Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Gabriele

Dalla giustizia resa ai “Promessi Sposi”, alla giusta preghiera rivolta a Dio Padre

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

DALLA GIUSTIZIA RESA AI PROMESSI SPOSI, ALLA GIUSTA PREGHIERA RIVOLTA A DIO PADRE

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«Il pubblicano si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro [fariseo], tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato» [Lc 18,14].

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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PDF  articolo formato stampa
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Cari fratelli e sorelle,

La indimenticabile e compianta Anna Marchesini [1953-2016] con i compagni del trio Solenghi-Marchesini-Lopez, in una celebre edizione satirica de I Promessi Sposi degli anni Ottanta [cliccare sull’immagine per aprire il video]

ricordo con grande affetto e allegria uno dei personaggi secondari de I Promessi Sposi. Agnese, la mamma di Lucia Mondella, che consiglia a Lucia e Renzo di convolare alle desiderate nozze mediante l’espediente del matrimonio a sorpresa. Con questo consiglio umile e, nonostante tutto, pieno di saggezza, Agnese cerca di rendere giustizia ai promessi sposi e al progetto di Dio, fungendo in tal senso di esempio d’umiltà e devozione.

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Cerchiamo adesso di cogliere l’umiltà della preghiera nelle letture di questa XXX domenica del tempo Ordinario [vedere Liturgia della Parola, QUI]. Nella prima lettura tratta dall’Antico Testamento leggiamo:

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«Il Signore è giudice, e per lui non c’è preferenza di persone. Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso» [Sr 35,15].

 

L’Autore del libro sapienziale si rivolge al Popolo Ebraico, cercando di rompere uno schema mentale e di formalismo religioso di un’epoca nella quale alcuni pensavano che il povero e oppresso si fosse ridotto in tale stato per qualche colpa personale, ad esempio la superbia. Il concetto che se uno è povero, tale lo è per causa di sé stesso, lo ritroviamo in un certo pensiero calvinista, specie in quello sviluppatosi nella società liberalista degli Stati Uniti d’America a partire dal XVII secolo. Di tutt’altro avviso Siracide che afferma l’esatto contrario: il povero è invece ascoltato. Proprio perché sa elevare a Dio una parola di fedeltà con una povertà di cuore grandissima. Dunque sa pregare in modo più autentico.

Proviamo a pensare anche al nostro modo di pregare. Se siamo troppo formali oppure ripetiamo in modo abitudinario, chiediamo al Signore di aiutarci invece a vivere la preghiera con maggiore profondità e autenticità.

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Nella seconda lettura troviamo infatti la vicinanza del Signore per chi prega in modo più autentico e con un atto di abbandono nei suoi confronti:

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«Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato […] Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza» [2Tm 4, 16].

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San Paolo ricorda la forza e la vicinanza di Dio nei momenti più duri e più depressivi del suo essere cristiano e predicatore di Gesù Cristo. Messo sotto accusa dagli ebrei per blasfemia e poi dai romani per aver disobbedito al comando di non annunciare il mistero di Gesù Risorto, Paolo ricorda a Timoteo che l’abbandono a Dio è avvenuto con un atto di umiltà. Questa umiltà gli ha permesso di sentire la prossimità e forza del Signore. Di questo ci dà l’insegnamento più grande Gesù nel Vangelo di San Luca dove leggiamo:

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«Il pubblicano si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro [fariseo], tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato» [Lc 18,14].

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Se mettete a confronto le due preghiere, entrambe si rivolgono a Dio. Nel caso del fariseo, egli compie una preghiera ritualmente e liturgicamente perfetta, ringraziando Dio di non essere come il pubblicano. C’è una sorta di disprezzo che viene espresso, in modo neanche tanto nascosto, verso il pubblicano. Questa preghiera, perfetta stilisticamente, è assoluta inutile dal punto di vista contenutistico. Perché il fariseo non sa cogliere quei semi di bene che il Signore ha messo nel pubblicano, al di là delle ingiustizie che questi può aver effettivamente fatto. Il pubblicano invece si riconosce peccatore. Non si confronta con gli altri; non offre una preghiera ritualmente perfetta. Solo piccole parole, umili, ma piene di significato. Ecco perché, dice Gesù, il pubblicano sarà esaltato. Perché offre quel poco che ha, il suo essere uomo fragile e peccatore, al Signore. E in questa offerta vera e autentica il Signore può fare grandi cose.

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Questo è un invito anche per noi a non focalizzare troppo l’attenzione su noi stessi: di ringraziare il Signore per i talenti e i doni ricevuti, ma come humus fertile, umilmente offrirli a Dio. E in questa offerta di noi, Dio ci esalterà. Ci renderà suo fermento sacro in cui sbocciare di gioia.

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Scriveva il letterato e patriota italiano Niccolò Tommaseo:

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«Chi vuole specchiarsi in acqua limpida, conviene che si chini. Senza umiltà non si conoscono le anime pure».

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Il Signore doni l’umiltà di chinarci sui suoi misteri e sulle persone che ci manda, per essere specchi limpidi del suo amore trinitario.

Così sia.

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Roma, 27 ottobre 2019

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NOVITÀ – Dall’eresiarca Ario sino al Sinodo Panamazzonico, con tanto di lancio nel Tevere degli idoli asportati da una chiesa adiacente al Vaticano. Leonardo Grazzi: «Arianesimo, una eresia antica e oggi molto presente»

— negozio librario delle Edizioni L’Isola di Patmos —

NOVITÀ – DALL’ERESIARCA ARIO AL SINODO PANAMAZZONICO, CON TANTO DI LANCIO NEL TEVERE DEGLI IDOLI ASPORTATI DA UNA CHIESA ADIACENTE AL VATICANO. LEONARDO GRAZZI: «ARIANESIMO, UNA ERESIA ANTICA E OGGI MOLTO PRESENTE»

Attraverso la titanica figura del Santo Vescovo Atanasio di Alessandria, le vicende della sua vita di lotte, incomprensioni e di ripetuti esili dalla sua Città, è chiarito al lettore in che misura l’arianesimo non abbia mai cessato di vivere in certe frange di Chiesa, rigenerandosi di secolo in secolo, forse persino più forte e insidioso di prima. Non possiamo dimenticare che nel IV secolo, nel pieno dell’eresia ariana, i vescovi, per la assoluta maggioranza, erano ariani. E da questo dato storico si dovrebbe comprendere che sempre, le maggioranze, non sono affatto garanzia di cattolicità e sana dottrina.

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Autore:
Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

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Edizioni L’Isola di Patmos: il libro di Leonardo Grazzi sull’Arianesimo [cliccare sull’immagine per andare alla pagina del NEGOZIO]

I Padri de L’Isola di Patmos hanno scelto e spiegato che non avrebbero parlato del Sinodo panamazzonico sin quando non sarebbe stata pubblicata la esortazione apostolica post-sinodale [vedere articolo, QUI], il tutto sia per questioni di prudenza sia perché non si devono fare processi alle intenzioni, neppure quando le intenzioni si manifestano pessime. Solo quando le intenzioni si saranno mutate in fatti e atti, sarà possibile agire e reagire.

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Ciò che sta accadendo non promette bene: nei giardini Vaticani si è assistito a un rito desolante alla presenza di cardinali, vescovi e dello stesso Romano Pontefice [cf. video QUI].

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Più volte il Pontefice regnante ha irriso con ironia, faccia seria e aria di disgusto, i preti che indossano sempre la loro veste talare, peggio quelli che portano il cappello circolare, detto saturno, perché certi abiti, per così dire anacronistici, connoterebbero a suo dire preti problematici. Al tempo stesso, però, le sue foto con i copricapi piumati degli sciamani amazzonici sulla testa hanno fatto il giro del mondo, ed in tutte risultava felice e sorridente. Infatti, sempre stando al suo dire, i “preti problematici” sono quelli che portano la veste talare e il saturno [cf. QUI], non quelli pizzicati a Roma dalla polizia durante le retate notturne che indossavano parrucche, calze a rete e tacchi a spillo, come più volte accaduto e narrato dalle cronache. Né pare abbia giudicati “problematici” i preti strafatti di cocaina, mentre dall’appartamento a loro dato in uso dentro la Città del Vaticano andavano e venivano i marchettari  per offrire le loro prestazioni sessuali [cf. precedente articolo, QUI]. Quelli pare non siano però “preti problematici”, specie poi se protetti da potenti prelati; al massimo possono esser preti un po’ … esuberanti. E se compiono qualche “ragazzata”, rientrano a pieno nel mercato mediatico del “misericordismo”.

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Prete molto problematico perché rivestito della talare, con il saturno di castorino in testa e per di più con un chihuhua mannaro tra le mani, famelico cane che nelle notti di luna piena diventa un licantropo [nella foto: Ariel S. Levi di Gualdo con in braccio Tiffany, la cagnolina di una coppia di amici]

A queste tematiche il nostro Padre Ariel S. Levi di Gualdo dedicò agli inizi del 2011 un libro dal titolo inquietante: E Satana si fece trino [vedere QUI] pubblicato in seconda edizione nel luglio 2019 dalle nostre Edizioni. Il problema centrale sul quale si incentra quel libro scritto tra il 2008 e il 2010 e pubblicato agli inizi del 2011, è quello del principio di inversione: il bene diviene male e il male bene, il vizio virtù e la virtù vizio, la sana dottrina eresia e l’eresia sana dottrina. Dieci anni fa veniva così descritta in quel libro la nostra attualità. E stiamo a parlare di una attualità nella quale il coro dei laudatori del nuovo corso non esita a stracciarsi le vesti indicando come “cattolici integralisti” coloro che di recente hanno tolto da una chiesa romana degli idoli pagani che al suo interno erano stati esposti [cf. QUI] …

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… mentre dei “cattolici integralisti” asportavano dalla chiesa metropolitana romana di Santa Maria in Traspontina gli idoli della dea Pachamama facendoli finire poche decine di metri dopo nel fiume Tevere, le Edizioni L’Isola di Patmos mandavano in stampa il libro del Professor Leonardo Grazzi, giovane docente toscano di religione, introdotto con una prefazione da uno degli ultimi esponenti della scuola teologica romana, Monsignor Antonio Livi.

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l’autore del libro: Leonardo Grazzi

In questi tempi è utile conoscere e studiare la prima tra le più grandi eresie che colpì la Chiesa, perché si tratta di un’eresia condannata dal Concilio di Nicea nell’anno 325, che potrebbe portarci a comprendere il senso vero e profondo degli idoli collocati nella chiesa di Santa Maria in Traspontina, assieme a molte altre cose …

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L’Arianesimo è un virus che attraverso i tempi si trasforma, adattandosi ai diversi corpi e alle diverse condizioni climatiche. Un problema, quello dell’eresia ariana, al quale il nostro Autore offre una lapidaria risposta già nel sottotitolo: «Una eresia antica e oggi molto presente».

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Attraverso la titanica figura del Santo Vescovo Atanasio di Alessandria, le vicende della sua vita di lotte, incomprensioni e di ripetuti esili dalla sua Città, è chiarito al lettore in che misura l’arianesimo non abbia mai cessato di vivere in certe frange di Chiesa, rigenerandosi di secolo in secolo, forse persino più forte e insidioso di prima. Come dimenticare infatti che nel IV secolo i vescovi, per la assoluta maggioranza, erano ariani? Un dato storico dal quale si dovrebbe comprendere che le maggioranze non sono affatto garanzia di cattolica e sana dottrina. Cosa che andrebbe spiegata al Cardinale Cláudio Hummes, il tedesco-brasiliano chiamato a presiedere il Sinodo Panamazzonico, lo stesso che tre anni fa, dinanzi ai dubia presentati da quattro cardinali sulle ambiguità contenute nel testo di Amoris Laetitia — tra i quali figurava uno studioso di fama mondiale nell’ambito degli studi sulla famiglia,  il Cardinale Carlo Caffarra —, con acida strafottenza rispose: «loro sono quattro, noi siamo duecento!» [cf. QUI, QUI]. Già, qualcuno dovrebbe proprio spiegare al vegliardo tedesco-brasiliano che all’epoca della grande crisi generata dall’eresia ariana, la assoluta maggioranza dei vescovi erano ariani. E da ciò, secondo la sua logica, cosa se ne dovrebbe dedurre?

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Raccomandiamo molto questo libro di Leonardo Grazzi, in particolare a coloro che vogliono comprendere veramente a fondo una delle cause che ci ha condotti alla crisi ecclesiale senza precedenti storici che attualmente stiamo vivendo: quel terribile virus mutante dell’arianesimo che percorre nei secoli la storia della Chiesa, sino ai giorni nostri.

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dall’Isola di Patmos 25 ottobre 2019

 

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andando alla pagina del nostro negozio [vedere QUI] potrete ordinare con estrema facilità questo libro e riceverlo a casa vostra entro due giorni lavorativi senza spese di spedizione postale. 

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Siamo certi che ci aiuterete a diffondere le opere delle Edizioni L’Isola di Patmos, specie per il servizio che esse possono rendere in questo momento così difficile alla Chiesa di Cristo e al Popolo di Dio.

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Anticipiamo ai Lettori che tra la fine di ottobre ed il mese di novembre andranno in pubblicazione le seguenti opere:

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GESÙ CRISTO FONDAMENTO DEL MONDO, di Giovanni Cavalcoli, O.P.

DAGLI ATTI DEGLI APOSTATI, di Ester Maria Ledda

 

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Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

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Padre Gabriele

Dalla preghiera al terribile quesito: «Quando il figlio dell’uomo tornerà, troverà la fede sulla terra?»

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

DALLA PREGHIERA AL TERRIBILE QUESITO: «QUANDO IL FIGLIO DELL’UOMO TORNERÀ, TROVERÀ LA FEDE SULLA TERRA?»

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Nella vita ognuno di noi ha avuto od ha amicizie profonde, ed a seconda di quanto tempo abbiamo trascorso col nostro amico, di quello che abbiamo condiviso con lui, il nostro amore per lui o per lei accresce. Scriveva il filosofo Aristotele: «L’amicizia è un’anima che abita in due corpi, un cuore che abita in due anime».

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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PDF  articolo formato stampa
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Cari fratelli e sorelle,

Salvador Dalì: Ragazza alla finestra

in questa XXIX domenica del tempo ordinario la Liturgia ci offre notevoli spunti di riflessione [vedere Liturgia della Parola, QUI]. Nella vita ognuno di noi ha avuto, od ha, amicizie profonde e, a seconda di quanto tempo abbiamo trascorso col nostro amico, di quello che abbiamo condiviso con lui, il nostro amore per lui o per lei accresce. Scriveva il filosofo Aristotele:

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«L’amicizia è un’anima che abita in due corpi, un cuore che abita in due anime».

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Questo essere stati come una cosa sola è dunque reso possibile da un dialogo aperto e sincero che per noi credenti diviene possibile rendendoci una cosa sola con il Signore tramite il dialogo più vivo e fecondo: la preghiera. Proprio di questo ci parlano i brani di oggi. Partiamo quindi dalla prima lettura vetero-testamentaria:

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«Mosè disse a Giosuè: “Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio”» [Es 17,1]

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Il Popolo Ebraico è sostenuto da Mosè mentre combatte gli amaleciti, uno degli eserciti tra i più agguerriti e per questo parecchio duri da sconfiggere. Mosè è unito all’esercito giudaico, per il quale invoca Dio a loro sostegno.

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Per noi la preghiera indica dunque una unione con chi è nel combattimento spirituale, ma volendo anche in una fase di prova. Pregare può significare invocare continuamente la forza e il sostengo di Dio verso chi soffre e può essere una stanchezza morale, fisica, spirituale. La preghiera è dunque innanzitutto invocare Dio come sostegno per chi amiamo. È l’intercessione come quasi un mettersi in mezzo tra Dio e il popolo. Per questo Gesù stesso chiede ai suoi discepoli di non smettere mai di pregare, come di spiega il brano evangelico:

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«In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai» [Lc 18, 1].

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Nella parabola il Signore fa quindi vedere in che modo la vedova si rivolge di continuo al giudice che si stufa di sentirla recalcitrare, ed alla fine la esaudisce. Con questa immagine la provocazione di Gesù rivolta ai discepoli diviene evidente: il giudice che non ha rapporto con la vedova, non sa resistere alle continue lamentele. Il Signore che invece ha un rapporto intimo con noi, se chiediamo la cosa giusta mediante la preghiera, ci esaudirà. La preghiera incessante, ad un tempo ci insegna a chiedere al Signore, ma al tempo stesso ad imparare chiedere ciò che è necessario per noi.

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Quella domanda finale di Gesù: «Quando il figlio dell’uomo tornerà, troverà fede sulla terra» [Lc 18,1] mostra anche un legame fra fede e preghiera. La fede alimenta la preghiera e al tempo stesso la preghiera è alimentata dalla fede. Anche una fede morente o poco attiva tramite la preghiera ritrova vita, perché tutta la nostra vita di fede trova linfa nella preghiera e nei sacramenti.

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A questo punto vediamo allora in che modo pregare incessantemente. Lo dice San Paolo rivolgendosi a Timoteo: si prega incessantemente se preghiamo con la parola di Dio:

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«Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l’hai appreso e che fin dall’infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona» [2 Tm 3, 14-16]

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La parola di Dio è ispirata da Dio e aiuta fare opere buone, in particolare le opere di carità che ci aiutano a diventare santi. Se noi preghiamo con la Parola di Dio, diviene un modo continuo di pregare. Esistono vari modi per pregare dunque con la parola di Dio, come ad esempio leggere un piccolo brano del Vangelo al giorno, prima di andare al lavoro. Oppure per fare una preghiera più lunga c’è la lectio divina, come lettura, meditazione, orazione e contemplazione della parola di Dio.

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Il teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer scriveva: «Pregare è prendere fiato presso Dio; pregare è affidarsi a Dio».

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Chiediamo al Signore di aiutarci a far sì la preghiera divenga giorno dopo giorno il nostro ossigeno vitale, e unita ai sacramenti, sia il polmone con cui respirare una vita di fede piena di gioia, soddisfazione e pienezza di sé.

Così sia.

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Roma, 19 ottobre 2019

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È in distribuzione il secondo libro delle Edizioni L’Isola di Patmos, visita la pagina del nostro negozio QUI. Sostenete le nostre edizioni acquistando i nostri libri   

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Dalla grande “Sabrina” interpretata da Audrey Hepburn alla piccola Sabrina Bosu, che mette in scena le note manipolazioni dei neocatecumenali dopo una indigesta “Colazione da Tiffany”

— attualità ecclesiale —

DALLA GRANDE “SABRINA” INTERPRETATA DA AUDREY HEPBURN ALLA PICCOLA SABRINA BOSU, CHE METTE IN SCENA LE NOTE MANIPOLAZIONI DEI NEOCATECUMENALI DOPO UNA INDIGESTA “COLAZIONE DA TIFFANY”

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Il Cammino Neocatecumenale è una setta di matrice ebraico-calvinista insidiatasi dentro la Chiesa. Essere contro questa setta palesemente ereticale, specie per noi pastori in cura d’anime e teologi, ai quali Cristo Dio ha affidata la cura e la custodia del suo gregge, non implica affatto essere fuori dalla comunione della Chiesa, come sproloquia l’esaltata Sabrina dopo avere fatta una colazione davvero indigesta da Tiffany. Vuol dire piuttosto difendere la Chiesa dalle metastasi diffuse: le metastasi dell’eresia messe in circolo da due autodidatti praticoni, che si sono sempre comportati come due arroganti apprendisti stregoni, mentendo e insegnando a mentire.

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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articolo formato stampa

 

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Audrey Hepburn nel film Sabrina

L’8 ottobre esce sul quotidiano La Croce un articolo sul mio ultimo libro edito dalle Edizioni L’Isola di Patmos: La setta neocatecumenale – l’eresia si fece Kiko e venne ad abitare in mezzo a noi. La recensione, pubblicata giorni prima su La Fede Quotidiana, è firmata da Bruno Volpe [vedere QUI, QUI]. Il 10 ottobre esce sullo stesso quotidiano un articolo firmato da Sabrina Bosu, che non rientra in quello che è il sacrosanto diritto di replica e di critica, perché la falsità e la manipolazione della realtà non sono affatto un diritto [vedere QUI].

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Non volevo proprio replicare, per questo mi sono consultato con i Padri de L’Isola di Patmos, spiegando i motivi di questa mia intenzione di non replica.

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Il nostro sapiente cappuccino Ivano Liguori mi ha convinto dicendomi:

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«Ciò che dici, circa il fatto che non valga la pena replicare, è vero. Però tieni presente che tu lavori anche per coloro che non possono arrivare a capire certe sottigliezze maliziose dei kikos e che si arrendono all’evidenza di una tizia che afferma che loro sono persona giuridica e che sono approvati da quattro pontefici. Pertanto, sebbene tu ritieni che costei non meriti risposta — e di fatto non la meriterebbe — dovresti smontare le sue parole pezzo per pezzo. Non per te, ma per chi quelle parole può leggerle e prenderle per buone».

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Anzitutto va precisato che l’autrice di questo scritto si è permessa di parlare di un libro che non ha letto, limitandosi a spiluccare da un blog all’altro, da un commento all’altro, lanciandosi infine in affermazioni in cui mi attribuisce pensieri che non hanno mai attraversata la mia mente, figurarsi le mie righe scritte e stampate. Sicché, per paradosso, ciò che l’articolista mi imputa è smentito proprio dalle pagine del mio libro che lei non ha letto, ma che chiunque può leggere, verificando così che questa articolista mente parlando di ciò che non ha mai esaminato, mentre invece io dico un vero reso tale non dalle mie rassicurazioni “commerciali” date in tal senso, ma da prove e documenti.

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Sono ormai centinaia e centinaia i commenti furenti e gravemente insultanti scritti in giro per la rete su di me da persone che, commento dietro commento, dimostrano di non avere letto un solo rigo di quello che ho scritto. Quelli dei neocatecumenali sono tutti e rigorosamente attacchi aggressivi e cattivi rivolti alla mia persona, senza che uno solo ― ripeto: tra centinaia e centinaia di commenti ― entri nel merito di ciò che ho scritto nel mio libro. Quando a diversi di essi è stato rimproverato che non si può criticare ciò che non si conosce, le risposte non sono state desolanti bensì deliranti: «Non occorre leggere il libro, basta solo il titolo». Inutilmente ho risposto cercando di spiegare che nessuno, prendendo il solo titolo del libro di Friedrich Nietzsche, L’Anticristo, può costruirvi sopra una critica, quel libro deve essere prima letto e studiato con molta attenzione.

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I fatti documentati provano dunque che i membri della setta neocatecumenale, o perlomeno i loro pretoriani, si sono passati voce, si sono creati un nemico e, come una squadra di kikiane pecore belanti sono partiti all’attacco senza sapere neppure per cosa e contro cosa lottavano, non conoscendo neppure l’oggetto della lotta, ossia i contenuti di questo libro. 

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Adesso desidero richiamare l’attenzione dei teologi dogmatici, degli ecclesiologi e dei canonisti sull’incipit iniziale del testo di questa articolista, frutto sicuramente del “genio” di qualche neocatecumenale che crede di saperla lunga e che ha deciso di usare come testa di legno questa Gentile Signora che si presenta alla baci perugina come «una donna e madre in cammino». Ecco l’incipit:

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«Dal momento in cui il Papa ha riconosciuto il Cammino neocatecumenale come persona giuridica pubblica nella Chiesa nessuno può permettersi di dire che ci sono eresie perché c’è stato un vaglio molto serrato della Congregazione della fede e dei vari dicasteri per cui paradossalmente chi dice che questa realtà è eretica, quando la Chiesa ha detto esattamente il contrario, si sta ponendo fuori dalla comunione» [vedere QUI].

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Siamo dinanzi alla aberrazione sotto ogni profilo dottrinale, teologico e canonico. Non solo si afferma: chi è contro di noi è contro la Chiesa e contro il Sommo Pontefice, ma si afferma persino che chiunque osi essere contro questo Movimento è proprio fuori dalla comunione ecclesiale (!?).

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Tutti i riferimenti fatti di seguito dall’improvvida articolista all’idea di cammino battesimale, ricalcano quel consolamentum che rese celebri e pericolosi i seguaci dell’eresia catara e albigese. E procedendo decisa nelle sue righe con queste descrizioni di cammino battesimale, la povera testa di legno mandata all’attacco non si rende manco conto di ricalcare il pensiero di queste due vecchie correnti ereticali, salvo però dare dell’eretico a me. Ciò detto resta sin d’ora pacifico che qualsiasi teologo e storico della Chiesa, leggendo le sue parole, riconoscerà in esse l’influenza del pensiero di catari e albigesi.

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Con consolidato spirito manipolatorio e mistificatorio, l’articolista cita le classiche parole di apprezzamento espresse dai Sommi Pontefici, omettendo però di citare le parole più severe e numerose dagli stessi espresse nel corso degli anni per lanciare agli iniziatori del Cammino Neocatecumenale severi rimproveri. Si tratta di numerosi discorsi ufficiali, a volte anche lunghi, racchiusi tutti quanti negli Acta Apostolicae Sedis e riportati fedelmente nel mio libro, che non è costruito su esaltazioni emotive kikiano-carmeniane, ma sui fatti, solo su fatti e documenti.

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Dal 2014 al 2018, il Pontefice regnante ha rivolto in più occasioni ai neocatecumenali discorsi molto severi, anch’essi racchiusi negli Acta Apostolicae Sedis e riportati fedelmente nel mio libro, non però dall’articolista che mi attacca stravolgendo totalmente i dati reali. E qui faccio notare che secondo un certo consolidato stile pastorale, quando i Pontefici devono rivolgere dei rimproveri, specie se di tono severo, cominciano mettendo in luce i lati positivi, poi passano a descrivere, o rimproverare quelli negativi, o le cose da correggere.

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L’Articolista non fa quindi che dar riprova che siamo dinanzi a una setta di persone nelle quali il senso del reale è stato alterato e la ragione e il senso critico distrutti nei suoi adepti, per essere infine indotti a mentire e mistificare, come avviene da sempre nelle psico-sette. A quel punto accade che dai discorsi ufficiali pronunciati dai Pontefici dal 2000 al 2018 e da me fedelmente riportati, costoro prendono la sola frase iniziale «riconoscenti per i buoni frutti del vostro Cammino …», oppure gli auguri e le benedizioni per i camminanti che partono missionari, saltando però tutte le contestazioni, i rimproveri e gli ammonimenti fatti nella successiva e ben più lunga parte del discorso. Dopo di che escono felici e ulteriormente privi di giudizio e di senso critico dall’Aula Paolo VI al grido «La Chiesa ci approva … ci approva!», minacciando appresso: «… chi è contro di noi è contro la Chiesa, è contro il Papa!». Sino all’acme della vera e propria aberrazione scritta e pubblicata dalla nostra povera articolista: chi è contro di noi è fuori dalla comunione della Chiesa, perché la Chiesa ci ha approvati (!?).

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Nel linguaggio sociologico quest’asserzione si chiama: fondamentalismo religioso. Una sola è infatti la differenza: i talebani mettono avanti Allah, i neocatecumenali un Cristo riscritto da Kiko Argüello e Carmen Hernandez a loro uso e consumo.

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Ricordiamo alla bugiarda manipolatrice e ai suoi sodali che Giovanni Paolo II gli concesse per un quinquennio l’approvazione ad experimentum nel 2002. Scaduta nel 2007 la prova concessa, Benedetto XVI, suo successore, non dette seguito ad alcuna approvazione, tutt’altro: prima li richiamò, li rimproverò e poi li fece attendere altri ulteriori cinque anni. Quando infine nel 2012 fu concessa approvazione al Cammino Neocatecumenale con un mero atto amministrativo del Pontificio consiglio per i laici, il Sommo Pontefice rivolse loro un vero e proprio discorso di fuoco, carico di moniti e rimproveri. Anche questo discorso è agli atti, ma di esso, i lavati nel cervello, hanno colto una sola frase iniziale: «Riconoscenti per gli indubitabili buoni frutti prodotti dal Cammino in questi anni …», dopodiché, tutti i severi richiami fatti in quel lungo discorso nel quale Benedetto XVI esigeva il rispetto delle regole liturgiche, dell’autorità dei vescovi e dei sacerdoti, della libertà individuale degli aderenti al Movimento e via dicendo a seguire, sono tutte parole che non esistono proprio, sia per la testa di legno mandata all’arrembaggio sotto il titolo «Una donna e una madre in Cammino», sia per i fondamentalisti neocatecumenali in generale, figli di un movimento «fondamentalista» di per sé «fanatico e fanatizzante», come lo definì nel 1983 il Servo di Dio Pier Carlo Landucci, di cui riporto a fine del mio libro la preziosa e profetica relazione, seguita dalla relazione inviata nel 1995 dal teologo passionista Enrico Zoffoli all’allora Vicario Generale per la Diocesi di Roma, Cardinale Camillo Ruini.

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Nell’articolo della testa di legno spinta all’arrembaggio non mancano invereconde slinguazzate al Pontefice regnante. Anche in questo caso l’articolista omette però di citare in che toni e con quali dure parole il Sommo Pontefice Francesco I si è rivolto più volte ai Neocatecumenali in suoi discorsi ufficiali. Se non cito i discorsi tra queste righe, è solo perché li ho riportati fedelmente nel mio libro, in modo documentato e con tutti i riferimenti alle fonti e agli atti, quindi non occorre mi ripeta. Pur malgrado, come loro consolidato uso manipolatorio e falsante, da questi discorsi estrapolano solo due frasi bonarie, spesso solo di circostanza, saltando tutti i rimproveri, per poi ripetere il mantra: «Il Santo Padre ci approva, ci approva, in tutto e per tutto!».

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Rivolgo pertanto all’improvvida articolista solo alcune domande, alle quali solitamente i settaristi fondamentalisti neocatecumenali non rispondono, perché, dinanzi a certi quesiti, o cambiano discorso, o sollevano polemiche non attinenti al tema, oppure aggrediscono mentendo senza alcun pudore e falsando il dato reale oggettivo.

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L’articolista, come ogni Neocatecumenale puro, non entra infatti mai nel merito delle accuse di eresia, tutt’altro: prima stravolge parole e concetti, poi taccia me di eresie accusandomi di dare degli eterodossi ai Sommi Pontefici. Nulla di più falso, perché tutti gli interventi fatti dai Sommi Pontefici sul Cammino Neocatecumenale sono ortodossi e pienamente conformi alla dottrina della Chiesa. Magari, quei due arroganti autodidatti di Kiko Argüello e Carmen Hernandez, apprendisti stregoni della teologia e catechisti-fai-da-te avessero docilmente obbedito alla voce e ai ripetuti richiami a loro rivolti dai Successori di Pietro!

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Se pertanto l’autrice di questo articolo surreale e mistificante, interamente giocato sulle emozioni soggettive e sulla manipolazione di fatti e testi, intende dare risposta, dovrebbe darla a queste poche, semplici e precise domande:

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1 – Perché il Cammino Neocatecumenale non rispetta lo Statuto approvato in tema di foro interno, di versamento della decima, che non è affatto prevista, o della obbedienza incondizionata ai catechisti, anch’essa non affatto prevista?

2 – Perché il Cammino Neocatecumenale non pubblica i XIII volumi del Direttorio, così come espressamente richiesto dalla Santa Sede nel decreto di approvazione del 2012 a cui si fa riferimento? E perché esistono ulteriori due volumi dedicati a matrimonio e viaggio di nozze, mai approvati dalla Santa Sede?

3 – Perché il Cammino non rispetta le norme liturgiche contenute nel Messale Romano e ribadite dalla istruzione Redemptionis Sacramentum [cf. QUI] seguitando a non inginocchiarsi durante la Preghiera Eucaristica, a comunicarsi simultaneamente al sacerdote, a danzare dopo la Benedizione e via dicendo a seguire?

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I neocatecumenali, sono sempre stati dei siffatti splendidi modelli di obbedienza alla Chiesa e ai Pontefici, al punto che Benedetto XVI rimproverò ripetutamente tramite i competenti dicasteri gli iniziatori del Cammino Neocatecumenale, in particolare per i loro inaccettabili abusi liturgici, il tutto con ripetuti interventi ufficiali del Prefetto per il Culto Divino e la disciplina dei sacramenti, che giunse a scrivergli una lettera di fuoco nella quale esordiva dicendo «Sono a comunicarvi le decisioni del Santo Padre», che in linguaggio ecclesiale equivale a dire: «Noi vi ordiniamo …». Quindi seguivano tutte le direttive in materia di sacra liturgia. E questo, come altri documenti, sono ovviamente riportati tutti quanti nel mio libro.

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Ripetutamente e con pubblici documenti della Santa Sede, ai Neocatecumenali fu richiesto di attenersi con scrupolo ai libri e alle rubriche liturgiche, anzi gli fu persino imposto di scrivere ciò nei loro statuti. Loro però, chiuse le porte delle loro salette, seguitavano e seguitano tutt’oggi a fare ciò che vogliono e come vogliono. Per questo il tempo fu prorogato di altri cinque anni da Benedetto XVI, tanto devota e profonda era la loro obbedienza ai comandi del Romano Pontefice e della Santa Chiesa.

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Veniamo all’ultima Pasqua, quella di quest’anno, per dimostrare alla bugiardissima articolista — che certe cose le conosce bene —, quale realmente sia nei fatti l’obbedienza dei neocatecumenali, che dinanzi a critiche a loro rivolte, basate su fatti e prove, osano persino reagire slinguazzando in pubblico il Romano Pontefice. Ebbene: cosa è accaduto in giro per l’Italia, in tutte quelle diocesi nelle quali i vescovi hanno proibito ai Neocatecumenali di fare la “loro” veglia pasquale separati dalle comunità dei fedeli? Questo è accaduto: si sono presi in affitto saloni nei vari alberghi, hanno noleggiato un compiacente prete uscito dalla multinazionale eretica dei Seminari Redemptoris Mater, ed in totale disobbedienza e sfregio alle disposizioni date, si sono celebrati altrove la “loro” veglia pasquale. Se però adesso l’articolista si azzarderà a negare il tutto, partiremo con la pubblicazione dei filmati, sempre ribadendo che io parlo e scrivo solo sulla base di fatti e prove: da una parte abbiamo infatti il divieto scritto dato dal vescovo diocesano, dall’altra i filmati che immortalano gli obbedienti neocatecumenali che celebrano la veglia pasquale nel salone di un albergo. Quindi, chi è che disubbidisce e che si pone al di fuori dalla comunione della Chiesa? Perché l’uscita dalla comunione, nasce proprio dalla disubbidienza e si edifica sulla disubbidienza, vale a dire lo sport da sempre più praticato dai neocatecumenali, salvo poi aggredire un prete e un teologo che li smaschera in pubblico, tentando persino di difendersi in modo pedestre slinguazzando al tempo stesso il Romano Pontefice e affermando che sarei addirittura io, contro il Successore del Beato Apostolo Pietro. Ma che autentica genìa di mefistofelici sfacciati senza alcun pudore e senza alcun rispetto per la verità!

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Può l’articolista mandata all’attacco come dolce «donna e mamma in cammino», negare tutti questi fatti e soprattutto tutti gli atti della Santa Sede da me richiamati con chirurgica precisione nelle 315 pagine del mio libro? Può forse negare che tutt’oggi, con rara e indomita arroganza, i neocatecumenali proseguono a perpetrare gravi abusi liturgici di ogni genere? Non lo dico io, lo dimostrano numerosi filmati girati in tempi recenti nelle loro comunità di tutto il mondo. Non solo: ad alcuni di questi eclatanti abusi liturgici partecipa anche il falso profeta e cattivo maestro Kiko Argüello, che tiene l’omelia impugnando la croce astile come fosse il pastorale di un vescovo. Ci dica l’articolista: sono forse filmati falsi creati su un set di riprese da una cordata di satanici odiatori del più gran dono fatto alla Chiesa dallo Spirito Santo, il Cammino Neocatecumenale? Colui che dopo la proclamazione del Santo Vangelo tiene l’omelia, è Kiko Argüello, o una sua controfigura assoldata dagli odiatori del Cammino Noecatecumenale? L’assemblea di persone che ricevono la Santa Comunione seduti, passandosi di mano in mano i copponi di vino, chi sono? Sono neocatecumenali, oppure delle comparse pagate per il set di riprese messo in piedi dagli odiatori per fare riprese e mettere in giro filmati falsi, quindi altamente diffamanti verso questa congrega di autentici modelli di devota obbedienza alla Chiesa e alle ripetute disposizioni dalla stessa a loro date?

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Prima di scrivere il mio libro ho ascoltato per settimane, per ore e ore, catechesi registrate e tenute da numerosi mega-catechisti nelle quali è contenuto e trasmesso l’ereticale sacro verbo kikiano. Qualsiasi teologo al quale fossero sottoposte quelle numerose e lunghe registrazioni, a partire dalla Congregazione per la dottrina della fede, a fine ascolto potrebbe solo rispondere come risposi io: così tante eresie tutte assieme, non le avevo mai sentite in vita mia! Ci dica l’articolista: sono forse registrazioni false create sempre da qualche cordata di satanici odiatori del più gran dono fatto alla Chiesa dallo Spirito Santo, il Cammino Neocatecumenale? Se però sono autentiche, tutte le eresie che in questi documenti sono contenute e trasmesse ai poveri settaristi, vanno forse prese come autentiche verità di fede in virtù di un riconoscimento amministrativo a loro concesso dal Pontificio consiglio per i laici, con la conseguenza che chiunque vi si oppone è ipso facto fuori dalla comunione della Chiesa, come sproloquia questa «donna e mamma in cammino» vergando l’incipit del suo delirante articolo?

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Agli inizi degli anni Novanta, quell’uomo di Dio del passionista Enrico Zoffoli scriveva:

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«I neocatecumenali sono indotti ad alterare e falsare la realtà ed a mentire, sino a divenire autentici esperti e specialisti nella menzogna».

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Ho sempre condivisa questa analisi che contiene una delle principali essenze di quel venefico cancro intra-ecclesiale che è il Cammino Neocatecumenale: una setta di matrice ebraico-calvinista insidiatasi dentro la Chiesa.

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Essere contro questa setta palesemente ereticale, specie per noi pastori in cura d’anime e teologi, ai quali Cristo Dio ha affidata la cura e la custodia del suo gregge, non implica affatto essere fuori dalla comunione della Chiesa, come sproloquia l’esaltata Sabrina dopo avere fatta una colazione davvero indigesta da Tiffany. Vuol dire difendere la Chiesa dalle metastasi diffuse: le metastasi dell’eresia messe in circolo da due autodidatti praticoni, che si sono sempre comportati come due arroganti apprendisti stregoni, mentendo e insegnando a mentire a difesa suprema della psico-setta che disprezza quella ratio senza la quale non si può giungere alla fides [cf. Giovanni Paolo II, Enciclica Fides et Ratio] ma, bene che vada, solo al peggiore fideismo ereticalkikiano.

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dall’Isola di Patmos, 15 ottobre 2019

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Il libro La Setta Neocatecumenale è in vendita presso il negozio librario QUI

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«Delle cinque piaghe della Chiesa»: dai testi profetici di Antonio Rosmini sino alla «Chiesa in uscita», spopolata sempre di più da una emorragia di fedeli in … uscita dalla Chiesa

— dalla cella del Monaco Eremita —

«DELLE CINQUE PIAGHE DELLA CHIESA»: DAI TESTI PROFETICI DI ANTONIO ROSMINI SINO ALLA «CHIESA IN USCITA», SPOPOLATA SEMPRE DI PIÙ DA UNA EMORRAGIA DI FEDELI IN … USCITA DALLA CHIESA

Con Giovanni Paolo II tutti a dire: “Nuova evangelizzazione”, sotto Benedetto XVI erano in voga i “progetti culturali”, con Francesco I, tutti a cantare in coro “Chiesa in uscita”. Nella pratica tutto prosegue immutato, salvo qualche ammennicolo di apparenza. Forse però l’ultimo motto è il più veritiero e profetico, magari invertendo però i termini: in uscita dalla Chiesa …

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Autore
Il Monaco Eremita

   

[chi è il Monaco eremita, vedere QUI]

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PDF  articolo formato stampa

 

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ritratto del Beato Antonio Rosmini [Rovereto 1797 – Stresa 1855]

Uno dei testi più citati del Beato Antonio Rosmini [1797-1855], anche se non si sa poi quanto davvero letto, è certamente il famoso Delle cinque piaghe della Santa Chiesa che reca come significativo sottotitolo Trattato dedicato al clero cattolico, scritto tra il 1832 e il 1833 e pubblicato solo nel 1848.

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Il Roveretano si era ispirato nell’identificare le piaghe che colpivano la Chiesa ― non nei contenuti ma nella similitudine ― al discorso di apertura del I Concilio di Lione (1245) tenuto da Papa Innocenzo IV; il pontefice esprimeva ciò che egli definiva «il dolore del Papa», che consisteva in cinque piaghe che affliggevano il corpo di Cristo che è la Chiesa. Queste piaghe erano così individuate:

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la corruzione della fede e dei costumi;

il mancato recupero della Terra santa;

lo scisma della chiesa orientale;

il pericolo dei Tartari;

il contrasto con l’imperatore Federico II.

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Questo è il breve antefatto che prepara la riflessione di Rosmini che segnala quelle che ritiene le nuove piaghe della Chiesa:

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la divisione del popolo dal clero nel pubblico culto;

la insufficiente educazione del clero;

la disunione dei vescovi;

la nomina de’ vescovi abbandonata al potere laicale;

la servitù dei beni ecclesiastici.

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Se al tempo di Rosmini occorreva certamente un grande coraggio per proporre una riforma della Chiesa, oggi servirebbe un notevole spirito di profezia per tentare di realizzare una vera riforma ― in senso etimologico: riportare alla forma propria ― della Chiesa. Sicché viene un po’ da sorridere notando che un testo come Le Cinque Piaghe rosminiane, sia stato doppiamente neutralizzato dagli apparati ecclesiastici: prima mettendolo all’Indice e in seguito esaltandolo, nonostante che, in realtà, si sia realizzata che una piccola parte del programma di riforma del filosofo Roveretano; si cita con frequenza la prima piaga, cioè la divisione del popolo dal clero nel pubblico culto, per esaltare l’introduzione delle lingue nazionali nella riforma liturgica promulgata da Paolo VI, senza però sottolineare il maggiore clerico-centrismo che si è prodotto negli ultimi decenni e soprattutto senza entrare nel merito delle altre piaghe, ben più difficili da curarsi.

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Come Rosmini anch’io «posi mano a scrivere […] a sfogo dell’animo mio addolorato». Se già il Roveretano si chiedeva se avesse il diritto di scrivere le sue riflessioni sui mali della Chiesa, tanto più devo chiedermelo io, che sono un Sacerdote dedito alla vita eremitica, decisamente meno incamminato sulla via della santità, per quanto alla ricerca della santità attraverso la preghiera e lo studio nel totale ritiro dal mondo. Ma se egli trovava infine risposta positiva, tanto più oggi, dopo le dichiarazioni e lo spirito del Concilio Vaticano II, il dialogo, il confronto, il pluralismo tanto invocati, mi sento autorizzato a mettere per iscritto i miei pensieri. Potremmo così aggiornare le piaghe rosminiane, applicate all’attuale situazione, per lo meno a quella in Italia:

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la scomparsa del popolo dal pubblico culto;

la insufficienza del clero e la sua scarsa preparazione;

il neoclericalismo;

la confusione dei vescovi;

la servitù delle strutture ecclesiastiche.

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LA SCOMPARSA DEL POPOLO DAL PUBBLICO CULTO E LA RAREFAZIONE DEL PUBBLICO CULTO

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La chiesa di San Lamberto a Immerath, in Nord Westfalia, demolita per allargare una miniera di carbone [servizio e video, QUI]

La riflessione si articola attorno a due punti: il vistoso calo della frequenza alle sacre celebrazioni liturgiche e la contrazione numerica delle celebrazioni stesse. La promessa di una primavera nella Chiesa a seguito del Concilio Vaticano II attende ancora segnali di avvicinamento. Il vero e proprio crollo numerico dei partecipanti alla Messa festiva è più che evidente: si è passati da percentuali del 70-80% negli anni ’50 ad un attuale 10-12%, per la maggioranza anziani, perché le quote di partecipazione giovanili si riducono a un 2-3%. Numeri in verità abbondanti, in quanto in certe regioni si è ampiamente al di sotto di tali cifre. Naturalmente si sono sprecate le considerazioni sul fatto che coloro che partecipano adesso sono più «consapevoli», hanno una «fede più adulta», «non obbediscono solamente a un precetto» e via di questo passo, ma ― a parte il fatto che non so quanto di ciò sia vero ― il dato numerico resta fortemente preoccupante. O per lo meno dovrebbe essere preoccupante, perché in realtà tra i mille e mille sovrabbondati documenti e pleonastici interventi ecclesiastici  — a tutti i livelli — ciò non sembra attirare molto l’attenzione. Siamo infatti dinanzi a una emorragia costante, senza che nessun pastore ― o ben pochi ―, abbiamo per lo meno alzato la voce della preghiera e del salutare richiamo.

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«La liturgia è passata al popolo» intitolava qualche tempo fa un giornale cattolico, «ma non ha trovato più nessuno», verrebbe da aggiungere. Il popolo sembra apparire solamente in taluni eventi di massa ― dai dubbi effetti evangelizzanti, se non forse per una certa positiva carica psicologica che ne può derivare ― o in certi santuari ove ancora accorrono delle folle, ma anche qui si registrano cali. Per il resto, il popolo, è veramente ridotto a pochi e sparsi brandelli, che devono coinvolgere territori sempre più ampi per poter arrivare a numeri significativi, ma percentualmente quasi nulli.

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In seguito a ciò sono vistosamente calate non solo il numero delle celebrazioni, ma anche la varietà delle celebrazioni. Praticamente sono quasi scomparse tutte le funzioni che non siano la Santa Messa; la Liturgia delle Ore pressoché scomparsa, così come quasi ogni altra forma di preghiera pubblica; persino altri Sacramenti hanno bisogno della stampella della Santa Messa per stare in piedi? Le chiese, oltre che costantemente più vuote sono ormai, in numero sempre maggiore, anche più chiuse. Nei prossimi anni si aprirà lo spinoso problema della gestione o delle nuove destinazioni di migliaia di edifici di culto non più usati e non più sostenibili dai pochi fedeli rimasti.

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L’INSUFFICIENZA DEL CLERO E LA SUA SCARSA PREPARAZIONE.

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La chiesa di San Lamberto a Immerath, in Nord Westfalia, demolita per allargare una miniera di carbone

Sulla quantità dei preti le statistiche sono impietose, sempre riferendomi alla situazione italiana. Se non si registreranno inversioni di tendenza nel giro di pochi anni, i numeri non consentiranno più di mantenere l’attuale impostazione della strutturazione ecclesiale. I preti diventano sempre più vecchi. L’età media dei sacerdoti diocesani in Italia supera ormai i 60 anni. Il 40% di chi abbandona la vita parrocchiale per quiescenza, per malattia o per morte non viene rimpiazzato; in certe regioni si arriva a percentuali ancora più drammatiche. La situazione dei preti religiosi è ancora peggiore di quella dei diocesani; si chiudono conventi, case religiose, centri di spiritualità e via dicendo. Insomma: una desertificazione progressiva. Finora non si sono escogitati tentativi convincenti di soluzione, o almeno tentativi di soluzione; al di là delle esortazioni e degli auspici, di fatto non si è realizzato altro che una suddivisione aritmetica del maggior carico di lavoro: se un prete aveva una parrocchia, ora ne avrà due o tre o quattro, o ancor di più, ma senza una vera riforma strutturale che possa rendere sostenibile un tale onere; sostanzialmente spremendo maggiormente un clero già invecchiato e fortemente demotivato.

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La preparazione del clero si rivela del resto poco persuasiva. Si è assistito a un progressivo prolungarsi degli anni di formazione, siamo ormai a 7 anni dopo il diploma di maturità. Senza tuttavia arrivare ad un modello convincente di percorso formativo. Inoltre ― cosa grave ― la preparazione ricevuta nel periodo del seminario si discosta quasi del tutto da ciò che sarà richiesto concretamente dopo la Sacra Ordinazione. Si assiste ad uno iato veramente terribile tra le infinite dichiarazioni ufficiali di Papi, Vescovi, Commissioni varie … e le modalità di esercizio del ministero che la Chiesa stessa impone nel concreto.

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Nei documenti e nelle pie esortazioni vorrebbe il prete Pastore, nel concreto molto frequentemente costituisce il prete Gestore. E se si osa discostarsi dal modello gestionale ― cui peraltro la maggioranza dei preti si è adeguata benissimo ― si è finiti o emarginati. Cosa quest’ultima che affermo per conoscenza molto diretta, perché alla vita eremitica sono giunto dopo avere esercitato per anni, ed in più di una parrocchia, il ministero di parroco. Così, mentre si continua a discutere in modo ideologico di una Chiesa povera, si prosegue nell’ampliamento di strutture assolutamente autoreferenziali, che non solo non avvicinano nessuno al Vangelo o alla vita di fede, ma spesso sono occasione di contro-testimonianza. Il tempo, le energie, le attenzioni di un parroco oggi sono per forza di cose ― pensa essere sommersi dalle critiche e dal malcontento della solita “corte di gente corta” che circonda i preti ― rivolte per il 70-80% a cose di amministrazione, gestione, animazione, organizzazione. Così dopo anni di preparazione al sacerdozio e di studi filosofico-teologici, ci si accorge che funzionerebbe meglio un corso semestrale di animatore da Club Méditerranée. Perché un presbitero è formato per almeno 6-7 anni in filosofia, teologia, biblica, patristica, etc. e poi deve passare a fare ciò per cui non è assolutamente preparato e forse nemmeno chiamato?

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IL NEOCLERICALISMO

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La chiesa di San Lamberto a Immerath, in Nord Westfalia, demolita per allargare una miniera di carbone

Il clericalismo classico sembrava ormai decisamente superato dalle cosiddette aperture portate dal Concilio Vaticano II. In realtà si è assistito ad un prepotente ritorno del clericalismo, sotto mutate vesti. Spesso la parola Concilio è usata come un magico passpartout, tradendone però le vere indicazioni. Oppure si è risolto il Concilio semplicemente sostituendo una casula alla pianeta, ma mantenendo un terribile clericalismo e autoritarismo di fondo: un neo-ecclesiasticismo che ha sostituito le camice colorate alla talare, le parolacce alle parole devozionali, ma che ha mantenuto, se non rafforzato, un’arroganza clericale di fondo. Un autoritarismo che ha sostituito l’obbedienza ai canoni ecclesiastici con il conformarsi ai gusti di chi detiene il potere nella Chiesa. L’antico e saggio aforisma agostiniano «in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus charitas» [unità nelle cose necessaria, libertà nelle cose dubbie, carità in tutto] sembra si sia trasformato in un “in necessariis silentium, in dubiis uniformitas, in omnibus neglegentia” [silenzio sulle cose fondamentali, uniformità su ciò che  è facoltativo, trascuratezza in ogni cosa].

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Un neo-clericalismo che ha generato, come logica conseguenza, un linguaggio neo-ecclesiastico, che nella pretesa di essere nuovo, si nutre di slogan ormai sorpassati. Naturalmente, tra questi neo-clericali, sono presenti molti Christi fideles laici, che hanno assai bene appreso e ancor meglio praticano una arroganza clericalissima.

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LO STATO CONFUSIONALE DEI VESCOVI

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La chiesa di San Lamberto a Immerath, in Nord Westfalia, demolita per allargare una miniera di carbone

In tal situazione i vescovi cercano di barcamenarsi come possono. Difficilmente sanno presentare una linea coerente di scelte e di azioni pastorali, ma ondeggiano qua e là cercando di tenere insieme i pezzi, sempre più messi male, delle loro diocesi. Solitamente ripetono gli slogan lanciati dal Papa regnante, senza che peraltro nulla muti nelle effettive scelte e condotte. Con Giovanni Paolo II tutti a dire: “Nuova evangelizzazione”, sotto Benedetto XVI erano in voga i “progetti culturali”, con Francesco I, tutti a cantare in coro “Chiesa in uscita”. Nella pratica tutto prosegue immutato, salvo qualche ammennicolo di apparenza. Forse però l’ultimo motto è il più veritiero e profetico, magari invertendo però i termini è quello di: in uscita dalla Chiesa …

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La confusione raggiunge livelli massimi quando si tratti delle verità di fede: si può tranquillamente mettere in discussione o negare apertamente l’ispirazione delle Scritture, la divina maternità di Maria, la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia o l’esistenza degli Angeli, ma non provate a mettere in dubbio una qualsiasi “scelta pastorale”.

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Quasi nessuna voce di Pastore sembra levarsi nell’attuale, desolante, panorama italiano, se non per ripetere timidamente gli slogan di turno. Mi può anche piacere l’immagine della Chiesa come “ospedale da campo”, ma se in questo ospedale non ci trovo medici e infermieri che mi curino e guariscano, che ci vado a fare?

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LA SERVITÙ DEI BENI ECCLESIASTICI

il tabernacolo della Sacra Riserva Eucaristica della chiesa di San Lamberto a Immerath, in Nord Westfalia, svuotato del Santissimo Sacramento prima della sconsacrazione e della demolizione del sacro edificio di culto

In Italia, il sovradimensionamento di molte strutture della Chiesa, risulta evidente; il lavoro di numerosi preti sembra esser assorbito per la maggior parte nella gestione e nel mantenimento di tali strutture, che sembrano in realtà viaggiare in direzioni sempre più lontane dagli scopi per cui furono costruite. Non solo le strutture sottraggono forze alla vera azione della Chiesa o addirittura contribuiscono a dare una immagine non corretta della stessa, ma danno luogo a non poche occasioni di veri e propri malaffari, con i vari don Dollaro o Monsignor Euro disseminati nella penisola. Costoro sono spesso gli stessi che si sono molto velocemente e “con spirito profetico” liberati da tutta la ricchezza e la bellezza del culto, ma non certo dalla ricchezza dei loro portafogli. Ecco allora liturgie sciatte e depauperate ― come se usare un calice del Settecento o un paramento ottocentesco comportasse una spesa ― e vite ricche nelle quali non mancano cellulari e apparati digitali di ultima generazione, automobili, vacanze costose, ecc..

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I beni ecclesiastici devono servire per il culto di Dio e il servizio ai poveri; non per liturgie appiattite e slogan demagogici sulla povertà.

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In verità le piaghe potrebbero esser ben di più, ma ci limitiamo alle cinque classiche: sono più che sufficienti per la nostra riflessione e la nostra preghiera. Con un ultimo stimolo provocatorio: che le 5 piaghe di Innocenzo IV possano avere ancora una certa attualità?

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Dalla cella del monaco eremita, 9 ottobre 2019

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Anticipiamo ai Lettori che tra la metà e la fine di ottobre andranno in pubblicazione le seguenti opere:

GESÙ CRISTO FONDAMENTO DEL MONDO, di Giovanni Cavalcoli, O.P.

ARIANESIMO, UNA ERESIA ANTICA SEMPRE PRESENTE, di Leonardo Grazzi

Visitate il nostro negozio e sosteneteci acquistando e diffondendo i nostri libri.  

 

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il presbitero scomunicato Alessandro Minutella sta avvelenando le membra più semplici e quindi vulnerabili del Popolo di Dio. I Padri de L’Isola di Patmos chiedono all’Arcivescovo di Palermo di voler procedere a suo carico applicando le ulteriori pene canoniche previste dal caso

— attualità ecclesiale —

IL PRESBITERO SCOMUNICATO ALESSANDRO MINUTELLA STA AVVELENANDO LE MEMBRA PIÙ SEMPLICI E QUINDI VULNERABILI DEL POPOLO DI DIO. I PADRI DE L’ISOLA DI PATMOS CHIEDONO ALL’ARCIVESCOVO DI PALERMO DI VOLER PROCEDERE A SUO CARICO APPLICANDO LE ULTERIORI PENE CANONICHE PREVISTE DAL CASO

[…] per questo noi affermiamo in scienza e coscienza, basandoci sul rigore delle prove dei fatti, che questo Presbitero, pur dichiarandosi titolare di due dottorati, depositario di locuzioni interiori da parte della Beata Vergine Maria e apprezzato da varie figure di santi uomini e donne di Dio che non a caso sono tutti quanti e di rigore morti, pertanto non possono ad alcun titolo replicare, non diffonde la Santa Fede Cattolica, ma è la quintessenza del peggiore fideismo: il fideismo fanatico e fanatizzante.

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Autore
I Padri de L’Isola di Patmos

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PDF  articolo formato stampa

 

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Eccellenza Reverendissima

Mons. CORRADO LOREFICE

Arcivescovo Metropolita di Palermo

Primate di Sicilia

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Venerabile Vescovo,

invochiamo su di Lei grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro!

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più volte abbiamo sollevato in passato sulle colonne della nostra rivista il penoso caso del Reverendo Presbitero Alessandro Minutella, al quale l’Autorità Ecclesiastica ha infine comminata la scomunica canonica. Provvedimento legittimo e meritato da parte dello scomunicato, perché ad esso inflitto anzitutto per la tutela del Popolo di Dio [vedere QUI].

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Come sacerdoti e teologi siamo basiti dalle dichiarazioni dottrinalmente deliranti di questo Confratello, che oltre a manifestare una psicologia aggressiva e fanatica, istiga alla fanatizzazione i fedeli oggi comprensibilmente smarriti dinanzi a una crisi ecclesiale ed ecclesiastica senza precedenti storici; crisi che in modo molto complesso si colloca nell’articolato contesto del declino della società occidentale.

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Usando lo strumento della nostra rivista, da tempo cerchiamo di spiegare ai Christi fideles che oggi è cominciata per tutti noi la più grande e difficile tra le prove: la grande prova della fede. È una prova che siamo chiamati a vivere con sofferenza in una società sempre più secolarizzata e scristianizzata, all’interno di una Chiesa visibile dalla quale di giorno in giorno emergono gravi e umilianti problemi di natura morale, dottrinale e patrimoniale.

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Il Reverendo Alessandro Minutella è un narcisista compulsivo-aggressivo che facendo leva sullo smarrimento e sui malumori diffusi tra i fedeli, induce a negare non solo l’autorità apostolica del Pontefice regnante, ma la validità delle Sante Eucaristie da noi tutti celebrate in comunione col Romano Pontefice e col Vescovo della Chiesa locale. Ora, far dipendere la validità della Santissima Eucaristia dalla figura del Romano Pontefice, è una tale aberrazione teologica dinanzi alla quale inorridirebbero dal primo all’ultimo tutti i Santi Padri e dottori della Chiesa che costituiscono i pilastri della dottrina e della traditio catholica [le spiegazioni della catechista, vedere, QUI]. L’Uso a dir poco improprio che il Reverendo Alessandro Minutella fa del Santo Dottore della Chiesa Tommaso d’Aquino, per supportare in modo delirante queste sue asserzioni, rivela in modo eclatante la sua carente formazione teologica, nello specifico per quanto riguarda la dogmatica sacramentaria e la disciplina dei Sacramenti. Per seguire con la figura della Beata Vergine Maria. Infatti, presentare l’immagine di una Mater Dei che istigherebbe la ribellione all’Autorità Apostolica, come dimostrano ore e ore di video da lui diffusi, è cosa decisamente blasfema, tale da rendere ogni sua Ave Maria una vera e propria bestemmia, se è con questa convinzione e soprattutto con simili attribuzioni deliranti alla Beata Vergine che egli recita il Santo Rosario.

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Il Reverendo Alessandro Minutella costituisce da sempre per noi motivo di arduo lavoro. Numerose famiglie preoccupate ci hanno pregati di intervenire per spiegare ai loro familiari gli errori di questo Presbitero scomunicato, quindi gli errori verso i quali egli spinge i fedeli, sino a ricevere più richieste di questo genere:

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«Per favore, dateci un aiuto, perché alcuni nostri familiari non vanno più alla Santa Messa la domenica, affermando che le Eucaristie celebrate in comunione con “il nostro Papa Francesco” non sono valide, perché chi partecipa a quelle celebrazioni “si ciba del Demonio”, dato che “in quelle Messe non c’è l’azione di grazia dello Spirito Santo”, pertanto “sono celebrazioni sataniche”. Lo dice anche San Tommaso d’Aquino: “Chi prega con gli eretici pecca”. Di conseguenza, questi nostri familiari, la domenica si collegano alla televisione online di questo Presbitero e seguono la Messa in video».

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Il Reverendo Alessandro Minutella, che a ogni occasione propizia ricorda di avere conseguito due dottorati teologici ― come se essi fossero garanzia sicura di scienza e sapienza infusa dallo Spirito Santo ―, non ha mai accettato confronti pubblici con i teologi. Da anni aggredisce a distanza, principalmente attraverso i suoi video, ma sempre fuggendo a ogni pubblico dibattito. A questo si aggiunga la sua comprovata disonestà intellettuale: ogni volta che qualche Sacerdote e teologo lo ha contraddetto in seguito a sue ripetute aggressioni diffuse per internet con video logorroici, egli ha quasi sempre ribattuto irridendo l’interlocutore, manipolando qualche sua frase estrapolata dal contesto e sorvolando del tutto sulle smentite ed i rimproveri precisi a lui rivolti, basati di rigore sulle scienze teologiche o sul diritto canonico.

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Lungi quindi dal disputare con i teologi, egli si rivolge con spirito affabulatore ai semplici, alle persone di indubbia fede, ma con grosse lacune sul Catechismo della Chiesa Cattolica. A questo vasto pubblico di persone egli, come un vero e proprio imbonitore, presenta figure di Santi e di Sante particolarmente venerati dalla gran massa dei fedeli, puntando con evidente malizia su quelli che in gergo ecclesiastico sono da sempre chiamati “i Santi da candela”. Per questo noi affermiamo in scienza e coscienza, basandoci sul rigore delle prove dei fatti, che questo Presbitero, pur dichiarandosi titolare di due dottorati, depositario di locuzioni interiori da parte della Beata Vergine Maria e apprezzato da varie figure di santi uomini e donne di Dio che non a caso sono tutti quanti e di rigore morti e che per tanto non possono ad alcun titolo replicare, non diffonde la Santa Fede Cattolica, ma è la quintessenza del peggiore fideismo: il fideismo fanatico e fanatizzante.

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Numerosi sono i suoi video dedicati a San Pio da Pietrelcina, di cui ha scempiata la figura e falsata la storia. Nel fare questo ha fatto continui paralleli tra la vita e le vicende del Santo Cappuccino e le sue personali, presentandosi sempre nella propria veste di vittima, sempre come provano ore e ore di registrazioni.

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A tal proposito ricordiamo che questo famoso e venerato Santo ebbe a che fare nella sua età giovanile con un vescovo diocesano al quale mancava soltanto di mangiare il fuoco, essendo persona appesantita da problemi molto gravi sul piano morale, patrimoniale e dottrinale. Padre Pio da Pietrelcina, la cui vita fu mutata per causa di questo vescovo indegno e immorale in un autentico inferno, non mise mai in discussione la sua autorità apostolica. La domanda che quindi dovrebbero porsi tutti i semplici obnubilati dalle affabulazioni del Reverendo Alessandro Minutella è questa: ma costui, quale Padre Pio intende smerciare sulla piazza del suo mercatino di “santi da candela”?

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Siamo tornati sul triste tema del Reverendo Alessandro Minutella perché molto colpiti dalle immagini che lo stesso ha trasmesso in diretta nel corso di questi giorni dal Santuario della Beata Vergine Maria di Lourdes, dove è stato accompagnato da due giovani che fanno parte del mondo che egli si è creato presso la Piccola Nazareth da lui stesso fondata ed eretta nei pressi di Palermo. Entrambi i giovani al seguito del Reverendo Alessandro Minutella vestono la talare romana, che come risaputo è indossata dai membri del clero secolare o dai seminaristi che ― secondo le disposizioni dei vescovi diocesani ― hanno ricevuto la candidatura agli ordini sacri ed i ministeri del lettorato e dell’accolitato.

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Il Reverendo Alessandro Minutella non ha alcun diritto di far vestire l’abito del clero secolare a due giovani laici che non hanno intrapreso alcun cammino formativo verso il sacerdozio ministeriale, che non sono sotto la giurisdizione di alcun vescovo e che, essendo dotati di tutte le facoltà intellettive, seguendo questo scomunicato eretico e scismatico sono a loro volta scomunicati latae sententiae. Si tratta infatti di immagini che offendono quel che resta della fin troppo compromessa dignità del nostro clero secolare, anche se ben altro è il problema di fondo affatto costituito da una veste, indossata a volte da taluni in modo farsesco durante le feste del carnevale. Questo presbitero palesemente squilibrato sotto ogni profilo dottrinale ed ecclesiale, si è cimentato anche nell’evidente avvelenamento delle menti dei giovani che in tutta libertà si sono messi al suo seguito. Uno dei quali in particolare, dotato di una certa intelligenza e capacità dialettiche, diffonde anch’esso come un perfetto emulo minutelliano video-catechesi dove si accusa di eresia e apostasia il clero della Chiesa intera, la illegittima elezione del Pontefice regnante la invalidità delle Eucaristie da noi tutti celebrate.

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A tal proposito richiamiamo quello che è il significato dell’abito ecclesiastico, il cui nome veste talare deriva dal latino talus, a sua volta derivante dall’antico abito della casta sacerdotale ebraica i cui membri indossavano delle vesti che li coprivano sino al tallone. Ogni parte dell’abito ha un suo preciso significato, con le varie piccole differenze di taglio tra la talare romana, la talare ambrosiana o quelle adottate in altre regioni o Paesi del mondo, ma sempre caratterizzate dallo stesso significato. Prendiamo per esempio la fascia che di prassi dovrebbe sempre cingere la talare romana e ambrosiana in vita, il cui significato è duplice, come due sono i pezzi di stoffa che dalla vita pendono lungo la gamba sinistra: la continenza e l’obbedienza al vescovo. Sorvoliamo sulla continenza, sulla quale a nessuno è dato sapere, mentre invece, per quanto riguarda l’obbedienza al vescovo, i due giovani mascherati da chierici dal Reverendo Alessandro Minutella, di quale autorità apostolica sono sudditi assoggettati? Ecco quindi svilito con una carnevalata minutelliana non tanto l’abito ecclesiastico, che di per sé è un pezzo di stoffa, ma ciò che l’abito ecclesiastico significa.

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Mentre il Reverendo Alessandro Minutella trasmetteva video e foto dal Santuario di Lourdes, a noi giungevano numerose email da tutta Italia, nelle quali ci veniva chiesto se questo Sacerdote aveva aperto anche un seminario. Messaggi numerosi che abbiamo conservato, casomai l’Arcivescovo Metropolita di Palermo li volesse visionare per toccare ulteriormente con mano la portata della cosa.

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Considerati i gravi danni che il Reverendo Alessandro Minutella sta recando al Popolo di Dio, in modo particolare ai fedeli più ingenui e semplici; considerata la evidente manipolazione perpetrata su dei giovani immessi da questo scomunicato eretico e scismatico in uno stato ecclesiastico che ad essi non appartiene, esercitando da parte nostra il riconosciuto diritto di petizione che la Santa Chiesa concede a ogni fedele, a partire da noi Sacerdoti, supplichiamo l’Eccellenza Vostra Reverendissima di non soprassedere sul tutto, ed invocando l’esercizio della Sua autorità apostolica a beneficio della tutela della salus animarum dei Christi fideles, Le domandiamo di voler procedere quanto prima a suo carico applicando le ulteriori leggi canoniche previste dal caso.

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Da parte nostra non cesseremo mai di pregare per la conversione e per la salvezza dell’anima di questo Confratello, consapevoli che sebbene scomunicato, o se anche fosse dimesso dallo stato clericale per la sua irragionevole e determinata ostinazione, non cesserà mai di essere comunque un Sacerdote, per il Sacramento di grazia indelebile ed eterno che ha ricevuto. Certo, dell’uso e dell’abuso terribile che sta facendo al momento del Sacramento dell’Ordine Sacro, seguitando di questo passo rischia di dover rendere molto seriamente conto a Dio, che con tutti noi suoi ministri sarà particolarmente severo nel giorno del divino giudizio.

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dall’Isola di Patmos, 5 ottobre 2019

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IN APPENDICE: CONSIGLI STRADALI

In automobile si indossa la cintura di sicurezza, che è obbligatoria, dando in tal modo anche il buon esempio. Diversamente, in caso di incidente, la Supplica alla Beata Vergine Maria del Rosario si rischia di seguitare a recitarla nel Purgatorio per i successivi mille anni … 

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“O famo strano”. Il voto a 16 anni? No, andrebbe spostato a 40 e ad alcuni andrebbe tolto. La Santa Sede nomina l’ex Procuratore della Repubblica di Roma presidente del Tribunale dello Stato del Vaticano? Già … e tra poco la Repubblica Italiana nominerà presidente della Corte Costituzionale un magistrato della Bolivia

— il cogitatorio di Ipazia —

‘O FAMO STRANO. IL VOTO A 16 ANNI? NO, ANDREBBE SPOSTATO A 40 E AD ALCUNI ANDREBBE TOLTO. LA SANTA SEDE NOMINA L’EX PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI ROMA PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DELLO STATO DEL VATICANO? GIÀ … E TRA POCO LA REPUBBLICA ITALIANA NOMINERÀ PRESIDENTE DELLA CORTE COSTITUZIONALE UN MAGISTRATO DELLA BOLIVIA

[…] Udito tutto il mio sfogo, annuisce con la testa e commenta l’inqisigatto Torque: «Ipazia mia, ecché te posso dì? A ‘sta g’gente, nun la potemo mica pija sur serio, ‘a potemo solo da pija perculo ».

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Autore
Ipazia gatta romana

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Perché i Padri de L’Isola di Patmos hanno scelto di non parlare del Sinodo Panamazzonico? Perché non siamo giornalisti a caccia di scoop, tra processi alle intenzioni, schizofrenia collettiva e cattolici litigiosi allo sbando

— attualità ecclesiale —

PERCHÉ I PADRI DE L’ISOLA DI PATMOS HANNO SCELTO DI NON PARLARE DEL SINODO PANAMAZZONICO? PERCHÉ NON SIAMO GIORNALISTI A CACCIA DI SCOOP, TRA PROCESSI ALLE INTENZIONI, SCHIZOFRENIA COLLETTIVA E CATTOLICI LITIGIOSI ALLO SBANDO

[…] diceva agli inizi degli anni Settanta del Novecento il Servo di Dio Enrico Medi: «Del mondo moderno non mi spaventano le armi atomiche, l’inquinamento o le guerre; ciò che mi spaventa è la pazzia collettiva verso la quale il mondo sta precipitando».

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Autore
I Padri de L’Isola di Patmos

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PDF  articolo formato stampa

 

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Roma, gennaio 2019: i Padri de L’Isola di Patmos

La società contemporanea, ma anche la Chiesa stessa, che della società è parte viva, pare ormai pervasa da un virus molto pericoloso: presumere di sapere che …

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Con non poca inquietudine abbiamo letto, dopo che ci sono stati inviati dai Lettori, pagine di blog e riviste di vario genere che da settimane lanciano bombe di fuoco sul Sinodo Panamazzonico. La cosa singolare e che questi personaggi — perlopiù anonimi senza volto e senza nome — che si pongono come salvatori della vera e autentica dottrina, come autentici leoni da tastiera senza identità anagrafica hanno sparato e seguitano a sparare raffiche che ogni buon Lettore dovrebbe giudicare perlomeno preoccupanti. Si tratta infatti di un atteggiamento che non rientra neppure negli schemi bellici della “guerra preventiva”, ma del vero e proprio processo alle intenzioni.

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Per adesso che cosa abbiamo in mano, del Sinodo Panamazzonico tutto quanto da celebrare, quindi da decidere e da definire? Abbiamo solo uno instrumentum laboris che ha inquietato a giusta ragione un grande storico della Chiesa ed ecclesiologo della levatura del Cardinale Walter Brandmüller, che in modo del tutto legittimo e giusto ha aperta la pista per illustrare, assieme ad altri eminenti personaggi e teologi che lo hanno seguito, in che misura questo testo fosse scritto male e foriero di ambiguità. Per adesso possiamo solo dire di essere molto preoccupati che sia stato approvato un documento preparatorio che contiene errori e ambiguità. Possiamo quindi esprimere che se dallo strumento di lavoro certe tesi passassero e giungessero a realizzazione, non potremmo neppure parlare di eresia, ma di vera e propria apostasia dalla fede, come ha spiegato il Cardinale Walter Brandmüller [cf. vedere articolo, QUI]. Merita poi ricordare che su queste nostre colonne, noi siamo stati i primi in assoluto — senza con questo volerci attribuire primati di “onore” —, a scrivere che quello panamazzonico era in realtà un sinodo pantedesco [cf. vedere articolo, QUI], se numeri e date non sono una vaga opinione. A maggior ragione ci fece piacere quando alcune settimane dopo, il Cardinale Gerhard Ludwig Müller, dichiarò che sulla preparazione di questo sinodo aleggiava una forte influenza tedesca. Hanno poi fatto seguito vescovi e sacerdoti di varie parti del mondo, teologi e fedeli laici, opinionisti e giornalisti cattolici che hanno manifestato tutte le loro preoccupazioni più che legittime, fondate e motivate. 

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All’esercito di appassionati litigiosi, che senza la litigiosità perderebbero forse ogni ragione di sussistenza della loro debole e povera fede, sfugge però il fatto che l’anziano, sapiente e lucido Cardinale Walter Brandmüller, come coloro che lo hanno seguito, parlano per ipotesi, basandosi sul solo dato oggettivo che abbiamo al momento, ossia il documento preparatorio, detto instrumentum laboris. Un testo scritto male e contenente evidenti errori dottrinali. Per seguire in questi giorni con un altro membro del Collegio Cardinalizio che ha sollevato anch’esso le sue riserve, questa volta si tratta di un prefetto in carica, il Cardinale Marc Armand Ouellet, che presiede il dicastero dei vescovi e di cui riferisce in queste ore il vaticanista Sandro Magister con un suo servizio [cf. vedere articolo, QUI]. 

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Di giorno in giorno ci ritroviamo purtroppo dinanzi a persone che possono variare dai giornalisti alle varie riviste telematiche, per seguire con una giungla di blog perlopiù anonimi, che hanno già dato un giudizio deciso e severo su un Sinodo che non si è ancóra aperto.   

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Se il Sinodo progettasse e proponesse qualsiasi cosa che possa andare contro la dottrina e il magistero perenne della Chiesa, neppure dinanzi a ciò si potrebbe però urlare più di tanto. Nulla di ciò diventerebbe infatti nuova dottrina né nuova disciplina ecclesiastica finché il Romano Pontefice, a cui spetta redigere il documento finale, non avrà accolte in toto o in parte le istanze dei Padri Sinodali emanando una sua esortazione apostolica post-sinodale. Solo dinanzi a questo documento, vale a dire dinanzi al dato veramente oggettivo, sarà infatti possibile prendere atto e quindi esprimersi, o nel caso esprimere anche riserve, se vi fosse anche e solo un passaggio che in modo ambiguo creasse conflitto con il depositum fidei.

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Dinanzi al Popolo di Dio, noi abbiamo delle responsabilità oggi forse più gravose che mai. Per sacramento di grazia compete infatti a noi insegnare, santificare e guidare o governare i Christi fideles. In particolare quando certe membra schizofreniche del Popolo di Dio pretenderebbero loro, di insegnare ai loro vescovi e sacerdoti, di dettare loro le regole su come santificare, ma soprattutto di guidare loro, secondo i loro capricci umorali e irrazionali, i vescovi ed i sacerdoti.

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Chi come noi è gravato da queste responsabilità, in una Chiesa nella quale spesso il laicato sembra quasi impazzito in un sovvertimento di ruoli che dovrebbe davvero inquietare, noi non possiamo né dobbiamo metterci a fare né guerre preventive né processi alle intenzioni su qualche cosa che deve sempre realizzarsi. Con questo è detto che, se dal documento finale di questo Sinodo uscisse fuori anche un solo elemento espresso in modo esplicito o anche celato tra le parole in modo ambiguo, che vada a contraddire il deposito della fede e la dottrina cattolica, a quel punto saremmo tenuti in scienza e coscienza cattolica ad applicare le parole del Beato Apostolo Paolo e quindi ad agire di conseguenza …

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«Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro Vangelo. In realtà, però, non ce n’è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il Vangelo di Cristo. Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un Vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!  Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!» [Gal 1, 5-10].

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… ma solo dopo sarà possibile agire così, seguendo le orme del Beato Apostolo Paolo e solo nei casi da lui indicati, non prima, perché né la dottrina né la morale cattolica prevedono né favoriscono in alcun modo il processo alle intenzioni, nemmeno quando le intenzioni non sono buone e si palesano per questo potenzialmente molto pericolose.

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Ecco perché i Padri de L’Isola di Patmos non possono né devono parlare di ciò che ancora deve realizzarsi — sempre ammesso che si realizzi — perché sentiamo tutta la nostra più profonda responsabilità verso il Popolo di Dio, in questa società ecclesiale ed ecclesiastica sempre più confusa, umorale e schizofrenica. O come diceva agli inizi degli anni Settanta del Novecento il Servo di Dio Enrico Medi:

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«Del mondo moderno non mi spaventano le armi atomiche, l’inquinamento o le guerre; ciò che mi spaventa è la pazzia collettiva verso la quale il mondo sta precipitando» [da una conferenza dell’ottobre 1974 all’Università Cattolica di Milano].

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dall’Isola di Patmos, 2 ottobre 2019

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NOVITÀ – Marcello Stanzione: «Sul sentiero degli Angeli – Verso il cammino di una teologia angelica»

— negozio librario delle Edizioni L’Isola di Patmos —

NOVITÀ – MARCELLO STANZIONE: «SUL SENTIERO DEGLI ANGELI – VERSO IL CAMMINO DI UNA TEOLOGIA ANGELICA»

Oggi la Chiesa necessita particolarmente di una teologia angelica, per il mistero di grazia che incarna e per la sua cristologica missione tra gli uomini. Una Chiesa per la quale bisognerebbe tornare a invocare San Michele Arcangelo, consapevoli che la visione del Sommo Pontefice Leone XIII, oggi sembra essere divenuta triste e dolorosa realtà: «La Chiesa, questa Sposa dell’Agnello Immacolato, è ubriacata da nemici scaltrissimi che la colmano di  amarezze e che posano le loro sacrileghe mani su tutte le sue cose più desiderabili. Laddove c’è la sede del Beatissimo Pietro posta a cattedra di verità per illuminare i popoli, lì hanno stabilito il trono abominevole della loro empietà, affinché colpendo il Pastore, si disperda il gregge» [S.S. Leone XIII Prece a San Michele Arcangelo].

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Autore:
Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

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Padre Marcello Stanzione illustra la preghiera Angelo di Dio [per aprire il video cliccare sopra l’immagine]

Quella di Marcello Stanzione non è un’opera devozionale, racchiude devozione e teologia. È infatti teologico ciò che è cristologico nella fede, per la fede e a servizio della fede, specie nel mondo dei moderni teologi che tendono sempre più a parlare del proprio “Io” e sempre meno di “Dio”.

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Oggi più che mai, tra grandi svolte antropologiche, tra cristiani anonimi e verità svecchiate da adeguati processi di demitizzazione; dovrebbe risuonare alle nostre orecchie il monito inquieto e pentito espresso decenni or sono da Jacques Maritain nella sua opera Il significato dell’ateismo contemporaneo, un’opera che ci aiuta a non perdere di vista che le espressioni peggiori della negazione di Dio nascono proprio dalle varie forme di “devoto” ateismo “religioso”:

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Edizioni ‘Isola di Patmos, copertina del libro di Marcello Stanzione [cliccare sull’immagine per aprire il negozio]

«Non si crede più al Diavolo, né agli angeli cattivi; né ai buoni, naturalmente. Essi non sono che sopravvissuti eterei di un museo di immagini babilonese. A dire il vero, il contenuto oggettivo al quale la fede dei nostri avi si appoggiava, è tutto un mito oramai, come il peccato originale, per esempio: non è forse nostra grande preoccupazione, oggi, spazzar via il complesso di colpevolezza, come il Vangelo dell’Infanzia e la resurrezione dei corpi e la creazione. E come il Cristo storico, naturalmente».

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Perché dunque gli Angeli? Angeli come messaggeri celesti, guide, custodi e consolatori degli uomini. Gli Angeli, relegati sino a poco tempo fa nelle fiabe per bambini, tornano in queste righe protagonisti del mistero della creazione, del mistero della incarnazione del Cristo Dio che prende avvio da un dialogo struggente tra l’Arcangelo Gabriele e Maria: «Ti saluto, o piena di grazia: il Signore è con te» [Lc 1, 28]. E l’Angelo, messaggero del Signore e devoto custode della libertà che promana dal Creatore, attese trepidante la risposta. Fiducioso, attese il libero “sì” di Maria, da portare dinanzi al trono dell’Eterno.

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Preghiera all’Angelo Custode

Oggi la Chiesa necessita più che mai di una teologia angelica, per il mistero di grazia che incarna e per la sua cristologica missione tra gli uomini. Una Chiesa per la quale bisognerebbe tornare a invocare San Michele Arcangelo, consapevoli che la visione del Sommo Pontefice Leone XIII, oggi sembra essere divenuta triste e dolorosa realtà:

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«La Chiesa, questa Sposa dell’Agnello Immacolato, è ubriacata da nemici scaltrissimi che la colmano di amarezze e che posano le loro sacrileghe mani su tutte le sue cose più desiderabili. Laddove c’è la sede del Beatissimo Pietro posta a cattedra di verità per illuminare i popoli, lì hanno stabilito il trono abominevole della loro empietà, affinché colpendo il Pastore, si disperda il gregge» [S.S. Leone XIII Prece a San Michele Arcangelo].

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Il libro di Marcello Stanzione, noto da anni come angelologo di fama internazionale, guiderà il lettore nel mondo oggi sempre più sconosciuto, ma straordinario, della dimensione angelica. Incluso quell’Angelo Custode che sarebbe bene tornare a conoscere e pregare. 

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dall’Isola di Patmos 29 settembre 2019

Festa di San Michele Arcangelo

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andando alla pagina del nostro negozio [vedere QUI] potrete ordinare con estrema facilità questo libro [vedere QUI] e riceverlo a casa vostra entro due giorni lavorativi senza spese di spedizione postale. Sempre alla pagina del nostro negozio potrete inoltre visionare i titoli e le descrizioni degli altri nostri libri in uscita [vedere QUI].

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Siamo certi che ci aiuterete a diffondere le opere delle Edizioni L’Isola di Patmos, specie per il servizio che esse possono rendere in questo momento così difficile alla Chiesa di Cristo e al Popolo di Dio.

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Anticipiamo ai Lettori che tra la fine di settembre e la fine di ottobre andranno in pubblicazione le seguenti opere:

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LA METAFISICA DI GESÙ CRISTO, di Giovanni Cavalcoli, O.P.

ARIANESIMO, UNA ERESIA ANTICA SEMPRE PRESENTE, di Leonardo Grazzi  

 

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«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
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