Lungo la strada risuona la supplica: «Resta con noi Signore, perché si fa sera»

L’angolo dell’omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

LUNGO LA STRADA RISUONA LA SUPPLICA: «RESTA CON NOI SIGNORE PERCHÉ SI FA SERA» 

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Attualmente siamo tutti stanchi, ingannati nelle nostre aspettative, delusi dai nostri propositi, sfibrati e stufi da una fede che è sempre più immagine umana, distanziandosi anni luce da quella rivelazione autentica che troviamo nella Sacra Scrittura e che la predicazione apostolica ha portato dentro le nostre comunità di fede. Questi due mesi di esilio sanitario ci fanno desiderare – così come lo è stato per i discepoli di Emmaus – di riascoltare nuovamente delle Scritture vive, in cui poter ardere per la presenza di Gesù Risorto, all’interno di una comunità domenicale che si riunisce senza più paure e divieti. 

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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In questa III Domenica di Pasqua, dal Vangelo risuona: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto» [Lc 24, 29], credo di interpretare correttamente la voce di tanti fedeli in questo momento storico particolare, a partire da questa bella richiesta di misericordia del Vangelo di Luca.

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Abbiamo bisogno, che Gesù resti con noi oggi; abbiamo un disperato bisogno di restare noi con Lui, senza più condizioni, il tempo ormai si è fatto breve e non possiamo più permetterci di sprecarlo.

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Attualmente siamo tutti stanchi, ingannati nelle nostre aspettative, delusi dai nostri propositi, sfibrati e stufi da una fede che è sempre più immagine umana, distanziandosi anni luce da quella rivelazione autentica che troviamo nella Sacra Scrittura e che la predicazione apostolica ha portato dentro le nostre comunità di fede. Questi due mesi di esilio sanitario ci fanno desiderare – così come lo è stato per i discepoli di Emmaus – di riascoltare nuovamente delle Scritture vive, in cui poter ardere per la presenza di Gesù Risorto, all’interno di una comunità domenicale che si riunisce senza più paure e divieti.

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Prima di tutto però, è necessario sanare una ferita che è quella che risiede nel nostro cuore indurito, nella sclerocardia che ci impedisce di credere a tutto ciò che hanno detto i profeti, immagine ampia per esprimere tutti coloro che nella storia dell’umanità sono stati incaricati dalla Chiesa dell’annuncio della Parola e dell’autentica interpretazione della stessa.

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Quanta Parola sprecata, quanti profeti inascoltati: da quelli del Vecchio Testamento, passando per Giovanni Battista fino ad arrivare a tanti bravi vescovi e all’ultimo parroco. Non possiamo dire che Gesù è risorto senza aderire all’annuncio delle Scritture e senza prestare ascolto alle parole di coloro che sono stati costituiti da Dio profeti di questo annuncio.

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Con tristezza dobbiamo riconoscere che la nostra ignoranza di Gesù Cristo, così come diceva San Girolamo, deriva dalla non conoscenza della Parola delle Scritture annunciata e proclamata. Che tristezza che la parola di tanti maestri della fede oggi sia ridicolizzata, banalizzata e ridimensionata davanti al pensiero unico e al politicamente corretto. Proprio in questa quarantena abbiamo più bisogno che mai dell’autentica Parola delle Scritture. Parola che sta scarseggiando anche in noi preti, per lasciare il posto a una presenza palliativa, umana che – all’annuncio sacramentale – preferisce le coccole della vicinanza. Perché vedete, cari fratelli, possiamo desiderare nell’intimo di compiere tante belle esperienze di Gesù ma se non ascoltiamo e aderiamo alla Parola, c’è il serio rischio di restare increduli e atei, pur bazzicando sacrestie, sagrati o partecipando a feste patronali e pellegrinaggi.

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La bellezza del brano di Luca di questa domenica consiste proprio in questo disvelamento che rivela il nostro paradosso di credenti increduli. Questi due uomini li possiamo considerare di famiglia, sono discepoli, sono vicini a Gesù eppure hanno un cuore distante da Lui, incredulo, tanto che gli eventi della Passione a cui hanno assistito non sono per nulla eloquenti per la loro vita ma anzi diventano un’occasione propizia di scandalo e di fuga timorosa da Gerusalemme.

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Infatti, non basta vedere per credere, così come Tommaso ci ha ricordato domenica scorsa, occorre qualcosa di più. E questo di più consiste nell’ascoltare la Parola della Scrittura e applicarla a Gesù, partecipando a quello stupore che ciò che è stato scritto si è realmente realizzato. In modo semplice dobbiamo constatare come Dio rimane fedele a ciò che ha detto e operato. Ecco allora che Gesù si affianca in mezzo a questi due discepoli e riannuncia loro la Parola, li educa a una nuova fedeltà. Lui Verbo del Padre si rende Parola per questi increduli muti, accendendo nel loro cuore il desiderio del Dio vicino che proprio nel Risorto trova la sua piena realizzazione.

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La Parola fa ardere il loro cuore tanto che il segno sacramentale della frazione del pane, in quella casa dove avevano trovato rifugio, diventa momento opportuno affinché i loro occhi si aprano alla verità pasquale. Interessante notare come nell’attimo in cui riconoscono il Risorto esso scompare, così come accadrà altre volte nei racconti pasquali.

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Non è possibile per l’uomo dominare il Risorto, non è possibile bloccarlo, non è possibile addomesticarlo per i propri scopi. Quando il Signore ci apre gli occhi con la sua Parola lo fa per renderci annunciatori e profeti liberi e fedeli.

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Nella Pasqua i nostri occhi sono stati aperti per vedere il Signore come il vivente, il vincitore sulla morte e sul peccato, non per fare l’esperienza avvilente di Adamo ed Eva i cui occhi aperti dal frutto dell’Albero hanno scorto solo la nudità del peccato.

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I discepoli di Emmaus, con gli occhi bene aperti sulla salvezza pasquale, sono stati eletti come annunciatori della Parola che essi stessi proclameranno agli Undici radunati a Gerusalemme.

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Cari fratelli, per fare Pasqua dobbiamo aprire bene gli occhi e, con gli occhi aperti, dire anche ciò che il mondo non vuole sentire e che rifiuta, siamo chiamati a liberare i nostri fratelli attraverso la fedeltà della Parola di verità annunciata e proclamata, resa sacramento di salvezza nel segno del pane eucaristico domenicale che presto ritorneremo a spezzare insieme ai nostri pastori.

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Laconi, 26 aprile 2020

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Per stare quanto più possibile vicini ai fedeli in questo momento di grave crisi ed emergenza, la redazione de L’Isola di Patmos informa i Lettori che il nostro autore Padre IVANO LIGUORI, dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, cura su Facebook la rubrica «LA PAROLA IN RETE», offrendo delle meditazioni tre volte a settimana. Potete accedere alla pagina curata dal nostro Padre cliccando sul logo sotto:

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Medjugorie e la Gospa dei bugiardi: ragionevoli dubbi sulle apparizioni e sui sedicenti veggenti

— attualità ecclesiale —

MEDJUGORJE E LA GOSPA DEI BUGIARDI: RAGIONEVOLI DUBBI SULLE APPARIZIONI E SUI SEDICENTI VEGGENTI

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«Non è degno da parte dei “veggenti” fare, come hanno fatto fin dai primi giorni delle “apparizioni”, pronunciamenti molto preoccupanti, che non corrispondono alla verità ma ingannano i fedeli» [dalla relazione di Ratko Perić, Vescovo di Mostar-Duvno, maggio 2017].

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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VIDEO CONFERENZA SUL “FENOMENO MEDJUGORJE”

Canale de L’Isola di Patmos

MP3  SOLO AUDIO SENZA VIDEO

 

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PDF  video-conferenza formato stampa
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Pur sapendo che nulla valgono documenti e prove per chi ha scelto di scivolare nel fideismo e rigettare qualsiasi dato reale; pur sapendo che il fideista ricorre all’arma di difesa dei sofismi e alla falsificazione dei fatti, alla fine di questo articolo riporterò una parte della relazione di S.E. Mons. Ratko Perić, Vescovo della Diocesi di Mostar-Duvno, sotto la cui giurisdizione si trova la Parrocchia San Giacomo di Medjugorje. Sarà il Vescovo stesso a spiegare in che modo i sedicenti veggenti hanno mentito sin dall’inizio della vicenda, manipolato i testi e seguitato a mentire nel corso del tempo.

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Durante due diverse trasmissioni di Dritto e Rovescio in onda su Rete4 e condotte dall’amico Paolo Del Debbio, il giornalista Paolo Brosio, che da anni vaga per i talk show a parlare della sua conversione a mio parere discutibile ― e dico discutibile perché una conversione produce fede, non getta lo pseudo convertito nel fideismo emotivo, nel fanatismo e nel business [vedere precedente articolo, QUI] ―, da me più volte incalzato giunse sul finire a dichiarare che l’allora Vescovo della Diocesi di Mostar-Duvno, S.E. Mons. Pavao Žanić, era un uomo colluso con i servizi segreti del vecchio regime comunista della ex Jugoslavia [puntata del 5 marzo QUI dal minuto 02:09:45]. Queste calunnie pronunciate in quel contesto televisivo da un soggetto che presume di difendere la autenticità di presunte apparizioni della Madonna da vescovi e sacerdoti che osano essere dubbiosi sulla autenticità di questo complesso e a tratti inquietante fenomeno, sono state già pubblicate in precedenza da Paolo Brosio in un suo libro del 2011, grazie alla complicità menzognera della pseudo veggente Marija Pavlović. Poco dopo, il Brosio e la Pavlović, furono prontamente smentiti dalla Diocesi di Mostar-Duvno [vedete testo in italiano, QUI]. 

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Dopo la trasmissione del 5 marzo, dei confratelli bosniaci che seguono da anni questa nostra rivista, due dei quali consacrati sacerdoti dal defunto Vescovo infamato da Paolo Brosio, mi hanno pregato di difendere la memoria di questo «autentico e santo uomo di Dio, profondamente devoto alla Beata Vergine Maria, servitore fedele della Chiesa e della verità». Così m’inviarono ricchi documenti sul caso ormai ingestibile di Medjugorje, nei quali si prova come i sedicenti veggenti mentirono da subito e  per più volte. Dopo questa mia introduzione di carattere perlopiù storico, lascerò la parola a S.E. Mons. Ratko Perić, del quale ho riportato la parte finale di una sua recente relazione risalente al 2017.

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Chi mi legge e conosce i miei scritti, sa quanto io sia stato severo nei riguardi delle Autorità Ecclesiastiche, non esitando ad accusarle all’occorrenza di spirito ignavo, in alcune circostanze persino di codardia. Però, alla luce di questa vicenda, i fatti e i tragici eventi storici mi inducono a dire che la Chiesa, col caso di Medjugorje, si è ritrovata a gestire l’ingestibile. Quindi non solo, ha qualche giustificazione, perché di ragionevoli giustificazioni ne ha molte. Si tratta però di giustificazioni che dal 2001 a seguire sono ormai decadute, come adesso cercheremo di sintetizzare con alcune “pillole” di storia dei Balcani …

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… in quella regione balcanica vi sono sempre stati gravi problemi tra i Frati Minori Francescani, i vescovi diocesani e il clero secolare del luogo; problemi che affondano le loro radici indietro nella storia. Senza addentrarci in questo discorso che richiederebbe un’articolata trattazione storica a parte, basti dire che i Frati Minori Francescani di quella regione, non solo si sono più volte ribellati ai vescovi e ai loro superiori religiosi, perché, quando in più occasioni intervenne la Santa Sede, non esitarono a reiterare la loro ribellione. Tanto che, in più occasioni, la Santa Sede fu costretta a comminare scomuniche e a “ridurre allo stato laicale” diversi religiosi ostinati nella loro disubbidienza. Ultimo in ordine di serie a essere scomunicato per eresia e scisma e dimesso poi dallo stato clericale nel 2012, fu il Frate Minore Francescano Tomislav Vlašić, che dal 1981 al 1984 fu vice parroco della parrocchia San Giacomo di Medjugorje, esercitando una forte influenza sugli allora giovani sedicenti veggenti. Più volte la Gospa, nei messaggi dati durante le presunte apparizioni, avrebbe appoggiato e benedetto l’operato di questo religioso in contrapposizione al Vescovo della Diocesi, magnificandone qualità e doti attraverso la pseudo veggente Marija Pavlović. Una cosa è indubitabile: tutt’oggi resta da chiarire come, la autentica Beata Vergine Maria, avrebbe potuto appoggiare e sostenere l’operato di un sacerdote francescano che si è macchiato di vari delitti: dalla disobbedienza alla manipolazione delle persone, dalla violazione del voto di castità ai traffici economici in violazione del voto di povertà.  

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Questa situazione di difficile gestione si colloca in un assetto socio politico che definire terribile è un eufemismo. Infatti, le presunte apparizioni della Madonna, chiamata in lingua locale Gospa, cominciano nel giugno 1981, sotto il regime comunista della Jugoslavia, appena un anno dopo la morte di Josif Broz, noto come Maresciallo Tito. Un qualsiasi genere d’intervento da parte della Santa Sede su una questione interna a quel Paese, per quanto di natura prettamente religiosa, avrebbe potuto creare delle tensioni con possibili risvolti del  tutto imprevedibili, che avrebbero potuto essere usati a pretesto dal regime, con chissà quali risvolti e conseguenze. Negli anni che seguirono, le diverse etnie di quell’area geografica, tenute per lunghi anni a bada dal pugno di ferro del Maresciallo Tito sotto una dittatura comunista, dopo la sua morte cominciarono a dare avvio a un crescente fermento, giungendo all’acme della tragedia tra il 1991 e il 2001 con la sanguinosa guerra dei Balcani.

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A chi fosse privo di memoria storica ricordiamo che le atrocità consumate in quei territori furono a tal punto efferate che, stampa e televisioni internazionali non erano in grado di documentare con foto e filmati immagini di una violenza tanto inaudita quanto raccapricciante. Quella della ex Jugoslavia assunse presto i connotati di una guerra di “pulizia etnica” con lo sterminio di massa di civili, senza riguardo per donne, bambini e anziani. Le violenze erano quasi sempre caratterizzate da un odio che induceva gli aguzzini a torturare e martoriare le vittime con crudele sadismo. Prima sotto un regime comunista avviato verso il graduale collasso, poi con lo scoppio di una guerra fratricida nel decennio che seguì, come avrebbe mai potuto intervenire la Chiesa sul fenomeno Medjugorje?

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… e fu così che dall’inizio del fenomeno a quando la Chiesa poté cominciare a studiarlo per cercare in qualche modo di intervenire, trascorsero vent’anni, mentre gli pseudo veggenti diffondevano i messaggi ricevuti dalle apparizioni della Gospa, che dall’inizio dell’evento a oggi si calcola siano stati circa 40.000.

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Nel 2001, a guerra dei Balcani finita, la Santa Sede non si curò d’intervenire, mentre il fenomeno assumeva proporzioni sempre più grandi e coinvolgendo ormai milioni di fedeli sparsi per il mondo. Ciò grazie anche all’opera molto discutibile di Radio Maria che, nella omissiva noncuranza dell’Autorità Ecclesiastica, già da anni presentava come autentico il fenomeno attraverso la voce di Padre Livio Fanzaga, che non solo diffondeva i messaggi della Gospa, molto peggio: li usava — e tutt’oggi li usa —  come materiale per le catechesi. Così, senza che la Chiesa proferisse neppure un debole gemito, Padre Livio Fanzaga, dai microfoni di una emittente cattolica seguita da milioni di ascoltatori, diffondeva il culto di una religione del tutto nuova: la religione gosparo-medjugoriana. Solo nel 2010, trascorsi quasi trent’anni, a fenomeno uscito ormai fuori controllo, il mite Pontefice Benedetto XVI si decise a incaricare una commissione di studio, affidandone la presidenza al Cardinale Camillo Ruini.

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Dopo quattro anni di lavoro, nel 2014 la Commissione consegna la sua relazione finale scritta in compromissorio stile politichese alla Congregazione per la dottrina della fede, che per tutta risposta la fa a pezzi, non mancando di lamentare che il testo è «approssimativo e accomodante», non esente da «imprecisioni», ma soprattutto che non ha tenuto conto della «complessa storia di quei territori» e «del parere dei vescovi del luogo». Dinanzi a quella contro relazione, il Sommo Pontefice si trova sicuramente in una situazione di evidente imbarazzo. E non volendo forse dar torto alla Commissione del Cardinale Camillo Ruini e ragione alla Congregazione per la dottrina della fede o viceversa, incarica una terza commissione formata da teologi di sua fiducia per esaminare la relazione della Commissione e la contro-relazione della Congregazione per la dottrina della fede che l’aveva letteralmente distrutta. A questo modo il Sommo Pontefice cerca di salvare il lavoro lacunoso diretto dal Cardinale Camillo Ruini e al tempo stesso salvare quello della Congregazione per la dottrina della fede, del suo prefetto e degli studiosi che avevano esaminata e poi bocciata la relazione di questa Commissione. E così, salvata come suol dirsi capra e cavoli, il Sommo Pontefice, trascorsi dieci anni dall’incarico dato dal suo Sommo Predecessore a una Commissione di studio, si è guardato bene dal dare qualsiasi risposta ufficiale circa l’autenticità o meno del fenomeno Medjugorje. Questi sono i fatti provati e documentati, tutto il resto sono solo interpretazioni o gratuite chiacchiere.

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Illustrato il tutto mi si passi adesso un esempio pertinente: se fossi stato il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, dinanzi al Sommo Pontefice che dopo il parere del competente dicastero da me presieduto, avesse incaricata un gruppo di teologi di sua fiducia per verificare se per caso non si fosse esagerato nel dare un parere così al lavoro di quella Commissione di studio, per tutta risposta mi sarei dimesso dall’incarico, non mancando di dire al Sommo Pontefice: “Se Vostra Santità ritiene che i pareri di questa Congregazione chiamata sino a poco tempo fa la suprema, debbano essere vagliati e giudicati da altri, non ho motivo di rimanere al mio posto, ma soprattutto è questo stesso dicastero che non ha più motivo di esiste. Implorando quindi la Vostra Apostolica Benedizione, vi consegno la mia lettera di dimissioni”… È presto detto: la Chiesa è ormai allo sfacelo totale proprio perché non ci sono più uomini nei posti di rilievo che ragionano e che agiscono in modo deciso e virile a questa maniera.

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L’elemento «compromissorio» e «accomodante» tipico di un soggetto navigato in politica come il Cardinale Camillo Ruini, fu di ipotizzare che le prime sette apparizioni potessero essere vere, non però tutte le successive e i relativi messaggi dati. Inutile a dirsi: una scelta di compromesso politico del genere, in una materia di dottrina e di fede che investe in modo così delicato la sfera della mariologia, non solo è infelice, perché pare anzitutto non tenere conto che a partire dal 1981 a seguire, tutti i Vescovi di quella regione ecclesiastica si erano sempre espressi, in modo deciso e unanime, contro la soprannaturalità dell’evento, documentando che i sedicenti veggenti avevano ripetutamente mentito sin dagli inizi. E da parte del Cardinale Camillo Ruini, dei vescovi che conobbero il regime comunista, che furono spesso sottoposti a ore di umilianti interrogatori e minacce nei posti di polizia, che vissero la guerra, che rischiarono la vita e che videro sterminare la loro gente come carne da macello, avrebbero meritato tutto il rispetto dovuto a degli autentici testimoni della fede. 

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Quando il dossier della Commissione presieduta dal Cardinale Camillo Ruini fu pubblicato anni dopo nel 2019 da due giornalisti, Saverio Gaeta e David Murgia, quelli che in modo affatto improprio ho ribattezzato come i fanatikos Medjugoriani, presero a estrapolare ciò che in quel testo non è mai stato scritto, per esempio diffondendo la falsa notizia che la Chiesa ha approvate le prime sette apparizioni; una notizia assolutamente falsa, ma ritenuta però da essi assolutamente autentica.

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Inutilmente, con miei scritti articolati pubblicati sui social media ho tentato di smentire il tutto, chiarendo che la relazione di una commissione di studio non è un atto di riconoscimento ufficiale e che la Chiesa non si è mai pronunciata sulla autenticità delle apparizioni. Ho anche spiegato che le tanto magnificate e numerose conversioni avvenute in quel luogo, ritenute da molti una prova inconfutabile di autenticità del fenomeno, non sono affatto prova di niente, perché da sempre, la grazia di Dio, per recuperare un’anima può servirsi delle situazioni e dei luoghi più impensabili, persino di luoghi dove si commettono i peggiori peccati. Dunque figurarsi se la grazia di Dio, per recuperare delle anime perdute, non si serve di un luogo come Medjugorje, dove numerose persone si recano sincere e devote a pregare. Non è infatti necessario partire dalla autenticità di specifici eventi, perché la manifestazione del divino attraverso le apparizioni non è affatto un requisito necessario, né tanto meno richiesto, per coltivare una vera e autentica devozione mariana. Eppure, ai fanatikos medjugoriani, non si riesce proprio a far comprendere questi dati così elementari, che non sono legati a vaghe opinioni mie o di altri sacerdoti e teologi, ma che costituiscono i veri e propri pilastri fondamentali del deposito della nostra fede.

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Le mie ragionevoli spiegazioni basate su criteri storici, teologici e logici, non certo su avversioni verso Medjugorje, che io non ho, si sono presto scontrate con numeri elevati di persone che hanno replicato con aggressioni e insulti, ciechi a ogni richiamo e invito alla ragionevolezza. Il tutto mi ha portato a toccare con mano un’altra tragica realtà: attorno al fenomeno di Medjugorje c’è anche una forma di fideismo fanatico che coinvolge un gran numero di persone, che non rappresentano affatto gruppi sparuti e isolati, o così detti “casi limite”, ma rappresentano purtroppo nutriti gruppi di persone. In numerose di queste persone manca proprio la percezione degli elementi basilari della fede cattolica, perché il fenomeno Medjugorje, in loro non produce fede ma fideismo, non produce devozione ma devozionismo fanatico che diviene persino insolente, insultante e aggressivo verso chiunque osi mettere in discussione a certa gente il loro idolo. Questo senza nulla togliere al fatto che, come sin dall’inizio è stato precisato e come ancóra ripeto: molte persone visitando Medjugorje si sono convertite e hanno cambiata vita, il tutto per opera della grazia di Dio, non per l’autenticità delle apparizioni e dei messaggi banali e ripetitivi dati da tre decenni dalla Gospa. Messaggi definiti «banali e ripetitivi» dalla stessa Commissione presieduta dal Cardinale Camillo Ruini che, al di là dello «stile accomodante» adottato, non ha potuto omettere di sottoscrivere tre dati fondamentali: la banalità dei messaggi, il rapporto ambiguo col danaro da parte dei presunti veggenti, la loro scarsa formazione spirituale e la loro ricerca del protagonismo. La Commissione ammette altresì che alcuni degli pseudo veggenti hanno anche più volte mentito, in particolare ne indica uno che definisce come «il meno attendibile». Ovviamente nessuno di questi contenuti scalfisce minimamente i fanatikos medjugoriani, per i quali esiste un solo dato: «La Chiesa ha riconosciute le prime sette apparizioni». Ma come ripeto si tratta però di un dato assolutamente falso: primo, perché una commissione consultiva non ha potere di riconoscere ad alcun titolo la soprannaturalità dell’evento; secondo, perché la Chiesa sino a oggi non ha mai emesso alcun pronunciamento.

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I fanatikos medjugoriani vivono di dicerie, di sentito dire e di autentiche leggende che grazie ai social-media sono diffuse da tanti siti e blog creati perlopiù da persone che sul fenomeno di Medjugorje ci speculano anche a livello finanziario. Queste persone, di prassi sempre molto ignoranti in materia di dottrina e di fede, ma proprio per questo particolarmente arroganti e aggressive, ai creduloni per i quali il ragionare pare costituire una fatica inutile della quale si può fare tranquillamente a meno, sono soliti spacciare leggende circa la devozione del Santo Pontefice Giovanni Paolo II, oppure il fatto che egli avesse persino detto di «approvare il fenomeno» e di «non avere dubbi sulla autenticità delle apparizioni» (!?). Si tratta però di autentiche falsità, sebbene purtroppo, tentare qualsiasi genere di ragionamento o invitare certe persone al senso critico e analitico, risulterà sempre tempo perso. Basterebbe infatti chiedersi: se come loro vanno falsamente diffondendo in giro, il Santo Pontefice avesse creduto e persino approvato come autentico questo fenomeno, perché non lo ha mai ufficialmente definito tale in ventisei anni di pontificato? Ma anche a questo i fanatikos medjugoriani forniscono risposta affermando: «La Chiesa non si è mai pronunciata perché il fenomeno delle apparizioni è sempre in corso». Che dire: beata ignoranza storica! Altroché, se la Chiesa si è pronunciata più volte e soprattutto in modo negativo, dinanzi a fenomeni sempre in corso, stroncandoli all’occorrenza sin dalla nascita, evitando che andassero avanti e si sviluppassero sino a recare gravi inganni e danni ai fedeli. In ogni caso, se secondo la leggenda il Santo Pontefice Giovanni Paolo II era «convinto della autenticità delle apparizioni», perché mai il suo Successore ha incaricata una Commissione di studio che non è giunta a niente, che si è vista smontare l’intero lavoro dalla Congregazione per la dottrina della fede, mentre il Successore del Successore incaricava una terza commissione, terminato il lavoro della quale la Chiesa non ha espresso alcun pronunciamento sulla autenticità del fenomeno di Medjugorje? 

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Un breve esempio per illustrare la portata del grave problema: per avere osato parlare del fenomeno Medjugorje, sono stato subissato da centinaia di messaggi insultanti scritti da persone che pure, dinanzi a me, non dico non reggerebbero mai un pubblico confronto teologico, ma non riuscirebbero neppure a uscire indenni da un discorso improntato sui fondamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica. Quando per buon cuore pastorale e per offrire delle correzioni ho tentato di rispondere, le repliche giunte sono state di una insolenza inaudita: emeriti e profondi ignoranti sulle basi più elementari della dottrina cattolica, mi invitavano a studiare e a non dire fesserie. A quel punto, sia nella mia qualità di sacerdote sia nella mia qualità di teologo, ho dovuto prendere atto che non era possibile dialogare con delle povere persone che falsificano i dati storici, che estrapolano da documenti della Chiesa o dai discorsi dei Sommi Pontefici una frase che poi manipolano per far dire alla Chiesa e al Sommo Pontefice ciò che mai hanno detto, affermato e riconosciuto. Ma soprattutto non ho niente da rispondere a quel genere di persone che guadagnano soldi organizzando pellegrinaggi a Medjugorje o vendendo sconclusionati e sgrammaticati libretti devozionali da loro scritti e pubblicati. Come si potrebbe discutere e rispondere a gente che sulla base di gratuite calunnie non esitano a infangare la memoria di uomini come il venerabile Vescovo Pavao Žanić, pur di difendere il loro idolo? E quanti sono, tra di essi, coloro che millantando mirabolanti conversioni e narrando miracoli straordinari, si sono costruiti una loro economia vendendo santini & sogni sul miraggio di Medjugorje? [esempio: QUI].

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Sempre in quel programma televisivo del 5 marzo, a Paolo Brosio ricordai la figura della tenerissima Maria Goretti, morta appena adolescente nel 1902 per un tentativo di stupro, pronunciando con l’ultimo anelito di vita parole di perdono per il suo assassino, Alessandro Serenelli, il quale sì, che in seguito si convertì sul serio! E con l’anziana madre fu presente alla cerimonia in San Pietro quando la Beata Maria Goretti fu canonizzata nel 1950. Però, Mamma Assunta, povera contadina dell’Agro Pontino era, da tale visse e tale morì, tanto che alla sua morte provvide la Chiesa alla sua sepoltura. E oggi, Mamma Assunta e Alessandro Serenelli, sono sepolti nello stabile della stessa chiesa: la mamma della Santa e l’assassino pentito, convertito e redento. Domanda: è possibile che i sedicenti veggenti di Medjugorje, che da quasi quattro decenni avrebbero tutti i giorni apparizioni della Beata Vergine Maria, non trovino di meglio da fare che aprire alberghi e condurre vite improntate sul lusso? Ammetto con profondo rammarico che dinanzi a tutto questo trovo davvero desolante che la Santa Sede seguiti imperterrita a non pronunciarsi sulla autenticità o meno del fenomeno, quasi come se non avessimo mai ricevuto da Cristo Dio il mandato di custodire e proteggere il suo gregge, anzitutto dai falsi profeti e dai cattivi maestri. 

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A parte le persone sincere, devote e in buona fede alle quali già più volte ho doverosamente accennato, compresi coloro che ogni anno si recano riconoscenti a Medjugorje a pregare, perché visitando un giorno quel luogo tornarono poi alla fede e nel seno della Chiesa, volete sapere da chi è costituito il grande zoccolo duro di quelli che in modo appropriato non ho indicato come fedeli, bensì come fanatikos medjugoriani? Il grosso — e ripeto il grosso, non casi sporadici o casi limite — è costituito purtroppo da persone alla ricerca di tangibile sensazionalismo; è costituito da persone che sino a ieri andavano dalla cartomante a farsi leggere i tarocchi, o che si facevano raggirare dai tele-imbonitori. E queste persone — che ripeto sono molte — hanno solo cambiato oggetto, passando con lo stesso identico spirito magico superstizioso dalla cartomante alla Madonna di Medjugorj.

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Un dato di fatto del genere, qualcuno intende forse nasconderlo sotto la pietosa copertina della … fede popolare dei semplici? Non scherziamo. La fede popolare dei semplici, è tutt’altra cosa. La fede popolare dei semplici, anime da sempre predilette da Dio e creature privilegiate dalla Beata Vergine Maria, è quella dell’indio messicano Juan Diego che si reca dal Vescovo con la tilma sulla quale era impressa l’immagine della Virgen de Guadalupe, è quella di Santa Bernadette, quella dei teneri pastorelli di Fatima, ma non certo quella dei veggenti albergatori che bivaccano tra ville, auto di lusso e bella vita, svolgendo come professione quella di far apparire in giro per il mondo la Madonna più logorroica dell’intera storia della Chiesa. 

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Altra prova portata come inconfutabile: le vocazioni sacerdotali. E su questo discorso sì, che andrebbe avviata una seria e accurata indagine, perché è noto e risaputo che numerosi sacerdoti cosiddetti medjugoriani, sono risultati poi molto problematici sul piano della fede e della dottrina, perché giunti al sacerdozio sulla scia di fragili emotività. Non pochi vescovi si sono ritrovati in seguito a dover contrastare sacerdoti esaltati e ingestibili che ponevano avanti la Madonna di Medjugorje e poi appresso, in secondo piano, la Santissima Trinità, ma sempre in totale funzione della Gospa. Statisticamente è sempre stato molto alto l’abbandono del sacerdozio da parte di questi “preti medjugoriani”, alcuni dei quali finiti poi anche in sette carismatiche e gruppi protestanti pentecostali. Per non parlare delle nuove realtà di vita religiosa fondate sul “carisma di Medjugorje”, perché i vescovi delle varie diocesi italiane che si sono ritrovati a dover poi contrastare con certi soggetti e con non pochi danni da essi recati all’interno delle loro diocesi, potrebbero avere molto da narrare e soprattutto molto da documentare, a partire proprio da quelli di diverse diocesi suburbicarie di Roma.

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La realtà purtroppo triste, è che dopo i lavori di una prima commissione, dopo la contro-relazione della Congregazione per la dottrina della fede, dopo che il Sommo Pontefice avverso a qualsiasi forma di clericalismo ha incaricato un terzo gruppo di studio, dando come poco prima spiegato una solenne sberla alla Congregazione per la dottrina della fede, alla prova dei fatti la Chiesa, ormai alle soglie del 2021, data che segnerà il quarantesimo anno dall’inizio delle presunte apparizioni, non si è mai e in alcun modo pronunciata. E noi preti, che della cosiddetta Chiesa ospedale da campo siamo gli addetti al pronto soccorso d’urgenza, non sappiamo proprio che cosa rispondere, ogni volta che le persone ci interrogano sulla autenticità del fenomeno Medjugorje, mentre al tempo stesso rischiamo di essere resi oggetto delle peggiori contumelie da parte di quei fedeli che, convinti invece della assoluta autenticità, se subodorano un prete “critico” verso questo fenomeno, bene che vada gli muovono guerra cercando di rivoltargli contro quante più persone possibile, dopo averlo bollato: “nemico della Madonna”.

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A mio modesto parere, penso di poter affermare che oggi la Chiesa, in questo momento di profonda crisi e decadenza che l’attraversa, non si pronuncerà neppure mai, lasciando nei guai noi, addetti al pronto soccorso d’urgenza della Chiesa ospedale da campo. Certo, al Sommo Pontefice, noto e severo fustigatore del clericalismo, verrebbe da chiedere: la Chiesa clericale, è quella che dà risposte chiare e precise, all’occorrenza senza temere impopolarità e proteste di massa, oppure quella che non si assume le proprie responsabilità e che rimane sempre sospesa tra il dire e il non dire, nel tentativo vano, anzi del tutto impossibile, di accontentare tutti e non accontentare alla fine nessuno?

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Solo il Sommo Pontefice Francesco I, con parole chiare e decise, potrebbe spiegarci che cosa egli intenda, quando lamenta la piaga del clericalismo, perché purtroppo, noi che non siamo clericali, forse sbagliando, o forse perché non sufficientemente sapienti, dal fetore del peggiore clericalismo ondivago, ambiguo, accomodante e pavido, talvolta ci sentiamo proprio sommersi. E sicuramente, il Sommo Pontefice, per sua speciale grazia di stato, avendo ricevuto da Cristo Dio mandato come suo vicario sulla terra, potrebbe spiegare in modo magistrale a tutti noi che il clericalismo non è mai sapienza e prudenza, meno che mai furbizia da politicanti di bassa lega. Il clericalismo, è clericalismo e basta, basato come tale su quella totale mancanza di assunzioni di responsabilità che sempre e di rigore lasciano poi gli altri, ma soprattutto la Chiesa intera, in guai molto seri. Lasciano nei guai noi sacerdoti, ai quali le persone chiedono, nel pronto soccorso della Chiesa ospedale da campo, delle risposte che noi non possiamo dare, perché solo i preti scellerati, mal formati e soprattutto egocentrici, incuranti di tutte le basilari leggi che regolano la vita della Chiesa, possono prendersi la gravissime responsabilità di emanare un loro personale motu proprio e dichiarare autentico il fenomeno di Medjugorje; fenomeno che mai la Chiesa, sino a oggi, ha dichiarato e definito tale, lasciando per questo motivo, tutti quanti noi, in seri e profondi guai.  

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Dall’Isola di Patmos, 20 aprile 2020

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Ratko Perić

Vescovo di Mostar-Duvno

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[…] Il Vescovo Pavao Žanić [N.d.R 1918 – 2000, predecessore del Vescovo autore di questa relazione] ereditò il “caso erzegovinese” sia come coadiutore sia come ordinario di Mostar-Duvno. Avendo la massima fiducia nelle decisioni e nei decreti della Santa Sede, cercava di risolvere l’ingarbugliato caso per poter consacrarsi ad altre imprese nella vita pastorale. Perciò, assumendo il governo della Diocesi, fedele al Successore di Pietro, insistette presso la Sede Apostolica perché i detti Decreti fossero effettivamente attuati in Erzegovina. San Giovanni Paolo II mostrò tale comprensione della situazione presentata dal Vescovo Žanić che mise in campo la sua autorità autorizzando la Congregazione per i Religiosi a dimettere dall’Ordine dei Frati Minori chi non obbediva alle disposizioni dei Superiori religiosi e della Santa Sede, senza concedergli la possibilità di ricorso al Tribunale ecclesiastico.

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Nelle file dei padri francescani, in particolare i summenzionati due cappellani di Mostar, furono disobbedienti alle decisioni ecclesiastiche. Essi sin dall’inizio ostacolarono la vita pastorale della nuova parrocchia della Cattedrale di Mostar. È qui che si intromise in modo inconsueto la voce della “apparsa” di Medjugorje attaccando il vescovo Žanić, servo fedele della Santa Sede, e proteggendo la disobbedienza dei due cappellani di Mostar.

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Il 24 giugno 1981 comincia la storia del fenomeno di Medjugorje, nel villaggio di Bijakovići, parrocchia di Medjugorje, dove si formò un gruppo di quattro ragazze: Vicka e Ivanka Ivanković, Mirjana Dragićević e Marija Pavlović ― e due ragazzi: Ivan Dragićević e Jakov Čolo, tra i 10 e i 16 anni ― che affermava di avere apparizioni della Madonna ogni giorno. Il parroco di Medjugorje era Fra Jozo Zovko, O.F.M, il vicario parrocchiale Fra Zrinko Čuvalo, O.F.M. Così cominciò il “fenomeno di Medjugorje”.[17]

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Tra i primi “messaggi” delle apparizioni vi fu anche quello che subito diede ragione alla disobbedienza dei coinvolti, e dal dicembre di quell’anno la “apparsa” si schierò apertamente dalla parte dei disobbedienti e contro Mons. Žanić, vescovo diocesano, autorità competente della Chiesa.

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1o – Subito all’inizio delle “apparizioni” ― scrive Mons. Žanić al Vice presidente della Conferenza Episcopale di Jugoslavia ― «Fra Nikola Radić, delegato generale dell’Ordine dei Frati Minori per l’Erzegovina, mi ha detto qualche giorno dopo l’inizio delle apparizioni a Međugorje: “È venuto di corsa un frate a Široki Brijeg, e dice che è apparsa la Madonna a Međugorje, e ha detto che i frati hanno ragione!” I frati che difendono Međugorje l’hanno trasformata in difesa della loro disobbedienza contro il Vescovo e contro la Santa Sede, e in difesa dei loro interessi materiali». [18]

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Ciò nonostante e nonostante varie altre stranezze, inganni e manipolazioni, il Vescovo Žanić fu aperto, nei primi mesi, alle presunte “apparizioni”, sempre cauto sulla soggettività o soprannaturalità delle “apparizioni”. Quando però, la “apparsa”, chiamata “Madonna di Medjugorje”, cominciò a incolpare lo stesso Vescovo, che era mariano non plus ultra, egli prese la posizione di palese negatore dell’autenticità delle “apparizioni”. Seguiamo l’iter cronologico degli attacchi della “apparsa” di Medjugorje contro il Vescovo:

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2o – il 19 dicembre 1981 la “veggente” Vicka nella sua Agenda [19] annotò:

«Ho chiesto del problema erzegovinese, in particolare per quanto riguarda Fra Ivica Vego. La Gospa ha detto che per questi disordini il più colpevole è il vescovo Žanić, di Fra Ivica Vego ha detto che egli non è colpevole, ma il Vescovo ha tutto il potere. Gli ha detto [N.d.R. la Madonna] di rimanere a Mostar e di non andarsene». E, sempre sotto la stessa data, Fra Tomislav Vlašić, nella Cronaca della parrocchia di Medjugorje,[20] chiese alla “veggente” Vicka e annotò:

«Letteralmente che cosa ha detto la Madonna? Ha detto che il vescovo è colpevole dei disordini nella diocesi, o che negli ultimi casi (legati a Ivica [Vego] e Ivan [Prusina]) fa delle mosse sbagliate? Vicka mi ha risposto che la Madonna ha detto che il vescovo ha fatto delle mosse sbagliate, ma che non può ripeterlo letteralmente». Vicka, attenta alla distinzione di Padre Vlašić, si adegua alla frase come la suggerisce Padre Vlašić. La sente dalla «Madonna», sebbene non possa «ripeterlo letteralmente»!

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3o – il 3 gennaio 1982, nell’Agenda di Vicka leggiamo: «Il vescovo non mette ordine e perciò egli è colpevole. Non sarà vescovo per sempre. Io mostrerò la giustizia nel regno». La «Madonna» minaccia così il Vescovo diocesano tramite la sua “veggente”. Sotto la stessa data, nella Cronaca di Padre Vlašić, O.F.M, sta scritto: «I giovani hanno avuto la visione. La cosa più importante è ciò che ha destato l’interesse del Vescovo. Infatti, dietro mio suggerimento, per verificare l’autenticità della risposta della Madonna del 19 dicembre 1981 riguardo al cappellano, ho chiesto ai veggenti di domandare di nuovo a questo proposito».

Risposte dei veggenti:

  1. «La nostra Madre ha inviato un messaggio al caro Vescovo dicendo che egli è stato un po’ precipitoso nella sua decisione e che bisogna ancora una volta riconsiderare e ascoltare tutte e due le parti. […]. Il Vescovo fa disordine e perciò egli è colpevole. Non sarà sempre lui il Vescovo, io farò vedere la giustizia nel Regno».

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4o – L’11 gennaio 1982 leggiamo nella Cronaca della parrocchia: «Hanno chiesto di nuovo dei due cappellani di Mostar, e la Madonna ha ripetuto due volte quel che aveva detto prima». E quindi anche quel che ha detto del Vescovo.

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5o – 14 gennaio 1982 la “veggente” Vicka mente espressamente al vescovo Žanić. Nel Supplemento alle “Informazioni” del Bollettino ufficiale delle Diocesi, il vescovo Žanić, dopo il colloquio con i “veggenti”, registrato su nastro, scrive: «Il giorno 14 gennaio 1982 sono venuti da me i ragazzi, hanno detto che la Madonna li ha inviati (Vicka I., Marija P., e Jakov Č.). (…) La Madonna ha detto che Lei è stato precipitoso in certe cose. Questo ha detto. (…)

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Dice il Vescovo:

«Qualcuno mi ha detto che avevate avuto qualche messaggio per i cappellani di Mostar».

Rispondono i “veggenti”:

«Non ne abbiamo avuto».

Esclamo:

«No?»

Poi domando:

«Quali cappellani?»

Rispondono i “veggenti”:

«Quelli di Mostar».

Aggiungo:

«Non c’era nulla».

Replico:

«Qualcuno mi avrà detto erroneamente».

Ribattono:

«Qualcuno glielo trasmette erroneamente e Lei lo sente erroneamente».

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Prosegue il Vescovo Žanić a documentare in questa sua memoria: «Nel corso della conversazione ancora alcune volte ho posto ai ragazzi la domanda: “C’è ancora qualcosa per il Vescovo?… Ricordatevi ancora qualcosa che riguardi me”… La loro risposta è stata negativa».[21]

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6o – 20 gennaio 1982,  dall’Agenda di Vicka: «Madonna, che succederà col Vescovo? Lui, cambierà il suo atteggiamento? La Madonna ha risposto: “io non voglio affrettarmi. Io aspetto di vedere se egli cederà in seguito ai miei messaggi inviati a lui tramite voi”». Secondo la Cronaca, alla stessa data, la “Madonna” dichiara però che: «Il Vescovo è stato precipitoso nella decisione».

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7o – 3 aprile 1982, il Vescovo Žanić pubblica quanto era stato registrato su nastro: «Il giorno 3 aprile 1982 sono venuti da me Vicka I. e Jakov Č., inviati dalla Madonna. Vicka afferma:

«La Madonna ci ha rimproverati perché l’ultima volta non abbiamo detto tutto… Ha parlato di questo caso e ha sorriso dicendo che ella avrebbe rappacificato tutto da sola… Io non ho alcun’idea di che cosa si tratti… e ha sorriso. (…)».

Domando:

«Perché non avete detto i nomi di quei frati che vogliono cacciare?».

Replica Vicka:

«Ella ha detto di quei frati che anche a loro piace lavorare nella Chiesa come a tutti gli altri, celebrare la messa, i sacerdoti non sono affatto colpevoli, ella ha detto anche i loro nomi, e io non li conoscevo e li ho visti più tardi… Prusina e Vego. Ella dice che essi non sono affatto colpevoli, due volte l’ha ripetuto. Anche Jakov l’ha sentito, c’era anche Marija».

Domando:

«Ti aveva detto questo di loro prima che tu venissi da me la scorsa volta (il 14 gennaio 1982), e ti ha rimproverato perché non me l’avevi detto?».

Risponde Vicka:

«Sì. Perciò mi ha rimproverato tre volte perché non ero venuta e non l’avevo detto…».

Ribatto:

«Di nuovo non ci siamo intesi (Insisto perché si percepisca bene la contraddizione con la risposta del 14 gennaio 1982). La Madonna ti aveva detto di dirmelo prima che tu venissi da me la scorsa volta?»

Risponde Vicka:

«Sì. Ma io non l’avevo detto, ed ella mi ha rimproverato perché non avevo fatto ciò che dovevo, ed io ho parlato molto, ma non ho potuto ricordarmi… Poi ella [la Madonna] ha detto: io penso che questa è una grande vergogna da dimenticare, questo litigio tra i frati e i preti. La gente si rappacifica, ma per loro non c’è nulla da fare…»

Afferma Jakov:

«Ella ha detto che questo è un grande colpo per la Chiesa».

Afferma Vicka:

«Ogni giorno ci dice qualcosa… anche di Lei dice che non ha proceduto giustamente».

Afferma Jakov:

«Che anche Lei ha sbagliato, poiché l’ha fatto».

Afferma Vicka:

«Che ci sono certi sbagli, e che ne so io…»

Domanda il vescovo:

«In che cosa?».

Risponde Vicka:

«In questo caso francescano».

Domanda il Vescovo:

«Quale sbaglio tu ritieni che io abbia fatto?».

Risponde Jakov:

«Ella si riferisce a qualcosa nel caso francescano tra i frati e i preti».

Domanda il Vescovo:

«E tu lo sai di che cosa si tratta?

Risponde Jakov:

«Non lo so».

Replica il Vescovo:

«Io vorrei correggermi se sapessi in che cosa ho sbagliato, ma io ubbidisco al Papa, e quel che il Papa comanda io lo eseguo».

Risponde Vicka:

«Anche Lei deve ubbidire a qualcuno, ma io obbedirei più alla Madonna che a mia madre… certo che preferirei ubbidire alla Madonna che al Papa, certamente!»

Ribatte il vescovo:

«La Madonna non può parlare contro il Papa… Altrettanto devi essere attenta e avere dei dubbi se ella dice qualcosa contro il Vescovo».

Risponde Vicka:

«Non c’è alcun dubbio. Io la sento proprio come ora sento Lei (registrato al magnetofono)».

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***

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Poi continua  il vescovo Žanić: «Quando l’ho comunicato a Fra Tomislav Vlašić, che lavora pastoralmente a Medjugorje, mi ha detto che Vicka è piuttosto impulsiva, precipitosa… [e ha aggiunto]: “Tra Natale e Capodanno mi ha detto che la Madonna le aveva detto che in Erzegovina di tutto è colpevole il Vescovo. Le ho detto che non può essere così…” Gli ho detto: “Non dovevi dire nulla, ma solo mandarla dal Vescovo. Questa è una manipolazione dei ragazzi…”.[22] [ha detto il Vescovo a Padre Vlašić].

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Tali menzogne dei “veggenti” e tali manipolazioni del manipolatore Vlašić erano una prova chiara per il Vescovo Žanić così da indurlo a prendere una posizione risoluta sulla non autenticità e sulle fandonie del fenomeno di Medjugorje.

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8o – 15 aprile 1982, nell’Agenda del 1983 troviamo le espressioni della “Madonna”, scritte da Vicka di proprio pugno: «Qui è colpevole il vescovo e ci sono molti che lo appoggiano».[23] Nella Cronaca manca la data del 15 aprile 1982, non è stata consegnata alla Curia.

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9o – 26 aprile 1982,  nell’Agenda di Vicka leggiamo: «Il vescovo ― dice [la “Madonna”] ― non ha per niente un vero amore di Dio per loro due», «Quel che fa il Vescovo non è secondo la volontà di Dio», «Il Vescovo non fa secondo la grazia di Dio». Nella Cronaca manca la data del 26 aprile 1982.

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10o – 27 giugno 1982, lCronaca riporta: «Alla domanda: Il Vescovo obietta sul fatto che tu hai detto che Fra Ivica Vego e Fra Ivan Prusina non sono colpevoli. Lo sente come se tu non fossi la vera Madonna poiché non rispetti le disposizioni dei superiori. Vuoi spiegarci il tuo atteggiamento? Ha risposto: “Bisogna rispettare ed obbedire ai superiori. Ma anche loro fanno degli sbagli; di essi devono pentirsi e correggerli. Il Vescovo, ed ancor più quelli che gli danno suggerimenti, con il loro atteggiamento recano danno alla fede…”».

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Un ruolo non del tutto chiaro in tutto questo affare è stato quello del padre gesuita sloveno Radogost Grafenauer,[24] citato dal Vescovo Žanić nella sua relazione: «Verso la fine di gennaio 1983 venne da me Padre Radogost Grafenauer, S.J., con l’intenzione di indagare il fenomeno Medjugorje. Ascoltò una ventina di nastri registrati e decise di non andare a Medjugorje affermando «poiché lì non c’è la Madonna». Su mio suggerimento vi si recò e dopo qualche giorno tornò come “convertito” del Padre Vlašić. Mi portò alcune pagine del testo, le gettò sul tavolo e disse:

            «Ecco, Vescovo, che cosa ti dice la Madonna».[25]

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Riportiamo adesso da quella relazione il colloquio tra Padre Grafenauer e la “veggente” Vicka Ivanković.

Padre Grafenaur: 

«Hai detto al Vescovo che lui è da biasimare e che quei due [Vego e Prusina] sono innocenti e possono esercitare le loro mansioni sacerdotali? 

Vicka: 

«Sì».
Padre Grafenaur: 

«Possono ascoltare le confessioni? La Madonna ne ha parlato?»

Vicka: 

«Sì».

Padre Grafenaur: 

«Se la Madonna dice questo e il Papa dice che non possono…»

Vicka: 

«Il Papa può dire quello che vuole: io dico le cose come stanno».[26]

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Riportiamo adesso da quella relazione il colloquio tra Padre Grafenauer e la “veggente” Vicka Ivanković:

Padre Grafenaur: 

«La Madonna ha detto che il Vescovo è colpevole?»

Marija:

«Sì».

Padre Grafenaur: 

«Appena la Madonna dice che il Vescovo è colpevole, uno comincia subito a dubitare che si tratti della Madonna… Cioè il fatto che i veggenti vadano dicendo che il Vescovo è colpevole…»

Marija:

«Questo è stato detto a noi dalla Madonna».

Padre Grafenaur: 

«Questo suscita la rivolta in Hercegovina e questi non sono frutti buoni. La gente si arrabbierà col Vescovo e lo diffamerà; come la Madonna può fare una cosa simile? La Chiesa sa che la Madonna è buona e che lei non farebbe una cosa simile».

Marija: 

«A noi la Madonna ha detto così».[27]

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***

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Conclusione. Da questi punti elaborati sulla base delle parole letterali dei giovani che si presentano fino ad oggi come “veggenti” della stessa “Madonna”, e da quelle della loro “guida spirituale”, risulta che la “apparsa” di Medjugorje ha attaccato uno strenuo annunciatore della verità sulla stessa Madre di Dio e, invece, ha difeso varie forme di disobbedienze ed immoralità. Anzi ha proseguito a farlo fino al 1985 (fine agosto 1982, il 29 settembre 1982, il 17 gennaio 1984, il 14 novembre 1984, il 5 gennaio 1985).

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Il Vescovo Žanić si presentò per i suoi 23 anni di episcopato come un uomo di piena integrità morale, ascoltato predicatore della verità, instancabile amministratore dei santi sacramenti e coraggioso pastore, pronto a morire per la verità e per il suo gregge.

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Non è degno della Madonna di essere usata come “capoufficio postale” per rispondere a una serie di domande inappropriate e manipolate dei “veggenti” e della loro “guida spirituale” per quanto riguarda il “caso erzegovinese” di centenaria durata.

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Non onora la Madonna presentarla come una manipolatrice, con la sua santa persona, tesa a interferire nel governo ordinario della Santa Sede e del Vescovo diocesano di Mostar-Duvno, per quanto riguarda la giurisdizione dell’attività pastorale dei sacerdoti.

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Non è degno da parte di Vicka rimaneggiare il suo diario, scrivendo le sue esperienze fantasiose del 1981 e della prima metà del 1982 nell’Agenda del 1983.

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Non è degno da parte dei “veggenti” fare, come hanno fatto fin dai primi giorni delle “apparizioni”, pronunciamenti molto preoccupanti, che non corrispondono alla verità ma ingannano i fedeli.

          

Mostar, 2 maggio 2017

+ Ratko Perić, vescovo

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FONTI UFFICIALI E DOCUMENTI:

[1] Pavao Žanić, Liber intentionum, 1959-1982: la nomina pontificia era il 9 dicembre, la comunicazione a Don Pavao Žanić il 28 dicembre 1970, la pubblicazione il 4 gennaio 1971.

[2] Tomo Vukšić (a cura di), Istina oslobađa. Zbornik biskupa Pavla Žanića [La verità ci fa liberi. Miscellanea del Vescovo Pavao Žanić], Mostar, 1992.

[3] Ilija Drmić, „Srebrni biskup jubilarac“ (Il Vescovo del giubileo argenteo), in: Crkva na kamenu, nr. 5/1996, pp. 5 e 12.

[4] T. Vukšić, op. cit., pp. 35-40. Traduzione del testo latino del Sommo Pontefice: «Come sappiamo, le angustie delle situazioni e le difficoltà del Tuo ministero pastorale hanno reso il carico ancor più acerbo, ma non Ti è mai mancata una fede intrepida, anzi, sono grandemente cresciuti il Tuo amore verso tutti, una devozione esimia e la Tua diligenza nella scelta ed educazione dei chiamati al servizio del Signore».   

[5] Raspeta Crkva u Bosni i Hercegovini. Uništavanje katoličkih sakralnih objekata u Bosni i Hercegovini [La Chiesa crocifissa in Bosnia-Erzegovina. La distruzione di edifici religiosi cattolici in Bosnia-Erzegovina], Banja Luka, Sarajevo, Mostar, Zagreb, 1997, p. 208.

[6] Cfr. http://md-tm.ba/clanci/le-apparizioni-dei-primi-sette-giorni-medugorje

[7] Cfr. http://www.md-tm.ba/clanci/il-dodicesimo-anniversario-della-morte-del-ve…

[8] Secondo il Diario di Vicka (III), in data 28 febbraio 1982, la “Madonna” ha detto ai “veggenti”: “potete ringraziare molto Tomislav che vi guida così bene”, la copia presso la Curia diocesana di Mostar.

[9] P. Žanić, La posizione attuale (non ufficiale) della Curia Vescovile di Mostar nei confronti degli eventi di Medjugorje, 30 ottobre 1984, nr. 22.

[10] Nel 2012 Tomislav Vlašić, dopo la riduzione allo stato laicale, ha annunciato di far parte di un gruppo, chiamato “Nucleo Centrale”, di 49 esseri prescelti da Dio nell’universo, insieme alla sua collaboratrice Stefania Caterina. 

[11] http://www.versolanuovacreazione.it/      

ed anche: 

http://www.fortezzadellimmacolata.org/appuntamenti

[12] Marko Perić, Hercegovačka afera [Il caso erzegovinese], Mostar, 2002. Il link diocesano, in croato:

 http://www.md-tm.ba/sites/default/files/hercegovacka_afera.pdf.

[13] Glas Koncila (quindicinale di Zagabria), 14/1975, p. 4.

[14] L’originale latino di Romanis Pontificibus pubblicato sugli Acta Ordinis Fratrum Minorum, Roma, II/1989, pp. 85-89.

[15] Il Decreto pontificio Romanis Pontificibus, versione inglese:

https://cbismo.com/index.php?mod=vijest&vijest=648.

[16] Archivio della Provincia francescana erzegovinese, prot. 160/76, del 10 maggio 1976.

[17] Dražen Kutleša (a cura di), Ogledalo Pravde [Speculum iustitiae], La Curia diocesana di Mostar sulle presunte apparizioni e messaggi di Medjugorje, Mostar, 2001, passim.

http://www.md-tm.ba/sites/default/files/ogledalo_pravde.pdf   

Cfr. anche: 

http://md-tm.ba/clanci/le-apparizioni-dei-primi-sette-giorni-medugorje

[18] S.E. Žanić a S.E. Alojzij Šuštar, Vice presidente della Conferenza Episcopale di Jugoslavia, la lettera del 24. XI. 1983, prot. 1172/1983.

[19] V. Ivanković, Agenda 1983. Si tratta di un calendario fotocopiato di 11 pagine con noterelle scritte da Vicka, di proprio pugno, sui “messaggi” della “apparsa” ai religiosi disobbedienti, fra Ivan Prusina e fra Ivica Vego, cappellani di Mostar, con queste sette date disordinate: il 19-XII-1981; il 3-I-1982; l’11-I-1982; il 20-I-1982; il 26-IV-1982; il 29-IX-1982; fine agosto 1982; il 15-IV-1982; il 16-IV-1982. La copia fu consegnata da Vicka alla Curia di Mostar il 17 maggio 1983, ed è conservata presso l’Archivio diocesano di Mostar. Vedi: Nikola Bulat, Istina će vas osloboditi [La verità vi farà liberi], Mostar, 2006, pp. 52-56 e 99. Tutto il testo in croato, confrontato con gli estratti di p. Radogost Grafenauer, Ivi, pp. 100-114.

[20] Tomislav VlašićKronika ukazanja u župi Međugorje, 1981 -1983 [La Cronaca delle apparizioni nella parrocchia di Medjugorje]. Si tratta della Cronaca, condotta e scritta a mano da fra Tomislav Vlašić dall’11 agosto 1981 al 15 ottobre 1983; l’originale nell’Ufficio parrocchiale di Medjugorje, la copia fu consegnata dall’autore al vescovo Žanić il 16 novembre 1983, conservata presso la Curia diocesana di Mostar. Sull’autenticità della Cronaca vedi l’articolo di N. Bulat, op. cit., pp. 23-33.

[21] “Dodatak ‘Informacijama'” [Supplemento alle “Informazioni”], in: Službeni vjesnik [Bollettino ufficiale], 2/1982, p. 2. Pubblicato come brochure in: croato, francesce, inglese, italiano, tedesco, nr. 7; P. Žanić, Medjugorjein italianoMostar, 1990, nr. 7.

[22] Supplemento alle “Informazioni” del Bollettino ufficiale delle Diocesi, 2/1982, pp. 2-3; P. Žanić, Medjugorje, 1990, nr. 8.

[23] Nell’Agenda di Vicka Ivanković, 15. IV. 1982; N. Bulat, op. cit., Mostar, 2006, pp. 105-106; Il link diocesano del libro, in croato:

http://www.md-tm.ba/sites/default/files/istina_ce_vas_osloboditi.pdf.

[24] Radogost Grafenauer è venuto da Medjugorje a Mostar il 2 febbraio 1983 e ha consegnato al vescovo Žanić vari estratti dai documenti disponibili a Medjugorje, riferentisi al ”caso erzegovinese” e ai due cappellani di Mostar, vedi il testo in croato N. Bulat, op. cit., pp. 57-59.

[25] P. Žanić, Medjugorje, in italiano, Mostar, 1990, nr. 9, p. 5.

[26] P. Žanić, Medjugorje, in italiano, Mostar, 1990, nr. 10, p. 6.

[27] P. Žanić, Medjugorje, in italiano, Mostar, 1990, nr. 12, p. 7.

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Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Gabriele

Siamo tutti nel pennello di Caravaggio che ha dipinto il dito di Tommaso nel costato del Cristo Risorto

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

—  omiletica —

SIAMO TUTTI NEL PENNELLO DI CARAVAGGIO CHE HA DIPINTO IL DITO DI TOMMASO NEL COSTATO DEL CRISTO RISORTO 

Forse si può leggere nell’atteggiamento di Tommaso un po’ di orgoglio e diffidenza nei confronti della comunità apostolica. Gesù allora irrompe nelle porte chiuse del suo cuore e della sua mente. Porta una prova inconfutabile: quelle ferite sono vere e dense d’amore.

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Cari fratelli e sorelle,

Caravaggio, particolare: San Tommaso incredulo

oggi celebriamo la domenica della misericordia, dell’amore di Dio per l’uomo. Si può parlare di amore e misericordia in questi tempi del coronavirus? A tal mi risponde così una cara amica infermiera nella zona rossa dalla Lombardia:

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«Misericordia è uscire alla propria zona di comfort […] e dire di sì a Dio e al prossimo. Con gesti semplici come mettere la crema a una persona, stringere una mano o comunicare con uno sguardo tutta la tenerezza che sentivo dentro di me, provenire non soltanto da Dio ma anche da tutti quanti quei fratelli che mi sono vicini con la preghiera, col pensiero, coi messaggi e ogni forma di bene che ho cercato di rimodellare perché mi potesse essere utile come amore da dare».

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Oggi possiamo meditare insieme allora sulla misericordia e sull’esperienza di Tommaso apostolo, nella tenerezza, nella verità e nella gioia. Leggiamo a tal proposito negli Atti degli Apostoli:

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«Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo» [At 2, 42-47].

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La parola che esprime quell’insieme è ομοθυμαδόν (omotumadòn), termine che indica una comunione profonda nelle prime comunità cristiane. Tutto infatti, ci scrive l’Evangelista Luca, è ammantato di una comunione nella fede, nella carità e nei beni materiali. Dunque la comunione testimonia il vero volto di Dio ha come effetto la letizia e semplicità di cuore La comunione vera nella carità e nella fede mostra l’amore di Dio e le persone si convertono e decidono di diventare cristiani.

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Questo è lo sforzo che anche oggi il cristiano è chiamato a fare: essere una persona credente che vive in relazione comunionale, perché non esiste una misericordia in solitudine autarchica. L’egoismo è contrario alla misericordia ed è radice di divisione; la misericordia è apertura a Dio e all’altro, in un atto di donazione di sé fino all’eccesso.

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In questo senso, l’esempio di Tommaso apostolo ci mostra il modo in cui ci si apre a Dio e alla comunità. Il suo esempio ci è forse familiare.

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Il Vangelo di oggi è diviso in due scene: la prima descrive gli apostoli chiusi dentro per paura dei Giudei, l’arrivo di Gesù [Gv 19, 23], in cui c’è l’invio degli apostoli, il fondamento della confessione dei peccati per mezzo dello Spirito. Nella seconda scena [Gv 24, 31], gli Apostoli sono di nuovo chiusi dentro, e stavolta c’è anche Tommaso, il quale non aveva creduto alla comunità:

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«Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Tommaso è la persona in ricerca di Dio: vuole credere solo dopo che ha visto e saputo (come infatti troviamo l’originale greco ίδιο (idiò) derivante da Οἶδα (oida) che indica “ho visto” quindi “so”, espressione che troviamo nell’opera Antigone di Sofocle.

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Forse, si può leggere nell’atteggiamento di Tommaso un po’ di orgoglio e diffidenza nei confronti della comunità apostolica. Gesù allora irrompe nelle porte chiuse del suo cuore e della sua mente. Porta una prova inconfutabile: quelle ferite sono vere e dense d’amore. Con Santa Caterina possiamo provare a leggere i pensieri di Tommaso «e lì, nella ferita del costato, scoprirai il segreto del suo cuore: egli ti ha amato e ti ama in modo inestimabile». Finalmente l’apostolo può prorompere «Signore mio Dio!». Verità e Misericordia si incontrano. Finalmente anche l’apostolo può lanciarsi in una missione di donazione di sé, mediante la predicazione del mistero di Dio.

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In Gesù Cristo tutti noi come Tommaso, scopriamo la verità di una tenerezza di chi non smette mai di amarci di fronte alle nostre fragilità. Questo ci dona la gioia della vita nuova, della domenica senza tramonto, che tutti iniziamo a vivere ora e vivremo in Paradiso con Lui.

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Scriveva Rabindranath Tagore: «Sognai, e vidi che la vita è gioia; mi destai, e vidi che la vita è servizio. Servii, e vidi che nel servire c’è gioia».

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Chiediamo a Dio di aprire il cuore alla misericordia perché il nostro servizio alla verità conduca tutti alla gioia dell’incontro.

Così Sia

Roma, 19 aprile 2020

 

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Il blog personale di

Padre Gabriele

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Con la Regina del Cielo che gioisce per la risurrezione di Cristo, ci rallegriamo per la falsa Madonna di Medjugorie fuggita dinanzi alla pandemia da coronavirus

— attualità ecclesiale —

CON LA REGINA DEL CIELO CHE GIOISCE PER LA RISURREZIONE DI CRISTO, CI RALLEGRIAMO PER LA FALSA MADONNA DI MEDJUGORIE FUGGITA DINANZI ALLA PANDEMIA DA CORONAVIRUS

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Occorreva la pandemia da coronavirus per mettere allo scoperto questi pseudo veggenti che da oltre trent’anni abusano della credulità popolare con messaggi banali e ripetitivi dati da questa sedicente Madonna postina, mentre loro mietevano affari e si arricchivano, mentre conducevano vite tutt’altro che cristiane. O per dirla con un solo esempio: basti pensare al marito di una delle veggenti che ha messo al mondo una figlia con la propria amante, dopo avere costruito un paio di alberghi assieme alla moglie in perenne contatto con questa Madonna postina. E non risulta che la Madonna postina le abbia mai detto: “Figlia cara, cerca di recuperare tuo marito fedifrago, prima che combini qualche brutto guaio, perché sarebbe lesivo alla credibilità di tutto il mercato che avete messo in piedi!”.

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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dibattiti sul fenomeno di Medjugorie a Dritto e Rovescio

Durante il Triduo Pasquale non sono andato in giro per studi televisivi, come sui social alcuni hanno scritto. Collegato da casa mia ho partecipato al programma Dritto e Rovescio andato poi in onda Giovedì Santo [puntata del 9 aprile QUI a partire al minuto 02:30:00]. Così, alle porte della Pasqua, siamo tornati a discutere sulle Sante Messe celebrate senza la presenza dei fedeli in questo periodo di pandemia, con noi sacerdoti impegnati a offrire suffragi per le anime dei defunti e supplicando la misericordia di Dio per i vivi e soprattutto per gli ammalati [vedere anche la puntata del 26 marzo, QUI dal minuto 02:05:15].

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Durante quel dibattito televisivo mi sono accapigliato col giornalista Paolo Brosio, col quale già in passato avevo discusso in un’altra puntata animandomi sul discorso della Madonna di Medjugorie [puntata del 5 marzo QUI dal minuto 02:09:45]. Adesso, sia per quanto riguarda la sospensione delle sacre liturgie pubbliche sia per quanto riguarda la falsa Madonna dei sedicenti veggenti di Medjugorie, desidero chiarire ciò che non si può chiarire in una trasmissione televisiva. Infatti, se nell’ambito di questo programma o di qualsiasi altro, avviassi un discorso filosofico, metafisico e teologico, il conduttore mi dovrebbe interrompere. Sia chiaro che io stesso, se conducessi una trasmissione come quella dell’amico Paolo Del Debbio, non esiterei a interrompere un ospite, se prendesse la tangente verso certi discorsi molto specialistici. Già in passato ho spiegato in un mio articolo quelle che sono le regole di una grande azienda televisiva che vive e si regge sulla pubblicità e sugli ascolti [vedere QUI]. Sicché, chi partecipa a certi programmi, deve far passare entro brevi spazi, con linguaggio semplice e immediato, alcuni messaggi, ma non più di questo è possibile.

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Dissertando all’areopago con gli ateniesi, quale stile e linguaggio usò il Beato Apostolo Paolo? Un linguaggio a loro comprensibile, come prova il suo discorso [cf. At 17, 22-34]. Sicuramente, da grande comunicatore qual era, possiamo dedurre che a un adeguato stile oratorio unì una gestualità idonea a quel luogo e a quel pubblico, tanto i greci erano influenzati dalla cultura del loro teatro, al linguaggio del corpo, al tono della voce e via dicendo.

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In questi giorni di laicale catto-schizofrenia, l’argomento “inoppugnabile” di giustificazione di coloro che sono contrari alla sospensione delle sacre celebrazioni pubbliche è che «… si può andare a fare spesa nei supermercati ma non si può andare alla Messa di domenica». In questo modo si cerca di dire che per un cristiano i beni spirituali dovrebbero essere superiori a quelli materiali e che per l’uomo dovrebbe essere più importante salvare la propria anima immortale, anziché salvare il proprio corpo corruttibile in questo mondo. Soprassediamo sul fatto che l’anima immortale è racchiusa nel corpo mortale e che la Chiesa, dopo la cessazione delle persecuzioni contro i cristiani dei primi secoli, ha fondato ospedali e ricoveri per ammalati, anziani e bisognosi, cosa questa già spiegata in precedenza in altri miei articoli [vedere, QUI, QUI], ma come risaputo non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire  …

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… secondo questa errata definizione data da Paolo Brosio, che in ciò si è fatto portavoce di un diffuso sentire, la Chiesa si sarebbe piegata al materialismo e ai principi dell’utilitarismo, quindi alle logiche di questo mondo. Inutile dire che per me sacerdote è inaccettabile che un laico cattolico, nel contesto di una pubblica trasmissione che giunge a milioni di ascoltatori, contesti un intero collegio episcopale in base al “io sento … io penso … io ho vissuto …”. Se quindi sono presente ho il dove di difendere i vescovi e i provvedimenti da loro presi, perché sono loro i successori dei Beati Apostoli e i Pastori della Chiesa, non il “io sento … io penso … io ho vissuto …” dell’emotivo Paolo Brosio. Beninteso: sarebbe assurdo negare ― e specie da parte di un soggetto come me ― che una triste e ampia fetta di clero è caduto da alcuni decenni in una crisi dottrinale che ha generata una spaventosa crisi morale. Né mai potrei negare che una simile patologia è frutto delle peggiori eresie moderniste penetrate ormai da decenni dentro la Chiesa sino ai suoi più alti vertici. Posso pertanto denunciare le mediocrità e le inadeguatezze pastorali dei nostri desolanti pastori — cosa che ho fatto spesso e in modo severo con libri e articoli [vedere QUI] —, ma mai metterei in dubbio per un solo istante la loro autorità apostolica e l’obbedienza a essi in ogni caso dovuta, persino ai vescovi gravati dalle peggiori limitatezze pastorali, dottrinali e morali.

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Il ragionamento di Paolo Brosio è quindi falso perché contraddice anzitutto i basilari princìpi logici e metafisici del depositum fidei. Spieghiamo e chiariamo il tutto: è vero che i beni spirituali sono superiori a quelli materiali, ma lo sono proprio in quanto di ordine superiore, cosa che ci insegnano i Santi padri e dottori della Chiesa, da Sant’Agostino a San Tommaso d’Aquino. Pertanto questi due beni, materiali e spirituali, non possono essere messi sullo stesso piano, meno che mai posti a confronto, sino a giungere a una vera aberrazione che costituisce il peggiore sprezzo verso la logica e la metafisica, ossia porre in contrapposizione i supermercati e le chiese, o affermare che si può andare in tabaccheria a comprare sigarette ma non in chiesa a ricevere la Santa Comunione. A queste tesi aberranti e illogiche sul piano squisitamente metafisico, si aggiungono accuse al Governo Italiano e a quella che molti definiscono ormai come «la Conferenza Episcopale Italiana serva del potere politico».

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La tesi fideistico-spiritualista di Paolo Brosio, finisce col ricadere e affogare proprio in quel becero materialismo che egli vorrebbe condannare in nome di una fede che non è tale, ma che è solo un fideismo dal quale è generato un concetto magico-utilitarista dei Sacramenti di grazia. Non a caso, la grande porta di accesso al materialismo, spesso è quella falsa fede animata da devozionismo emotivo e irrazionale. Mentre invece la fede richiede la ragione e la ragione richiede la fede, come insegnava un caposcuola della scolastica, il Santo dottore della Chiesa Anselmo d’Aosta.

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Forse mi arrabbio con Paolo Brosio perché mi sta antipatico? Giammai! Per lui provo tenerezza e spero che nel suo errore sia animato da buone intenzioni, non perché anche lui, come i personaggi di cui parleremo appresso, tra conversioni e madonne parlanti si è creato il proprio mercato. Soprattutto mi piacerebbe poterlo aiutare sia come sacerdote sia come teologo. Se mi sono arrabbiato è perché egli danneggia le anime dei semplici, peraltro in un momento di grande confusione, usando la notorietà e la visibilità pubblica che ha. Per questo, gli ho urlato.

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Applicare quindi la logica «si può andare al supermercato e in tabaccheria ma non alla Messa», vuol dire applicare una logica inferiore a una realtà metafisica di ordine superiore che, in quanto tale, dispone di conseguenza di risorse di natura superiori, a partire dall’onnipotenza di Dio. Questo modo di ragionare è grossolanamente illogico al punto tale che farebbe impallidire tutti gli ostili alla religiosità, da Tito Lucrezio Caro a Karl Marx che commenterebbero: “Neppure noi eravamo mai giunti a tanto!”. 

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Questi concetti aberranti prendono vita quando emotivi-fideisti, o quando teologi fai-da-te parlano di Chiesa e Sacramenti senza essere animati dalla fede che trascende, bensì mossi dall’elemento soggettivo-emotivo, finendo così ripiegati in forme di feticismo. A quel punto i Sacramenti si mutano in qualche cosa di magico, di superstizioso, ma soprattutto di materialista e utilitarista, o peggio in un diritto dovuto. Cosa questa che credo di poter dire, se come forse mi illudo ho imparato davvero qualche cosa sulla dogmatica sacramentaria e sulla storia del dogma, ma soprattutto come persona che ha ricevuta per anni e anni una formazione da sapienti maestri, che sono indispensabili a un autentico cammino di fede, per poi procedere alle speculazioni teologiche, ma soprattutto per crescere nella esperienza di fede autentica.

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Dinanzi alla assurda “logica” basata sul cavallo di battaglia di certi emotivi irrazionali: «Ci lasciate andare a fare la spesa al supermercato … si può andare alle tabaccherie a comprare le sigarette … ma non andare alla Messa, che è cosa ben più importante!», San Tommaso d’Aquino, che pure era soprannominato il bue muto, avrebbe urlato molto più di me, all’incirca come quando cercò di appiccare fuoco alla sua monumentale opera urlando: «Tutto è paglia, tutto è paglia!», dopo avere avuta una visione e percepito in tal modo più da vicino il mistero di Dio.

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Nella sua disarmante ignoranza Paolo Brosio non sa neppure cosa sia la fides catholica né cosa sia un cammino di autentica conversione, al punto da mettersi in “contrapposizione” con un intero Collegio Episcopale che ha deciso di sospendere le pubbliche celebrazioni liturgiche in questo periodo di pandemia, esordendo nella trasmissione del 9 aprile: «… io non sono assolutamente d’accordo!». Ebbene bisogna ricordare a Paolo Brosio che vescovi e sacerdoti, per quanto indegni peccatori, hanno ricevuto per mistero di grazia un mandato che procede per ordine soprannaturale e che valica le squallide e immorali miserie delle nostre persone umane, sino a renderci spesso fonte anche dei peggiori scandali. A noi è stato dato da Cristo mandato di guidare il Popolo di Dio, non al Popolo di Dio mandato di guidare i suoi Pastori. Non a caso, nella precedente puntata, per due volte gli ricordai: «… io sono un ministro in sacris e dalla Chiesa ho ricevuto il preciso mandato a insegnare, santificare e guidare il Popolo di Dio, tu come laico, che mandato hai ricevuto dalla Chiesa?» [puntata del 5 marzo QUI, minuto 02:09:45]. Ne consegue dunque che Paolo Brosio, che è un emotivo-madonnolatra-fideista, non sa neppure cosa sia l’obbedienza nella fede, cosa che pregiudica in lui la vera esperienza cristiana, perché il suo essere è interamente ripiegato sull’emotivo “io sento … io penso … io ho vissuto …”, ergo ciò che sento, penso e ho vissuto è autentica fede e, chiunque osi contraddirmi, fosse pure un vescovo, un sacerdote o un teologo che ne sa qualche cosa, è un nemico della “mia” fede.

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All’interno della logica perversa sin qui descritta accade che, chiunque non accetti le apparizioni e i messaggi dati ai sedicenti veggenti dalla sedicente Madonna di Medjugorie, è un blasfemo, a partire da tutti i vescovi bosniaci che si sono sempre opposti alla autenticità di queste apparizioni. Non a caso, sempre nel primo di questi dibattiti televisivi avuto con me il 5 marzo, Paolo Brosio giunse sul finire a infamare il defunto Vescovo di Mostar, S.E. Mons. Pavao Žanić [1918-2000] accusandolo di essere stato un emissario del vecchio regime comunista. Si tratta di una falsa calunnia messa in giro dai fanatici fanatizzanti di questa falsa Madonna che appariva a comando, come quel Vescovo disse poco dopo l’inizio delle presunte apparizioni e come tutt’oggi ripetono i Vescovi di quella regione, che mai hanno creduto all’autenticità delle apparizioni, seguitando a esprimersi unanimi nei successivi tre decenni con giudizi negativi, a partire dall’attuale Vescovo della Diocesi di Mostar, S.E. Mons. Ratko Perić, che in una relazione in difesa del suo predecessore, insolentito dai fanatici della risma di Paolo Brosio, in tempi molto recenti, nel 2017, in tono severo afferma:

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«Non è degno da parte dei “veggenti” fare, come hanno fatto fin dai primi giorni delle “apparizioni”, pronunciamenti molto preoccupanti, che non corrispondono alla verità ma ingannano i fedeli» [Vedere testo in traduzione italiana nel sito ufficiale della Diocesi di Mostar, QUI].

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Dal tutto ne deriva che la conseguenza del fideismo è la fanatizzazione, che può giungere sino alle forme più estreme: la demonizzazione dell’avversario e la distruzione della sua credibilità. Per farsene un’idea basti leggere cos’hanno rovesciato su di me sui social media [vedere QUI], inclusi personaggi che sul mercato di Medjugorie ci campano e che mi imputano ciò che mai ho detto, senza essersi mai premurati di leggere ciò che con precisione teologica ed ecclesiologica ho scritto dissertando sul tema di questo fenomeno, al quale non credo e al quale sono libero di non credere fino a quando la Chiesa non mi dirà il contrario [vedere QUI].

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Paolo Brosio sarebbe divenuto autenticamente cristiano, ma soprattutto si sarebbe convertito per davvero, se anziché le panzane dei sedicenti veggenti di Medjugorie avesse prestato ascolto al pagano Aristotele, il cui pensiero, assieme a quello del pagano Platone, è stato poi usato come strumento dai grandi Santi Padri della Chiesa per speculare sugli arcani misteri di Dio e sull’Incarnazione del Verbo di Dio fatto uomo. Infatti, ai percorsi autentici di fede, si applica il principio aristotelico della legge che è «ragione priva di passione». Vale a dire: se non siamo liberi dalle passioni o dagli umori umani, non possiamo trascendere, rimanendo sempre entro quei limiti che costituiscono insormontabile freno affinché si possano penetrare gli arcani misteri della fede, procedendo attraverso la ragione: fides et ratio.  

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Quando ho urlato che finalmente la Madonna di Medjugorie è fuggita dopo trent’anni di teatrini dei sedicenti veggenti, è stato solo per andare al cuore del problema, trasmettendo un concetto attraverso una iperbole tipica della predicazione paolina, rendendo il tutto comprensibile al pubblico che seguiva da casa, spiegando in modo animato che per la prima volta nella storia della Chiesa abbiamo avuta una Madonna scappata durante una pandemia. In questo modo la cosiddetta Gospa ha ampiamente contraddetta l’intera mariologia, perché alla intercessione della Vergine Maria è attribuita la cessazione improvvisa della grande peste del 1347, lo provano le chiese costruite negli anni successivi, per la gran parte dedicate in segno di riconoscenza alla Mater Dei. E tutt’oggi, storici della medicina e virologi, non sono stati in grado di spiegare in che modo quella pandemia cessò d’improvviso dopo avere sterminata circa metà della popolazione europea. Ve la immaginate la Madonna che nel 1571 fosse fuggita durante la battaglia di Lepanto all’arrivo dei musulmani? Invece, proprio alla sua intercessione, è attribuita la vittoria della Lega Santa, al punto che il Santo Pontefice Pio V istituì la festa di Santa Maria delle Vittorie, riconoscendo che quella vittoria era da attribuire alla potente intercessione della Mater Dei 

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Occorreva la pandemia da coronavirus per mettere allo scoperto questi pseudo veggenti che da oltre trent’anni abusano della credulità popolare con messaggi banali e ripetitivi dati da questa sedicente Madonna postina, mentre loro mietevano affari e si arricchivano, mentre conducevano vite tutt’altro che cristiane. O per dirla con un solo esempio: basti pensare al marito di una delle veggenti che ha messo al mondo una figlia con la propria amante, dopo avere costruito un paio di alberghi assieme alla moglie in perenne contatto con questa Madonna postina. E non risulta che la Madonna postina le abbia mai detto: “Figlia cara, cerca di recuperare tuo marito fedifrago, prima che combini qualche brutto guaio, perché sarebbe lesivo alla credibilità di tutto il mercato che avete messo in piedi!”. Sinceramente non so se il marito fedifrago e la sua amante, la bambina, l’hanno chiamata Immacolata in onore della Beata Vergine, quindi mi fermo a questo esempio senza andare oltre, riguardo questi personaggi sui quali Paolo Brosio ha costruita la propria fede dopo una folgorante conversione che, ripeto, è stata null’altro che un moto emotivo da analizzare nell’ambito psichiatrico, più che alla luce delle grandi conversioni della storia avvenute nei tanti Shaul di Tarso, Aurelio di Tagaste o Ignazio di Loyola che hanno percorso la storia della Chiesa. 

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Se vogliamo fare un discorso di pura spiritualità basterebbe chiedersi: persone che da trent’anni parlano veramente con la Beata Vergine Maria, è possibile che abbiano tempo e voglia di dedicarsi agli affari, di costruirsi ville, di aprire alberghi, di avere mariti che se la spassano con le amanti e via dicendo a seguire? Prima ho accennato a San Tommaso d’Aquino che stava per incenerire la sua monumentale Summa Theologiae dopo avere avuto solo un piccolo accenno a quella che è la dimensione divina. Troppi altri casi simili costellano la storia della Chiesa, inclusi Santi e Sante che dovevano essere obbligati a nutrirsi, perché erano capaci a stare per giorni senza mangiare e bere. Soprattutto, la gran parte di essi, dopo avere avuto visioni e apparizioni, quindi dopo avere avuto solo un piccolo assaggio della beatitudine eterna, quasi sempre sono morti poco tempo dopo, altro che dedicarsi agli affari e alla ricerca della bella vita!

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Partiamo a monte. In seguito alle prime presunte apparizioni del 1981 si ebbe la prima dichiarazione ufficiale della Conferenza Episcopale della ex Jugoslavia: dopo dieci anni di studio i vescovi decretarono unanimi che non si trattava di un evento di natura soprannaturale. Anziché intervenire e mettere sùbito dei paletti, la Santa Sede lasciò che il fenomeno proseguisse ad andare avanti senza alcuna risposta ufficiale, assumendo sempre più i connotati di una vera e propria religione parallela. A vent’anni da quel primo responso, il Sommo Pontefice Benedetto XVI istituì il 17 marzo 2010 una Commissione internazionale per lo studio di questo fenomeno. Nel 2014, sotto il pontificato di Francesco I, la Commissione concluse i propri studi e giunse ad ammettere, tra le varie cose, che i sedicenti veggenti avevano un rapporto ambiguo col danaro ed erano emerse dallo studio e dall’analisi delle loro persone evidenti carenze spirituali:

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«I testimoni del segno soprannaturale a loro originariamente indirizzato, hanno ora effettivamente un rapporto per alcuni aspetti ambiguo con il denaro, però, più che situarsi sul versante dell’immoralità, si situa nel versante della struttura personale, spesso priva di un solido discernimento e di un coerente orientamento» […] «È mancata loro una attendibile e continuativa guida spirituale, nel corso di questi trent’anni. Vi sono, semmai, molti indizi di protagonismi spirituali esibiti e di relazioni pastorali mancate» 

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Su uno dei sedicenti veggenti in modo particolare la Commissione puntualizza:

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«Raggiunge il suo apice nel caso di Ivan Dragicevic, i cui continui incontri e conferenze sul fenomeno di Medjugorje sembrano costituire l’unico suo lavoro e sostegno. Egli inoltre ha mentito più volte ed è meno credibile anche nel modo in cui parla delle sue esperienze con la Gospa».

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La Commissione ritenne che le prime sette apparizioni avvenute agli inizi degli anni Ottanta del Novecento potessero essere autentiche, ma non quelle delle successive che si sarebbero verificate nel corso degli ultimi trent’anni, mettendo anzi in luce la progressiva banalizzazione del contenuto e della forma dei messaggi comunicati quotidianamente. Detto questo va precisato: coloro che esultano affermando che la Chiesa ha approvato le prime sette apparizioni, o mentono, o sono ignoranti. Il parere dato da una commissione meramente consultiva incaricata per lo studio, non è un riconoscimento da parte della Chiesa, che sino a oggi non c’è mai stato. Per adesso si è avuto solo l’esito di uno studio sul quale la Chiesa, attraverso la suprema autorità del Sommo Pontefice, dovrà esprimersi. 

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Talune cordate di fanatici medjugoriani procedono in modo illogico attraverso l’elemento emotivo unito al totale stravolgimento dei fatti, tipico questo delle psicologie fanatiche e fanatizzanti, conferendo a commissioni, oppure a decisioni precauzionali o di controllo, rango di indiscutibile riconoscimento da parte della Chiesa. Non solo — come abbiamo appena detto —, la Commissione di studio non ha riconosciuta la autenticità di alcunché, perché c’è di peggio: quando la Commissione presentò l’esito del suo lavoro alla Congregazione per la dottrina della fede, questo competente dicastero giudicò l’esito del lavoro inficiato da superficialità e troppo accomodante nei confronti del fenomeno Medjugorie. Quella contro-relazione della Congregazione per la dottrina della fede fu talmente dura che il Sommo Pontefice decise di chiedere un ulteriore parere a un gruppo di teologi di sua fiducia. Detto questo: i capifila di certe cordate fanatiche, sono forse in grado di esibire un documento ufficiale di riconoscimento suggellato dal Romano Pontefice? Perché questo è il punto centrale sul quale i fanatici fanatizzanti della parallela religione medjugoriana soprassiedono: dov’è l’atto ufficiale col quale la Chiesa, tramite l’augusta persona del Romano Pontefice, dichiara autentico il fenomeno? Dov’è il documento col pronunciamento della Chiesa: dov’è?   

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A quel punto, i fanatici fanatizzanti medjugoriani procedono a stravolgere i fatti e a conferire, per esempio ad atti amministrativi di puro controllo, rango di approvazione al fenomeno. Vediamo come, ma prima ricapitoliamo che: posto che la commissione istituita dalla Chiesa non ha mai riconosciuto questi tre decenni di apparizioni e di messaggi a getto continuo, non essendo peraltro nei suoi poteri; posto che la commissione ha dovuto ammettere con imbarazzo l’inquietante «rapporto dei veggenti con il danaro»; posto che la commissione ha dovuto ammettere la scarsa formazione spirituale degli pseudo-veggenti; posto che la commissione ha negata ogni autenticità ad apparizioni e messaggi che si sono protratti per tre decenni; posto che la Chiesa non ha mai dato sino a oggi alcun riconoscimento ufficiale … ciò premesso ecco che a quel punto Paolo Brosio, seguendo lo schema tipico della fanatizzazione giocata sullo stravolgimento totale della realtà, sempre nella puntata del 5 marzo ha tentato di far passare l’invio a Medjugorie di un Arcivescovo in qualità di visitatore apostolico come una approvazione del Sommo Pontefice Francesco. Ma si tratta appunto di un totale stravolgimento del dato reale: S.E. Mons. Henryk Franciszek Hoser, Arcivescovo emerito di Varsavia, è stato inviato dal Sommo Pontefice come visitatore apostolico per controllare ciò che in quel luogo accade, come replicai con una breve battuta nella puntata di Dritto e Rovescio del 5 marzo a Paolo Brosio che, spaziando però su questo tema fuori dal reale — e spero lo sia per ignorante buonafede —, tentò di far passare l’Arcivescovo visitatore apostolico come “segno di approvazione”. Tutt’altra la realtà: appena giunto a Medjugorie il visitatore apostolico proibì per prima cosa che nelle omelie e nelle sacre celebrazioni fosse fatto qualsiasi genere di riferimento diretto o indiretto ai messaggi dati a getto continuo dalla Gospa agli pseudo veggenti, salvo immediata sospensione dalle facoltà di poter esercitare il sacro ministero sacerdotale in quel luogo dei sacerdoti che non si fossero attenuti a quella disposizione. Dinanzi a questi fatti e molto altro ancòra: che cos’hanno da raccontarci certi personaggi fanatici e fanatizzanti, inclusa Radio Maria diretta da Padre Livio Fanzaga, riguardo la nostra grande avvocata, la nostra potente fonte di intercessioni presso Dio, “miserabilmente fuggita” al sopraggiungere del coronavirus? [riguardo Padre Livio Fanzaga vedere questo mio precedente articolo, QUI]. Dovrebbe essere ovvio anche alle persone più limitate di questo mondo che la mia espressione sulla “Madonna in fuga” è tutta riferita ai sedicenti veggenti, spiazzati e infine sgominati da una inaspettata pandemia da Covid-19. Ma i fanatici sono tali proprio perché rifiutano di aprire gli occhi e di ragionare anche dinanzi agli elementi più evidenti che smentiscono l’oggetto del loro fanatismo, anzi, come ho appena dimostrato prendono gli elementi di reale smentita, li capovolgono, li falsificano e poi li presentano addirittura come approvazioni. A questo modo, da sempre, agiscono le psicologie dei fanatici caduti in quelle forme d’integralismo religioso che li rendono completamente privi di senso logico e di elementare spirito critico e analitico, per i quali non esiste la realtà ma solo la loro surreale realtà parallela.

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La mia affermazione: «Grazie al coronavirus la Madonna è scappata», è stata una provocazione che ha fatto urlare alla blasfemia chi non comprende perché non vuol comprendere. La provocazione non è fine a sé stessa ma si basa su fatti, non su malevole interpretazioni. O come in breve ho spiegato durante quel programma del 9 aprile: non era mai avvenuto nella storia della Chiesa che una apparizione protratta per oltre trent’anni cessasse nella piena emergenza di una pandemia conclamata. Questo è stato infatti il momento nel quale questa sedicente Madonna avrebbe annunciato alla falsa veggente Mirjana che non le sarebbe più apparsa a frequente cadenza, ma solo una volta all’anno. Non è forse una strana coincidenza, specie considerando che il tutto non era nel messaggio ufficiale del 18 marzo, ma solo una “confidenza” rivolta alla falsa veggente, o come dire: un dialogo privato tra donne?

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Tutte le grandi menzogne messe in piedi da personaggi analoghi, sempre e di rigore si basano su rivelazioni, su un futuro terrificante da venire, su segreti terribili che prima o poi saranno svelati … insomma: tutto è giocato sull’elemento magico-emotivo della paura. Quindi la seconda puntata dell’ormai saga ridicola della Gospa-Story sarà quella dei fantomatici dieci segreti che dovrebbero essere svelati dopo un segno straordinario visibile in tutto il mondo. E qui faccio notare che a certi soggetti non è molto chiaro che il tempo passa e, come suol dirsi, tutti i nodi vengono poi al pettine. A tal proposito ricordo che nel 2001, alla sedicente veggente Vicka, dopo vent’anni dall’inizio delle apparizioni e dopo la rivelazione dei tremebondi segreti, fu chiesto: «Se non puoi comunicare la data dei segreti, puoi almeno dirci con una metafora calcistica, a che punto siamo del match?». Rispose Vicka: «È già iniziato il secondo tempo», dando così implicitamente come limite il 2021 [vedere QUI]. Dal gennaio del 2018 la trombetta della religione medjugoriana, Padre Livio Fanzaga, ammonisce che «i tempi sono vicini» e che «la rivelazione dei segreti è imminente» [vedere QUI]. Vedremo a breve che cosa s’inventeranno questi personaggi, o quale eventuale ripensamento metteranno in bocca alla Gospa, dopo essersi imprigionati da loro stessi in un castello di menzogne. Faranno all’incirca come i Testimoni di Geova che più volte annunciarono la fine del mondo, cambiando poi date o dicendo che c’era stato un errore di calcolo … Perché a questo sono giunti i capocomici della Gospa-Story: alla cabbala gospara. Un fatto è certo: la pandemia ha fatto cessare apparizioni e messaggi e fatta fuggire dopo tre decenni questa falsa Madonna postina. Qualcuno vuole smentire questo palese dato di fatto? 

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Concludo chiarendo: se la Chiesa mi dirà il contrario, io dirò a Paolo Del Debbio e agli amici della Redazione di Dritto e Rovescio che ho il dovere morale, come cattolico e come presbìtero, di presentarmi a quella stessa trasmissione per chiedere pubblicamente perdono agli pseudo veggenti di Medjugorie e a Paolo Brosio. Ma solo quando la Chiesa mi dirà che sono in errore, finché ciò non avverrà seguiterò a chiamare quegli oscuri personaggi “ciarlatani”, che nel senso etimologico del termine significa: imbonitori che si approfittano della buona fede e della credulità delle persone, anche per un tornaconto personale. Quindi proseguirò a indicare quella di Medjugorie come una “falsa Madonna” che dopo tre decenni di chiacchiere e messaggi di desolante banalità — in non pochi dei quali sono contenuti anche errori dottrinali —, dinanzi a una epidemia è scappata, anziché confortarci e intercedere per noi, come sempre ha fatto nel corso della storia e dell’economia della salvezza la Mater Dei.

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Fenomeni di questo genere, con i mostri che ne derivano, nascono da quando la Chiesa ha rinunciato all’esercizio della propria autorità, attendendo che le cose si sistemassero da sé, salvo però cadere, ad autorità distrutta, in forme di bieco autoritarismo, quelle con le quali oggi si colpiscono e si bastonano a sangue sia gli innocenti sia i servitori fedeli, mentre i ciarlatani come i sedicenti veggenti di Medjugorie prolificano, ingrassano e recano danni immani al Popolo di Dio e alla credibilità stessa della Chiesa mater et magistra.

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dall’Isola di Patmos, 13 aprile 2020

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AVVISO AI LETTORI

Le Edizioni L’Isola di Patmos si avvalgono per la stampa e la distribuzione dei propri libri della grande Azienda Amazon, che in questo momento ha sospeso la spedizione e distribuzione di tutti i generi non urgenti e non strettamente necessari per problemi legati all’emergenza coronavirus. Al momento non è quindi possibile ordinare e ricevere i nostri libri, che potrete però ordinare dopo il 3 aprile.

 

 

 

 

 

 

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La risurrezione di Cristo è quell’atto d’amore salvifico perfetto che caccia via in noi la paura della morte

L’angolo dell’omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

LA RISURREZIONE DI CRISTO È QUELL’ATTO D’AMORE SALVIFICO PERFETTO CHE CACCIA VIA IN NOI LA PAURA DELLA MORTE

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[…] quando considero Gesù come un defunto, quando vedo in lui il caro estinto da compiangere oppure quando vedo in lui solo una tradizione del passato da rispettare annualmente è difficile fare Pasqua, è difficile trovare un rimedio alla paura e alla morte. Ma Gesù non è un morto è il Vivente, è l’eterno presente e sono chiamato a sperimentare questo, così come è avvenuto per le donne: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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PDF  articolo formato stampa
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Cari fratelli e sorelle, 

Lampada del Santissimo Sacramento nella chiesa parrocchiale del convento dei Frati Minori Cappuccini di Laconi (Oristano)

«Non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto come aveva detto» [Mt 28, 1-10].

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Queste le parole tratte dal Vangelo di Matteo di questa notte che ci annunciano la Risurrezione di Cristo. n annuncio forte che contrasta con due aspetti presenti nella vita di ciascuno di noi: la paura e la morte. E davanti alla paura e alla morte non abbiamo bisogno solo di essere incoraggiati, ma abbiamo necessità di trovare qualcuno che ci liberi dalla morte e metta in fuga la paura. La Pasqua è la risposta a questa necessità. Infatti, per prima cosa, l’Angelo invita le donne a non avere paura.

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Per l’attuale crisi sanitaria ognuno di noi sta vivendo un tempo di scoraggiamento e di timore. È bastato un virus per mettere in discussione tutta la nostra vita e quello che sembrava fino a poco tempo fa normale, oggi non lo è più. La Pasqua è l’evento in cui Dio attraverso Gesù Cristo ci dice che l’uomo non è stato creato per vivere nella paura, ma è stato creato libero e privo di ogni male. Non possiamo perciò pensare di condurre una vita normale ― anche di fede ― se permettiamo alla paura di dominarci. Allora quale è il rimedio alla paura? È Gesù, è il sapere che egli non si è scordato di noi, egli è il Vivente anche durante questo tempo di prova. Proprio perché è vero Dio e vero uomo è capace di un abbraccio che salva, che supera enormemente ogni peccato e ogni male del mondo.

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Padre Ivano Liguori, celebrazione del Triduo Paquale nella chiesa parrocchiale del Convento dei Frati Minori Cappuccini di Laconi (Oristano)

Quando abbiamo superato la paura, resta in noi una domanda che vediamo presente anche nel cuore delle donne che si recano al sepolcro: quando vado alla ricerca di Gesù, io chi cerco, un vivo oppure un morto? L’angelo dice chiaramente alle donne: «So che cercate Gesù, il crocifisso», il che significa voi cercate quel Gesù che è stato ammazzato. Ma quel Gesù dopo il Venerdì e il Sabato Santo non c’è più, non esiste più un cadavere ma il Risorto, non esiste più un defunto ma il Vivente.

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Cari fratelli, quando considero Gesù come un defunto, quando vedo in lui il caro estinto da compiangere oppure quando vedo in lui solo una tradizione del passato da rispettare annualmente è difficile fare Pasqua, è difficile trovare un rimedio alla paura e alla morte. Ma Gesù non è un morto è il Vivente, è l’eterno presente e sono chiamato a sperimentare questo, così come è avvenuto per le donne: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».

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Padre Ivano Liguori, celebrazione del Triduo Paquale nella chiesa parrocchiale del Convento dei Frati Minori Cappuccini di Laconi (Oristano)

Oggi la sfida della fede pasquale ci porta a incontrare Gesù vivo nella Galilea dell’emergenza sanitaria di Coronavirus. Significa portare l’annuncio del vivente ― l’Exultet Pasquale ― dentro quelle situazioni di morte, di malattia, di paura che imperversano nelle nostre città, all’interno della nostra cara nazione, nel mondo intero.

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Dov’è o morte la tua vittoria, dov’è o malattia la tua vittoria? Non c’è, ha avuto termine con il silenzio del Sabato Santo, oggi è la domenica di Pasqua, oggi vince la vita e la salvezza di Cristo.

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Cari amici, pur vivendo una Pasqua a porte chiuse, nell’intimità delle nostre case, dei nostri appartamenti, questo non impedisce al Risorto di farsi presente. Egli che entrò a porte chiuse nel cenacolo per mostrarsi risorto agli Apostoli, si manifesterà anche a noi, radunati in questo giorno nel suo nome. Gesù vivo spalanca le porte delle nostre case, spalanca le porte delle nostre paure e vi entra come Salvatore potente. Non sarà un virus a strapparci dall’amore di Cristo, non sarà un virus a rendere vana la Pasqua del Signore.

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Cristo risorto benedica noi tutti e ci ottenga di ritornare presto alla serenità della vita quotidiana, non nella paura della morte ma nella gioia della vita che non ha fine.

Buona Pasqua, Cristo è veramente risorto!

Laconi, 11 aprile 2020

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Per stare quanto più possibile vicini ai fedeli in questo momento di grave crisi ed emergenza, la redazione de L’Isola di Patmos informa i Lettori che il nostro autore Padre IVANO LIGUORI, dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, cura su Facebook la rubrica «LA PAROLA IN RETE», offrendo delle meditazioni tre volte a settimana. Potete accedere alla pagina curata dal nostro Padre cliccando sul logo sotto:

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Questa è la pagina del nostro negozio QUI. Purtroppo la nostra stamperia e distribuzione della Azienda Amazon ha sospeso per il momento, in seguito alla emergenza della pandemia da Covid-19, la produzione e distribuzione di tutti i generi non di prima necessità, tra cui i libri. Pertanto, al momento, i nostri titoli non sono disponibili.   

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«Cristo obbediente fino alla morte»: Cessiamo di porgergli una spugna imbevuta di aceto sulla bocca

— Triduo pasquale 2020 —

«CRISTO OBBEDIENTE FINO ALLA MORTE»: CESSIAMO DI PORGERGLI UNA SPUGNA D’ACETO SULLA BOCCA 

MEDITAZIONI  PER IL TRIDUO PASQUALE IN PERIODO DI PANDEMIA

(Seconda meditazione: Venerdì Santo)

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[…] sono venti secoli che quel secchio d’aceto è sotto la croce, anzi oggi trabocca proprio. Cerchiamo di gettarlo via, quel secchio, evitando di proseguire imperterriti ad accostare una spugna imbevuta d’aceto sulla faccia di Cristo, salvo poi sentirci in pace con le nostre coscienze e, se richiamati alle nostre responsabilità di uomini e di cristiani, difendersi dicendo che la colpa è sempre degli altri.

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Offro ai Lettori de L’Isola di Patmos tre meditazioni per questo Triduo Pasquale dell’anno 2020, in una situazione forse unica a suo modo nella storia della Chiesa: per motivi di sicurezza, le pubbliche celebrazioni delle sacre liturgie alla presenza del popolo sono state sospese in tutte le nostre chiese a causa della pandemia da coronavirus.

Tre meditazioni dedicate attraverso le quali si tenta di correggere, con amorevolezza e severità, ma sempre in spirito di verità e di carità, la grande piaga oggi diffusa nel mondo cattolico: l’allergia all’obbedienza e la fede fai-da-te.  Questa seconda è la meditazione del Venerdì Santo.

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Dall’Isola di Patmos, 10 aprile 2020

Venerdì Santo

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CANALE YOUTUBE DE L’ISOLA DI PATMOS

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CANALE DE L’ISOLA DI PATMOS SU

MP3  SOLO AUDIO SENZA VIDEO

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Cari Lettori,

le tematiche trattate in questo video potete trovarle approfondite in questo nostro libro che potete agevolmente ordinare: QUI

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«L’obbedienza al Padre» fondamento di fede che sfugge a quei cattolici della fede emotiva fai-da-te. Meditazioni per il Triduo Pasquale in periodo di pandemia (Giovedì Santo)

— Triduo pasquale 2020 —

«L’OBBEDIENZA AL PADRE» FONDAMENTO DI FEDE CHE SFUGGE A QUEI CATTOLICI DELLA FEDE EMOTIVA FAI-DA-TE.

MEDITAZIONI  PER IL TRIDUO PASQUALE IN PERIODO DI PANDEMIA

(Prima meditazione: Giovedì Santo)

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[…] se i vescovi danno disposizioni in materia di pastorale e liturgia decretando il divieto di celebrare pubblicamente le Sante Messe con il popolo, si ubbidisce e basta, a partire dai fedeli. Questa è la Chiesa gerarchica istituita da Cristo che pone Pietro a capo del collegio degli apostoli, quindi Pietro e gli apostoli a guida del Popolo di Dio. E chiunque lo neghi – e ha pieno diritto e libertà di negarlo – non è però cattolico, è altro … è il cattolico di sé stesso e della sua idea emotiva e soggettiva di Chiesa …

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Offro ai Lettori de L’Isola di Patmos tre meditazioni per questo Triduo Pasquale dell’anno 2020, in una situazione forse unica a suo modo nella storia della Chiesa: per motivi di sicurezza, le pubbliche celebrazioni delle sacre liturgie alla presenza del popolo sono state sospese in tutte le nostre chiese a causa della pandemia da coronavirus.

Tre meditazioni dedicate attraverso le quali si tenta di correggere, con amorevolezza e severità, ma sempre in spirito di verità e di carità, la grande piaga oggi diffusa nel mondo cattolico: l’allergia all’obbedienza e la fede fai-da-te. 

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Dall’Isola di Patmos, 9 aprile 2020

Giovedì Santo

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CANALE YOUTUBE DE L’ISOLA DI PATMOS

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CANALE DE L’ISOLA DI PATMOS SU

MP3  SOLO AUDIO SENZA VIDEO

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Cari Lettori,

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«Chiesa Aperta» (dalla XIV alla XVI puntata) — Tre meditazioni alle porte di un Triduo Pasquale a suo modo unico nella storia della Chiesa: una Chiesa sempre aperta costretta in questo momento a celebrare a porte chiuse

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (dalla XIII alla XVI puntata) — TRE MEDITAZIONI ALLE PORTE DI UN TRIDUO PASQUALE A SUO MODO UNICO NELLA STORIA DELLA CHIESA: UNA CHIESA SEMPRE APERTA COSTRETTA IN QUESTO MOMENTO A CELEBRARE A PORTE CHIUSE

Offriamo ai nostri Lettori questo nuovo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla XIV puntata di Chiesa Aperta!

Non solo in Italia, ma anche in altre parti del mondo la Chiesa ha mantenuto aperte le chiese fatte di pietra e di mattoni ed ha pure escogitato nuove maniere per restare accanto alla gente. Oggi accenniamo ad un modo di essere Chiesa che pure durante la pandemia non deve faticare a trovare nuove modalità per rimanere Aperta: parliamo della Chiesa impegnata a fare penitenza, soprattutto nel tempo di Quaresima.

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Il Mercoledì delle ceneri, nella Prima lettura della Santa Messa, la Santa Chiesa ci ha ricordato le Tre opere della penitenza quaresimale: la preghiera, l’elemosina e il digiuno. Soffermiamoci su quest’ultimo: in Quaresima i cristiani praticano la penitenza anche mediante il digiuno e l’astinenza dalle carni in forma collettiva il Mercoledì delle ceneri e il Venerdì Santo e poi mediante la sola astinenza ogni singolo venerdì di Quaresima. Anche nei giorni di pubblica penitenza che abbiamo appena ricordato, la pratica del digiuno e dell’astinenza dalle carni non si pratica in chiesa, ma ognuno nella propria casa, nel seno della propria famiglia, oppure anche sui luoghi di lavoro e a scuola.

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La pandemia non ha quindi inciso sulla pratica del digiuno e dell’astinenza, che sono praticabili in questa Quaresima come sempre. Affronto questo argomento perché ho notato che nei vari comunicati e disposizioni ecclesiastici diramati in questo periodo ci si è preoccupati di dare norme e suggerimenti su come gestire in emergenza molti aspetti della vita ecclesiale, ma quasi mai, per non dire mai, ci si è preoccupati di ricordare ai fedeli che potevano continuare a praticare come sempre il digiuno e l’astinenza; forse perché tali pratiche penitenziali, dopo essere scomparse dall’orizzonte sociale, sono diventate poco importanti anche per il Clero e il popolo ad esso affidato? Anzi, a mio modesto parere, la presente emergenza richiede non solo di ricordare a tutti il senso e il valore della penitenza cristiana, ma anche di dare disposizioni precise sulle eccezioni al digiuno e all’astinenza, da sempre previste per varie categorie di persone, come sarebbero attualmente i poveri, il personale medico e assistenziale, i malati in quarantena, eccetera, eccetera.

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Nel presente tragico frangente, dalle tante parole ufficiali spese dagli ecclesiastici – spesso ottime – non mi pare però che sia emerso il richiamo a vivere i sacrifici presenti come occasione per far penitenza dei propri peccati e giungere rinnovati nello spirito a celebrare la prossima Pasqua. Ad esempio: la concessione delle nuove Indulgenze da parte del Santo Padre il Papa poteva essere una opportuna occasione in tal senso, ma non mi pare che sia stata colta da chi di dovere. Sia chiaro che non voglio fomentare alcuna polemica contro chicchessia, ma solo contribuire a dire una parola complementare alle tante che vengono dette attualmente.

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La penitenza come virtù da praticare anche mediante le classiche opere di penitenza è al centro della fede cristiana, come la Parola di Dio insegna e come i Santi hanno sempre attuato. Ai nostri giorni le forme collettive della penitenza ecclesiastica sono ridotte ad una forma molto blanda di digiuno per prepararsi alla Santa Comunione, al digiuno e all’astinenza in due soli giorni della Quaresima, all’astinenza dalle carni nei venerdì di quaresima e all’astinenza dalle carni o ad altra opera penitenziale a scelta negli altri venerdì dell’anno; non è quindi proprio il caso che le opere della penitenza ecclesiale vengano date per scontate e trascurate nella comune considerazione dei cristiani. In una società come la nostra, ove il peccato è gabellato per virtù, c’è ancora più bisogno che i cristiani diano pubblica testimonianza di penitenza per i peccati propri e altrui. In una società come la nostra, ove di fronte alla pubblica calamità si tende a contare quasi esclusivamente sulle forze umane, c’è ancora più bisogno che i cristiani diano pubblica testimonianza nell’invocare innanzitutto il soccorso divino, richiesto mediante la preghiera di supplica e di intercessione, il digiuno, la carità (che è autentica carità cristiana solo se frutto della preghiera e del digiuno).

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Questa eccezionale Quaresima volge ormai al termine; anche la pandemia prima o poi passerà col suo tragico bilancio di lutti e sofferenze; ma i tempi difficili e i grandi sacrifici che comunque attendono l’umanità potranno essere affrontati solo con uno spirito umano rinnovato e fortificato anche dalla penitenza cristiana. Il nostro confinamento domestico si protrarrà ancora per diversi giorni. Fra le tante cose che possiamo fare per occupare proficuamente il tempo trascorso forzatamente in casa, invito gli ascoltatori a leggere e meditare il seguente e sempre attuale testo: Conferenza Episcopale Italiana, Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza (4 ottobre 1994). Una lettura che non solo ci aiuta a vivere spiritualmente questo difficile presente, ma che ci prepara ad affrontare cristianamente il difficile tempo che verrà.

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Oggi e nel futuro la Chiesa rimane però sempre Aperta per aiutare gli uomini a fare penitenza dei propri peccati e giungere alla salvezza eterna; «è apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo; il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone» (Tt 2, 11 – 14).

A risentirci alla prossima puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 3 aprile 2020

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XV PUNTATA

RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla XV puntata di Chiesa Aperta.

Nelle chiese di pietra e di mattoni rimaste aperte, segno de la Chiesa che rimane Aperta pure in tempo di pandemia, il Clero continua a celebrare la Liturgia, particolarmente la Santa Messa, a gloria di Dio e per il bene dei vivi e dei defunti. I fedeli possono frequentare le chiese solo individualmente ma, mentre sono costretti in casa, ogni giorno possono assistere alla trasmissione televisiva di molte Sante Messe, spesso anche di quella celebrata dal proprio Parroco. Riflettiamo brevemente sul valore di tale pratica, esponendo delle semplici argomentazioni di buon senso. Innanzitutto occorre tenere ben presente che nulla può mai sostituire la partecipazione personale alla Liturgia, specialmente alla Santa Messa; la trasmissione televisiva è un semplice servizio offerto a quanti sono impossibilitati ad andare personalmente in chiesa, per esempio a causa della malattia, della vecchiaia, della distanza, eccetera.

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In tempi normali, la Domenica gli impossibilitati a partecipare alla Santa Messa sono infatti dispensati dall’adempimento del precetto festivo e non lo assolvono assistendo ad una trasmissione televisiva della Santa Messa; rimane però anche per loro l’obbligo divino di santificare la festa mediante l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera personale, la Comunione spirituale, il riposo, le opere della carità. Gli impossibilitati possono quindi essere aiutati a far ciò mediante il collegamento televisivo con una comunità cristiana riunita per celebrare l’Eucaristia.

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A causa delle limitazioni personali e sociali imposte dalla lotta alla pandemia, la stragrande maggioranza dei fedeli si trova purtroppo attualmente impossibilitata a partecipare personalmente alla Santa Messa e il collegamento televisivo anche con un solo sacerdote che la celebra in quel momento può essere di aiuto nel coltivare la propria unione spirituale con il Signore e con la sua Chiesa, come possibile in una situazione eccezionale. Per questo la legge ecclesiastica esige che la telecronaca della Santa Messa sia trasmessa in diretta e mai in differita, perché se viene a mancare la contemporaneità fra coloro che celebrano in una chiesa e coloro che guardano e ascoltano da casa, viene a mancare l’unione spirituale con l’atto liturgico che si compie in un determinato luogo. Il Rosario non è una celebrazione liturgica e quindi per aiutarmi a pregarlo posso anche seguire mentalmente una registrazione audio-video; ma la Santa Messa è l’atto liturgico per eccellenza e guardarne una telecronaca registrata equivale a fissare un quadro che raffigura la celebrazione della Messa, niente di più.

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Deve quindi rimanere ben chiaro a tutti che assistere ad una trasmissione televisiva non equivale alla partecipazione alla Santa Messa; quella che si vede e si sente sullo schermo televisivo non è la Santa Messa ma unicamente una telecronaca elettronica di essa, nulla di più; così come leggere privatamente i testi del Messale e del Lezionario non equivale a partecipare alla Messa, non lo è nemmeno il guardare alla televisione qualcuno che la celebra. Da una parte, dobbiamo ringraziare Dio, il quale donandoci l’intelligenza e l’abilità, ci ha messi in grado di poter usufruire dei mezzi della comunicazione di massa, mediante i quali nella presente emergenza la stragrande maggioranza dei fedeli può essere aiutata ad unirsi spiritualmente alla celebrazione liturgica. Dall’altra parte occorre vigilare, affinché non si radichi nella mentalità comune il messaggio erroneo che il mettersi comodamente davanti alla televisione di casa possa sostituire senz’altro la partecipazione personale alla Liturgia celebrata in chiesa assieme al Clero e agli altri fedeli, con il risultato che poi, quando potremo di nuovo andare in chiesa senza pericolo, le Sante Messe siano più disertate di prima, perché molti si sono abituati a fare i telespettatori.

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Dall’inizio della pandemia, moltissimi sacerdoti stanno sfruttando con entusiasmo la possibilità di trasmettere la telecronaca diretta della Santa Messa quotidiana: in tal modo rimangono vicini ai propri fedeli e continuano a prendersene cura pastorale; forse molti sacerdoti sono più ascoltati adesso che celebrano in solitudine che prima. Occorre però ricordare che per celebrare una Messa teletrasmessa non basta mettere in funzione una qualsivoglia telecamera; è indispensabile salvaguardare la sacralità e la dignità dell’azione liturgica, perché altrimenti c’è il rischio concreto di risultare controproducenti e che i telespettatori cambino canale! Mentre chi va in chiesa lo fa appositamente, la telecronaca di una Liturgia non è guardata solo da fedeli ben motivati, ma cade sotto l’occhio anche di coloro che sono mal disposti verso la fede cristiana o che non sono cristiani e che possono transitare più o meno a lungo sul canale televisivo durante la Messa teletrasmessa e che possono essere allontanati, invece che attratti, da un agire liturgico sciatto e da una predicazione retorica.

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Anche in tempi normali, spetta particolarmente ai Vescovi dare indicazioni e vigilare sullo svolgimento della trasmissione televisiva della Liturgia, tanto più nella presente situazione eccezionale e vieppiù ora con l’avvicinarsi del Triduo pasquale, cuore e culmine di tutto l’Anno liturgico.

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Pure la moltiplicazione a dismisura del numero di Sante Messe diffuse in televisione a tutte le ore del giorno può alla lunga risultare controproducente, se fosse manifestazione di un protagonismo clericale più alla ricerca di un pubblico davanti al quale esibirsi invece che di anime da servire. Dio non voglia che, per gestire l’emergenza liturgica causata dalla pandemia, la Chiesa si smaterializzi e il gregge dei fedeli si disperda nella marea dei telespettatori anonimi! I sacerdoti sanno che anche in tempo di pandemia ai fedeli non c’è da assicurare solo la Messa, ma anche gli altri Sacramenti e specialmente la Santa Comunione, la Confessione, l’Unzione degli infermi, Sacramenti non meno importanti solo perché non sono teletrasmessi!

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Nei giorni della Pasqua ormai imminente non mancheranno dignitose Messe teletrasmesse e predicazioni autorevoli (a cominciare da quelle del papa e dei singoli vescovi) mentre spetta ai sacerdoti, specie se parroci, donare innanzitutto il conforto spirituale della Comunione e della Confessione e, nelle attuali condizioni, ciò richiede più abnegazione e creatività della semplice messa in onda di una Santa Messa su Facebook, per quanto lodevole.

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Concludo segnalando all’attenzione generale i lavoratori delle televisioni e i tanti volontari videoperatori, i quali con la loro opera rendono possibili le telecronache liturgiche; benchè invisibili, dalle regie e dietro le telecamere, anche in tempo di pandemia ci aiutano a rimanere una Chiesa Aperta.

A risentirci alla prossima puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 4 aprile 2020

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XVI PUNTATA

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla XVI puntata di Chiesa Aperta.

Quella appena trascorsa è stata un’altra Domenica con le chiese di pietra e di mattoni aperte solo al di fuori delle celebrazioni liturgiche, svolte dal Clero senza la presenza dei fedeli, unirsi spiritualmente mediante le telecronache dirette diffuse per via televisiva, del valore delle quali ho accennato nella scorsa puntata di questa rubrica.

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Per i fedeli, unirsi solo spiritualmente alla Santa Messa celebrata altrove è una privazione attualmente necessaria ma dolorosa, particolarmente durante la Settimana Santa. Questo anno i fedeli hanno anche dovuto rinunciare per ora a recare nelle proprie case le palme benedette nelle chiese, le quali vi rimangono però custodite in attesa che, terminata l’emergenza sanitaria, ognuno possa andare a prenderle.

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La Domenica appena trascorsa porta il titolo delle palme, della Passione del Signore; tale titolo ci ricorda il significato della palma benedetta: 2000 anni fa, per le folle di Gerusalemme, i rami festosi furono il segno della loro fede in Cristo Salvatore, fede che però non resse alla prova del Venerdì Santo successivo; oggi i rami benedetti sono il segno della nostra volontà di essere pubblici testimoni di Cristo Re e Signore e di seguirlo però fino alla croce, per giungere poi a condividere la sua gloria di Risorto. Se dunque viviamo in unione con Gesù la presente e pesante croce della pandemia, sperimenteremo nella nostra vita quotidiana anche la potenza della sua risurrezione e quando le palme benedette potranno entrare nelle nostre case, saranno davvero il segno che siamo discepoli fedeli di Cristo e, alla sua venuta nella alla fine dei tempi, egli ci accoglierà nella sua gloria.

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La Santa Messa della Domenica delle palme, della Passione del Signore è una delle più frequentate dal popolo cristiano, anche perché il segno dei rami benedetti attira i fedeli. Giova però ricordare che il culmine della Santa Messa non è certamente la benedizione dei rami, ma la consacrazione eucaristica e la Santa Comunione, perché l’Eucaristia è la partecipazione sacramentale al sacrificio redentore della Croce. In questo tempo di pandemia la stragrande maggioranza dei fedeli non riesce a ricevere la Santa Comunione in forma sacramentale e si deve accontentare della cosiddetta comunione spirituale. Anche questo è uno dei modi nei quali la Chiesa rimane Aperta per i fedeli.

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Dico ora qualche parola per aiutare a comprendere il valore e il modo della comunione spirituale: la comunione spirituale è una pratica approvata dalla Chiesa; il Concilio ecumenico di Trento (Decreto sull’Eucaristia, 11 ottobre 1551) definisce che vi sono 3 modi di ricevere il Sacramento dell’Eucaristia: solo sacramentalmente (chi si comunica in stato di peccato mortale e quindi “mangia e beve la propria condanna”, cf 1Cor 11, 29), solo spiritualmente (è il caso che adesso ci interessa), sacramentalmente e spiritualmente assieme (per il fedele che si comunica in grazia di Dio). La comunione spirituale è quindi possibile perché, se ordinariamente Dio dona la sua grazia agli uomini per mezzo dei Sacramenti, tuttavia Dio non è legato ai Sacramenti e può concedere la comunione con lui anche per altra via.

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Il fine dell’Eucarestia non è la transustanziazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo, bensì trasformare in Cristo chi li riceve. Per tale fine non è sufficiente la ricezione materiale del Sacramento, se in noi permangono ostacoli che impediscono la nostra unione e assimilazione a Cristo Signore. I Santi hanno sempre consigliato la comunione spirituale; ascoltiamo santa Teresa di Gesù: “Quando non vi comunicate e non partecipate alla Messa, potete comunicarvi spiritualmente, la qual cosa è assai vantaggiosa… Così in voi si imprime molto dell’amore di Nostro Signore” (Cammino di perfezione, 35). La comunione spirituale consiste nell’avere un ardente desiderio di ricevere il Sacramento dell’Eucaristia e la grazia santificante che dona; un teologo gesuita del XVI secolo così la spiegava: «come quando uno ha una gran fame, divora la carne con gli occhi, così bisogna divorare con gli occhi dello spirito quella Carne celeste» (Manuel Rodriguez, Pratica della perfezione cristiana, II, 8, 15).

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L’efficacia del desiderio procedente dalla fede può supplire all’atto del Sacramento; sappiamo, per esempio, che se il battesimo con l’acqua è impossibile, il battesimo di desiderio è una porta aperta per la salvezza. La comunione spirituale deve necessariamente essere fatta in stato di grazia, perché è manifestazione di un desiderio spirituale alimentato da una fede viva; chi si comunicasse spiritualmente in stato di peccato mortale e con la decisione di restarvi, commetterebbe un altro peccato e non riceverebbe alcun frutto spirituale.

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Nella presente situazione, chi fosse conscio di essere in peccato mortale, prima della comunione spirituale deve fare un atto di contrizione perfetto, per esempio recitando l’Atto di dolore, con il quale si riconoscono le proprie colpe davanti a Dio e si rinunzia ad ogni attaccamento al peccato; la contrizione è perfetta anche perché include necessariamente il fermo proposito di ricevere appena possibile il Sacramento della Confessione. L’atto della comunione spirituale può essere compiuto pregando con parole spontanee, oppure recitando una delle formule consuete; una delle più conosciute è quella composta da sant’Alfonso Maria de’ Liguori, facilmente reperibile anche in internet. Ricordiamoci che il momento privilegiato per la Comunione spirituale è il tempo della Messa; ci si può associare all’ora in cui essa è celebrata.

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Questo tipo di devozione deve essere soprattutto un complemento alla nostra Comunione abituale e può aiutare nei periodi in cui è più difficile accostarsi ai Sacramenti; in tempi normali questo può succedere per esempio a causa di una malattia o durante le vacanze. Se le disposizioni interiori sono perfette, gli effetti della comunione spirituale saranno identici o perfino migliori di quelli di una Comunione sacramentale fatta distrattamente.

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Si racconta di sant’Angela Merici che, quando le era interdetta la Comunione giornaliera, ella vi suppliva con delle frequenti comunioni spirituali durante la Santa Messa e talvolta ella si sentiva inondata di grazie simili a quelle che avrebbe ricevute se si fosse comunicata con le specie sacramentali. La comunione eucaristica d’altronde non produce immancabilmente un accrescimento della grazia abituale, poiché quest’ultimo è legato alle disposizioni interiori di chi si comunica, le quali possono anche impedire l’effetto spirituale del Sacramento ricevuto: per esempio, il distratto automatismo con cui tanti si comunicano spensieratamente non apporta loro alcun beneficio reale, bensì una colpa supplementare.

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Fino ad un recente passato, la Comunione sacramentale era molto rara e il ricorso alla comunione spirituale era molto frequente. Se in passato si facevano poche comunioni sacramentali e frequenti comunioni spirituali, oggi si fanno fin troppo le comunioni sacramentali (spesso anche distrattamente o, peggio, indegnamente), senza la indispensabile disposizione spirituale. La presente rarefazione della Santa Comunione sacramentale è una occasione per riscoprire la pratica della comunione spirituale, in attesa di poter ritornare agevolmente a ricevere la Santa Comunione sacramentale.

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Ricordati il senso, il valore e il modo della comunione spirituale, occorre poi notare che siamo già entrati nella Settimana Santa e che uno dei precetti generali della Santa Chiesa è confessarsi e comunicarsi almeno a Pasqua, cioè entro la prossima Pentecoste, questo anno celebrata il 31 maggio prossimo. Poiché nessuno sa quando potranno essere celebrate di nuovo le Sante Messe con il popolo è urgente favorire come possibile i fedeli a confessarsi e a ricevere la Santa Comunione sacramentale fuori della Messa, modalità peraltro prevista e praticata a certe condizioni pure in tempi normali. Del resto, nelle chiese rimaste aperte il Clero continua a offrire ogni giorno il sacrificio dell’Eucaristia, anche per poterla donare ai moribondi come Viatico e a tutti i fedeli che si trovano nella disposizione di riceverla; i beni spirituali di prima necessità devono rimanere sempre disponibili, visto che lo sono quelli materiali indispensabili.

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Molti Vescovi e sacerdoti si sono già attivati perché i loro fedeli in tutta sicurezza possano confessarsi e comunicarsi nel tempo pasquale e speriamo che siano molti quelli che ne potranno beneficiare. A tal proposito segnalo che nei giorni scorsi la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha modificato in senso meno restrittivo le norme date in precedenza dal Ministero dell’Interno, stabilendo che:

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«L’accesso ai luoghi di culto è consentito, purché si evitino assembramenti e si assicuri tra i frequentatori la distanza non inferiore a un metro. È possibile raggiungere il luogo di culto più vicino a casa, intendendo tale spostamento per quanto possibile nelle prossimità della propria abitazione. Possono essere altresì raggiunti i luoghi di culto in occasione degli spostamenti comunque consentiti, cioè quelli determinati da comprovate esigenze lavorative o da necessità e che si trovino lungo il percorso già previsto, in modo che, in caso di controllo da parte delle forze dell’ordine, si possa esibire o rendere la prevista autodichiarazione».

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La strada è dunque aperta perché anche in tempo di pandemia almeno una volta nel tempo di Pasqua i fedeli ricevano i sacramenti pasquali. La comunione spirituale invece è possibile ogni giorno e anche più volte al giorno, specialmente quando il fedele si unisce spiritualmente alla santa Messa celebrata in una determinata chiesa, guardando la telecronaca diretta trasmessa con un mezzo televisivo. Soprattutto a Pasqua la Chiesa non chiude ma rimane Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 6 aprile 2020

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AVVISO AI LETTORI

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Domenica delle Palme: quell’obbedienza tanto difficile da far comprendere a molti laici cattolici

L’angolo dell’omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

DOMENICA DELLE PALME: QUELL’OBBEDIENZA TANTO DIFFICILE DA FAR COMPRENDERE A MOLTI LAICI CATTOLICI

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Proprio in questo tempo di emergenza sanitaria abbiamo bisogno di essere salvati da Lui; proprio in questo tempo di paura è necessario consegnare la nostra vita al Signore affinché ci custodisca al sicuro; proprio in questo momento di crisi e instabilità dobbiamo seguire i Pastori della Chiesa, gravati di indubbi limiti, difetti e peccati, per riscoprire l’umiltà della mansuetudine e per evitare di usare Dio per i nostri scopi e scoprirci disobbedienti.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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PDF  articolo formato stampa
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ubi charitas et amor, Deus ibi est

Con la Domenica delle Palme iniziamo la grande settimana, la settimana che è chiamata santa perché ciascuno di noi verrà messo davanti al Santo di Dio, al Vivente, a colui che toglie il peccato del mondo. Per questo motivo, in questa settimana di grazia, desidero vivamente invitare ciascuno di voi a compiere due gesti: il primo è chiamato a rafforzare la fede e il secondo l’umiltà.

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Il primo gesto lo impariamo dalla folla dei fedeli di Gerusalemme che alla vista di Gesù esclamano «Osanna» per poi stendere i loro mantelli al suo passaggio. Osanna, è il grido della fede che riconosce nel Signore Gesù il Salvatore potente, l’atteso dalle genti. Il gesto di stendere il mantello, invece, significa donare al Signore tutto quello che di più caro abbiamo, significa donare interamente la vita a Lui nel bene e nel male.

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Proclamare «Osanna» e stendere il mantello, mi ricorda che solo attraverso il dono totale della mia esistenza al Signore posso incontrare la salvezza. Non basta chiedere al Signore la liberazione dal male e dal peccato se trattengo la mia vita per me in modo egoistico, se non lascio il Signore libero di agire dentro le pieghe della mia vita, anche in quelle più oscure e imbarazzanti.  Gesù è il Salvatore totale della vita, non solo di alcune parti marginali di essa.

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Il secondo atteggiamento lo apprendiamo da Gesù stesso, che sceglie di entrare nella città santa a dorso di un’asina. L’ingresso di Gesù a Gerusalemme avviene non nello stile dei conquistatori del mondo antico ma nello stile dell’umile servo obbediente, di colui che è venuto a fare la volontà del Padre e non per imporre la propria. È attraverso questa umiltà e piccolezza che Cristo potrà mettersi a servizio degli apostoli nella lavanda dei piedi che culminerà nel dono della vita sulla croce. Gesù con questo gesto diventa maestro di mansuetudine, ci mostra come la salvezza di Dio non si impone con la forza ma con la determinazione della mitezza.

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Se è nostro desiderio vivere bene la Settimana Santa e giungere alla Pasqua rinnovati, cantiamo con gioia l’Osanna della vittoria e consegniamo la vita a Gesù, e in questa consegna impariamo l’umiltà.

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Proprio in questo tempo di emergenza sanitaria abbiamo bisogno di essere salvati da Lui; proprio in questo tempo di paura è necessario consegnare la nostra vita al Signore affinché ci custodisca al sicuro; proprio in questo momento di crisi e instabilità dobbiamo seguire i Pastori della Chiesa, gravati di indubbi limiti, difetti e peccati, per riscoprire l’umiltà della mansuetudine e per evitare di usare Dio per i nostri scopi e scoprirci disobbedienti.

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Laconi, 5 aprile 2020

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Per stare quanto più possibile vicini ai fedeli in questo momento di grave crisi ed emergenza, la redazione de L’Isola di Patmos informa i Lettori che il nostro autore Padre IVANO LIGUORI, dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, cura su Facebook la rubrica «LA PAROLA IN RETE», offrendo delle meditazioni tre volte a settimana. Potete accedere alla pagina curata dal nostro Padre cliccando sul logo sotto:

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«Chiesa Aperta» (XIII puntata) — Per motivi di sicurezza sono state sospese le celebrazioni, ma la Chiesa non ha mai sospesa la carità

— i Padri de L’Isola di Patmos vicini ai fedeli in questa quarantena —

«CHIESA APERTA» (XIII puntata) — PER MOTIVI DI SICUREZZA SONO STATE SOSPESE LE CELEBRAZIONI MA LA CHIESA NON HA MAI SOSPESA LA CARITÀ

Offriamo ai nostri Lettori questo nuovo prezioso video del nostro stimato confratello Giovanni Zanchi, presbitero della Diocesi di Arezzo, affinché possa fungere anche da efficace e sapiente antidoto a tutti coloro che purtroppo, in questo momento di straordinaria crisi ed emergenza, non hanno trovato di meglio da fare che polemizzare, spesso anche in toni duri e aggressivi, contro le decisioni prese dai nostri vescovi per motivi di sicurezza a tutela della salute pubblica: sospendere le sacre celebrazioni e in molti casi chiudere le chiese. Ricordiamo che la Chiesa, nei momenti di crisi ed emergenza, non è mai stata salvata dalle polemiche di coloro che si ergono in tutti i tempi ai più fedeli tra i fedeli o ai più puri tra i puri, ma dall’unità. Qualcuno ha scritto in questi giorni che «i vescovi stanno suicidando la Chiesa italiana». Purtroppo non ha capito niente dell’essenza della fede cattolica: la Chiesa “si suicida” attaccando i vescovi, anziché seguirli e sostenerli in un momento di così grave prova. 

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RIPRESE VIDEO E MONTAGGIO A CURA DELLA EMITTENTE TELESANDOMENICO (AREZZO)

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TESTO DEL VIDEO

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I testi del Padre Giovanni Zanchi, direttore del Centro Pastorale Culto Divino della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, non sono stati pensati come articoli ma come testi audio-narrativi. Abbiamo provveduto a trascrivere il testo audio per i nostri Lettori.

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Giovanni Zanchi

Benvenuti alla XIII puntata di Chiesa Aperta!

Il filmato appena visto è testimonianza della Chiesa Aperta anche in tempo di pandemia e che non si accontenta di tenere aperte solo le chiese di pietra e mattoni, ma si inventa mille modi per restare vicina alla nostra gente.

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In questa umile rubrica televisiva ho già segnalato alcune di tali forme emergenziali di presenza ecclesiale, sia per quanto riguarda la Liturgia, sia per la catechesi. Stavolta segnalo alla vostra attenzione l’impegno caritativo della Chiesa italiana, impegno già molteplice e diffuso in tempi normali e continuato anche durante questa calamità. Accenno a questo argomento perché con rammarico constato che i mezzi di comunicazione di massa, specialmente le televisioni nazionali, non mettono in rilievo l’attuale impegno caritativo dei cattolici.

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I notiziari delle grandi reti televisive ogni giorno preferiscono evidenziare i balletti e le canzonette diffusi a titolo di consolazione e incoraggiamento dai nomi più o meno noti del mondo dello spettacolo, piuttosto che le belle storie di carità germogliate all’ombra delle chiese rimaste aperte; come se in quest’ora tragica dovessimo attingere speranza e conforto dalla distrazione del divertimento di massa, invece che dall’impegno nella solidarietà che ha nella carità cristiana il suo fondamento di senso e il suo culmine operativo!

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Per raccontare l’attuale attività caritativa dei cattolici italiani ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta e la durata giornaliera di questa rubrica non lo permette. Del resto, chi vuole informarsi sull’attuale e fuori dell’ordinario impegno caritativo dei cattolici italiani può tenersi aggiornato tramite internet e particolarmente sul portale intitolato Chi ci separerà edito dalla Conferenza Episcopale Italiana. Mi limito in questa sede a fare alcune sottolineature.

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Prima sottolineatura: durante la pandemia i nostri vescovi hanno sospeso le Liturgie con il popolo, ma nelle chiese rimaste aperte i sacerdoti continuano a celebrare la Santa Messa e i fedeli possono pregare singolarmente. Allo stesso modo, durante la pandemia i servizi caritativi offerti dai cattolici italiani continuano a svolgersi, anche se con modalità diverse e prudenziali; per quanto possibile, nessuno è stato abbandonato e anzi sono nate nuove forme di esercizio della carità verso i bisognosi e la Chiesa italiana ha già destinato milioni di euro dai proventi dell’8xmille per sostenere la popolazione in difficoltà. Dunque, come continua la Liturgia, così continua la carità e non potrebbe essere altrimenti, considerati gli stretti legami intercorrenti fra Liturgia e carità. La Liturgia infatti è «il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia» (Sacrosanctum Concilium 10); assimilati a Cristo mediante l’azione liturgica, i cristiani si spendono in «tutte le opere di carità, di pietà e di apostolato» e manifestano così di essere «la luce del mondo e rendono gloria al Padre dinanzi agli uomini» (cf Ibidem 9). Questo sia ricordato senza polemica anche a coloro che protestano per la sospensione delle Sante Messe con il popolo, ma non dimostrano altrettanta preoccupazione per come sia possibile continuare a far la carità in mezzo alle attuali difficoltà.

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Seconda sottolineatura: La carità cristiana si distingue dalla semplice solidarietà, perché la carità è la manifestazione dell’amore di Dio riversato nei cuori dei credenti mediante Gesù Cristo e lo Spirito Santo (cf Rom 5, 5). Per questo la elemosina che i cristiani elargiscono specialmente nel tempo della Quaresima, è frutto della preghiera e del digiuno. È doveroso notare che anche la sensibilità sociale verso la solidarietà umana è un frutto delle misconosciute radici cristiane della nostra cultura; ad esempio, gli Ospedali sono stati inventati dai cristiani. Ciò comporta che più la società si scristianizza e meno solidarietà umana si manifesta all’interno della società.

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Terza sottolineatura: i cristiani non hanno mai sospeso l’esercizio delle opere di carità durante le calamità, anzi l’hanno sempre intensificato. Già gli antichi pagani erano impressionati dal comportamento dei cristiani durante le epidemie: mentre i pagani fuggivano pensando solo a sé stessi, i cristiani si sostenevano l’un l’altro e aiutavano il prossimo fino a rischiare la vita per amore di Dio. Come allora così oggi: cominciano a circolare notizie su come i cattolici cinesi di Wuhan si sono spesi per aiutare il prossimo nella loro Città devastata dall’epidemia, dando esempi di carità eroica.

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Concludo: i Vescovi che devolvono una mensilità del proprio sostentamento per il pronto soccorso degli ammalati, il personale e i volontari delle Misericordie, della Caritas, di tutti gli altri Enti e Associazioni cattolici di beneficenza, i medici e il personale degli Ospedali e delle Case di cura cattolici, eccetera, eccetera, eccetera … e tutti quelli che li sostengono spiritualmente e materialmente, sono la Chiesa rimasta Aperta anche durante la pandemia. Li accompagniamo tutti con la nostra preghiera, li sosteniamo con le nostre donazioni e, come atto di riconoscenza, diciamo a tutti loro: “Dio vi rimeriti!”.

A risentirci alla prossima puntata di Chiesa Aperta.

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Sansepolcro (Arezzo), 2 aprile 2020

 

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