuti, ci si attenderebbero quei provvedimenti ancora lontani da venire; a meno che dall’organico della Segreteria di Stato non si proceda prima a licenziare gli affiliati alla seletta “loggia segreta” del Capranica [cf. Corrispondenza Romana, QUI].

Ecco dunque illustrato il motivo per il quale, chi di dovere, mi ha sempre trattato con cautela, sapendo che quando parlo od affermo certe cose, non lo faccio mai a vanvera, né per sentito dire né per quel devastante «pare … sembra … si dice …» che affiora invece puntuale sulla bocca di quei clericali che desiderano con tutto il cuore impallinare in ogni modo qualcuno. Io parlo per abitudine sempre e solo sulla base di prove provate e documentate.

notti brave scorcio di filmato 1

un ben poco edificante scorcio di filmato tratto dal servizio “Le notti brave dei preti gay”

A quanto sinora narrato unisco anche un precedente risalente alla fine del 2009, all’epoca che vivevo in una casa sacerdotale internazionale su Colle Aventino. In quel periodo accadde che da quel colle venni a conoscenza di ciò che avveniva “a valle”, cioè al Testaccio, dove un numero preoccupante di preti frequentavano in abiti borghesi i vari locali gay. Cosa del tutto comprensibile che questi preti gay passassero inosservati, perché pare che i monsignorini del Vicariato fossero troppo impegnati a fare battute su di me quando osai presentarmi in più occasioni nei loro uffici con la vesta talare indosso, recepita come se quel mio vestimento ecclesiastico rappresentasse chissà quale oltraggio alla altrui lesa maestà clericale; o meglio alla maestà di coloro che, anziché ridere sulla mia talare ― che di prassi io indosso e porto sempre tutti i giorni ―, forse avrebbero dovuto curarsi dei non pochi preti che in jeans e t-shirt andavano a “palpare l’uccello” in mezzo alle gambe ai cubisti che danzavano seminudi nei locali gay del Testaccio.

Quando segnalai l’andirivieni di preti in questi locali gay, in toni rasenti la minaccia mafiosa mi fu fatto chiaramente capire che se volevo vivere bene a Roma, dovevo imparare a farmi gli affari miei; e in tal senso fui invitato a fare mia ed a vivere quella perniciosa omertà clericale così ben raffigurata dal regista e dagli attori de “Il caso di Spotlight”. Trascorso meno di un anno, mentre nell’estate del 2010 mi trovavo in Germania per studi di approfondimento, fui raggiunto telefonicamente da un mio familiare che mi disse: «Puoi procurarti il settimanale Panorama?». E mi spiegò: «A partire dalla copertina in poi ci troverai scritto tutto quello che tu hai segnalato per tempo ma inutilmente all’Autorità Ecclesiastica». E il titolo sulla copertina era il seguente: «Le notti brave dei preti gay» [vedere QUI]. Cuore del servizio erano i resoconti, corredati di filmati dei festini gay nei locali del Testaccio ai quali partecipavano vari preti, uno dei quali osò persino celebrare al mattino la Santa Messa nel salotto dell’appartamento nel quale s’era dato ai baccanali sodomitici col suo amico occasionale, presente anch’esso alla sacra celebrazione [vedere filmati QUI].

le notti breve dei preti gay copertina

la triste copertina del settimanale Panorama che nel luglio 2010 pubblicò il servizio di Carmelo Abbate corredato poi di video filmati tutt’oggi visibili in rete

Dinanzi a simili evidenze, pensate che l’Autorità Ecclesiastica mi abbia convocato e detto: “… prendiamo atto che avevi ragione e che con anticipo ci avevi indicato il vero, indicandoci persone e situazioni scabrose, ma purtroppo noi non abbiamo agito”? Giammai! Ed è stato proprio perché avevo ragione, in quanto ci avevo visto giusto, che sono stato sottoposto più volte ad angherie dai caporioni dell’esercito degli omertosi che mi hanno giudicato reo di negata omertà clericale. Perché come potete ben capire, l’importante è che la Chiesa domandi perdono agli ebrei, ai musulmani, ai luterani, ai pentecostali, agli indigeni … insomma: a tutti, meno che ai propri devoti sacerdoti, che a loro serio pericolo hanno rischiato all’occorrenza il tutto e per tutto, pur di cercare in qualche modo di difenderla.

Eppoi, parliamoci chiaramente, perché, specie in questo clima di soffocante mediocrità ecclesiastica, se io avessi accettato le regole omertose del gioco e tutto ciò ch’esso comporta, non solo sarei già diventato titolare di una cattedra in una università pontificia, non solo avrei avuto ben altro genere di sistemazione, non solo sarei stato immesso negli àmbiti della cosiddetta più prestigiosa carriera ecclesiastica … di più ancora: forse, dopo un breve periodo di anni, mi sarei persino ritrovano a “pavoneggiarmi” con la mitria in testa e il pastorale in mano in mezzo a un esercito di vescovi che vedono ma non vedono, che sanno ma che fingono di non sapere, che chinano il capo dinanzi ai prepotenti e che bastonano i deboli, che non di rado puniscono le vittime e difendono i carnefici. E la mia è stata — ritengo da sempre —, la scelta giusta, perché non ho mai puntato all’immediato presente, ma all’eterno, vale a dire alla salvezza della mia anima che aspira a raggiungere la visione beatifica nel mistero trinitario del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, al quale intendo guidare anche molti altri Christi fideles come pastore in cura d’anime. E per puntare all’Eterno bisogna scegliere di necessità la croce, senza la quale non c’è risurrezione.

Quando nel 2009 dissi a un membro della Congregazione per la dottrina della fede che il giovane Mons. Krzysztof Charamsa, persona amabile e bravo teologo dogmatico, era palesemente gay [cf. QUI]; quando spiegai che nei suoi studi sulla “teologia” della “sofferenza umana” [cf. QUI] avevo individuato celato dietro le righe il disagio proveniente a monte da un suo stato interiore umano-affettivo riconducibile sicuramente alla sua sessualità, ecco che per tutta risposta, questo autorevole membro, incontrando appresso l’allora mio Vescovo, lamentò che io vedevo omosessuali dovunque e che ero ossessionato dagli omosessuali nella Chiesa. Anche in quel caso, l’allora mio Vescovo, anziché rimproverarmi mi disse: «Il problema, non è che gli omosessuali li veda tu, il problema è che invece non li veda lui!».

Domanda a posteriori a dir poco lecita: dopo il pubblico coming-out di Mons. Charamsa, giunto in giovane età alla prestigiosa carica di segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale, che cosa dovrebbe dirmi, oggi, questo allora membro della Congregazione per la dottrina della fede, promosso in seguito anche vescovo per la sua “lungimiranza” estrospettiva? 

Trovo davvero impressionante che questi prelati e prelatoni, seppure consapevoli di avere sbagliato, di avere rimproverato in passato uno che aveva ragione solo perché diceva e indicava loro il vero; che sebbene consapevoli che di fatto io avevo visto giusto mentre loro di fatto no, per nessuna ragione al mondo ammetterebbero mai di essersi sbagliati, al costo di negare persino l’evidenza dei fatti. O forse perché sono troppo impegnati nella penosa “liturgia” delle scuse presentate e rivolte da Santa Madre Chiesa agli ebrei, ai musulmani, ai luterani, ai pentecostali, agli indigeni … insomma: a tutti ― come dicevo poc’anzi ― meno che ai propri devoti sacerdoti?

Tdazio morte a venezia

immagine del protagonista del giovane Tdazio nella trasposizione cinematografia di Morte a Venezia di Luchino Visconti, che accentua in modo magistrale la efebofilia contenuta nelle pagine di Thomas Mann

E chiudo questa lunga “litania” con l’ultima in ordine di serie: mesi fa, previa diretta conoscenza della persona, della situazione e dei fatti, informai un vescovo toscano che un giovane uomo andava tenuto prudentemente a distanza dal contatto con gli adolescenti negli ambiti parrocchiali, perché affetto da comprovati istinti efebofili. Indirizzai presso un rispettabile presbitero di quella diocesi, dotato di esperienza psicologica, un docente di mia conoscenza ad accompagnare presso di lui uno degli ex adolescenti palpeggiati in passato da questo personaggio, mosso da un rapporto tutto da definire con la fede e la Chiesa, entrambe vissute in una sorta di dimensione estetico-decadente dal sapore di “Morte a Venezia” di Thomas Mann. Ovviamente scrissi una dettagliata informativa a questo vescovo, il quale, quando nel maggio del 2015 lo incrociai presso la plenaria della Conferenza Episcopale Italiana ― dove mi ero recato per salutare alcuni prelati e incontrare altri che mi volevano parlare ―, in risposta alla mia lettera-relazione replicò che lui non era un magistrato e che se avevo qualche cosa da denunciare dovevo rivolgermi non a lui ma alla magistratura. E pochi mesi dopo, questo vescovo, non trovò di meglio da fare che dare prova della propria massima scelleratezza ammettendo questo efebofilo, cultore del bello e dell’estetica liturgico-musicale, nel proprio seminario. 

Inutile a dirsi: se questo soggetto divenisse per nostra somma disgrazia prete, ed una volta prete palpeggiasse un adolescente, io prenderò immediatamente la mia relazione inviata a suo tempo, i testimoni mandati a rendere testimonianza privata a quel vescovo e, senza alcuna esitazione, mi rivolgerò alla magistratura, ma non per denunciare l’efebofilo colto sul fatto, ma il vescovo. E nel mio esposto preciserò che non solo costui non mi ha prestato ascolto quando lo avvisai per tempo con dovizia di prove, ma che dopo essere stato informato di tutto punto sul soggetto ad altissimo rischio, reputò cosa buona e giusta ammetterlo nel proprio seminario. E vedremo, specie con i tempi che corrono oggi, con che faccia questo vescovo dirà ai magistrati che non sapeva niente; o con quale spirito oserà sostenere dinanzi ai giudici che lui non è un magistrato e che quindi, non essendo tale, non aveva alcun dovere e obbligo di vigilare sulla diocesi a lui affidata, al punto tale da ammettere senza problema una volpe dentro il pollaio, sebbene di ciò fosse stato avvisato per anticipo e con tutti i dettagli del caso.

l’Arciprete della Papale Basilica di San Pietro, Cardinale Angelo Comastri, impone le ceneri sul capo del Sommo Pontefice Benedetto XVI

Che la Chiesa abbia emanato documenti in materia è fuori dubbio, come è fuori dubbio che il Venerabile Pontefice Benedetto XVI scrisse una memorabile Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda [cf. QUI], da me considerata uno tra i più importanti atti del suo apostolico ministero pastorale e per questo più volte riportata nel mio saggio già precedentemente citato. Documento nel quale, il Sommo Pontefice allora regnante, spiegò come e in quale pericolosa misura molti vescovi non abbiano tenuto conto, ed in che modo seguitino a non tenere conto di quelle esortazioni, proseguendo imperterriti ad ammettere nei loro seminari sempre più vuoti dei veri e propri eserciti di asessuati — nell’ipotesi migliore —, se non peggio delle persone che palesano una evidente carenza di testosterone maschile e che ricercano nell’apparato estetico, ed in specie estetico-liturgico o estetico-ecclesiastico, il loro punto di rifugio, di sfogo e purtroppo anche di sicura carriera, che di prassi e di rigore fanno, perché se da una parte mirano a riscattarsi, dall’altra mirano all’esercizio del potere sugli altri attraverso ruoli di gran rilievo.

Nel corso degli ultimi anni non è mancata su certi gravi temi né la lungimiranza dei Sommi Pontefici né i documenti che danno precise direttive, come quello nel quale si esorta alla non ammissione nei seminari delle persone con tendenze omosessuali [cf. QUI]. Il problema è che quando un “sistema di governo” si trova a essere infettato proprio da queste persone ormai finite inserite nei ruoli chiave di comando, la conseguenza può essere questa: io finisco per due anni a celebrare la Santa Messa sine populo nelle Catacombe assistito dal mio allievo e collaboratore, mentre non pochi “vescovi-madama” che agiscono con l’umoralità tipica delle donne in menopausa, non trovano di meglio da fare che prendere uno dei propri prediletti gay e nominarlo direttamente rettore del seminario, altro che … non ammissione nei seminari delle persone con tendenze omosessuali! Purtroppo, in non pochi seminari e noviziati religiosi, i primi gay sono risultati essere proprio i formatori. E se non si vuol credere a me, che allora si creda alle sentenze date dai tribunali penali in vari paesi dell’Europa, inclusa l’Italia, sulla base di fatti e prove di una vergogna e di uno squallore tale da deturpare la povera Chiesa di Cristo col lancio delle peggiori sostanze organiche sul suo volto.

Quali soluzioni indicai, nelle pagine di quel mio studio? Anzitutto la soluzione ovvia: con autorità, severità e coraggio, alle vipere andava tagliata la testa. Questo scrivevo nel 2011, salvo vedere diverse di queste vipere diventare uno dietro l’altro vescovi nei successivi anni. 

asessuati

asessuati di tutto il mondo: unitevi!

Come mai giudico non sbagliato ma devastante, che tutt’oggi vi siano ecclesiastici che seguitano a pensare che se uno ha tendenze omosessuali, ciò che conta è che non eserciti fisicamente la propria omosessualità? Giudico questo sbagliato perché, la morale cattolica, troppo a lungo si è incentrata solo sulla dimensione fisico-sessuale e poco su quella psicologica, dimenticando che il sesso e la sessualità è anzitutto una questione mentale, un abito mentale. E come ho affermato in passato, seguito tutt’oggi a ribadire che l’omosessuale represso, colui che non dà alcun genere di sfogo fisico ai propri impulsi sessuali, è da sempre più pericoloso di quello che perlomeno si sfoga in rapporti sessuali con altri uomini. Il represso, da me anche definito come “omosessuale psichico”, è più pericoloso perché vive in una dimensione di cattività e di sempre maggiore incattivimento che trova principalmente sfogo in tre cose: nel perverso piacere a lui derivante dal recare male agli altri, nella brama di potere e nello sfrenato carrierismo, nell’attaccamento ai soldi ed ai beni materiali. Queste persone sono inoltre ricattabili, facilmente manipolabili dai loro “benefattori”, pronti a tradire ed a violare la segretezza, se devono in tal modo rendere grazie o beneficiare i propri padrini, o più semplicemente proteggere uno dei membri della loro gaia confraternita. Per questo ribadisco: gli “omosessuali psichici” che si sono auto-repressi sono peggiori, perché in modo peggiore sfogano la propria repressione in danno della Chiesa e spesso dei preti buoni è sani, che da sempre sono le loro vittime preferite, sotto gli occhi sempre più impotenti dei vescovi e delle autorità ecclesiastiche.

adolescenti

quando dopo mezzanotte gli adolescenti danzano seminudi sui cubi delle discoteche gay, in questo caso non è lecito parlare né di adolescenti né tanto meno di pedofili, anzi bisogna proclamare il “sacro dogma” di “fede” che Gay è Bello. Se però un prete palpeggia un giovane marchettaro di 17 anni e undici mesi, è invece un pericoloso pedofilo.

Nella nostra società schizofrenica dove domina l’ideologia gender, la Chiesa sta mostrando una desolante debolezza e inadeguatezza. Per esempio: come mai, ogni volta che giornali, siti e blog della potente Lobby Gay ci sbattono in faccia gli immancabili “preti pedofili”, nessuno ha il coraggio di replicare che la maggior parte dei presunti preti pedofili, lungi dall’esser tali, in verità sono preti omosessuali, meritevoli come tali di tutte le migliori protezioni e tutele da parte di quella onnipotente madre socio-politico-economica nota come Lobby Gay?

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Quando si tratta di noi preti, accade infatti per incanto che i gay affetti da “puri” e “meravigliosi“ istinti omosessuali, meritevoli come tali di tutela e in caso contrario di accuse d’omofobia gridate verso chiunque osi dissentire, diventano putacaso dei pedofili. Un arcano, questo, che adesso vi spiegherò io, visto che la tremebonda autorità ecclesiastica non lo ha ancora spiegato, pur avendo a disposizione una caterva di riviste cattoliche, agenzie stampa e uffici per le comunicazioni sociali. Rasserenatevi comunque, cari cattolici, perché grazie a Dio c’è L’Isola di Patmos, giovanneo luogo dell’ultima rivelazione, con i suoi agguerriti Padri che non hanno padrini e padroni all’infuori di Nostro Signore Gesù Cristo.

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Montecassino, la storica abbazia dell’Occidente fondata da San Benedetto da Norcia nel VII secolo.

La verità è che i preti si screditano in due principali modi, o meglio con le due famigerate “esse”: sesso e soldi. Beninteso: come clero, negli ultimi anni abbiamo dato il peggio di noi stessi in scandali patrimoniali ed a sfondo sessuale. Basti tornare al paradigma dell’Arciabate di Montecassino, che a quanto sino ad oggi appurato è arrivato a spendere in capricci, ed in specie in capricci di carattere sessuale, 36.000 euro in un solo mese. Prima di proseguire apro però la dolente parentesi che l’Autorità Ecclesiastica s’è guardata dall’aprire: quale genere di rapporto “malato” intercorreva tra il precedente Arciabate di Montecassino, Dom Bernardo D’Onorio [1983-2007], promosso in seguito Arcivescovo di Gaeta [2007], ed il suo successore Dom Pietro Vittorelli [2007-2013]? Perché a volere il Vittorelli prima responsabile della formazione dei monaci come maestro dei novizi e animatore vocazionale ― sempre per tornare al discorso delle volpi poste a guardia dei pollai ― appresso come suo segretario particolare, fu proprio l’allora Arciabate Bernando D’Onorio. Pertanto domando: è legittimo chiedersi dove mai avesse gli occhi e con essi la sapienza e la cristiana prudenza, quell’asessuato psichico dell’Arciabate Bernardo D’Onorio, nel porre in simili ruoli delicati una persona dalla evidente sessualità disordinata come Pietro Vittorelli? E mentre un asessuato passava il proprio pastorale ad un sessuato disordinato, in quali faccende erano affaccendate le Autorità della Santa Sede, alle quali spetta la accettazione e poi la conferma della nomina dell’Arciabate di Montecassino? Perché, come potete ben vedere, certi drammi nascono da una diabolica catena che nessuno s’è preso ancora cura di interrompere, perché per farlo sarebbe necessario andare contro intere cordate di amici degli amici degli amici … E chi ha elementi ragionevoli per smentirmi, che mi smentisca, all’occorrenza anche a colpi di querele, non vedo l’ora di riceverne almeno una! E qualora qualche Autorità Ecclesiastica sollevasse un sospiro su quanto sin qui da me affermato, semmai accusandomi di “irriverenza” e di “inopportunità”, a mia difesa chiamerò una squadra di periti urologi, andrologi e psicologi. E dopo ch’essi avranno periziato che il D’onorio, padre partoriente del mostro Vittorelli, sprizza in realtà virile testosterone maschile da tutti i pori della pelle, io mi genufletterò a chiedere pubblicamente perdono, mi ritirerò a vita privata e non scriverò più neppure un articolo, anzi non scriverò più manco il mio nome. E se proprio sarò obbligato a firmare lo farò con una “X” al fermo scopo di non scrivere, a riprova che un vero uomo e un vero prete — se proprio non vuole e non può essere omertoso — allora è bene che non scriva neppure, perché deve essere sordo, cieco, muto e anche analfabeta.

nichi vendola testimonial

Nichi Vendola con il compagno Ed Testa testimonial della XX edizione del Gay Pride romano [cf. QUI]

Sui giornali ultra laicisti, sui siti e sui blog della potente Lobby Gay, chiunque può leggere le parole di fuoco scritte sull’Arciabate di Montecassino Pietro Vittorelli, riguardo il quale, agli ultra liberisti, agli omosessualisti e agli ideologi del gender che lo hanno additato alla pubblica gogna, manca però un passaggio fondamentale che in malafede ignorano: il Vittorelli non era né un pedofilo né un pericoloso bancarottiere, ma semplicemente un omosessuale impenitente, che posto in un ruolo di governo, o se preferiamo di potere, ha usato mezzi e danaro per spassarsela in giro per il mondo con giovanotti pagati un tanto a centimetro, in base alla lunghezza ed alla circonferenza del loro membro virile. Esattamente come fanno da sempre buona parte dei gay che, avendo soldi a disposizione, possono permettersi capricci pagandoli all’occorrenza con viaggi, con vestiti firmati, con soggiorni in hotels a cinque stelle … il tutto un tanto a centimetro, calcolato sia per la lunghezza sia per la circonferenza del membro virile del loro ganzo di turno. Se poi alla fine gli gira, certi gay si prendono anche un utero in affitto, pagano una donna semmai bisognosa e si fabbricano un bimbo giocattolo ad uso e consumo del loro incontenibile egoismo satanico. E sinceramente, per me, fare questo e promuovere il tutto come “diritto”, è cosa molto peggiore del sottrarre ― come ha fatto il Vittorelli ― soldi alla Caritas per pagarsi i marchettari, con buona pace del neo-papà-gay Nichi Vendola appena ritornato alle porte dei sessant’anni da una fabbrica americana di bambini con il suo compagno che a sua volta potrebbe essere suo figlio. Perché dinanzi a questa gente, non dico sarei pronto a riabilitare l’ex Arciabate di Montecassino, ma sicuramente a considerare, in debita proporzione, quanto la sua colpa sia minore. Ben maggiore è infatti la colpa di una Gianna Nannini, di un Elton John e di un Nichi Vendola che si fabbricano bambini a proprio uso e consumo. Mentre infatti il marchettaro adulto è libero e consenziente nei propri mercimoni con prelati e preti altrettanto adulti e consenzienti, un bimbo o una bimba posti in simili disumane condizioni, non sono né liberi né consenzienti di scegliere simili aberrazioni destinate a segnare tutta la loro esistenza in modo negativo e profondamente traumatico.

le iene prete pomicione

Le Iene di Italia Uno, ormai specializzate nella caccia al prete

Domanda: se questo e altro ancora è lecito a tutti i danarosi omosessuali che sulla toccante musica di Sir Elton John strepitano “gay è bello”, perché mai non dovrebbe essere altrettanto per l’ex Arciabate di Montecassino? Mi stupisco quindi che proprio le Lobby Gay non lo abbiano protetto, né che abbiano scritto che tutto sommato è stato un grande a spassarsela come ha potuto, esattamente come sono abituati a fare i ricchi lobbisti gay.

Anziché averli protetti come omosessuali sulla base del genderista “dogma” di “fede” che “gay è bello”, proprio i lobbisti gay hanno invece letteralmente massacrato nel tempo svariati ecclesiastici, usando spesso anche il braccio armato delle Iene di Italia Uno, che sono andate a scovarli e filmarli di nascosto uno per uno. E sono quelle stesse Iene che al tempo stesso proteggono la cultura del gender, i matrimoni tra coppie dello stesso sesso ed il loro “diritto” ad adottare o fabbricarsi e comprarsi dei bambini.

Ebbene io sfido chiunque a trovarmi un membro della comunità scientifica, nell’ambito specialistico della neurologia, della neuropsicologia, della psichiatria e della psicologia clinica, disposto a sostenere che un adulto che abbia oggi un rapporto sessuale con un ragazzo consenziente di 16/17 anni, che semmai si prostituisce già da tre o quattro anni e che a 10/11 anni aveva interi archivi di film porno collezionati nel suo computer e nel suo telefono cellulare, sia un pericoloso pedofilo. Credo infatti che nessun membro della comunità scientifica asserirà mai una cosa del genere, specie sapendo a quali livelli di conoscenza e di degenerazione sessuale sono già giunti molti nostri giovani all’età di 13/14 anni.

lecco

Lecco, lussureggiante città sulle Alpi

A Roma c’è un ospedale che cura malattie infettive anche legate all’apparato sessuale. Ora io invito chiunque a fare quattro chiacchiere con gli specialisti di questo ospedale, che è il San Gallicano, perché sarà loro premura spiegare quanti adolescenti di ambo i sessi in fascia d’età compresa tra i 14 ed i 16 anni giungono con gravi infezioni per avere praticato cosucce amene che, come noto e risaputo, sono proprio … “tipiche” della “prima adolescenza”, per esempio i rapporti cosiddetti anali, i rapporti cosiddetti orali, i rapporti cosiddetti di gruppo dove basta una sola persona infetta per trasmettere l’infezione a tutti, od il contatto della bocca e della lingua con la vagina e con l’orifizio anale … e via dicendo …

Per salvarmi dalla disapprovazione di quei pochi soggetti pronti a manifestare scandalo dinanzi a certi dettagli legati alla sfera sessuale forniti da un prete, chiarisco e preciso che volendo essere capito da tutti in certi miei scritti, indirizzati al grande pubblico e non solo ai teologi o agli specialisti, mettermi a sfoggiare latinismi clinici, che pure conosco, per indicare l’esistenza di precise realtà, sarebbe cosa non opportuna, se non rasente il ridicolo e soprattutto quello spirito pudibondo che non va mai confuso col valore umano, sociale e cristiano del pudore. Se infatti dei ragazzini e delle ragazzine di 14 anni finiscono con gravi infezioni al San Gallicano perché una ragazzina già navigata ha trasmesso una infezione alla bocca di un coetaneo che gli ha cacciato la lingua nella vagina e nell’orifizio anale, capite bene che è inutile usare eufemismi. E se questo accade, credo sia urgente porsi qualche serio quesito, specie poi se uno di questi adolescenti si lascia palpeggiare ben volentieri da un prete in cambio dell’Ipad nuovo, che volendo possiamo e dobbiamo anche chiamare perverso e pervertito, che dobbiamo isolare, condannare e sospendere dall’esercizio del sacro ministero, sempre però indicandolo col suo vero nome, che è quello di “omosessuale”, non quello di “pedofilo”, al massimo possiamo indicarlo come efebofilo. E come omosessuale, o come efebofilo, questo prete, secondo le tendenze contemporanee, andrebbe anche tutelato e se attaccato protetto con una levata di scudi da parte della Lobby Gay al grido di “omofobo, omofobo!” diretto verso chiunque osi mettere in discussione i suoi legittimi gusti sessuali.

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il Cardinale Agostino Vallini, tratto da un frammento del filmato intervista di SIR

Dal ludico discorso sugli orifizi e dalle malattie infettive dei minori più navigati di quanto non lo fossero i cinquantenni di mezzo secolo fa, vorrei concludere passando ad una risposta data dal Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, Cardinale Agostino Vallini, riguardo il quale rimando alle immagini video in cui egli risponde, nella propria veste di Presidente della Conferenza Episcopale del Lazio, riguardo le prodezze dell’ex Arciabate di Montecassino, che come tale fu per diversi anni membro della Conferenza Episcopale Italiana e quindi della locale Conferenza Episcopale del Lazio. Il Cardinale Vallini, noto anche come il più grande canonista del mondo, dinanzi alle gesta del Vittorelli, facendo uso di un linguaggio tipico dei politicanti e non dei pastori in cura d’anime, riferendosi unicamente a degli illeciti patrimoniali ha dichiarato che se la magistratura riscontrerà gli elementi per procedere con una condanna, in tal caso la Chiesa di Cassino si costituirà parte civile attraverso una azione risarcitoria (!?) [cf. filmato con intervista QUI]. Insomma: erano anni che il Vittorelli conduceva una vita non consona, che frequentava i più discussi salotti romani, che si assentava come e quando voleva dall’abbazia, che faceva vacanze lussuose; ma soprattutto era palese a chiunque che le sue pose ed il suo modo di porgersi erano più simili alle movenze di una principessa capricciosa anziché ad un uomo formatosi nel rigore del chiostro monastico, ma soprattutto ad un uomo. E nonostante tutto questo, qualcuno vuol farci credere che nessuno sapeva … che nessuno si era mai accorto di niente?

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i messaggi whatsapp scambiati dell’Arciabate di Montecassino con i suoi marchettari: «io faccio tutto quello che mi pare» … «io vado a cerca’ cazzi». Ma di questa vita dissoluta nessuno sapeva niente …

Avrei pure un’altra domanda da rivolgere a quanti oggi si stracciano le vesti perché a loro dire non sapevano niente. Questa la domanda: gli agenti della squadra anti-narcotici, quanto tempo prima dello scoppio dello scandalo, fecero trapelare in modo discreto alle Autorità Ecclesiastiche che questa principessa-prelato usava droghe? Perché in via del tutto informale e riservatissima, con me alcuni addetti della anti-narcotici, si consultarono agli inizi del 2012, trovandosi a trattare il delicatissimo caso di questo prelato alquanto in vista che tra l’altro acquistava illecitamente e deteneva altrettanto illecitamente sostanze stupefacenti quali ecstasy, cocaina e crack. E oltre a fare niente, cosa fece l’Autorità Ecclesiastica, seppure informata? Forse cominciò a preparare il rito dello straccio delle vesti e dell’addolorato “non sapevamo”, da usare nel giorno in cui sarebbe scoppiato l’inevitabile scandalo pubblico, come prova il video qui riprodotto dal quale sprizza tutta l’immane sofferenza del Presidente della Conferenza Episcopale del Lazio, primo in testa a tutti nel … non sapere niente? [cf. filmato con intervista QUI]

Sinceramente, sul piano della morale cattolica e del Diritto Canonico, l’appropriazione e lo sperpero dei soldi, nel caso di specie testé richiamato è solo la conseguenza di disordini molto più gravi e tutti quanti riassunti nella vita dissoluta del Vittorelli, che con atteggiamenti ed espressioni tali da nauseare persino il dissacrante Marchese de Sade, nelle telefonate e nei numerosi messaggi intercettati attraverso i quali comunicava con i marchettari gay suoi fornitori di servizi sessuali più o meno forti, soleva definire la droga, il sesso e il vizio come “Paradiso”. Naturalmente mai nessun tribunale italiano condannerà l’ex Arciabate di Montecassino per avere praticato in lungo e in largo l’omosessualità, né per l’uso personale di droghe, né per avere avuto attorno a sé una corte di giovanotti, né per avere ricercato nei siti gay giovanotti adulti e consenzienti che fossero particolarmente dotati in mezzo alle gambe, perché nulla di tutto questo è perseguito ed è perseguibile dal Codice di Diritto Penale.

nebbia su san pietro

immagine della Papale Basilica di San Pietro avvolta da una insolita nebbia

Ecco quindi la mia domanda precisa e per nulla nebulosa rivolta al più grande canonista del mondo: non è che per caso, in attesa della sentenza del tribunale penale italiano, il tribunale ecclesiastico, nel foro delle sue competenze, avrebbe già dovuto agire e procedere da tempo attraverso severissime pene canoniche erogate a carico di questo indegno ecclesiastico finito per somma disgrazia dell’intera cattolicità a capo e guida della storica abbazia madre dell’Occidente? E una volta erogate queste pene canoniche, non sarebbe stato opportuno darne pubblica notizia, per chiarire in che modo e all’occorrenza con quale severità la Chiesa cala la misericordiosa scure su certi suoi figli indegni e forieri di immani scandali pubblici? Nulla di tutto questo è però avvenuto, perché il Cardinale Vallini, che a quanto pare sembra essere emblema dell’iper-garantismo giuridico e che forse s’è scoperto d’improvviso più liberale di Cavour, più garibaldino di Garibaldi e più repubblicano di Mazzini, del tutto dimentico di essere stato per anni anche Presidente del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, dichiara e precisa di essere in attesa del … giudizio del tribunale penale dello Stato affinché sia poi valutato come agire (!?).

Ecco, io spero che nessuno, nelle alte sfere politiche e amministrative della Repubblica Italiana, scopra che in casa nostra abbiamo un canonista di tal fatta, perché potrebbero “rubarcelo” per nominarlo prima Presidente della Suprema Corte di Cassazione e poi appresso senatore a vita.

Detto questo adesso capite, cari lettori e lettrici dell’Isola di Patmos, a chi siamo in mano da anni e anni? Siamo in mano a delle biciclette che si mettono sulla pista dell’autodromo di Monza nella sicura convinzione di poter correre come delle Ferrari. Siamo in mano a persone avviluppate dalla più desolante mediocrità ma al tempo stesso convinte che il Popolo di Dio sia composto da villici beoti del contado incapaci di capire e cogliere la immane gravità dei loro giri di parole, come appunto il più grande canonista del mondo che asserisce di attendere la sentenza di condanna dello Stato — riguardo reati a sfondo patrimoniale — per poi vedere eventualmente come procedere a carico di un prelato che ha gestito la propria vita come s’essa fosse stata un lupanare dell’antica Pompei; un vivere comprovato che però, se non sarà dichiarato tale dal tribunale dello Stato, nulla potest il tribunale ecclesiastico?

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Dieci ragazze, copertina di vecchio un 45 giri di Lucio Battisti

Poste queste premesse, io potrei tranquillamente prendere e mettere in atto la canzone di Lucio Battisti che motteggia «Dieci ragazze per me, posson bastare» [cf. QUI]. E nessuno potrebbe dirmi niente e meno che mai sanzionarmi canonicamente, perché se dinanzi al Vittorelli che s’è ripassato giovanotti in lungo e in largo, il Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, Presidente della Conferenza Episcopale del Lazio, oltre che più grande canonista del mondo e già Presidente del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, dichiara di attendere di sapere dalla sentenza del tribunale penale italiano se vi sono figure di reato di rilievo squisitamente patrimoniale per poi eventualmente agire, sorvolando su una vita improntata su una immoralità che ha veramente del satanico; ciò premesso capite bene che io posso spassarmela senza alcun problema morale con dieci ragazze, che come diceva il Battisti «posson bastare». Il tutto senza che alcuna legge ecclesiastica mi persegua canonicamente, a meno che il tribunale penale italiano non stabilisca che per un prete, spassarsela con dieci ragazze, è reato; ma non credo che lo stabilisca mai, semmai potrebbero darmi un diploma di benemerenza e forse la cittadinanza onoraria del luogo in cui il fattaccio s’è svolto, qualora dimostrassi di averle rette e rallegrate tutte quante.

Memore che a certi caporioni nessun Caso Spotlight insegna niente e che tutt’oggi pretendono di seguitare a stracciarsi le vesti al falso grido addolorato del “non sapevamo”, auguro nell’anno giubilare al più grande canonista del mondo di poter terminare quanto prima il proprio mandato come Vicario Generale di Sua Santità, dedicando il tempo di vita che la grazia di Dio deciderà di concedergli, a chiedere perdono a Cristo per i danni da lui recati alla Chiesa, in particolare alla Chiesa del Vescovo di Roma, al quale forse qualcuno, dalla sua efficiente Segreteria di Stato, farebbe bene a stampare e portare questo mio scritto, perché sin quando ai Vallini ed ai loro adulanti scagnozzi in carriera si permetterà di bastonare i preti come me, i danni che di conseguenza ne deriveranno alla Chiesa saranno sempre più incalcolabili e irreversibili.

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dall’Isola di Patmos, 3 marzo 2016

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Autore Redazione dell'Isola di Patmos

Autore
Redazione
dell’Isola di Patmos

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Appendice postuma [7 marzo 2016]

sir

SEGNALIAMO CON PIACERE UN ARTICOLO COMPARSO SU SIR (SERVIZIO INFORMAZIONE RELIGIOSA) ALCUNI GIORNI DOPO LA PUBBLICAZIONE DI QUESTO NOSTRO ARTICOLO DI ARIEL S. LEVI di GUALDO

per aprire cliccare QUI

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Appendice postuma [4 marzo 2016]

federico lombardi

Nella foto: Federico Lombardi, S.J. portavoce ufficiale della Sala Stampa della Santa Sede

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SEGNALIAMO UNA NOTA MOLTO INTERESSANTE DEL 4 MARZO A CURA DI

FEDERICO LOMBARDI, S.J.  

PORTAVOCE UFFICIALE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

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