Attraverso la Via di Emmaus delle corsie dell’ospedale: il Cappellano come discepolo e compagno di viaggio nella malattia

— pastorale sanitaria —

ATTRAVERSO LA VIA DI EMMAUS DELLE CORSIE DELL’OSPEDALE: IL CAPPELLANO COME DISCEPOLO E COMPAGNO DI VIAGGIO NELLA MALATTIA

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… nella parabola del Buon Samaritano, è chiaro il riferimento a Gesù come colui che si prende cura dell’uomo bastonato dai briganti e versa sulle sue ferite olio e vino simboli della grazia sacramentale che da Cristo scaturisce con abbondanza e potenza. L’uomo maltrattato dai briganti è preso in carico da Gesù affinché passi dalla condizione di moribondo a quella di risorto.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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Ivano Liguori, Ofm. Capp. in visita al reparto di pediatria dell’Ospedale Brotzu di Cagliari con i folletti e Babbo Natale

Il fatto che «soli si muore» ci guida a capire, attraverso l’esperienza quotidiana, che nella vita tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci affianchi e insieme a noi condivida i momenti spensierati e di prova. La constatazione divina di Genesi 2,18 «Non è bene che l’uomo sia solo», a mio parere non si deve leggere solo come riferimento dell’unione sponsale tra uomo e donna, ma come imperativo alla socialità e alla comunione. L’uomo è chiamato a fare esperienza di Dio solo nella comunione con il fratello. Il mistero stesso della Trinità, è mistero di comunione, non esiste in Dio solitudine.

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Nel momento della prova e della malattia la dinamica dell’essere con è essenziale affinché si verifichi un vero accompagnamento che sia di supporto e di stimolo per non sentirsi soli e per gustare così la provvidenza di Dio che mette al nostro fianco qualcuno che ci ama. Già la sapienza del salmista ci fa cantare: «Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme» [cf Sal 133,1].

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Due sono gli episodi del Vangelo che meglio di altri incarnano il dovere di prossimità del cristiano verso l’uomo sofferente nel corpo e nell’anima: la parabola del Buon Samaritano [cf. Lc 10,23-37] ed il racconto dei Discepoli di Emmaus [cf. Lc 24,13-35]. In questi brani evangelici l’evangelista Luca, maestro di tenerezza e di compassione, rivela l’amore preferenziale di Cristo per l’uomo infermo. Da qui nasce lo stimolo al coraggio di non passare oltre.

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foto ricordo dopo la Santa Messa di Natale nel reparto di pediatria

Nella parabola del Buon Samaritano è chiaro il riferimento a Gesù come colui che si prende cura dell’uomo bastonato dai briganti e versa sulle sue ferite olio e vino simboli della grazia sacramentale, che da Cristo scaturisce con abbondanza e potenza. L’uomo maltrattato dai briganti è preso in carico da Gesù affinché passi dalla condizione di moribondo a quella di risorto. La figura dell’uomo bastonato sulla strada, esprime con vividezza:

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«la ferita inguaribile da cui siamo stati colpiti […] e che solo il Signore poteva guarire. È per questo che egli è venuto di persona, perché nessuno degli anziani, né la Legge, né i profeti, erano capaci di porvi rimedio. Solo lui, venendo, ha guarito questa inguaribile ferita dell’anima» [cf. Macario il Grande, Omelie, (Coll. II), XXX, 8].

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Gesù buon samaritano compie un passaggio di stato nella vita di ogni uomo: dall’orizzontalismo dell’infermità al verticalismo della nuova vita [cf. Lc 4,38-39]. Gesù è colui che risana e guarisce poiché è il Signore. La potestà del Risorto e la sua signoria si manifestano attraverso una nuova creazione che si compie nell’uomo attraverso un passaggio dalla condizione di infermità alla condizione di salute che diventa attestazione di salvezza e quindi di risurrezione.

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Natale nel reparto di pediatria

Davanti all’azione risanante di Gesù, si avverte la necessità di essere collaboratori di una cura che si esprime nel tempo e che viene portata avanti grazie all’opera del padrone della locanda a cui viene affidato il compito di custodire e proseguire il lavoro di risanamento iniziato da Cristo. Così,  nella cura e nell’assistenza degli infermi, la figura del cappellano ospedaliero incarna colui al quale Gesù affida la custodia del moribondo, obbedendo al mandato di aver cura di lui, mutandolo in ministro dell’annuncio pasquale che Gesù è risorto e che è il Signore [cf. At 3,1-16], da questo annuncio scaturisce la potenza della guarigione.

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Nel ministero di consolazione e di cura che viene svolto in ospedale, il cappellano è chiamato a imitare gli atteggiamenti del Buon Samaritano che vede l’infermo ma non passa oltre. Nel medesimo tempo, il cappellano è anche ministro di diaconia nella misura in cui è capace di assumere e progettare realtà concrete di assistenza nel tempo della malattia di tanti uomini poveri e disagiati. 

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Possiamo dire allora che il ministero ospedaliero verso gli infermi è un servizio missionario, che nell’annuncio, nella cura e nell’accudimento edifica la Chiesa volto di Cristo tra i sofferenti. Ecco allora che il compito di cura e di compassione si coniuga nell’accompagnamento dello sfiduciato, dell’uomo senza speranza, perciò infermo nell’anima.

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Natale nel reparto di pediatria

Alla luce della prossimità e dell’impulso al cammino comune, l‘episodio del Vangelo di Luca dei Discepoli di Emmaus ci mostra Gesù che si rende compagno di viaggio dell’uomo che ha perso la speranza e la gioia. Infatti la malattia, la paura della morte e la solitudine, distruggono la gioia nell’uomo, così come mettono a dura prova la fede. Domande come: «perché proprio a me?» e «dove è Dio in tutto questo?» provano l’infermo e la sua famiglia e richiedono una risposta che non può mai essere scontata o facilona. Allora, contemporaneamente al prendersi cura del malato, c’è bisogno di un camminare insieme con lui, aprire il suo cuore al messaggio gioioso di Pasqua: Dio è vincitore della morte, della malattia, della solitudine dell’uomo.

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Natale lungo la Via di Emmaus dell’ospedale …

L’annuncio della Parola di Dio, la vicinanza umana del cappellano e della comunità cristiana che visita di frequente l’infermo, realizzano quel miracolo della inclusione e dell’accompagnamento che predispone poi l’infermo a dismettere il volto triste della delusione e della tristezza per vestire l’esultanza e la riconoscenza in Gesù vivo. Per questo il camminare vicino al malato all’interno della realtà ospedaliera significa attuare con costanza e spirito missionario la visita quotidiana ai reparti di degenza, l’incontro con le famiglie dei malati, la cura sacramentale delle anime inferme.

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Il cappellano è chiamato per dovere di giustizia a incontrare il malato, non solo per obbedire al comando di Cristo [cf. Mt 25,36], ma per farsi viaggiatore con lui dentro la malattia, amico che asciuga le lacrime e riempie un vuoto, profeta che annuncia che Dio è fedele e realizza le sue promesse.

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i discepoli lungo la Via di Emmaus [vedere testo lucano QUI].

Cristo Signore, attraverso la mediazione umana e sacramentale del sacerdote cappellano, spezza ancòra il pane della Parola e dell’Eucaristia affinché i ciechi riacquistino la vista, gli zoppi camminino, i lebbrosi siano purificati, i sordi  tornino ad udire, i morti siano richiamati alla vita, i poveri siano immersi nella buona novella del Regno [cf. Lc 7,22].

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Un ministero di questo tipo è senza dubbio faticoso, lento e meticoloso e si presta a condivide la stessa pazienza divina, affinché l’uomo malato nel corpo e nello spirito sia, giorno dopo giorno, curato e amato affinché possa raggiungere la salute e la salvezza che sono condizioni normali per ogni figlio di Dio.

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Cagliari, 28 dicembre 2018

Nell’Ottava di Natale

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