«Siate misericordiosi, come misericordioso è il Padre vostro, che è nei cieli», non come piace al mondo, ma come piace a Dio

L’Angolo di Girolamo Savonarola: omiletica cattolica in tempi di vacche magre

«SIATE MISERICORDIOSI, COME MISERICORDIOSO È IL PADRE VOSTRO, CHE È NEI CIELI», NON COME PIACE AL MONDO, MA COME PIACE A DIO

.

Per il mondo è misericordia, quindi cosa altamente misericordiosa concedere attraverso l’eutanasia la morte ad una persona gravemente ammalata, o ad un anziano che è semplicemente stanco di vivere, semmai perché solo ed abbandonato. Ma ciò non è misericordia bensì immane abominio, esattamente come lo è abortire, ossia uccidere un povero innocente, dopo che dalla ecografia o dalla amniocentesi è stato appurato che il nascituro è affetto da sindrome di Down e quindi non è perfetto secondo i canoni di un mondo sempre più immondo

.

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo.

.

.

PDF  articolo formato stampa

 

.

.

Laudetur Jesus Christus !

.

.

«siate misericordiosi come il Padre vostro che è nei cieli»

Il brano lucano di questa VII domenica del tempo ordinario [cf. Lc 6,27-38, vedere testo della liturgia, QUI] potrebbe suggerirci che ci sono momenti nei quali si finisce col temere che non solo dal Santo Vangelo si tenda a prendere ciò che si vuole nel modo come si vuole, perché avendo fatto un ulteriore salto avanti, è ragionevole temere che ci si trovi dinanzi a delle autentiche falsificazioni della Parola di Dio, facendo dire ad essa ciò che Cristo Dio non ha mai detto. Molti sarebbero gli esempi, prendiamone uno solo tra i molti: «Non giudicate per non essere giudicati» [Mt 7, 1]. Vediamo in che modo è stato spesso letteralmente falsificato questo monito, basterebbe ascoltare certe omelie costruite sui sociologismi improntanti sul desiderio di piacere al mondo, per udire poi da certi pulpiti sproloqui di questo genere:

.

«La Chiesa ha infine capito che non poteva continuare a giudicare e condannare come a lungo ha fatto, ma che era necessario comprendere, capire, accogliere, essere misericordiosi …».

.

Commenti di questo genere sono autentiche bestemmie proferite nella Casa del Padre dal luogo in cui si annuncia la Parola di Dio. Infatti, ammonendo «Non giudicate per non essere giudicati», Cristo Signore si riferisce forse ai suoi Apostoli ed alla futura Chiesa? Chi sono, i soggetti e gli oggetti di questo ammonimento? Sono coloro — come si spiega poco avanti in questo brano evangelico —, che hanno l’abitudine di osservare «la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio» [Mt 7, 3]. Il monito è dunque rivolto agli ipocriti ed all’umana ipocrisia esercitata nelle sue varie forme, cosa questa spiegata con divina magistralità da Cristo Signore in tutto il discorso che segue [cf. Mt 7, 1-29]. Per quanto invece riguarda la Santa Chiesa di Cristo, si sappia e sia chiaro che indicare cosa è giusto e cosa sbagliato, cosa è lecito e cosa illecito, cosa è santo e cosa invece diabolico, è un dovere ed un obbligo al quale la Chiesa non può e non deve sottrarsi. O per dirla con la Parola di Dio: la Chiesa, salvo tradire in caso contrario la propria missione, ha l’obbligo di dire e di insegnare in che modo i Christi fideles debbano entrare «per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa» [Mt 7, 13]. La Chiesa non può dunque omettere di giudicare e di condannare il male in modo all’occorrenza  severo, posto che il peccato non è affatto un modo diverso di intendere o di vivere la vita, ma la negazione del dono della vita in Cristo e la conseguente e probabile possibilità di essere dannati in eterno.

.

La Chiesa non può derogare quell’obbligo che ad essa deriva dal suo Divino Fondatore che l’ha voluta come mezzo e strumento di salvezza, o come sarà definita dal Concilio Vaticano II e poi dal Catechismo: «La Chiesa sacramento universale di salvezza» [Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 774]. E qui è bene fa notare che il concetto di universalità, assieme alla totalità implica la esclusività. Dio non ha mai contemplato molteplici strumenti di salvezza, come non ha mai contemplato le più disparate chiese o religioni, la Sua Chiesa è una ed una soltanto, quella affidata a Pietro ed al Collegio degli Apostoli, il tutto entro un criterio di unicità che non contempla le molteplicità. Diverso è invece il discorso legato ai mezzi ordinari di salvezza, che sono la Chiesa di Cristo ed i Sacramenti di grazia di cui essa è dispensatrice, ed i mezzi straordinari di salvezza, che sono racchiusi nel mistero del cuore di Dio che nei modi più diversi, attraverso i più disparati mezzi cosiddetti straordinari, può portare i singoli uomini alla salvezza. Mezzi straordinari che però appartengono solo a Dio e dei quali nessun uomo può avvalersi, per esempio sostenendo che la Chiesa di Cristo è solo uno dei tanti mezzi è strumenti di salvezza. No, la Chiesa ed i Sacramenti di grazia di cui essa è dispensatrice non sono uno dei tanti mezzi, ma l’unico mezzo che Cristo Signore ha fornito all’uomo ed all’umanità per essere redenta attraverso il sangue della sua croce.

.

La frase sulla quale si struttura il passo del Vangelo lucano: «Siate misericordiosi, come misericordioso è il Padre vostro, che è nei cieli», si armonizza con un’altra frase dell’Antico Testamento che ci ammonisce e che ci esorta a essere «santi perché io, il Signore Dio vostro, sono Santo» [Lv 19, 2]. Il presupposto della misericordia è dunque la santità, non la mondanità. Non si è misericordiosi o caritatevoli quando si piace al mondo, bensì proprio quando non si piace al mondo. Il Santo Vangelo e le Lettere apostoliche ci insegnano infatti che la misura attraverso la quale si può misurare la nostra vera carità e la nostra vera misericordia, è quando noi non siamo affatto graditi ai figli di questo mondo:

.

«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia» [Gv 15, 18-19].

.

E per questo nostro mondo carità e amore vuol dire concedere a due uomini di poter coronare il proprio “sogno” con un matrimonio e di acquistare poi un bambino da un utero in affitto, mentre all’esatto opposto, per la carità e per l’amore che ci rende degni figli del Padre Nostro che è nei Cieli, chi compie simili mostruosità e compromette in tal modo la vita di queste creature innocenti, forse «sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare» [Mt 18, 6].

.

Per il mondo è misericordia, quindi cosa altamente caritatevole concedere attraverso l’eutanasia la morte ad una persona gravemente ammalata, o ad un anziano che è semplicemente stanco di vivere, semmai perché solo ed abbandonato. Ma ciò non è misericordia bensì immane abominio, esattamente come lo è abortire, ossia uccidere un povero innocente, dopo che dalla ecografia o dalla amniocentesi è stato appurato che il nascituro è affetto da sindrome di Down e quindi non è perfetto secondo i canoni di un mondo sempre più immondo.

.

Pensate a quante cose il mondo fa e seguita a fare in nome di un concetto di misericordia ormai completamente sovvertito dal grande invertitore del bene e del male, da colui che trasforma il male in bene ed il bene in male, ossia Satana. Pensateci bene: l’era moderna prende vita sotto i palchi delle ghigliottine dove al grido di libertà, uguaglianza e fraternità le persone venivano date in pasto al boia senza processo, o con dei processi sommari che erano delle farse, o perché denunciati per gelosia ed invidia sociale. Eppure, la libertà, è un alto principio cristiano, posto che essa è un presupposto della creazione stessa dell’uomo, che fu creato da Dio libero e dotato di libero arbitrio [Genesi, capp. 2-3]. Per non parlare dell’uguaglianza e della fraternità, la cui dimora naturale si trova all’interno del messaggio evangelico dove queste verità sono spiegate e trasmesse molto meglio di quanto non le abbia trasmesse Robespierre durante il regime del terrore a suon di teste decapitate in nome di una uguaglianza e di una fraternità svuotate di Cristo e riempite di neo-paganesimo.

.

Anche il mondo con il suo temibile Prìncipe, da tempo si è appropriato di parole che sono termini fondanti il messaggio cristiano, svuotandole prima del loro significato e trasformandole poi in altro. A maggior ragione, oggi più che mai, bisogna capire anzitutto che cosa sia la vera misericordia, dopodiché essere «misericordiosi, come misericordioso è il Padre vostro, che è nei cieli», non come i figli del Prìncipe di questo mondo.

.

Dall’Isola di Patmos, 24 febbraio 2019

.

.

.

.
.

.
«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
ma portare, diffondere e difendere la verità non solo ha dei
rischi ma anche dei costi. Aiutateci sostenendo questa Isola
con le vostre offerte attraverso il sicuro sistema Paypal:



oppure potete usare il conto corrente bancario:
IBAN IT 08 J 02008 32974 001436620930 
in questo caso, inviateci una email di avviso, perché la banca
non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un
ringraziamento [ isoladipatmos@gmail.com ]

.

.

.

.

.

.

.

Il prete scomunicato Alessandro Minutella non è in comunione con Benedetto XVI che ha fatto libero atto di rinuncia bensì è un soggetto che confonde il Popolo di Dio già fin troppo smarrito e confuso

— attualità ecclesiale —

IL PRETE SCOMUNICATO ALESSANDRO MINUTELLA NON È IN COMUNIONE CON  BENEDETTO XVI CHE HA FATTO LIBERO ATTO DI RINUNCIA BENSÌ È UN SOGGETTO CHE CONFONDE IL POPOLO DI DIO GIÀ FIN TROPPO SMARRITO E CONFUSO

.

A molti Lettori che ci chiedono lumi su questo prete scomunicato è nostro dovere sacerdotale rispondere che chiunque partecipa alle sue sacre celebrazioni e riceve da lui i Sacramenti cade in stato di peccato mortale, ed è tenuto a chiedere l’assoluzione al confessore, dopo avere riconosciuta la propria colpa ed avere fatto proposito di non ripetere più lo stesso peccato. Ma soprattutto, al di là delle menzogne di questo eretico scismatico, sappiate che il primo a tributare «incondizionata obbedienza» al proprio Successore è stato proprio Benedetto XVI.

.

Autore
I Padri de L’Isola di Patmos

.

.

PDF  articolo formato stampa 

 

.

.

remake filmico de L’Esorcista, con prete scomunicato nel ruolo dell’indemoniato [per aprire il video cliccare sull’immagine]

Molti Lettori chiedono lumi su Alessandro Minutella, un presbitero palermitano che sbraita sui social network sulla illegittimità del Sommo Pontefice Francesco, al quale riconosce solo il titolo di Cardinale e di Arcivescovo emerito di Buenos Aires, ma soprattutto rivolgendo alla sacra persona della Santità di Nostro Signore insulti inaccettabili. A questo presbìtero, dopo ripetuti e inutili richiami l’Autorità Ecclesiastica ha comminata la scomunica, anche se sarebbe più corretto dire che gli ha semplicemente notificato che in seguito alle sue posizioni ereticali e scismatiche, ed al suo rifiuto a correggersi, egli è incorso automaticamente nella cosiddetta scomunica latae sententiae.

.

Anche se sino ad oggi il Reverendo Alessandro Minutella non è stato dimesso dallo stato clericale, dopo essere stato prima sospeso a divinis, poi in seguito incorso in scomunica, non può esercitare in modo legittimo il sacro ministero. Sappiano pertanto i fedeli che le sacre celebrazioni da lui officiate ed i Sacramenti da lui amministrati sono validi ma illeciti e che nessun fedele cattolico può e deve prendervi parte.

.

Dinanzi a molte richieste giunte alla nostra redazione, specie dopo che negli ultimi tempi questo soggetto ha esasperato molto di più i suoi toni aggressivi, è nostro dovere sacerdotale informare il numeroso pubblico di Lettori che ci segue che chiunque partecipa alle sacre celebrazioni  e riceve i Sacramenti da questo prete scomunicato, cade in stato di peccato mortale, ed è tenuto a chiedere l’assoluzione al confessore, dopo avere riconosciuta la propria colpa ed avere fatto proposito di non ripetere più lo stesso peccato.

.

Dobbiamo chiarire che come ogni prete scomunicato costui non cessa d’esser sacerdote, perché nessuno può revocargli il Sacramento dell’Ordine. E per quanto eretico e scismatico rimarrà sempre sacerdote, senza però poter esercitare alcun ministero finché non si sarà pubblicamente pentito e reintegrato dall’Autorità Ecclesiastica nell’esercizio del sacro ministero.

.

remake filmico de L’Esorcista, con prete scomunicato nel ruolo dell’indemoniato [per aprire il video cliccare sull’immagine]

Il Sacramento dell’Ordine inserisce chi lo riceve in una stato sacramentale trasformandolo ontologicamente in modo soprannaturale nel suo stesso essere costituendolo «ministro sacro» e qualificandolo ad agire in persona Christi [can. 1009 §3], quindi inserendolo nel cosiddetto stato clericale dal quale deriva una condizione giuridica conseguente la sacra ordinazione; condizione che comporta per il chierico diritti e obblighi stabiliti e dettati dall’ordinamento ecclesiastico. E siccome quello dell’Ordine è un Sacramento che imprime un carattere “indelebile ed eterno”, ne deriva che nessuno può essere privato della potestà d’ordine [can. 1338 §2]. Lo stato clericale è una conseguenza del Sacramento dell’Ordine, sebbene i due elementi — il Sacramento e lo stato clericale che ne deriva — siano distinti, anche se tra di loro sono connessi. Un chierico può infatti decadere dallo stato clericale, od essere privato dello stato clericale, ma non potrà mai decadere dall’ordine sacro ed essere privato dell’ordine sacro, perché il Sacramento che ha ricevuto è appunto “indelebile ed eterno”.

.

La legge ecclesiastica contempla tre casi nei quali il chierico può perdere lo stato clericale: la invalidità della sacra ordinazione dichiarata per sentenza o per decreto amministrativo [can. 290 n. 1]; la dimissione legittimamente imposta a causa di un delitto che prevede una specifica sanzione [can. 290 n. 2]; il rescritto della Sede Apostolica con cui viene concessa la dispensa al presbitero per cause gravissime [can. 290 n. 3]. In certi casi la pena massima prevista per il chierico è la dimissione dallo stato clericale [can. 1336 §1 n. 5], dinanzi alla quale dobbiamo però precisare che essa non potrà mai implicare la privazione della potestà di ordine, perché questa potestà è strettamente connessa al carattere sacramentale, ad un carattere incancellabile.

.

remake filmico de L’Esorcista, con prete scomunicato nel ruolo dell’indemoniato [per aprire il video cliccare sull’immagine]

Ai presbìteri dimessi dallo stato clericale è proibito esercitare in modo legittimo e lecito la potestà d’ordine [can. 1338 §2], perché nella decadenza dallo stato clericale, oltre alla perdita dei diritti, dei doveri e dello stato stesso, è insita la tassativa proibizione di esercizio della potestà di ordine [can. 292]. Da ciò ne consegue che i presbìteri dimessi dallo stato clericale per loro richiesta o per provvedimento dell’Autorità Ecclesiastica, non possono esercitare in modo legittimo alcuna potestà di ordine sacramentale [can. 1336 §1, n. 3].

.

Il presbìtero Alessandro Minutella non è stato ancóra dimesso dallo stato clericale, ma è stato prima sospeso a divinis e poi scomunicato. La sospensione prima, la scomunica in seguito, comportano per il presbìtero sospeso dalle sue funzioni e soprattutto per il presbìtero scomunicato la assoluta proibizione di celebrare il Sacrificio Eucaristico e di amministrare i Sacramenti. Se i sottoposti a ciò esercitassero ugualmente il sacro ministero, la celebrazione della Santa Messa ed i Sacramenti amministrati sarebbero validi ma illeciti, con la conseguenza che chi celebra la Santa Messa e chi vi partecipa, chi amministra i Sacramenti e chi li riceve, cadono in stato di peccato mortale. A meno che, da parte del fedele, non subentri la mancanza di conoscenza o la cosiddetta ignoranza inevitabile. Solo in un caso un presbìtero scomunicato può amministrare lecitamente un Sacramento  — anzi, in questo specifico caso è tenuto a farlo — egli può concedere l’assoluzione ad un penitente in reale caso di pericolo di morte [can. 976].

.

Visionando l’ultimo suo video inserito in questo articolo [vedere video, QUI], chiunque può udire ed appurare in che termini e con quale carica aggressiva ed insultante questo presbìtero tratta il Romano Pontefice, i membri del Collegio Cardinalizio ed i membri del Collegio Episcopale, oltre a tacciare apertamente di vigliaccheria tutti noi suoi Confratelli presbìteri, colpevoli a suo dire di non esserci ribellati al «Cardinale Jorge Mario Bergoglio usurpatore della Cattedra di Pietro» e per ostinarci a celebrare la Santa Messa in comunione con lui [cf. video, minuto 19,50 QUI]. Infatti, a suo empio dire, la Santa Messa celebrata in comunione con «l’usurpatore Bergoglio», da egli definito «falso Pontefice», non sarebbe valida, mancando in essa — prosegue a sproloquiare – «l’azione di grazia santificante dello Spirito Santo», quindi coloro che vanno alla Messa una cum [N.d.r. celebrata in comunione col Pontefice regnante] vanno a Messa col Diavolo» [cf. video, minuto 5,02 QUI] perché «in tutto ciò che è in unione con Bergoglio non c’è Gesù Cristo, non c’è lo Spirito Santo, c’è Satana» [cf. video, minuto 6,38 QUI].

.

remake filmico de L’Esorcista, con prete scomunicato nel ruolo dell’indemoniato [per aprire il video cliccare sull’immagine]

Le figure attaccate da questo scomunicato, dal Romano Pontefice ai vescovi, per seguire con noi presbìteri, costituiscono un corpo ecclesiale di persone imperfette, come imperfetti e peccatori sono da sempre coloro che per mistero di grazia vengono chiamati a ricoprire certi ruoli e svolgere certe funzioni sacramentali. Chiunque può discutere circa le capacità pastorali del Romano Pontefice, dei singoli vescovi e di tutti i presbiteri; chiunque può indicare i loro difetti e le loro carenze morali per le quali saranno poi chiamati a rispondere dinanzi al giudizio di Dio, che con tutti noi pastori in cura d’anime sarà particolarmente severo. Chiunque metta però in discussione la legittima autorità del Romano Pontefice e dei Vescovi, attenta gravemente e pericolosamente a quella che è la struttura gerarchica portante della Santa Chiesa di Cristo e commette un delitto gravissimo contro la Santa Fede.

.

Dalle video-catechesi di Alessandro Minutella emergono florilegi e gravi contraddizioni dottrinarie, strafalcioni e inesattezze teologiche d’ogni genere, a partire da una mariologia decisamente imbarazzante. Siccome gli esempi sarebbero davvero molti, ciò rende impossibile fare un discorso teologico rigorosamente scientifico per indicare e smontare certe assurdità ad una ad una, perché per farlo occorrerebbe un libro. Sicché ci limitiamo solo ad alcuni chiari esempi, sapendo anzitutto di avere a che fare con un presbìtero che ha conseguito ben due dottorati, com’egli ama ripetere con frequenza, pur manifestando crassa ignoranza non tanto sulla teologia sacramentaria, ma proprio sui fondamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica. E siccome diversi Lettori ci hanno scritto ricordando che questo presbitero è due volte dottore in teologia e che come tale non può dire cose inesatte come quelle proferite dai membri della cosiddetta «falsa Chiesa» da lui condannati, è bene anzitutto chiarire che i dottorati teologici non costituiscono alcuna garanzia di sapienza, posto che nessuno riceve attraverso un dottorato i doni di grazia dello Spirito Santo che segnerà l’esimio dottore con un carattere indelebile ed eterno. Infatti, il carattere sacerdotale, non si conferisce coi dottorati, ma attraverso la consacrazione del presbìtero col Sacramento dell’Ordine. Se i dottorati costituissero garanzia di sicura, solida ed ortodossa dottrina infusa assieme alla sapienza dallo Spirito Santo, noi non dovremmo porre in minima discussione ciò che hanno affermato e scritto Hans Küng, Giovanni Franzoni, Leonardo Boff e via dicendo a seguire. E ricordiamo per inciso che i primi due citati, oltre ad essere dei pluri titolati, sono stati rispettivamente perito e membro all’assise del Concilio Vaticano II. Il pluri titolato Giovanni Franzoni, al Concilio, partecipò con la equipollente dignità episcopale, essendo all’epoca Abate Ordinario di San Paolo fuori le mura, che sino ad un decennio fa era una prelatura territoriale dell’antica Urbe.

.

In questo momento di confusione molti fedeli sono smarriti, ma cercare guida sicura in un eretico che afferma che la Santa Messa celebrata in comunione col Pontefice regnante non è valida, è da evitare; e su di noi grava l’obbligo morale di scongiurare i fedeli dal seguire questo pastore empio, avvelenante e teologicamente confuso, sebbene egli offra come garanzia di essere doppiamente dottorato.

.

remake filmico de L’Esorcista, con prete scomunicato nel ruolo dell’indemoniato [per aprire il video cliccare sull’immagine]

Chiarire alle persone la figura di questo presbìtero, tutto sommato è più facile di quanto possa sembrare, basterebbe solo che le persone ci prestassero ascolto e poi chiedessero al diretto interessato: con quale vescovo lei è in comunione? Quale vescovo le ha dato mandato di esercitare il sacro ministero, oltre agli speciali poteri ch’ella afferma di avere ricevuto dalla Beata Vergine Maria in persona? O forse non sa, o uomo reso sapiente da un duplice dottorato, che nessuno di noi può esercitare il sacro ministero in comunione con sé stesso, perché la validità dell’Eucaristia da noi celebrata dipende dalla validità di quella celebrata dal Vescovo in piena comunione col Vescovo di Roma? A quel punto, il diretto interessato, replicherà ciò che da tempo va dicendo e quanto ha ribadito nel video qui richiamato, vale a dire:

.

«Io celebro in comunione con il Sommo Pontefice Benedetto XVI che è il legittimo pontefice, mentre il Cardinale Jorge Mario Bergoglio è un usurpatore piazzato sulla Cattedra di Pietro dalle potenze sataniche e dalla Massoneria internazionale».

.

I dubbiosi e quanti credono a ciò che questi afferma, si pongano questa domanda: si può ignorare che Benedetto XVI, prima di spostarsi a Castel Gandolfo per tenersi distante dalla Città del Vaticano durante il conclave, dichiarò «obbedienza incondizionata» al proprio successore già prima che questi fosse scelto ed eletto? Con quella affermazione, egli non disse forse che avrebbe obbedito al Successore che a breve sarebbe stato eletto, a prescindere da chi fosse stato? E come può, siffatto empio che sparge veleni tra il Popolo di Dio, ignorare che la sera dopo l’elezione, quando il nuovo eletto chiamò il proprio vivente Predecessore, questi così lo salutò: «Santità, fin d’ora io vi prometto la mia totale obbedienza e la mia preghiera»? Ciò non vuol forse dire che Benedetto XVI ha affermato prima del conclave che avrebbe obbedito a chiunque fosse stato eletto e ad elezione avvenuta offrì la propria obbedienza al suo legittimo Successore?

.

remake filmico de L’Esorcista, con prete scomunicato nel ruolo dell’indemoniato [per aprire il video cliccare sull’immagine]

Di recente, sulle colonne di questa nostra rivista è stato scritto che mentre tutti si interrogano su questioni più o meno fantasiose, avanzando ipotesi perlopiù surreali, nessuno coglie la solenne lezione a noi tutti data dal Sommo Pontefice Benedetto XVI, che è questa: egli si è allontanato dalla Città del Vaticano prima del Conclave, affermando già prima della sua elezione la propria «incondizionata obbedienza» al proprio successore. Poco dopo, al suo Successore eletto che lo ha chiamato per annunciargli lui di persona la propria elezione, ha detto: «Santità, fin d’ora io vi prometto la mia totale obbedienza e la mia preghiera». E se il Venerabile Pontefice Benedetto XVI, il cui ministero, eccezionalmente, anziché cessare con la sua morte è cessato con un suo libero atto di rinuncia, ha professato con simile fede e totalità la propria obbedienza al suo Successore, noi, non dovremmo forse seguire il suo esempio e fare altrettanto? [vedere paragrafo V «Non esiste altra strada se non l’obbedienza a Pietro», QUI]

.

I seguaci di questo scomunicato si chiedano: se a riconoscere il Successore al sacro soglio è stato per primo Benedetto XVI, il presbìtero in questione che si dice incaricato nella «santa battaglia» dalla Beata Vergine Maria in persona, con chi è in comunione? Perché qualora egli non l’avesse capito, il primo Vescovo che si è dichiarato in comunione col Pontefice regnante è stato Benedetto XVI, che ha liberamente fatto atto di rinuncia al ministero petrino, ribadendo più volte quanto libera sia stata la sua rinuncia, ribadendo prima dell’elezione e dopo l’elezione la propria «obbedienza incondizionata» al suo Successore.

.

Gli improvvidi seguaci di questo presbìtero fuori da ogni teologico equilibrio, si domandino e poi domandino: ma questo prete inviperito, con chi è in comunione? A nome di chi ci parla? Forse com’egli afferma parla «per l’autorità che la Madonna mi conferisce» [cf. video, minuto 10,50 QUI], quindi a nome della Beata Vergine Maria che gli avrebbe suggerito di ribellarsi al Romano Pontefice «al quale lei ha già dichiarata guerra» [cf. video, minuto 23,00 QUI]? E da quando Maria, nostra venerata Mater Ecclesiae, istiga a disobbedire a Pietro ed al Collegio degli Apostoli, ponendo a tal fine sotto la propria protezione un prete indiavolato che afferma in continuazione «la Madonna mi ha detto», «la Madonna mi ha rivelato»? Sino ad annunciare infine che «la Madonna ha [già] consacrato il Pastore con gli attributi» (!?) [cf. video, minuto 30,38 QUI].

.

La risposta ai quesiti rivolti dai Lettori ai Padri de L’isola di Patmos è pertanto la seguente: chi segue questo eretico scomunicato e chi partecipa alle sue celebrazioni, a meno che non sia a conoscenza del suo oggettivo status di scomunicato, od a meno che non sia gravato da autentica ignoranza inevitabile che gli impedisce di esercitare anche il più elementare senso critico, deve ritenersi in tutto e per tutto in stato di peccato mortale.

.

dall’Isola di Patmos, 20 febbraio 2019

.

.

.

Di fatto, il Reverendo Alessandro Minutella non è l’esorcista bensì proprio l’indemoniato …

.

.

.

.

«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
ma portare, diffondere e difendere la verità non solo ha dei
rischi ma anche dei costi. Aiutateci sostenendo questa Isola
con le vostre offerte attraverso il sicuro sistema Paypal:



oppure potete usare il conto corrente bancario:
IBAN IT 08 J 02008 32974 001436620930 
in questo caso, inviateci una email di avviso, perché la banca
non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un
ringraziamento [ isoladipatmos@gmail.com ]

.

.

..

.

Torna su L’Isola di Patmos Carlo Magno con un quesito di Cristo Signore: «Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, chi dite che io sia?»

La penna d’oca di Carlo Magno

TORNA SU L’ISOLA DI PATMOS CARLO MAGNO CON UN QUESITO DI CRISTO SIGNORE: «CHI DICONO GLI UOMINI, LE FOLLE CHE IO SIA? E VOI, CHI DITE CHE IO SIA?»

.

La Speranza cristiana non è un immaginifico e obnubilante «Sol dell’ Avvenire» né il «glorioso futuro» predicato da tutti gli aspiranti dittatori di ogni tempo. Non è neppure un mondo nuovo forgiato dalla cultura di un dialogo fra falsi e imbonitori. Non è neppure, infine, il regno misericordiante che profeti di menzogna invocano, a piacimento e sempre più spesso a sproposito, sulle immani tragedie della Storia e l’immutabile lordura del mondo. La Speranza cristiana ha invece — come insegna Sant’Agostino d’Ippona — ancora un solo nome ha e un solo certo avvenire annuncia: Cristo!

.

Autore
Carlo Magno

.

.

PDF  articolo formato stampa
.

.

.

.

Io Karl der Große, noto come Carolus Magnus, conosciuto universalmente come Carlo Magno, battezzato nella fede in Cristo Gesù nella Santa Madre Chiesa Cattolica nella Città di Aquisgrana, in un giorno di non pochi anni fa, correndo all’epoca l’Anno del Signore 742; io che dunque a buon e legittimo titolo scrivo in quanto parte di quel Corpo Mistico e Storico che solo è di Cristo, e del quale mi reputo con convinzione «la meno onorevole delle sue membra» ma che proprio per questo umilmente credo che, come scrive l’Apostolo «Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre» [I Corinzi 12, 24-25].

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

.

I Vangeli non ci riferiscono gli esiti di un sondaggio Gallup né un estemporaneo focus group di Gesù di Nazareth con i suoi discepoli, prima, e con gli Apostoli, poi.

.

Gesù, al contrario, sfida gli uomini [οι άνθρωποι, Marco 8, 27 e Matteo 16, 13] e le folle [οι όχλοι, Luca 9, 18] con il messaggio stesso, essenziale, radicale e, non da ultimo, inquietante e drammatico del Logos cristiano.

.

Scriveva Romano Guardini:

.

«Il cristianesimo infatti non è una teoria della Verità, o una interpretazione della vita. Esso è anche questo, ma non in questo consiste il suo nucleo essenziale. Questo è costituito da Gesù di Nazareth, dalla sua concreta esistenza, dalla sua opera, dal suo destino, cioè da una personalità storica. […] Non lUmanità o l’umano divengono in tal caso importanti, ma questa Persona. Essa determina tutto il resto, e tanto più profondamente e universalmente quanto più intensa è la relazione» [L’essenza del Cristianesimo, 1984, p. 23].

.

L’essenza della Fede cristiana risiede, in verità, nella risposta che l’uomo individualmente e collettivamente offre a questa essenziale domanda con cui Gesù di Nazareth sfida heri, hodie et semper [cfr. Lettera agli Ebrei 13, 8] l’individuo e le società.

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

.

La Fede, la Speranza e la Carità cristiane non hanno né il loro fondamento né la loro prima e ultima ragione in neutrali valori di tolleranza, convivenza, solidarietà, accoglienza e universale armonia degli uomini e dei popoli.

.

La Fede cristiana non è un cangiante contenuto, secondo le mode e i bisogni del tempo, ma un unico, immutabile, vitale e salvifico incontro.

.

«Sei andato, ti sei lavato, sei venuto all’altare, hai cominciato a vedere ciò che prima non eri riuscito a vedere. Cioè, mediante il fonte del Signore e l’annuncio della sua passione, i tuoi occhi si sono aperti in quel momento. Tu, che prima sembravi acce­cato nel cuore, hai cominciato a vedere la luce dei sacramenti» [Sant’Ambrogio, De Sacramentis I, 3,15].

.

La Speranza cristiana, poi, non è un immaginifico e obnubilante «Sol dell’ Avvenire» né il «glorioso futuro» predicato da tutti gli aspiranti dittatori di ogni tempo. Non è neppure un mondo nuovo forgiato dalla cultura di un dialogo fra falsi e imbonitori. Non è neppure, infine, il regno misericordiante che profeti di menzogna invocano, a piacimento e sempre più spesso a sproposito, sulle immani tragedie della Storia e l’immutabile lordura del mondo. La Speranza cristiana ha invece — come insegna Sant’Agostino d’Ippona — ancora un solo nome ha e un solo certo avvenire annuncia: Cristo!

.

«E come è diventato la nostra speranza? Perché è stato tentato, ha patito ed è risorto. Così è diventato la nostra speranza. In lui puoi vedere la tua fatica e la tua ricompensa: la tua fatica nella passione, la tua ricompensa nella resurrezione. È così che è diventato la nostra speranza. Perché noi abbiamo due vite: una è quella in cui siamo, l’altra è quella in cui speriamo. Quella in cui siamo ci è nota, quella in cui speriamo ci è sconosciuta […]. Con le sue fatiche, le tentazioni, i patimenti, la morte, Cristo ti ha fatto vedere la vita in cui sei; con la resurrezione ti ha fatto vedere la vita in cui sarai. Noi sapevamo solo che l’uomo nasce e muore, ma non sapevamo che risorge e vive in eterno. Per questo Cristo è diventato la nostra speranza nelle tribolazioni e nelle tentazioni, ed ora siamo in cammino verso la speranza» [Enarrationes in Psalmos, 60, IV]. 

.

La Carità cristiana, poi, non è un vacuo amalgama di buone intenzioni né il contenuto indifferenziato di una illusoria fraternità cosmica e, neppure, il precetto fondante di un mondano ordine globale, piacevolmente amoreggiante e lietamente intriso d’opere presunte come buone.

.

Ancora, una volta, è sempre e solo il riconoscimento della Persona di Cristo che fonda e radica nell’umana vicenda l’unico ed essenziale Amore possibile: «Se non credi, infatti, non ami. Così, cominciando dalla fine e risalendo al principio, disse perciò l’Apostolo: Pace e carità, unita alla fede. Diciamo noi: Fede, carità e pace. Credi, ama, regna. Se infatti credi e non ami, non hai ancora diversificato la tua fede dalla fede di quelli che tremavano e dicevano: Sappiamo chi sei, il Figlio di Dio. Tu, perciò, ama; perché la carità unita alla fede stessa ti conduce alla pace. Quale pace? La pace vera, la pace piena, la pace reale, la pace sicura; dove non esiste sciagura, nemico alcuno. Questa pace è il fine di ogni buon desiderio. Carità unita alla fede; e sei vuoi dire così, dici bene. Fede unita alla carità» [Sant’Agostino, Sermones 168, II, 2, 9].

.

Fede, Speranza e Carità, dunque, sole e solo in Cristo aprono all’umanità e alla Storia l’unico possibile orizzonte di Salvezza: «Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» [Romani 10, 9].

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

.

La questione posta da Gesù di Nazareth non è solo essenziale ma altresì radicale e, per la sua stessa natura, oltremodo divisiva. Non è né una domanda aperta né un quesito a multiple choices. Al contrario, esige un’opzione radicale!

«Il cristianesimo afferma che per l’incarnazione del Figlio di Dio, per la sua morte e la sua risurrezione, per il mistero della fede e della grazia, a tutta la creazione è richiesto di rinunciare alla sua — apparente — autonomia e di mettersi sotto la signoria di una Persona concreta, cioè di Gesù Cristo, e di fare di ciò la propria norma decisiva» [Romano Guardini, Ibidem, p. 26].

.

L’unica radice e fonte dell’annuncio cristiano non risiede in un ostentato pietismo e in una grottesca e ben pubblicizzata accozzaglia di buoni propositi per l’Umanità e l’umano.

.

La Persona di Cristo — ebbene sì, diciamolo una volta e per tutte e con sano rigore intellettuale, ancor prima che cristiano! — è divisiva nella sua radicale verità su Dio e sull’uomo!

.

«Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli. Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa» [Matteo 10, 32-36].

.

L’originale radice e l’esclusiva fonte del Logos cristiano è, infatti, il Verbo stesso fatto carne e fatto sangue per la vita eterna e per la resurrezione finale.

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

.

Nei Vangeli in Marco e Matteo, la domanda segue il racconto della moltiplicazione dei pani, che è direttamente evocato agli ascoltatori: «Non ricordate? Quando spezzai i cinque pani per i cinquemila, quante ceste piene di frammenti portaste via?» [Marco 8, 19]; «Non capite ancora? Vi siete dimenticati dei cinque pani che bastarono per i cinquemila uomini e delle sporte che raccoglieste?» [Matteo 16, 9].

.

In Luca, il racconto del medesimo evento precede immediatamente l’interrogativo di Gesù: «Allora Gesù, presi i cinque pani e i due pesci e levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e dei pezzi loro avanzati portarono via dodici ceste” [Luca 9, 16-17].

.

In Giovanni, infine, non c’è l’esplicita domanda di Gesù, ma è messa in evidenza la reazione di “molti dei discepoli” all’annuncio  che: «chi si ciba della mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. La mia carne è infatti vero cibo e il mio sangue è vera bevanda» [Giovanni 6, 54-55]. «Da quel momento», infatti, «molti dei discepoli si ritrassero indietro e non camminavano più con lui» [Giovanni 6, 66]. Diviene, pure, una sfida aperta ai restanti: «Volete pure voi andarvene?» [Giovanni 6, 67].

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

.

La risposta a questa domanda risolve il conturbante dramma di ogni tempo umano, travagliato dal Male Assoluto e dal male individuale.

La risposta a questa domanda risolve le sconvolgenti tragedie che in ogni tempo e luogo sgorgano e sempre sgorgheranno dai limiti stessi dell’umana natura, decaduta e decadente, sempre esposta alle lusinghe della corruzione intellettuale e morale, e perennemente in balia «dell’omicida fin dal principio», «del menzognero e padre della menzogna» [Giovanni 8, 44] e del “principe di questo mondo” [Giovanni 14, 30].

.

Gesù il Cristo pone se stesso e realmente nel suo Corpo donato e nel suo Sangue effuso — Corpo, Sangue, Anima e Divinità — ben al di là e al di sopra di ogni fisica legge, l’unico alimento di reale sussistenza per l’uomo e l’umanità e l’unica vera bevanda di liberazione e salvezza.

.

Questo vero e solo Nutrimento, Gesù stesso invita i discepoli a invocare: «τὸν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον», il pane di noi ultra-sostanziale, «δὸς ἡμῖν σήμερον», tu da a noi quotidiano.

.

«Dunque tutto abbiamo in Cristo […]» — scrive ancora Sant’Ambrogio — «e Cristo è tutto per noi. Se vuoi curare una ferita, egli è medico; se sei riarso dalla febbre, egli è la fonte; se sei oppresso dall’iniquità, egli è giustizia; se hai bisogno di aiuto, egli è la forza; se temi la morte, egli è la vita; se desideri il cielo, egli è la via; se fuggi le tenebre, egli è la luce; se cerchi cibo, egli è l’alimento» [De Virginitate, 99].

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

 .

L’interrogativo di Gesù si colloca, poi, nel momento più drammatico della Rivelazione Divina. È l’interrogativo del vero Uomo e Unico Dio che «mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, rende duro il suo volto incamminandosi verso Gerusalemme» [Luca 9, 51].

.

La risposta alla sua domanda, infatti, diventa sulla bocca del sommo Sacerdote lo stesso drammatico e tremendo atto d’accusa che conduce alla condanna a morte e alla spietata esecuzione sul patibolo della Croce: «Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio? Rispose Gesù: Sono io! Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: Avete sentito la bestemmia, che ve ne pare? Tutti lo giudicarono reo di morte»[Marco 14, 61-64].

.

Nel Mistero della Passione, Croce e Morte della Persona di Cristo, che si annichilisce «cum esset Deus» [Filippesi 2, 6] — non benché fosse ma mentre è Dio — infatti, «il soggetto che si annienta prendendo forma di servo non è il Cristo già incarnato, ma colui che è al di sopra del mondo, che si  trova nella forma di Dio» [Hans Urs Von Bathasar, Theologie der drei Tage, 1969, p. 37].

.

«Gesù il Cristo», spiegava Sant’Atanasio, «ha assunto, essendo Dio, forma di servo e in forza di questa assunzione non sì innalzò, ma si abbassò. L’uomo, al contrario, aveva bisogno di essere innalzato a motivo della bassezza della carne e della morte. Egli patì come uomo nella sua carne la morte per noi, per presentarsi così al Padre nella morte in vece nostra e innalzarci assieme a lui all’altezza che gli compete dall’eternità» [Adversus Arium I, 40-41].

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

 .

questa domanda con la sua risposta costituisce il cuore stesso del Vangelo, nella sua drammatica attualità: “Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo” [Marco 1,15]. È questa domanda con la sua risposta l’unica e lecita esegesi di lettura di un «mistero che non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che i Gentili cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo» [Efesini, 3, 5-6]. È questa domanda con la sua risposta l’atto fondante del Mistero Cristiano e anche il suo drammatico discrimine: «Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde» [Matteo 12, 30]. È questa domanda con la sua risposta la sola via di possibile Salvezza: «Se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» [I Corinzi 15, 17-22].

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

 .

La risposta a questo interrogativo esistenziale non lascia scampo! Heri, hodie et semperIl cristiano non crede per absurdum quia est absurdumIl cristiano crede rispondendo «Tu sei il Cristo, il Messia» [Marco 8, 29] perché in Gesù il Cristo ha incontrato, conosciuto e per questo creduto che in Lui e in Lui solo può trovare l’infinita e inesauribile dignità del suo essere-in ed essere-di Cristo.

.

«Riconosci, o cristiano, la tua dignità, e, reso consorte della natura divina, non voler tornare all’antica bassezza con una vita indegna. Ricorda a quale Capo appartieni e di quale corpo sei membro. Ripensa che, liberato dal potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce e nel regno di Dio» [San Leone Magno, Sermo 21, 3].

 .

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

.

Il cristiano non professa un vago teismo intellettuale, la cui divinità è un imprecisato essere supremo o un etereo valore trascendente.

.

Il cristiano «crede fermamente e confessa apertamente che uno solo è il vero Dio, eterno e immenso, onnipotente, immutabile, incomprensibile e ineffabile, Padre, Figlio e Spirito Santo: tre Persone, ma una sola essenza, sostanza, cioè natura assolutamente semplice» [Concilio Lateranense IV, De fide catholica, 1].

.

Il cristiano riconosce in Colui che si è rivelato a Israele come «Io sono colui che sono!» [Esodo 3, 14], il solo vero Dio, che è Dio dei Padri e, insieme, stringe un’alleanza di generazione in generazione, che stabilisce un «trono su amore e fedeltà» e fa «camminare un popolo alla luce del suo volto» [Salmo 89].

.

Professando «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!» [Matteo 16, 16] il cristiano riconosce «una verità fondamentale: “Abbiamo un Maestro. Più che un Maestro, un Emmanuele, cioè un Dio con noi; abbiamo Gesù Cristo! È impossibile, infatti, prescindere da Lui, se vogliamo sapere qualche cosa di sicuro, di pieno, di rivelato su Dio; o meglio, se vogliamo avere qualche relazione viva, diretta e autentica con Dio» [Paolo VI, Udienza Generale, 18 dicembre 1968].  

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

 .

Il cristiano non aderisce a una imprecisata dottrina creazionistica che confonde l’immagine e somiglianza con Dio Creatore e Padre con una eguaglianza universalistica. Professa, invece, che solo il Figlio-Logos è immagine perfetta del Padre e la nostra

.

«è una rassomiglianza imperfetta, quella per la quale l’uomo è detto a immagine e si aggiunge nostra perché l’uomo fosse immagine della Trinità; non uguale alla Trinità, come il Figlio al Padre, ma accostandosene per una certa rassomiglianza nel modo in cui degli esseri lontani sono vicini non per contatto spaziale, ma per imitazione. È questo che intendono significare le parole seguenti: “Trasformatevi rinnovando il vostro spirito ed ai suoi destinatari l’Apostolo dice anche: “Siate dunque imitatori di Dio, come figli dilettissimi. È all’uomo nuovo infatti che è detto: “Si va rinnovando in proporzione della conoscenza di Dio, conformandosi all’immagine di colui che l’ha creato”» [Sant’Agostino, De Trinitate, VII, 6.12].

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

 .

Il cristiano non è tale perché aderisce a un imprecisato e cangiante codice di pii propositi e onesti comportamenti: «Abbiamo creduto all’amore di Dio, così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» [Benedetto XVI, Deus Caritas Est, 1].

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

.

Il cristiano non fonda la sua Fede, la sua Speranza e la sua Carità su di un’ipotetica grande e universale fraternità, capace di generare tolleranza, verità e pace in un’indistinta melassa di religioni e culti dove non si tratta di abbandonare la propria fede  — come professano i teorici della Nuova Religione Universale — per esser parte di questa nuova e universale istituzione e dove si crede senza appartenere [cfr. Grace Davie, Believing without Belonging, in: Social Compass 37(4), 1990, 455-469].

.

Il cristiano  tale è proprio perché confessa «Tu sei il Santo di Dio» [Giovanni 6, 69] riconoscendo di appartenere intimamente ed essenzialmente  al Corpo stesso di  Cristo «non soltanto perché ci ha fatti diventare cristiani, ma perché ci ha fatto diventare Cristo stesso. Di quale grazia ci ha fatto Dio, donandoci Cristo come Capo? Esultate, gioite, siamo divenuti Cristo. Se egli è il Capo, noi siamo le membra: siamo un uomo completo, egli e noi. […] Pienezza di Cristo: il Capo e le membra. Qual è la Testa, e quali sono le membra? Cristo e la Chiesa» (Sant’Agostino, In Iohannis evangelium tractatus, 21, 8].

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

.

La risposta a questa domanda rende essenziale e radicale l’inquietante dramma dell’essere cristiano, cioè essere di Cristo! Cioè della Sua Chiesa, della Chiesa di Cristo! E non la Chiesa di qualcun altro!

.

Di fronte alle esecrabili malefatte di tanti e troppi dei suoi, persino più insigni e onorati figli, allo spergiuro orrendo di tanti e troppi di coloro che se ne proclamano servi, al complice silenzio e alle falsità abominevoli di tanti e troppi degli acclamati profeti e maestri del nuovo tempo, chi è di Cristo e della Chiesa trova ancora la Grazia di esclamare in cuor suo: «Che stupendo mistero! Vi è un solo Padre, un solo Logos dell’universo e anche un solo Spirito Santo, ovunque identico; vi è anche una sola Vergine divenuta Madre, e io amo chiamarla Chiesa» [Clemente d’Alessandria, Paedagogus, 1, 6, 42].

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

 .

Fede, Speranza e Carità, sono per il cristiano l’esistenziale sua risposta alla Divina Rivelazione della Persona e del Nome per il quale «non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» [Atti 4, 12] e alla quale  — come scrive dogmaticamente il Sacrosanto Concilio Vaticano II — «è dovuta l’obbedienza della fede, con la quale l’uomo gli si abbandona tutt’intero e liberamente prestandogli il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà e assentendo volontariamente alla Rivelazione che egli fa» [Dei Verbum, 5].

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

 .

La risposta a questa domanda rivela l’essenziale, radicale, inquietante e drammatica scelta fra il credere e il non credere, fra il professare o il non professare, fra la fede in Cristo e il rinnegamento di Cristo.

.

Da essa dipende, infatti, quel διχάζω — dividere in due, separare, e disunire — αφορίζω — distinguere, espellere, bandire — che sono verbi frequentemente utilizzati da Gesù nel suo quotidiano ammaestrare gli uomini e le folle, sopratutto nelle Parabole del Regno, per indicare il tragico destino dell’esigente, e per nulla a buon prezzo, risposta che questa domanda esige.

.

Dividere in due, separare, disunire, distinguere, espellere, bandire: i verbi del giudizio definitivo su chi nega di rispondere alla domanda di Cristo.

.

Verbi che i Vangeli mettono sulle labbra dello Sposo non atteso dalle vergini stolte [Matteo 25, 1-13]; dello Sposo di cui si rifiuta l’invito [Luca 14, 16-24] o che gli invitati deludono per la negligenza dell’abbigliamento  [Matteo  22, 1-14]; dell’Uomo disilluso dalle capacità dei suoi servi di far fruttare i suoi beni [Matteo 25, 14-30] ; del Proprietario del campo che attende pazientemente che il buon grano cresca insieme alla zizzania, prima che questa sia gettata nel fuoco che divora [Matteo 13, 24-30]; del Pescatore nella cui rete s’impigliano pesci cattivi che saranno divisi dai buoni «per essere gettati nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti» [Matteo 13, 47-50]; e del Giudice Eterno il cui implacabile giudizio si conclude con due separati e separanti verdetti: «E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» [Matteo 25, 46].

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

 .

La risposta a questa domanda non suscita né fatuo gaudium né un’ammorbante laetitia! L’incontro con il Cristo di Dio è sempre e solo una grazia a caro prezzo! Il caro prezzo della sola santificante Verità!

.

La risposta a questa domanda esige una risposta a caro prezzo per una grazia che, come scriveva il teologo luterano Dietrich Bonhoefer, «non è mai una Grazia a buon prezzo».

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

 .

Nell’apostasia sempre più diffusa che afferra come un morbo pestifero la Chiesa Cattolica dal suo vertice gerarchico come fra sempre più numerosi dei suoi ministri, dimentichi di essere  stati costituiti solo quali cooperatores Veritatis e non come novatores Veritatis questa domanda del Figlio di Dio, del Gesù di Nazareth della Storia e dei Vangeli esige, oggi più che mai, una risposta sola e univoca, senza esitazioni e tentennamenti davanti al sempre più tragico «conformarsi alla mentalità di questo mondo» che rende urgente per la Chiesa intera la necessità di «rinnovare la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» [Romani 12, 2]. Si tratta, in verità, di affrontare una grazia a caro prezzo, che sola, tuttavia, può essere liberante e salvifica.

.

Chi dicono gli uomini, le folle che io sia? E voi, voi chi dite che io sia?

 .

Risuonino a Roma in questi giorni – speriamo e preghiamo – le profetiche parole di Bonhoefer quando inutilmente avvertiva la sua Chiesa luterana, ma con essa l’intera cristianità, dal rischio esiziale di silenziare questa esistenziale, radicale, inquietante e drammatica Verità di «Cristo, Figlio del Dio vivente» [Matteo 16, 16].

.

L’intero e fedele Corpo di cui Cristo il Vivente è solo Capo ne sia ammonito: senza una coraggiosa e risolutiva risposta — a caro prezzo — all’interrogativo di Gesù svanisce lo stesso Logos della nostra Fede, della nostra Speranza, della nostra Carità.

.

«Un popolo era divenuto cristiano, luterano, ma sacrificando il desiderio di seguire Gesù; lo era divenuto a poco prezzo. La grazia a buon prezzo aveva vinto. Ma lo sappiamo che questa grazia a buon prezzo è stata estremamente spietata verso di noi? Il prezzo che oggi dobbiamo pagare con la rovina delle chiese istituzionali non è forse la conseguenza necessaria della grazia acquistata troppo a buon prezzo? Predicazione e sacramenti venivano concessi ad un prezzo troppo basso; si battezzava, si cresimava, si dava l’assoluzione a tutto un popolo senza porre domande e senza mettere condizioni; per amore umano le cose sacre venivano dispensate a uomini sprezzanti e increduli; si distribuivano fiumi di grazia senza fine, mentre si udiva assai raramente l’invito a seguire Gesù con impegno. […] Quando mai il mondo fu cristianizzato in maniera più orrenda e funesta? Che cosa sono le tre migliaia di Sassoni uccisi da Carlo Magno fisicamente di fronte ai milioni di anime uccise oggi? Si è realizzato sopra di noi l’ammonimento che i peccati dei padri saranno puniti sopra i figli fino alla terza e quarta generazione. La grazia a buon prezzo si è mostrata alquanto spietata verso la nostra chiesa evangelica. E spietata la grazia a buon prezzo lo è stata pure verso la maggior parte di noi personalmente. Non ci ha aperta la via verso Cristo, ma anzi l’ha bloccata. Non ci ha invitati a seguirlo, ma ci ha induriti nella disobbedienza. O non era forse spietato e duro se, dopo aver sentito l’invito a seguire Gesù come invito della grazia, dopo aver, forse, osato una volta fare i primi passi sulla via che ci portava a seguirlo nella disciplina dell’obbedienza al suo comandamento, fummo colti dalla parola della grazia a buon prezzo? […] Il lucignolo fumante fu spento in maniera spietata. Era spietato parlare in questo modo ad un uomo, perché egli, turbato da un’offerta così a buon prezzo, necessariamente lasciava la via alla quale era chiamato da Gesù, perché ora voleva afferrare la grazia a buon prezzo che gli precludeva per sempre la possibilità di riconoscere la grazia a caro prezzo. Non poteva essere diversamente; l’uomo debole, ingannato, possedendo la grazia a buon prezzo doveva sentirsi improvvisamente forte, mentre, in realtà, aveva perduto la forza di obbedire, di seguire Gesù. La parola della grazia a buon prezzo ha rovinato più uomini che non qualunque comandamento di buone opere» [Dietrich Bonhoefer, Nachfolge, 2007, p. 51-55].

.

.

.

.

.

 da Aquisgrana all’Isola di Patmos, 20 febbraio 2019

.

.

_____________________________

* Sotto lo pseudonimo di Carlo Magno si cela un battezzato cattolico, giurista, politologo, filosofo, esperto di relazioni internazionali e diplomatiche che per lunghi anni ha ricoperto numerosi alti uffici in importanti organizzazioni internazionali inter-governative.  

.

.

 

.

.
.
«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
ma portare, diffondere e difendere la verità non solo ha dei
rischi ma anche dei costi. Aiutateci sostenendo questa Isola
con le vostre offerte attraverso il sicuro sistema Paypal:



oppure potete usare il conto corrente bancario:
IBAN IT 08 J 02008 32974 001436620930 
in questo caso, inviateci una email di avviso, perché la banca
non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un
ringraziamento [ isoladipatmos@gmail.com ]

.

.

.

.

.

Decadenza&Dintorni: «Siamo l’esercito (clericale) del selfie» tra migranti e spilline

visita il blog personale di Padre Ivano

— Attualità ecclesiale —

DECADENZA&DINTORNI: «SIAMO L’ESERCITO (CLERICALE) DEL SELFIE» TRA MIGRANTI E SPILLINE … 

.

Il 16 febbraio sul sito di Avvenire compare la seguente notizia: «Migranti. Il selfie del Papa con la spilla “Apriamo i porti!”». Dinanzi a quell’annuncio ed a quelle immagini qualcuno ha fatto giustamente notare che oggi, tra tante cose da aprire, il Vangelo ha la priorità, specialmente in certe curie, conventi, monasteri o seminari …

.

Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

.

.

PDF  articolo formato stampa

 

.

.

L’esercito del selfie –  un palcoscenico sul quale i preti non dovrebbero trovarsi a loro agio [per aprire cliccare sull’immagine]

Come sacerdote trovo sempre difficile da applicare un passo del Vangelo di Matteo:

.

«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» [Mt 6,1-3].

.

Si sa: l’uomo è vanaglorioso e come tale trova sempre grande difficoltà ad operare gratuitamente. E il sacerdote resta, fino a non facile prova contraria, un uomo con tutti i suoi difetti. Praticando il bene c’è sempre la tentazione di un tornaconto personale, anche quando non c’è una ricompensa monetaria, il guadagno si può sempre lucrare in fama, in prestigio, in visibilità e, naturalmente, in like.

.

Possiamo forse sprecare tanto ben di Dio? Certo che no. Così oggi, noi preti, non cerchiamo più anime da salvare ma like da collezionare. Presto detto: abbiamo compiuta un’azione di carità? Ecco pronta la foto su Instagram! Un politico che detesto ha espresso un parere? Non indugio a castigarlo andando giù duro di Twitter! Individuo la foto di un prete in pianeta e manipolo? Ecco già pronto il commento sprezzante e sarcastico su Facebook o sul blog di turno!

.

Roma, 25 gennaio 2019: Ivano Liguori e Ariel S. Levi di Gualdo, le immagini dove i sacerdoti si sentono a proprio naturale agio …

Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma la sostanza di fondo rimane sempre la stessa: siamo felici di aver praticato la nostra giustizia, quella che piace tanto al mondo. E per quanto mi dolga a dirlo, agendo a questo modo noi preti non siamo più pescatori di uomini, come il beato apostolo Pietro [cf. Mt 4, 19], ma pescatori di followers. Siamo davvero saturi di preti internettiani che ricercano visibilità: James Martin — noto apostolo del mondo arcobaleno e della Chiesa in uscita — Alex Zanotelli, Giorgio De Capitani, Mauro Leonardi e altri ancora che si arrampicano sulla scalata della notorietà, semmai per raggiungere la fama di vere e proprie star: Antonio Mazzi e Luigi Ciotti.

.

Lungi il provare invidia o risentimento per questi confratelli, che in me suscitano solo sconforto, avendo scelto di percorrere uno stile sacerdotale non conforme ma molto comune al giorno d’oggi; uno stile che Gesù non condivide assolutamente, perché la platealità non rientra tra le caratteristiche del discepolo. Infatti, il far parlare di sé, non costituisce mai una scelta saggia [cf. Lc 6,26]. Il sacerdote, deve esercitarsi in una trasparenza dietro la quale deve manifestarsi Cristo; e questo genere di cammino di perfezione, richiede tutta una vita.

.

I vecchi Florilegi di santità che venivano letti nei conventi durante i pasti del tempo quaresimale, custodivano una bella espressione: «Egualmente insensibile alle lodi e ai disprezzi». Perché questo è l’uomo illuminato da Dio, che si dimostra trasparente e insensibile a ciò che può costituire un merito o un demerito. Ciò non vuol dire disprezzare i doni o i carismi personali, anzi è più che mai  doveroso riconoscere che quanto posseggo non mi appartiene ma è grazia di Dio, quindi non posso vantarmene; il tutto è scritto e spiegato nella celebre parabola dei talenti [cf. Mt 25, 14-30]. Le stesse critiche non sono la parola definitiva di Dio sulla mia esistenza, quindi sono ininfluenti.

.

Condivido il pensiero del Card. Robert Sarah quando dice:

.

«Più siamo rivestiti di gloria e di onore, più siamo elevati in dignità, più siamo investiti di responsabilità pubbliche, di prestigio e di incarichi nel mondo, come laici, sacerdoti o vescovi, e più dobbiamo progredire nell’umiltà e coltivare con cura la dimensione sacra della nostra vita interiore cercando costantemente di vedere il volto di Dio nella preghiera, nell’orazione, nella contemplazione e nell’ascesi. Può succedere che un sacerdote buono e pio, una volta elevato alla dignità episcopale, cada rapidamente nella mediocrità e nella preoccupazione di avere successo negli affari del mondo. […] Manifesta nel suo essere e nelle sue opere una volontà di promozione, un desiderio di prestigio e una degradazione spirituale. Finisce per nuocere a se stesso e al gregge di cui lo Spirito Santo lo ha stabilito custode per pascere la Chiesa di Dio, che si è acquistata col sangue del proprio Figlio. Corriamo tutti il pericolo di essere monopolizzati dagli affari e dalle preoccupazioni del mondo se trascuriamo la vita interiore, la preghiera, l’orazione, lo stare ogni giorno faccia a faccia con Dio, l’ascesi necessaria a ogni contemplativo e a ogni persona che vuole vedere l’Eterno e vivere con Lui» [cf. Robert Sarah, La forza del silenzio, Cantagalli, 2017, pp. 35-36].

.

Roma, 25 gennaio 2019: Ivano Liguori e Ariel S. Levi di Gualdo, le immagini dove i sacerdoti si sentono a proprio naturale agio …

Il 16 febbraio sul sito di Avvenire compare questa notizia: «Migranti. Il selfie del Papa con la spilla “Apriamo i porti!”» [vedere QUI]. Annuncio e immagini dinanzi alle quali qualcuno ha fatto giustamente notare che oggi, tra tante cose da aprire, il Vangelo ha la priorità, specialmente in certe curie, conventi, monasteri o seminari …

.

La notizia è però un clickbait molto ben riuscito, il web impazzisce per certe cose ed il chef executive officer la fa da padrone, insomma: bel colpo Avvenire! Tralasciando il titolo a grande effetto, la notizia che segue riporta che don Nandino Capovilla si è avvicinato al Sommo Pontefice durante l’incontro sulle Migrazioni a Sacrofano e, tra saluti e baci, il Santo Padre ha notato la spilletta «Apriamo i porti!» in mano al sacerdote e, gradendo la cosa, si è prestato per fare un selfie con lui [cf. QUI, QUI, QUI, QUI].

.

Chiedo scusa a tutti: temo di avere sicuramente bisogno di molta conversione, forse anche di un buon collirio per gli occhi, perché io non riesco proprio a cogliere un messaggio evangelico in tutto ciò. O meglio: il messaggio c’è, ed è evidente che c’è, però è politico e sociale. L’inizio di una giustizia umana che si vuole realizzare attraverso le logiche del mondo.

.

Il sacerdote così commenta il selfie sul suo profilo Facebook:

.

Saliamo sui tetti! Coraggiosamente papa Francesco non perde occasione, taglia corto con le esortazioni scontate. Si concede una foto che rilancia quell’apriamo i porti che sta unendo cittadini dal nord al sud del Paese e che per i cristiani è obbligo evangelico per essere liberi dalla paura. Da questo titolo del meeting nazionale della Chiesa italiana Francesco è partito per denunciare e rilanciare: “La paura è l’origine di ogni schiavitù e di ogni dittatura. Sulla paura del popolo cresce la violenza dei dittatori. Noi rinunciamo all’incontro con l’altro per erigere barriere: questo non è umano. Chi ha avuto la forza di vincere la paura oggi è invitato a salire sui tetti e invitare gli altri a fare altrettanto”.

.

È vero: bisogna salire sui tetti, sono con te don Nandino, ma sui tetti io ci salgo per annunciare il Vangelo, la Parola di Dio. E detto questo posso informarti che non ho visto molte spilline nell’ospedale dove sono cappellano con su scritto «no aborto!», «viva l’obiezione di coscienza!». Neppure ho visto nelle parrocchie spille inneggianti la famiglia tradizionale, la fedeltà coniugale, la fedeltà al celibato sacerdotale, la difesa delle donne di strada, la tutela dei malati terminali e degli anziani allettati e via dicendo … ma l’elenco potrebbe ancora continuare. E quando eventi di questo genere accadono, sono sempre per mano di laici che vengono subito tacciati di tradizionalismo, di fascismo e di bigottismo. Forse, a differenza di noi preti, loro hanno ancora qualcosa di aperto … il cuore.

.

Roma, 25 gennaio 2019: Ivano Liguori e Ariel S. Levi di Gualdo, le immagini dove i sacerdoti si sentono a proprio naturale agio

Noi preti abbiamo sempre più bisogno dei selfie per agire e trovare il coraggio, perché ormai il Vangelo non ci pungola più ed è lettera morta. Se per sbaglio lo citiamo, spesso accade che si tratta solo dell’edizione riveduta secondo l’interpretazione de Il Manifesto di Marx ed Engels o del sunto delle Tesi di Martin Lutero.

.

Caro don Nandino, sono certo che nella tua comunità svolgi un servizio encomiabile, ma la prossima volta evita i selfie e la pubblicità, perché non sono necessari. Il tuo sacerdozio è già convincente così, senza queste cose, perché si basa sulla exousia [autorità, autorevolezza] di Cristo. È poi bene ricordare che quando San Giuseppe Cafasso passava tra i muratori, carcerati, condannati a morte e povera gente del suo tempo, dubito che ricercasse visibilità, tanto meno si lasciava inebriare dal sacro fuoco dell’entusiasmo che può scottare malamente.

.

Il tuo servizio sacerdotale è prezioso, svolgilo pertanto annunciando Cristo, se lo farai scoprirai che le persone ti cercheranno non perché sei un giusto secondo il pensiero del mondo, ma perché hanno incontrato un ministro di Dio che accoglie, riconcilia, sfama con l’Eucaristia, insegna a pregare e a piegare le ginocchia davanti a una maestà superiore a quella dei social network: il Santissimo Sacramento.

.

Cagliari, 18 febbraio 2019

.

.

L’ESERCITO DEL SELFIE
[ Tagagi & Ketra ]
Hai presente la luna il sabato sera 
Intendo quella vera, intendo quella vera
Hai presente le stelle, le torri gemelle 
Quelle che non esistono più ,quelle che non esistono più
E se ti parlo di calcio 
E se ti suono un po’ il banjo 
Dici che sono depresso, che non sto nel contesto, che profumo di marcio 
Ma se ti porto nel bosco 
Mi dici portami in centro 
Perché lì non c’è campo, poi vai fuori di testa come l’ultima volta
Siamo l’esercito del selfie 
Di chi si abbronza con l’iPhone 
Ma non abbiamo più contatti 
Soltanto like a un altro post 
Ma tu mi manchi 
Mi manchi 
Mi manchi 
Mi manchi in carne ed ossa 
Mi manchi nella lista 
Delle cose che non ho, che non ho, che non ho
Hai presente la notte del sabato sera 
Intendo quella nera, intendo quella nera
Hai presente la gente che corre in mutande 
Dici che non esistono più, dici che non esistono più 
E se ti parlo di sesso 
Carta forbice o sasso 
Dici che sono depresso, che non sto nel contesto, che profumo di marcio 
Ma se ti porto nel parco 
Mi dici portami in centro 
Perché lì non c’è campo, poi vai fuori di testa come l’ultima volta
Siamo l’esercito del selfie 
Di chi si abbronza con l’iPhone 
Ma non abbiamo più contatti 
Soltanto like a un altro post 
Ma tu mi manchi 
Mi manchi 
Mi manchi 
Mi manchi in carne ed ossa (mi manchi in carne ed ossa) 
Mi manchi nella lista (mi manchi nella lista) 
Delle cose che non ho, che non ho, che non ho (che non ho)
Siamo l’esercito del selfie 
Di chi si abbronza con l’iPhone 
Ma non abbiamo più contatti 
Soltanto like a un altro post 
Ma tu mi manchi 
Mi manchi 
Mi manchi 
Mi manchi in carne ed ossa (mi manchi in carne ed ossa) 
Mi manchi nella lista (mi manchi nella lista) 
Delle cose che non ho, che non ho, che non ho (che non ho)
.
[Compositori: Alessandro Merli / Fabio Clemente / Tommaso Paradiso]

.

.

.

«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
ma portare, diffondere e difendere la verità non solo ha dei
rischi ma anche dei costi. Aiutateci sostenendo questa Isola
con le vostre offerte attraverso il sicuro sistema Paypal:



oppure potete usare il conto corrente bancario:
IBAN IT 08 J 02008 32974 001436620930 
in questo caso, inviateci una email di avviso, perché la banca
non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un
ringraziamento [ isoladipatmos@gmail.com ]

.

 

.

.

.

Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Gabriele

L’invito di Cristo ad accogliere il dono di quella felicità che diviene beatitudine eterna

L’angolo dell’omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

L’INVITO DI CRISTO AD ACCOGLIERE IL DONO DI QUELLA FELICITÀ CHE DIVIENE BEATITUDINE ETERNA

.

Le parole del filosofo francese Blaise Pascal sembrano adatte al nostro essere testimoni di beatitudine: «La felicità non è né noi, né fuori di noi: è in Dio, ossia fuori e dentro di noi».

.

Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

.

.

PDF  articolo formato stampa
.

.

.

Cari fratelli e sorelle,

.

Salvador Dalì, L’annuncio, opera realizzata in occasione dell’apertura del Concilio Vaticano II

in questa VIª domenica del tempo ordinario la Liturgia della Parola ci offre il testo lucano del Vangelo delle Beatitudini [vedere testo della Liturgia della Parola, QUI].

.

Ci sono pagine evangeliche che sono eterne e che per questo conosciamo a memoria, eppure, ogni volta che le ascoltiamo, ci emozionano e ci donano sempre qualcosa di nuovo e spesso di inaspettato. Dio vede la nostra realtà secondo una visione di eterno presente simultaneo: per ciò, ogni volta che ci parla nella Sua Parola ispirata, nel nostro adesso quotidiano, nel nostro istante che sembra insignificante lo riempie del suo amore tenero ed eternamente vero e presente.

.

Il brano delle beatitudini lucane ci ricorda innanzitutto in che cosa consiste una delle più grandi ricerche dell’uomo: la ricerca della felicità.

.

Salvador Dalì, Le tentazioni di Sant’Antonio

Nella dichiarazione degli Stati Uniti d’America i padri fondatori, insieme a Thomas Jefferson, il 15 settembre 1787 dichiararono che la ricerca della felicità è una verità per sé stessa evidente. Con il linguaggio filosofico diremmo che la ricerca della felicità è un assioma, qualcosa di talmente evidente da non poter essere confutato. Questo testo ha ispirato anche un bellissimo film, che consiglio a tutti di vedere, proprio intitolato La Ricerca della Felicità, di Gabriele Muccino con Will Smith e il piccolo Jaden Smith. Il film rappresenta la storia del broker statunitense Chris Gardner, che ridotto sul lastrico a causa di una serie di imprevisti esistenziali e lavorativi, trova la forza insieme al suo piccolo figlio Christopher di rimboccarsi le maniche e ricostruire tutto. Insieme i due Gardner iniziano il loro cammino verso la felicità. Una delle frasi più belle del film è quella che papà Chris dice al piccolo Christopher:

.

«Non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa. Neanche a me. Ok? Se hai un sogno tu lo devi proteggere. Quando le persone non sanno fare qualcosa lo dicono a te che non la sai fare. Se vuoi qualcosa, vai e inseguila. Punto».

.

Con queste beatitudini il Signore ci vuole mostrare qual è il cammino che ha preparato per noi, affinché possiamo raggiungere la felicità non semplicemente con un posto di lavoro, come accadeva a Gardner in questo film. La felicità non è il denaro: non è solo materialità ma al tempo stesso non è nemmeno astrattezza. Il Signore ci insegna infatti che la felicità è beatitudine.

.

Salvador Dalì, la visione dell’Inferno concessa dalla Vergine Maria ai pastorelli di Fatima

L’invito di Gesù alla beatitudine ha un fondamento spirituale e umano al tempo stesso: innanzitutto perché è sempre il Signore che aiuta ogni uomo a vivere le singole beatitudini. In secondo luogo perché, ogni beatitudine, consiste in una condizione reale di precarietà da cui sgorga un atto d’amore concreto donato da Dio al suo credente.

.

Dalla povertà materiale e spirituale, per grazia si ottiene il regno di Dio, cioè l’essere a contatto intimo con Lui in ogni momento in quanto battezzati e figli di Dio. Dalla fame dell’Amore Trinitario, il Signore ci dona la sazietà dello Spirito Santo quando siamo cresimati. Dal pianto disperato di chi ha peccato, il Signore dona il Sorriso di chi è stato perdonato nella confessione sacramentale. E infine, Gesù, si ricorda anche di coloro che sono nella lacerazione, divisione e persecuzione più profonda a causa del Suo Santo Nome. Qui Gesù si rivolge ai martiri: sia coloro che oggi perdono ancora la vita perché uccisi in odium fidei, come avvenuto di recente in Francia con l’assassinio sull’altare del padre Jacques Hamel, sia per coloro che vivono un martirio bianco perché isolati dai parenti, amici e confratelli, fino a quasi alla rimozione del legame di parentela sempre per causa del Vangelo di Gesù Cristo e per amore della Chiesa.

.

Ai martiri è preparata una grande ricompensa: la visione immediata in Paradiso dell’Amore di Dio, senza doversi purificare ulteriormente, per i martiri nel Sangue. La capacità di avere uno sguardo autentico sull’amore di Dio che si fa Pane Eucaristico, per i martiri bianchi.

.

Al contrario, i tre «guai» che Gesù rivolge a ricchi, sazi e color che ridono riflettono come una falsa felicità può radicarsi nell’uomo: una felicità che non viene da Dio, ma dal denaro, dalla sazietà sessuale smodata e disordinata o dall’esercizio di un potere che irride l’autorità di Dio e i suoi precetti. Quei guai mettono in guardia ancora oggi. È bene educarsi a stare lontani da questi atteggiamenti e comportamenti che ci riempiono di effimero svuotandoci dell’unico tesoro vero: la presenza di Dio.

.

Salvador Dalì, L’ultima cena

La ricerca della felicità nelle beatitudini descritte da Gesù è una meta raggiungibile tutti i giorni. Nei Sacramenti, come ho già detto. Ma anche perché sappiamo essere noi coloro che annunciano la fede che non è stasi passiva, ma cammino continuo verso ciò che ci dona senso di una felicità profonda.

.

Le parole del filosofo francese Blaise Pascal sembrano davvero adatte al nostro essere testimoni di beatitudine: «La felicità non è né noi, né fuori di noi: è in Dio, ossia fuori e dentro di noi».

.

Quindi insieme, cari fratelli e sorelle, chiediamo al Signore di assimilare sempre di più queste parole eterne. Tutti i giorni possiamo essere alla scuola della beatitudine. Con uno sguardo contemplativo, chiediamo di trovare nel raggio di sole che illumina la nostra finestra, il segno del Signore che vuole renderci eternamente felici perché beati.

.

Così sia!

.

Roma, 16 febbraio 2019

.

.


«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
ma portare, diffondere e difendere la verità non solo ha dei
rischi ma anche dei costi. Aiutateci sostenendo questa Isola
con le vostre offerte attraverso il sicuro sistema Paypal:



oppure potete usare il conto corrente bancario:
IBAN IT 08 J 02008 32974 001436620930 
in questo caso, inviateci una email di avviso, perché la banca
non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un
ringraziamento [ isoladipatmos@gmail.com ]

.

.

I blog personali dei Padri de L’Isola di Patmos

Club Theologicum

il blog di Padre Gabriele

.

.

.

«Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». XXVII giornata mondiale del malato

visita il blog personale di Padre Ivano

— Pastorale sanitaria —

«GRATUITAMENTE AVETE RICEVUTO, GRATUITAMENTE DATE». XXVII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

.

Guardando all’esempio della Santa Madre Teresa di Calcutta, motivo ispiratore della Giornata Mondiale del Malato in quest’anno che si celebrerà solennemente a Calcutta, l’assistenza all’infermo può essere efficace solo se prima pieghiamo le ginocchia e impariamo a dialogare adoranti davanti al Santissimo Sacramento. 

.

.

Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

.

.

PDF  articolo formato stampa
.

.

.

Santa Teresa di Calcutta

Il tema della XXVIIª Giornata del Malato di quest’anno è incentrato sulla gratuità e sulla logica del dono, seguendo il riferimento evangelico del Vangelo di San Matteo [cf. 10, 8]. Nel suo messaggio di saluto il Santo Padre sottolinea come il dono della vita implichi il riconoscimento della gratuità e che la stessa cura e tutela della vita umana nel tempo della malattia si può svolgere solo nella donazione totalizzante della propria persona a somiglianza del Buon Samaritano [testo ufficiale, QUI]. Tale suggerimento del Pontefice ci permette di poter ampliare il discorso attraverso alcune riflessioni molto importanti.

.

.

I

IL PRIMATO DEL DIO DELLA VITA

.

Santa Teresa di Calcutta

Anzitutto, riconoscere la vita come dono significa riconoscerne il vero donatore che è Dio. San Giacomo, nella sua lettera, ci dice che «ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre» [cf. Gc 1,17], questo primo riferimento ci mostra bene come Dio, in quanto vero padre, è anche vero autore del dono della vita. Infatti, l’atto creativo di Dio, è legato intimamente alla sua paternità e tale atto non può essere compreso senza questa categoria. Il Dio di Gesù Cristo non assomiglia per nulla al freddo demiurgo presentato da Platone nel Timeo; non è neanche l’artefice dell’universo dei culti gnostici o il distaccato grande orologiaio tanto caro all’Illuminismo. L’atto creatore di Dio è un atto paterno ed egli crea comunicando se stesso, la sua paternità [cf. At 17,28].

.

Da queste prime considerazione, è facile affermare come la vita implichi, per essere generata, di una figura paterna e materna — sebbene oggi quest’evidenza stia attraversando una crisi profonda —. La Sacra Scrittura, molto saggiamente, insegna che Dio si rende conoscibile all’uomo sia come padre che come madre [cf. Ef 3,14; Is 49,14-15].

.

Il primato paterno di Dio su ogni vita, interpella l’uomo a diventarne il custode [cf. Gn 2,15; 4,9] e a tutelarla di fronte alla cultura dello scarto, della violenza e dell’indifferenza che è frutto dell’individualismo e della frammentazione sociale contemporanea.

.

Santa Teresa di Calcutta

Il dialogo che il Santo Padre sottolinea esser necessario come presupposto del dono, non deve ridursi solo alla dimensione orizzontale della fraternità tra gli uomini, ma anzitutto deve raggiungere il verticalismo dell’incontro con Dio. È quindi necessario sollevare la testa verso il Signore per poter essere sicuri di vedere l’uomo per ciò che è, e così condurlo a salvezza.

.

Il mistero dell’incarnazione è proprio l’esempio di come la relazione verticale divina si umilia per raggiungere l’orizzontalità della natura umana bisognosa di guarigione e risurrezione [cf. Fil 2,7]. Sicché il dialogo è fecondo, solo se accettiamo la sfida del dialogo con Dio e l’accoglienza del Verbo di Dio fatto uomo, che ci rivela la definitiva paternità di Dio datore di una vita in abbondanza [cf Gv 10,10]. Senza il dialogo con il Signore, il confronto tra gli uomini rischia di fermarsi all’utopia, all’ideologia politica, alla demagogia, alla logica dell’utilitarismo e del mercato, alla strategia aziendale, alle nuove dottrine etiche spersonalizzanti; e oggi purtroppo l’ambito della sanità paga lo scotto di questa tipologia di “pacati” e “fraterni confronti”.

.

II

LA CHIESA, GREMBO MATERNO DEL DIALOGO E DELLA CURA

.          

Santa Teresa di Calcutta

È nella Chiesa che si attua il riconoscimento di quella fraternità che ci viene concessa nell’essere figli attraverso il Figlio. Se Cristo non si fosse fatto solidale con l’uomo fino al dono totale di sé, la condizione umana sarebbe stata caratterizzata da tante individualità smarrite e frammentate [cf. Mc 6,34]. È nella Chiesa che lo Spirito Santo — che è Signore e dà la vita — educa i figli di Dio all’unità e alla reciproca assistenza [cf At 4,32] e gli abilità a partecipare del dono della vita come rapporto fecondo con Dio e come collaborazione alla sua paternità. È ancora nella Chiesa che troviamo il grembo materno che ha nel fonte battesimale il luogo liturgico in cui gustiamo una nuova fraternità che risplende della dignità dei figli beneamati dal Padre [cf. Mc 1,11].

.

La Chiesa, davanti al mondo, diventa perciò il vessillo di quell’amore prioritario e misericordioso che si rende concreto solo nell’obbedienza al comando del Figlio di Dio e nostro fratello Gesù Cristo: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» [Mt 28,18-20].

.

Il mandato di Cristo, alla fine del primo Vangelo, lungi dall’essere propaganda al proselitismo, è garanzia di una continua assistenza fraterna alla Chiesa, è dono di grazia che dispone il cristiano a lasciarsi salvare e guarire imparando la docilità alla volontà di Dio che in Maria — Salus Infirmorum — ha il suo esempio più fulgido e sicuro.

.

Cagliari, 11 febbraio 2019

.

.

.

«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
ma portare, diffondere e difendere la verità non solo ha dei
rischi ma anche dei costi. Aiutateci sostenendo questa Isola
con le vostre offerte attraverso il sicuro sistema Paypal:



oppure potete usare il conto corrente bancario:
IBAN IT 08 J 02008 32974 001436620930 
in questo caso, inviateci una email di avviso, perché la banca
non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un
ringraziamento [ isoladipatmos@gmail.com ]

.

 

.

.

.

«Non sia turbato il vostro cuore» [Gv 14,1]. Dai proclami sulla “Chiesa in uscita” al proclama del manifesto della fede del Cardinale Gerhard Ludwig Müller

— gli ospiti illustri de L’Isola di Patmos —

«NON SIA TURBATO IL VOSTRO CUORE» [GV 14,1]. DAI PROCLAMI SULLA “CHIESA IN USCITA” AL PROCLAMA DEL MANIFESTO DELLA FEDE DEL CARDINALE GERHARD LUDWIG MÜLLER

.

Molti si chiedono oggi per quale motivo la Chiesa esista ancora se gli stessi vescovi preferiscono agire da politici piuttosto che da maestri della fede proclamare il Vangelo. Lo sguardo non deve soffermarsi su questioni secondarie, ma è più che mai necessario che la Chiesa si assuma il suo compito proprio. Ogni essere umano ha un’anima immortale, che alla sua morte si separa dal corpo, però con la speranza della risurrezione dei morti. La morte rende definitiva la decisione dell’uomo a favore o contro Dio. Tutti devono affrontare il giudizio personale subito dopo la morte.

.

Autore
Redazione dell’Isola di Patmos

.

.

PDF  articolo formato stampa
.

.

… un futuro lontano o molto vicino?

Più che una «Chiesa in uscita», a volte la nostra Santa Madre pare una «Chiesa in liquidazione» a saldi di fine stagione.

.

I Padri de L’Isola di Patmos, accomunati dalla profonda stima che tutti nutrono verso il Cardinale Gerhard Ludwig Müller, sono rimasti anzitutto colpiti da un’espressione che per loro è un lamento scambiato da tempo e con sempre maggior frequenza tra confratelli che svolgono il sacro ministero sacerdotale, nell’adempimento del quale si sono più volte rammaricati scambiandosi proprio quella frase che spicca sin dalle prime righe del testo scritto dal Prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede: «Oggi molti cristiani non conoscono più nemmeno i fondamenti della fede».

.

Coloro che nella cosiddetta «Chiesa ospedale da campo» ci vivono, svolgendo spesso servizio d’emergenza al pronto soccorso dove giungono i casi più disparati e spesso anche più gravi, devono fronteggiarsi tutti i giorni con un numero sempre più elevato di fedeli che non conoscono più i fondamenti della fede cattolica, che non hanno alcuna giusta percezione dei Sacramenti di grazia, che da anni non si confessano e che non sanno confessarsi, che non conoscono le preghiere. Ma soprattutto, ogni giorno, si devono confrontare con fedeli che in numero terribilmente elevato parlano e vivono il peggiore linguaggio di questo mondo con totale disinvoltura. Aborto: «Beh, una ragazzina di sedici anni che ha un incidente di percorso, può forse diventare mamma a quell’età?». Vita e malattia: «Perché non dare una dolce e dignitosa morte ad una persona che soffre per una malattia incurabile, serve forse a qualche cosa farla soffrire inutilmente?». Vita affettiva: «Siamo stati noi genitori, i primi a raccomandare ai nostri figli, prima di sposarsi, di andare a convivere per qualche anno, affinché sperimentassero se veramente stanno bene assieme, o forse il matrimonio deve essere un salto nel buio?».

.

Questi, come tanti fedeli che ragionano così sui diversi aspetti morali e spirituali, sono persone che in genere non si confessano, perché affermano anzitutto di non avere peccati da confessare, però vanno a ricevere la Santa Comunione, senza avere la conoscenza e la chiara percezione di che cosa veramente e realmente sia la Santissima Eucaristia.

.

Solo queste poche parole introduttive sono sufficienti per chiarire quanto i Padri de L’Isola di Patmos abbiano accolto e tanto apprezzato questo scritto contenente le parole che da tempo si vanno ripetendo tra di loro con grande pena e rammarico: oggi è necessario ripartire da una parte con le missioni per una nuova evangelizzazione delle nostre popolazioni, dall’altra con i fondamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica.

.

.

.

.

il Cardinale Gerhard Ludwig Müller

Dinanzi a una sempre più diffusa confusione nell’insegnamento della fede, molti vescovi, sacerdoti, religiosi e laici della Chiesa cattolica mi hanno invitato a dare pubblica testimonianza verso la Verità della rivelazione. È compito proprio dei pastori guidare gli uomini loro affidati sulla via della salvezza, e ciò può avvenire solamente se tale via è conosciuta e se loro per primi la percorrono. A proposito ammoniva l’Apostolo:

.

«A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto» (1 Cor 15,3).

.

Oggi molti cristiani non conoscono più nemmeno i fondamenti della fede, con un pericolo crescente di non trovare più il cammino che porta alla vita eterna. Tuttavia, compito proprio della Chiesa rimane quello di condurre gli uomini verso Gesù Cristo, luce delle genti [vedi LG 1]. In questa situazione, ci si chiede come trovare il giusto orientamento. Secondo Giovanni Paolo II, il Catechismo della Chiesa Cattolica rappresenta una «norma sicura per l’insegnamento della fede» [Fidei Depositum IV]. Esso è stato scritto allo scopo di rafforzare i fratelli e le sorelle nella fede, una fede messa duramente alla prova dalla «dittatura del relativismo».

.

I

DIO UNO E TRINO, RIVELATO IN GESÙ CRISTO

.

L’epitome della fede di tutti i cristiani risiede nella confessione della Santissima Trinità. Siamo diventati discepoli di Gesù, figli e amici di Dio, attraverso il battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. La differenza delle tre persone nell’unità divina [254] segna una differenza fondamentale nella fede in Dio e nell’immagine dell’uomo rispetto alle altre religioni. Riconosciuto Gesù Cristo, i fantasmi scompaiono. Egli è vero Dio e vero uomo, incarnato nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Il Verbo fatto carne, il Figlio di Dio è l’unico Salvatore del mondo [679] e l’unico mediatore tra Dio e gli uomini [846]. Per questo, la prima lettera di Giovanni si riferisce a colui che nega la sua divinità come all’anticristo [1 Gv 2, 22], poiché Gesù Cristo, Figlio di Dio, dall’eternità è un unico essere con Dio, suo Padre [663]. È con chiara determinazione che occorre affrontare la ricomparsa di antiche eresie che in Gesù Cristo vedevano solo una brava persona, un fratello e un amico, un profeta e un esempio di vita morale. Egli è prima di tutto la Parola che era con Dio ed è Dio, il Figlio del Padre, che ha preso la nostra natura umana per redimerci e che verrà a giudicare i vivi e i morti. Lui solo adoriamo in unità con il Padre e lo Spirito Santo come unico e vero Dio [691].

.

II

LA CHIESA

.

Gesù Cristo ha fondato la Chiesa come segno visibile e strumento di salvezza, che sussiste nella Chiesa cattolica [816]. Diede alla sua Chiesa, che «è nata dal cuore trafitto di Cristo morto sulla croce»[766], una struttura sacramentale che rimarrà fino al pieno compimento del Regno [765]. Cristo, capo, e i credenti come membra del corpo sono una mistica persona [795], per questo motivo la chiesa è santa, poiché Cristo, unico mediatore, l’ha costituita sulla terra come organismo visibile e continuamente la sostiene [771]. Attraverso di essa l’opera redentrice di Cristo diventa presente nel tempo e nello spazio con la celebrazione dei Santissimi Sacramenti, soprattutto nel Sacrificio Eucaristico, la Santa Messa [1330]. La Chiesa trasmette con l’autorità di Cristo la divina rivelazione, «che si estende a tutti gli elementi di dottrina, ivi compresa la morale, senza i quali le verità salvifiche della fede non possono essere custodite, esposte o osservate» [2035].

.

III

L’ORDINE SACRAMENTALE

.

La Chiesa è in Gesù Cristo il sacramento universale della salvezza [776]. Essa non riflette sé stessa ma la luce di Cristo, che splende sul suo volto, e ciò può avvenire solo quando il punto di riferimento non è l’opinione della maggioranza né lo spirito dei tempi, ma piuttosto la Verità rivelata in Gesù Cristo, che ha affidato alla Chiesa cattolica la pienezza di grazia e di verità [819]: Egli stesso è presente nei sacramenti della Chiesa.

.

La Chiesa non è un’associazione creata dall’uomo, la cui struttura può essere modificata dai suoi membri a proprio piacimento: essa è di origine divina. «È Cristo stesso l’origine del ministero nella Chiesa. Egli l’ha istituita, le ha dato autorità e missione, orientamento e fine» [874]. Ancora oggi è valido l’ammonimento dell’Apostolo secondo cui maledetto è chiunque proclami un altro Vangelo, «anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo» [Gal 1,8]. La mediazione della fede è inscindibilmente legata alla credibilità umana dei suoi annunziatori: essi, in alcuni casi, hanno abbandonato quanti erano stati loro affidati, turbandoli e danneggiando gravemente la loro fede. Per loro si realizza la parola della Scrittura: «Non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci» [2 Tim 4,3-4].

.

Compito del Magistero della Chiesa nei riguardi del popolo di Dio è quello di «]salvaguardarlo dalle deviazioni e dai cedimenti» affinché possa «professare senza errore l’autentica fede» [890]. Questo è particolarmente vero per quanto riguarda i sette sacramenti. La Santissima Eucaristia è «fonte e culmine di tutta la vita cristiana» [1324]. Il sacrificio eucaristico, in cui Cristo ci coinvolge nel suo sacrificio della croce, è finalizzato alla più intima unione con Lui [1382]. Per questo la Sacra Scrittura ammonisce riguardo alle condizioni per ricevere la santa Comunione: «chiunque mangia il pane o beve il calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole del corpo e del sangue del Signore» [1Cor 11, 27], dunque «chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione» [1385]. Dalla logica interna del sacramento si capisce che i divorziati risposati civilmente, il cui matrimonio sacramentale davanti a Dio è ancora valido, come anche tutti quei cristiani che non sono in piena comunione con la fede cattolica e pure tutti coloro che non sono debitamente disposti, non ricevono la santa Eucaristia fruttuosamente [1457], perché in tal modo essa non li conduce alla salvezza. Metterlo in evidenza corrisponde a un’opera di misericordia spirituale.

.

Il riconoscimento dei peccati nella santa confessione almeno una volta all’anno è uno dei precetti della Chiesa [2042]. Quando i credenti non confessano più i loro peccati ricevendone l’assoluzione, si rende vana la salvezza portata da Cristo, Egli infatti si è fatto uomo per redimerci dai nostri peccati. Il potere del perdono, che il Risorto ha conferito agli Apostoli e ai loro successori nell’Episcopato e nel Sacerdozio, rimette i peccati gravi e veniali commessi dopo il Battesimo. L’attuale pratica della confessione evidenzia come la coscienza dei credenti non sia oggi sufficientemente formata. La misericordia di Dio ci è data, affinché adempiamo i suoi comandamenti per conformaci alla sua santa volontà e non per evitare la chiamata alla conversione [1458].

.

«È il sacerdote che continua l’opera di redenzione sulla terra» [1589]. L’ordinazione, che conferisce al sacerdote «un potere sacro» [1592], è insostituibile perché attraverso di essa Gesù diventa sacramentalmente presente nella sua azione salvifica. I sacerdoti scelgono volontariamente il celibato come «segno di questa vita nuova» [1579]. Si tratta della donazione di sé stesso al servizio di Cristo e del Suo Regno che viene. Al fine di conferire validamente l’ordinazione nei tre gradi di questo sacramento, la Chiesa si riconosce vincolata alla scelta compiuta dal Signore stesso, «per questo motivo l’ordinazione delle donne non è possibile» [1577]. A tale riguardo, parlare di una discriminazione della donna dimostra chiaramente una erronea comprensione di questo sacramento, che non riguarda un potere terreno ma la rappresentazione di Cristo, lo Sposo della Chiesa.

.

IV

LA LEGGE MORALE

.

Fede e vita sono inseparabili, poiché la fede senza le opere compiute nel Signore è morta [1815]. La legge morale è opera della sapienza divina e conduce l’uomo alla beatitudine promessa [1950]. Di conseguenza, la «Legge divina e naturale mostra all’uomo la via da seguire per compiere il bene e raggiungere il proprio fine» [1955]. La sua osservanza è necessaria a tutte le persone di buona volontà per conseguire la salvezza eterna. Infatti colui che muore in peccato mortale senza pentimento rimarrà per sempre separato da Dio [1033]. Ciò comporta delle conseguenze pratiche nella vita dei cristiani, tra le quali è opportuno richiamare quelle oggi più frequentemente trascurate: [cfr 2270-2283; 2350-2381]. La legge morale non è un peso ma fa parte di quella verità liberatrice [cfr Gv 8,32] attraverso la quale il cristiano percorre la via della salvezza e non deve essere relativizzata.

.

V

LA VITA ETERNA

.

Molti si chiedono oggi per quale motivo la Chiesa esista ancora se gli stessi vescovi preferiscono agire da politici piuttosto che da maestri della fede proclamare il Vangelo. Lo sguardo non deve soffermarsi su questioni secondarie, ma è più che mai necessario che la Chiesa si assuma il suo compito proprio. Ogni essere umano ha un’anima immortale, che alla sua morte si separa dal corpo, però con la speranza della risurrezione dei morti [366]. La morte rende definitiva la decisione dell’uomo a favore o contro Dio. Tutti devono affrontare il giudizio personale subito dopo la morte [1021]: o sarà necessaria ancora una purificazione oppure l’uomo andrà direttamente verso la beatitudine celeste e gli sarà permesso di contemplare Dio faccia a faccia. Esiste però anche la terribile possibilità che una persona, fino alla fine, resti in contraddizione con Dio: rifiutando definitivamente il Suo amore, essa «si dannerà immediatamente per sempre» [1022]. «Dio, che ci ha creati senza di noi, non ha voluto salvarci senza di noi» [1847]. L’eternità della punizione dell’inferno è una realtà terribile, che — secondo la testimonianza della Sacra Scrittura — riguarda tutti coloro che «muoiono in stato di peccato mortale» [1035]. Il cristiano attraversa la porta stretta, «perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano» [Mt 7,13].

.

Tacere su queste e altre verità di fede oppure insegnare il contrario è il peggiore inganno contro cui il Catechismo ammonisce vigorosamente. Ciò rappresenta l’ultima prova della Chiesa, ovvero «una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia della verità» [675]. È l’inganno dell’Anticristo, che viene «con tutte le seduzioni dell’iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l’amore della verità per essere salvati» [2Ts 2,10].

.

APPELLO

.

Come lavoratori nella vigna del Signore, noi tutti abbiamo la responsabilità di ricordare queste verità fondamentali aggrappandoci a ciò che noi stessi abbiamo ricevuto. Vogliamo dare coraggio per percorrere la via di Gesù Cristo con determinazione, così da ottenere la vita eterna seguendo i Suoi comandamenti [2075].

.

Chiediamo al Signore di farci conoscere quanto è grande il dono della fede cattolica, attraverso il quale si apre la porta alla vita eterna. «Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» [Mc 8,38]. Pertanto ci impegniamo a rafforzare la fede confessando la verità che è Gesù Cristo stesso.

.

L’avvertimento che Paolo, l’apostolo di Gesù Cristo, da al suo collaboratore e successore Timoteo è rivolto in modo particolare a noi, vescovi e sacerdoti. Egli scriveva:

.

 «Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero» [2 Tm 4,1-5].

.

Possa Maria, Madre di Dio, implorarci la grazia di aggrapparci alla confessione della verità di Gesù Cristo senza vacillare. Uniti nella fede e nella preghiera,

.

+Gerhard Cardinale Müller
Prefetto della Congregazione

per la dottrina della fede

dal 2012 al 2017

.

.

.

.

«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
ma portare, diffondere e difendere la verità non solo ha dei
rischi ma anche dei costi. Aiutateci sostenendo questa Isola
con le vostre offerte attraverso il sicuro sistema Paypal:



oppure potete usare il conto corrente bancario:
IBAN IT 08 J 02008 32974 001436620930 
in questo caso, inviateci una email di avviso, perché la banca
non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un
ringraziamento [ isoladipatmos@gmail.com ]

.

.

..

.

Per divenire dei veri pescatori di uomini, bisogna essere anzitutto dei veri uomini

L’Angolo di Girolamo Savonarola: omiletica cattolica in tempi di vacche magre

PER DIVENIRE DEI VERI PESCATORI DI UOMINI, BISOGNA ESSERE ANZITUTTO DEI VERI UOMINI  

.

Gettare le reti vuol dire allontanarsi dalla riva e cogliere nell’immensità. Per poter pescare gli uomini, bisogna anzitutto essere veri uomini, figli legittimi di un Dio che si fece in tutto e per tutto vero uomo e dal quale liberamente e amorosamente ci siamo lasciati pescare, per divenire così dei veri pescatori di uomini. 

.

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo.

.

.

PDF  articolo formato stampa
.

.

Laudetur Jesus Christus !

.

.

Immensità, opera della pittrice romana Anna Boschini [Vitarte, QUI]

La pagina del Vangelo lucano offerto da questa Vª Domenica del tempo ordinario [testo della liturgia della parola, QUI], ci richiama anzitutto al mistero di una realtà inscindibile: il Gesù della storia, vero uomo, ed il Cristo della fede,  vero Dio, espressione del mistero della natura del Redentore che è uno nella sua persona e uno nella Trinità, perché ogni azione d’incontro del vero Dio e del vero uomo con l’umanità, è un’azione di grazia della Trinità nella nostra storia, nel nostro essere presente e nel nostro divenire futuro, singolo e collettivo.

.

Il Gesù uomo ci insegna anche l’arte della predicazione, che è capacità di comunicare per cercare e per vivere la vera comunione. Ce lo dimostra il Gesù storico, capace a discutere già da adolescente con i dottori del Tempio [cf. Lc 2, 41-50] che sbalorditi si chiedevano da dove attingesse costui tale sapienza. Appresso Gesù che con parole semplici, a tratti disarmanti ―  dentro le quali sono però racchiusi i pilastri della nostra fede ―  parla e fa riferimento ai bambini e ai semplici che lo ascoltano, che lo capiscono e soprattutto che lo seguono [cf. Mc 10, 13-14; Mt 18, 3-4; Mt 18,6].

.

Se chi predica il Vangelo non semina e non raccoglie, se non getta le reti vuote per tirarle sulla barca piene, le cose stanno in questi termini: o è approdato in una città di cuori totalmente aridi dai quali è bene procedere oltre scuotendo la polvere dai propri sandali,[3] o è un profeta incompreso destinato al martirio più o meno bianco, oppure è un pessimo predicatore che non pratica ciò che predica.

.

Il Gesù storico, giudeo tra i giudei, che nella sua perfetta natura umana era figlio di un’antica cultura — quella ebraica — fatta di simboli e immagini; in una Giudea che all’epoca aveva assimilato anche la ricchezza dei simboli e delle immagini prima greche e poi romane, per rendere efficace la sua predicazione si rivolge al popolo parlando per parabole. E come sappiamo la parabola — ossia la novella — è un simbolo, oltre il quale è racchiuso un messaggio umano, morale, etico e spirituale.

.

Attenti però a un’insidia sempre in agguato: simbolico è il linguaggio, non il Dio incarnato nel ventre della Beata Vergine Maria. Gesù è una realtà umana e divina narrata attraverso i Vangeli che sono anche fonti storiche, messe assieme da testimoni oculari diretti o immediatamente diretti. Nella storicità di Gesù che parla per parabole o allegorie si racchiude il divino mistero del Cristo della fede incarnato, vissuto, morto e risorto.

.

Gesù che cammina sopra le acque del lago di Tiberiade [cf. Mc 6, 45-52; Mt 14,22-32], che compie il miracolo del vino a Cana [cf. Gv 2,1-11] che moltiplica i pani e i pesci [cf. Mt 15,29-37], che guarisce i malati e che risuscita Lazzaro [cf. Gv 11, 35-44]; ma soprattutto, Gesù che il terzo giorno risuscita dalla morte, non è un insieme di simboli e di allegorie da interpretare con i criteri della moderna teologia, perché tutto questo è storico e reale. E solamente di fronte a questa reale storicità, possiamo poi procedere con criteri spirituali e con letture teologiche, non viceversa. Se infatti Gesù sia esistito soltanto nel passato o invece esiste anche nel presente, ciò dipende tutto quanto dalla sua risurrezione [cf. Antonio Maria Sicari, Viaggio nel Vangelo, Jaca Boock, pag 270].

.

Nella proclamazione del Vangelo di oggi non è stata narrata un’originale novella ma un fatto reale, oltre il quale c’è il simbolo. Non è un gioco di parole ma un uso corretto delle parole nella delicata vigna del mistero della fede. Attraverso la vita terrena di Gesù nasce dalla sua concreta e palpitante realtà umana la parabola, ovvero la metafora, che è un efficace strumento comunicativo. Pensare invece che dalla metafora, o come qual si voglia dalla fiaba, nasca la tenera idea fiabesca di un Gesù da interpretare entro categorie puramente spirituali e teologiche, è un pensiero che per quanto diffuso rimane pericolosamente non cristiano, sicuramente non cattolico.

.

Quel giorno Gesù salì veramente sulla barca di Simone, invitando lui e gli altri pescatori a prendere il largo e a gettare le reti, ed esaudendo la sua richiesta, Simone rispose realmente che avevano tentato invano di pescare tutta la notte senza prendere nulla, dicendo infine: «sulla tua parola getterò le reti», compiendo in tal modo un libero atto di fede.

.

Qual è la sfida spirituale di questa parabola inserita in un fatto reale? Anzitutto Gesù invita Simone a lasciare la riva per spingersi al largo, allontanandosi da quella riva disseminata dalle conchiglie dei nostri limiti, delle nostre palesi mancanze di carità. Gettare le reti vuol dire allontanarsi dalla riva e cogliere nell’immensità, infine tirare in superficie quello che sin dalla notte dei tempi è racchiuso in ciascuno di noi, che è l’essere stati creati a immagine e somiglianza di Dio: sarete santi perché io — il Signore vostro Dio — sono santo [cf. I Pt 1,13-21; Lv 19,2; Es 11, 45]. E quando proprio sembravamo del tutto perduti, Dio irrompe di nuovo nella storia dell’uomo in modo reale e fisico attraverso il mistero della sua incarnazione; e tramite Gesù è Dio stesso che viene di persona a ripescarci, basta solo che attraverso un atto di libera fede si accetti di spingersi al largo per gettare le reti, per essere pescati dalla sua grazia e per pescare nella sua grazia.

.

È il miracolo della pesca: abbandonata la riva con Gesù, gettate le reti e pescando in profondità quegli uomini hanno fatto riemergere la propria vera immagine e somiglianza con l’Eterno Creatore ristabilendo la propria comunione con Dio e portando di lì a poco la comunione di Dio nel mondo.

.

Dinanzi al miracolo dei pesci, che è miracolo della fede e dell’abbandono a Dio, Simone torna ad avere anzitutto la percezione del bene e del male, tanto da intimare a Gesù: «Allontanati da me perché io sono un peccatore». Dinanzi a quella consapevolezza, Gesù colma Simone di grazia e di implicito perdono rispondendogli: «D’ora in poi tu sarai pescatore di uomini». Affermazione che in sé sottintende: perché hai avuto la bontà di seguire la mia parola e di abbandonare la riva, per giungere al largo a ripescare te stesso e, con te stesso, recuperare il tuo Signore e Creatore, affinché potessi compiere su di te il grande miracolo della fede.

.

Nella Chiesa di oggi ciò che spesso manca non sono gli uomini da pescare — che spesso vorrebbero tanto lasciarsi pescare, o che talvolta chiedono, supplicano di essere pescati — forse ciò che manca sono i bravi pescatori. Che dunque Nostro Signore Gesù Cristo, inizio centro e fine ultimo del nostro intero umanesimo, colui nel quale tutte le cose si ricapitolano, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili, capo del corpo mistico che è la Chiesa …[I Ef, prologo] faccia sempre di noi saggi e santi pescatori di uomini, con la sua grazia e con il conforto e la preghiera del buon Popolo di Dio. Senza mai dimenticare che per poter pescare gli uomini, bisogna anzitutto essere veri uomini, figli legittimi di un Dio che si fece in tutto e per tutto vero uomo e dal quale liberamente e amorosamente ci siamo lasciati pescare, per divenire così veri pescatori di uomini.

.

Dall’Isola di Patmos, 10 febbraio 2019

.

.

.

.
.

.
«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
ma portare, diffondere e difendere la verità non solo ha dei
rischi ma anche dei costi. Aiutateci sostenendo questa Isola
con le vostre offerte attraverso il sicuro sistema Paypal:



oppure potete usare il conto corrente bancario:
IBAN IT 08 J 02008 32974 001436620930 
in questo caso, inviateci una email di avviso, perché la banca
non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un
ringraziamento [ isoladipatmos@gmail.com ]

.

.

.

.

.

.

.

Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Gabriele

L’epicità della tradizione, che non è estetica né ideologia, ma forza viva con cui la Chiesa rende partecipe tutto il mondo del messaggio di Cristo

il blog personale di Padre Gabriele

L’EPICITÀ DELLA TRADIZIONE, CHE NON È  ESTETICA  IDEOLOGIA, MA FORZA VIVA CON CUI LA CHIESA RENDE PARTECIPE TUTTO IL MONDO DEL MESSAGGIO DI CRISTO

.

.

A noi rimane una responsabilità importante; non stravolgiamo il senso della Tradizione: essa non si può né distruggere ideologicamente né altrettanto ideologicamente sventolare come bandiera. Siamo cattolici, figli della Tradizione e figli della Chiesa, servitori di Gesù Cristo. Questo è quello che ho sempre creduto, amato e difeso della Tradizione.

.

Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

.

.

PDF  articolo formato stampa

.

.

.

La conversione di San Paolo, Caravaggio, collezione Odescalchi

Se vogliamo parlare della tradizione, o di ciò che veramente essa è nel lessico cristiano, bisogna partire dalle Lettere Apostoliche Paoline:

.

Carissimi, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga [I Cor 11, 23 – 26].

.

Quello di San Paolo, è ciò che sul piano compositivo ed espressivo potremmo chiamare “racconto epico”. E l’epica — per ricordare il vero senso etimologico della parola —, non è il racconto di “fiabe” o “fantasie”, ma è un genere espressivo di tipo elevato, poetico o letterario, che narra una storia reale.

.

la caduta di San Paolo lungo la via di Damasco, Caravaggio, opera conservata nella chiesa romana di Santa Maria del Popolo

Per questo spesso mi emoziono quando ascolto storie epiche. Amo la letteratura, il teatro e il cinema proprio per questo motivo. In quarta ginnasio ho amato i versi eterni dell’Iliade, dell’assedio della città di Troia. In quel caso la grecità classica ha tramandato a voce anche lo scontro violento fra Achille, iracondo, ed Ettore. Al cinema, mi sono commosso dinanzi l’amore fraterno di Raymond e Charlie Babbit, interpretati da Dustin Hoffman e Tom Cruise, nell’indimenticabile RainmanL’uomo della Pioggia. A teatro mi hanno dato gioia, le argomentazioni scaltre dell’innamorato Ernest in Import of being Ernest.  Le “epopee” di guerrieri, fratelli e uomini col cuore che battono sono doni che porterò sempre con me.

.

L’epicità è uno dei mille motivi per cui ho aderito e continuo ad aderire alla fede in Cristo e per cui sono entrato nell’Ordine dei Frati Predicatori. La fede in Gesù Cristo, nel suo annuncio essenziale, dice epicità: annuncia cioè l’amore di un Dio talmente grande per l’umanità decaduta e sofferente tanto da morire in croce per redimerla. Ma l’epicità del cristianesimo è sottolineata da San Paolo all’inizio del brano che ho voluto citare. L’epicità si racchiude nella coppia verbale «ho ricevuto […] ho trasmesso».

.

San Paolo parla in effetti di un tradere, una Tradizione. Cioè un dato che, oltre i secoli, ininterrottamente viene comunicato e giunge sino a noi: questo dato è l’annuncio essenziale di Cristo. Anche la liturgia, notiamo, si sofferma sulla Tradizione. Nel Canone Romano possiamo ascoltare infatti questa frase:

.

«[…] et ómnibus orthodóxis, atque cathólicæ, et apostólicæ fidei cultóribus [E con tutti quelli che custodiscono la fede cattolica trasmessa dagli apostoli».

.

il martirio di San Paolo, opera di Mattia Preti [XVII sec.]

Diverse volte, anche forse nei momenti più bislacchi e meno opportuni, ho meditato su questo passaggio del canone romano. È di nuovo il messale a sottolineare l’epicità e l’amore di tutti quelli che si sono prodigati nel custodire e donarci integro quell’annuncio. Dunque ripenso con gioia a coloro che nella mia vita hanno custodito e trasmesso il messaggio di Gesù: in primis le mie due nonne. Davvero mi hanno donato un deposito della fede inestimabile.

.

La Tradizione è la danza trinitaria che volteggia sul mondo. È la forza viva, unitamente alla Sacra Scrittura, con cui la Chiesa rende partecipe tutto il mondo del messaggio di Cristo. Un messaggio, insegna la Lettera a Diogneto, che non è inventato tramite una riflessione filosofica. Quel messaggio è essenzialmente l’Incontro con Gesù Risorto.

.

Trasmettere, essere parte della Tradizione significa in ultima istanza far incontrare al povero e al bisognoso, materiale come spirituale, il volto di Dio che lo ama e lo custodisce.

.

A noi rimane una responsabilità importante; non stravolgiamo il senso della Tradizione: essa non si può né distruggere ideologicamente né altrettanto ideologicamente sventolare come bandiera. Siamo cattolici, figli della Tradizione e figli della Chiesa, servitori di Gesù Cristo. Questo è quello che ho sempre creduto, amato e difeso della Tradizione. Provo allora a fare un passo avanti.

.

interno della tomba di San Paolo, nella omonima basilica romana maggiore di San Paolo fuori le mura

Il padre Yves Congar [1904-1995], nel 1975 ha scritto:

.

«La tradizione (è) tutt’altra cosa che una affermazione meccanica e ripetitiva del passato: essa è la presenza attiva di un principio a tutta la sua storia».

.

Siamo noi stessi chiamati ad entrare nella dinamica della Tradizione, come chierici, laici e religiosi. Chiamati ad essere presenza viva con la Tradizione. Anche l’ordine a cui appartengo, l’Ordine dei Predicatori fondato da San Domenico di Guzman, è nato dalla sete della verità che gli uomini del XIII secolo anelavano affannosamente; quel Medio Evo che, desertificato da catari e valdesi, implorava ai nostri confratelli: «Portate l’acqua dissetante della fede cattolica».

.

Questo desiderio profondo non si è fermato alla Media Aetas. Ha superato i secoli ed è giunto fino ad oggi. Perciò tutti noi, non solo i frati domenicani, oggi continuiamo a predicare e trasmettere l’integrità della dottrina e a sforzarci di viverla ogni istante, nonostante i nostri peccati e le nostre debolezze. Ripensando alla benedizione matrimoniale, si attuerà negli sposi la richiesta del celebrante: «Padre santo, concedi a questi tuoi figli che, uniti davanti a te come sposi, comunicano alla tua mensa, di partecipare insieme con gioia al banchetto del cielo». Ripensando alla professione religiosa e alla ordinazione sacerdotale si attuerà la formula: «E Dio che ha iniziato in te questa opera, la porti a compimento». Diventiamo tutti quanti umili ferventi cattolici, carichi di santa Tradizione, e il compimento del capolavoro di Dio si attuerà in noi.

.

«Gesù dolce, Gesù amore» [Santa Caterina da Siena]

.

Roma, 7 febbraio 2019

.

.


«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
ma portare, diffondere e difendere la verità non solo ha dei
rischi ma anche dei costi. Aiutateci sostenendo questa Isola
con le vostre offerte attraverso il sicuro sistema Paypal:



oppure potete usare il conto corrente bancario:
IBAN IT 08 J 02008 32974 001436620930 
in questo caso, inviateci una email di avviso, perché la banca
non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un
ringraziamento [ isoladipatmos@gmail.com ]

.

.

.

.

.

I tumori più terribili e difficili da guarire sono le malattie che ci impediscono di essere testimoni di Cristo [IIª riflessione: La tiepidezza]

visita il blog personale di Padre Ivano

— Pastorale sanitaria —

I TUMORI PIÙ TERRIBILI E DIFFICILI DA GUARIRE SONO LE MALATTIE CHE CI IMPEDISCONO DI ESSERE TESTIMONI DI CRISTO 

IIª RIFLESSIONE: La tiepidezza ]

.

Molte comunità ecclesiali sono infestate da questo tipo di malattia: la tiepidezza. Tutto viene contaminato da questo morbo: le relazioni fraterne, la vita affettiva, l’aspetto economico, la scelta e l’elezione degli animatori della comunità, la vita liturgica, la carità … 

.

Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

 

.

.

PDF  articolo formato stampa
.

.

Fragilità, opera della pittrice romana Anna Boschini, tratta dal catalogo d’arte Mondadori, 2019 [cf. Vitarte GaleriaQUI]

Sfido i lettori de L’Isola di Patmos a non aver mai udito nell’ambiente ecclesiale — includendo gruppi di laici, comunità religiose, sacerdoti o ambienti curiali — l’espressione: «si è sempre fatto così».

.

Questa frase, lungi dal voler salvaguardare la Tradizione — quella vera, non i tradizionalismi — è in realtà il pericolo più grande per la maturazione di una comunità ecclesiale. Dietro il «si è sempre fatto così», si nasconde il tranello che impedisce al cristiano di essere autentico testimone del Signore risorto.

.          

Ecco allora fare il suo ingresso la seconda malattia spirituale: la Tiepidezza. Si arriva a contrarre questa patologia quando prendiamo l’abitudine di fare le cose del Signore per routine. Così come insegnano i vecchi manuali di spiritualità, la tiepidezza può riguardare tutti sia gli incipienti che i perfetti.

.

Sembra strano, ma spesso possiamo scoprirci tiepidi proprio dopo aver conquistato un sufficiente grado di fervore e di unione con il Signore. Infatti, la chiusura alla grazia o alle ispirazioni dello Spirito Santo, si caratterizzano come elementi pericolosi che trascinano verso la tiepidezza; così come la cristallizzazione in una fede che soddisfa  una visione solo prettamente umana. In questo caso, il compiacimento di una fede artificiosa prende il sopravvento sul «vino nuovo» (cf. Mc 2, 22) che il Signore vuole versare con abbondanza nella mia vita e mi vedrò imprigionato a ripetere lo stesso schema che prosciugherà la vitalità del Vangelo, conducendomi all’appiattimento spirituale.

.

Volendo azzardare una definizione di tiepidezza possiamo dire che: è il culto ripetitivo verso l’opera dell’uomo che si oppone alla virtù di religione che consiste in una prontezza d’animo verso Dio. E la Parola di Dio è chiara, circa la condanna della tiepidezza e la condanna dell’uomo tiepido:

.          

«Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca» (cf. Ap 3,14-16).

.

Dopo la tempesta, opera della pittrice romana Anna Boschini

Molte comunità ecclesiali sono infestate da questo tipo di malattia e tutto viene contaminato da questo morbo: le relazioni fraterne, la vita affettiva, l’aspetto economico, la scelta e l’elezione degli animatori della comunità, la vita liturgica, la carità … Spesso, davanti a un giusto richiamo davanti a questo stile di vita soporifero, ci si giustifica dicendo: «Che male faccio? Le mie preghiere cerco di recitarle, la messa domenicale più o meno la seguo, che altro devo fare?». Quello che manca in queste persone e in queste comunità è una santa inquietudine a conoscere Gesù ed a farlo amare.

 

.

La tiepidezza si riconosce da diversi sintomi, vediamone insieme qualcuno: il primo sintomo, è la normalizzazione. Oggi si ha la tendenza a normalizzare tutto e quindi a giustificare ogni cosa. Ad esempio il peccato. Normalizzare il peccato significa riconoscere che tale ferita all’amore di Dio, poiché viene compiuta da molti e con una certa frequenza, perde la propria problematicità. Oppure si tende a normalizzare gli atti peccaminosi minimizzandoli: «ho commesso dei peccatucci, ho avuto una passioncella, ho mantenuto dei vizietti».

.                              .

Sfida, opera della pittrice romana Anna Boschini

Il tiepido tende a normalizzare e a ridurre il più possibile la realtà che lo circonda con l’illusione di portare serenità e misericordia. Si auto-convince che non c’è più nulla da migliorare nella propria vita perché – in fondo – ha raggiunto uno stabile equilibrio rassicurante. Tuttavia, Gesù nel Vangelo non loda i tiepidi ma domanda l’innalzamento del livello del discepolato verso una giustizia potenziata dalla grazia santificante:

.

«Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» [cf. Mt 5,20].

.

Il terzo sintomo della tiepidezza è il dubbio, figlio della tiepidezza, il quale l’uomo tiepido ha una grande propensione a dubitare – non perché sia uno scettico convinto – ma perché il dubbio gli permette di non prendere una posizione netta sulla fede e nel rapporto con Dio. Spesso è solito ripete frasi come queste: «Io penso di essere credente ma ho da sempre molti dubbi di fede irrisolti», e malgrado si attui in lui un buon accompagnamento che tenda a dirimere certe problematicità, i dubbi persistono ancorati alla volontà della persona. Al ché come Mosè, il tiepido che dubita, è impossibilitato ad entrare nella Terra Promessa in cui si realizza pienamente la relazione con Dio [cf. Dt 32,48-52]. Esso si accontenta di vedere le realtà spirituali da lontano. C’è una sostanziale differenza però, ciò che per Mosè diventa motivo di vergogna e sottolinea una certa incompletezza alla propria vocazione; nel tiepido il dubbio si concepisce come  sollievo che lo sgrava, ancora una volta, dal problema di Dio.

.  

Incontro alla libertà, opera della pittrice romana Anna Boschini

Quarto sintomo della tiepidezza è il libero sfogo della concupiscenzaL’uomo che è immerso nella tiepidezza, perde ben presto il riferimento alla persona di Dio, la capacità di rinunziare a se stesso e lo status di uomo nuovo che San  Paolo invoca per l’uomo che è stato redento da Cristo [cf. Mt 16,24; Mc 8,34; Lc 9,23; Ef 4,24]. Con la proliferazione nell’animo di vari disordini che rendono la natura umana lontana dalla grazia, il tiepido si trova schiavo della concupiscenza che lui stesso ha contribuito a nutrire. Ecco dunque che la concupiscenza conduce così alla maturazione di alcuni frutti molto pericolosi – i sette vizi capitali – che conducono verso disordini morali sempre maggiori, tanto da rovinare la bellezza dell’uomo creato da Dio. In questo modo la concupiscenza porta l’uomo a regredire verso una condizione che lo rende schiavo del proprio istinto e delle proprie passioni.

.

Nel passato i santi padri del monachesimo Evagrio Pontico, Giovanni Damasceno, Gregorio di Nissa, Antonio Abate poiché espertissimi delle profondità dell’animo umano, avevano elaborato diverse modalità per combattere i vizi capitali, oltre alla costante vigilanza del cuore, era necessaria l’evangelizzazione della coscienza, dei pensieri e dei sentimenti.

.

Con questo secondo contributo che ha cercato di analizzare la malattia spirituale della tiepidezza, si vuole mettere in guardia i cristiani affinché ci sia sempre una costante progressione nel cammino di conoscenza del Signore, poiché come insegna giustamente Sant’Agostino, il non avanzare sulla via di Dio significa tornare indietro. E poiché il desiderio di Dio è la santità per tutti i suoi figli [cf 1Ts 4,3], non possiamo che combattere il morbo della tiepidezza che ammantandosi al giorno d’oggi di buonismo e di tolleranza miete molte vittime nel campo della Chiesa.

.

[fine della IIª meditazione]

.

Cagliari, 5 febbraio 2019

.

.

.

.

«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
ma portare, diffondere e difendere la verità non solo ha dei
rischi ma anche dei costi. Aiutateci sostenendo questa Isola
con le vostre offerte attraverso il sicuro sistema Paypal:



oppure potete usare il conto corrente bancario:
IBAN IT 08 J 02008 32974 001436620930 
in questo caso, inviateci una email di avviso, perché la banca
non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un
ringraziamento [ isoladipatmos@gmail.com ]

.

 

.

.

.