Onanismo e teologia: il rapporto tra metafisica e gravidanza extra uterina, mentre le nostre ostetriche estetiche abortiscono il poco che resta del sensus fidei

— Theologica —

ONANISMO E TEOLOGIA: IL RAPPORTO TRA METAFISICA E GRAVIDANZA EXTRA UTERINA, MENTRE LE OSTETRICHE ESTETICHE ABORTISCONO IL POCO CHE RESTA DEL SENSUS FIDEI

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Disseminati nella giungla della rete telematica vi sono siti e blog di “veri cattolici” e di “autentici difensori” della purezza della tradizione che citano il Jota Unum di Romano Amerio come se fosse verbum Dei, mentre i suoi allievi, veri o presunti, si beano in pindarici giri di parole dai quali emerge il sapore inconfondibile del … «Oh, cielo! Quanto mi piaccio, quanto sono estetico, quanto sono metafisico!».

 

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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le rovine della cattedrale metropolitana di Messina dopo il terremoto del 1908

Samantha con la “h” finale sospirata è una ragazza di vent’anni che due anni fa festeggiò i diciott’anni raggiungendo quota quindici fidanzati. Durante il volger della sua vita sentimentale cominciata all’età di tredici anni, ha avuto qualche piccolo incidente di percorso, cose di poco conto ma soprattutto risolvibili, che fanno parte del normale corso dell’età evolutiva. Come quando a quindici anni rimase incinta, inducendo la madre, Jessika, con la “k”, quarantadue anni, a farsi una severa auto-critica col suo terzo compagno della serie, un ragazzo di ventotto anni, detto anche toy-boy, al quale ella confida: «Michael» ― così chiamato da sua madre in onore del cantante pop Michael Jackson ― «Ammetto di avere sbagliato io, perché non mi sono preoccupata di far prendere la pillola anticoncezionale a Samy» ― diminutivo affettuoso di Samantha con la “h” finale sospirata ―. «Certo, se lei non mi avesse tenuta la cosa nascosta per giorni, le avrei fatto prescrivere subito la pillola abortiva». Il toy-boy Michael la rincuora: «Jessy» ― affettuoso diminutivo di Jessika con la “k” ― «non penso che tu abbia sbagliato. Sai, tua figlia Samy ha un fisico mozzafiato, con la pillola poteva correre il rischio che le venisse la cellulite. In fondo la cosa è stata risolta: una raschiatina, un grumo di sangue tolto, ed il problema è sparito al consultorio in un battibaleno». A quel punto Jessy si sente rincuorata e sospira al toy-boy: «Hai ragione, Miky» ― diminutivo di Michael ―, anche Sylvester mi ha dato ragione, ma non solo lui, anche Christian, il suo precedente compagno inglese, fu d’accordo  e solidale.

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terremoto di Messina del 1908

E qui per capire è necessario un inciso: Sylvester, padre di Samantha con la “h” finale sospirata, è stato il primo marito di Jessika, così chiamato da suo padre che era un culturista gonfiato di anabolizzanti e grande fan di Rocky Balboa, la celebre serie filmica interpretata da Sylvester Stallone a partire dal 1976. Dopo il matrimonio Sylvester scoprì la propria vera identità e, dopo un coming-out fatto a un famoso talk-show dinanzi a milioni di telespettatori, presente nello studio televisivo anche la moglie Jessika con la”k”, dichiarò il proprio gaysmo. Dopodiché — colpo di scena! — in quello stesso momento si alzò in piedi dal pubblico il suo primo uomo, all’epoca Christian, che egli presentò pubblicamente alla moglie come il proprio compagno. Commossa, la moglie li abbracciò tutti e due dichiarandosi contenta e augurando loro di essere tanto felici. La scena fu accompagnata da una struggente melodia di un famoso cantante morto di Aids ed icona del mondo gay, Freddie Mercury: «We are the champions […] of the world» [noi siamo i campioni del mondo].  

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terremoto di Messina del 1908

Adesso, Samantha con la”h” finale sospirata, sta facendo i propri studi universitari, ha scelto psico-pedagogia, desidera infatti divenire una paladina della teoria del gender. Suo padre, ricco architetto di grido in cammino verso i cinquant’anni d’età, nel mentre ha cambiato compagno ed oggi convive con un giovane fotomodello brasiliano nullafacente di ventidue anni, certo Ricky, così chiamato dai suoi genitori in onore di Ricky Martin, un altro gaio cantante, padre di due bimbi comprati da un utero in affitto e convolato recentemente a nozze a Puerto Rico col suo giovane compagno [cf. QUI]. Il gaio papà Sylvester è molto fiero della figlia, che sta vivendo anche una felice relazione con un nuovo compagno, certo John, originario di Bari, ma così chiamato perché suo padre e sua madre sono due fans di John Lennon, ed al figlio, attraverso questo ex dei Beatles, hanno trasmesso i loro più profondi valori di vita attraverso la canzone Imagine :

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Immagina non ci sia il Paradiso

prova, è facile

Nessun inferno sotto i piedi

Sopra di noi solo il Cielo

Immagina che la gente

viva al presente …

Immagina non ci siano paesi

non è difficile

Niente per cui uccidere e morire

e nessuna religione

Immagina che tutti

vivano la loro vita in pace …[testo originale inglese, QUI]

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I messaggi d’amore di Samantha con la “h” finale sospirata diretti al suo John, costituiscono una vera e propria apoteosi della poesia contemporanea, eccone uno per offrire a tutti la percezione di questa vena poetico-amorosa:

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da quando msidt [1], la mia vita è cambiata

xché [2] xme [3] tu6 qlc [4].

Per questo tvb tipe [5], xché 6Sxme [6].

MMT+ [7] xché tu 6 il + [8].

T tel + trd [9], mi raccomando risp al cel [10]

Vng dp [11] e cmq Cvd [12].

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Dinanzi a questa espressione così intensa di poesia amorosa, che cosa mai può essere a confronto una quartina dantesca del tipo:

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Tanto gentile e tanto onesta pare

la donna mia, quand’ella altrui saluta,

ch’ogne lingua devèn, tremando, muta,

e li occhi no l’ardiscon di guardare  [13]

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terremoto del Friuli del 1976

Si tenga conto che Samantha con la “h” sospirata finale, è una ragazza considerata oggi di cultura elevata che supera un esame dietro l’altro all’università e tra pochi anni sarà una professionista della psico-pedagogia, impegnata nel sociale e nel politico. Ovviamente, il livello delle università, degli studi universitari e degli insegnanti presso le stesse, corrisponde ed in un certo senso si è dovuto adattare a queste nuove generazioni di studenti.

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Questa è la realtà, ed in questo genere di realtà, a noi spetta il non facile compito di annunciare il Santo Vangelo a dei giovani che hanno sentito nominare in modo molto vago uno strano concetto di Chiesa e di Cristianesimo dalle parole di un famoso intellettuale italiano, Lorenzo Cherubini, in arte Jovannotti, che nella sua canzone Penso positivo, esprime il meglio della dottrina cattolica e della teologia metafisica in questo modo:

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Io credo che a questo mondo

Esista solo una grande Chiesa

Che passa da Che Guevara

E arriva fino a Madre Teresa

Passando da Malcolm X attraverso

Gandhi e San Patrignano

Arriva da un prete in periferia

Che va avanti nonostante il Vaticano

[testo intero, QUI]

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terremoto del Friuli del 1976

Questa è la società reale con la quale dobbiamo fare i conti, sebbene ciò non sembri sfiorare neppure quei quattro soloni estetici ed estetizzanti che tra codicilli, rubriche e quattro formule magiche non della grande scolastica, ma perlopiù della neo-scolastica decadente, non cessano mai di annunciare che bisogna ripartire dalla metafisica. E quando nominano la parola “metafisica”, si sentono ripieni sino al settimo cielo, perché la parola stessa li eccita a tratti in modo davvero perverso.

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Disseminati nella giungla della rete telematica vi sono siti e blog di veri cattolici e di autentici difensori della purezza della tradizione che citano il Jota Unum di Romano Amerio come se fosse verbum Dei, mentre i suoi allievi, veri o presunti, si beano in pindarici giri di parole dai quali emerge il sapore inconfondibile del … «Oh, cielo! Quanto mi piaccio, quanto sono estetico, quanto sono metafisico!».

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terremoto del Friuli del 1976

Bene, ma a Samantha con la “h” sospirata, studentessa di psico-pedagogia e domani professionista e formatrice psico-pedagogica, figlia di Jessika con la “k” felicemente accompagnata col suo nuovo boy-toy, ex moglie di Sylvester ricco architetto di grido attualmente convivente col suo nuovo ragazzo brasiliano nullafacente, chi le porta e chi le offre l’annuncio di redenzione e di salvezza del Verbo di Dio incarnato «morto e risorto, asceso al cielo e oggi assiso alla destra del Padre, che un giorno tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti, ed il suo regno non avrà fine?» [cf. Simbolo di fede].

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Ma per meglio eccitare gli estetici estetizzanti della vera e pura tradizione, inseriamo anche il testo originale del Credo, visto che il greco, come il latino liturgico, piace da morire soprattutto a quei gruppuscoli di laici che non lo conoscono e che proprio per questo ne rivendicano il magico uso arcano, perché quando non si è capaci a penetrare e vivere l’essenza dei sacri misteri nella sostanza, allora si finisce con l’idolatrare gli accidenti esterni, a partire dalla stessa lingua:

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Σταυρωθέντα τε ὑπὲρ ἡμῶν ἐπὶ Ποντίου Πιλάτου,
καὶ παθόντα
καὶ ταφέντα.

 Καὶ ἀναστάντα τῇ τρίτῃ ἡμέρᾳ
κατὰ τὰς Γραφάς.

Καὶ ἀνελθόντα εἰς τοὺς οὐρανοὺς
καὶ καθεζόμενον ἐv δεξιᾷ τοῦ Πατρός.

Καὶ πάλιν ἐρχόμενον μετὰ δόξης
κρῖναι ζῶντας καὶ νεκρούς,
οὗ τῆς βασιλείας οὐκ ἔσται τέλος 

terremoto del Friuli del 1976

Questo annuncio di salvezza, a Samantha con la “h” sospirata ed a John, glielo porteranno forse i soloni dei codicilli e delle rubriche, semmai con un paio di lectiones magistrales sulla ipotesi che Sant’Agostino aveva un’impronta filosofica platonica? Ma Samantha con la “h” finale sospirata, seppur diplomata a pieni voti e oggi studentessa universitaria di psico-pedagogia, è convinta che il Krizia platonico sia solo il profumo lanciato dalla casa di moda di Maria Mandelli, nota con lo pseudonimo di Krizia [cf. QUI]. Samantha con la “h” finale sospirata non immagina neppure che il Κριτίας [Krizia] è tratto dall’ultimo dialogo incompiuto di Platone, tutto improntato sulla vanità femminile. E ciò mentre il suo nuovo ragazzo, John, anch’esso studente universitario alla facoltà di farmacia, quando pochi anni prima fu interrogato in letteratura all’esame di maturità, alla domanda su chi fosse il Tasso [cf. QUI], dopo un attimo di riflessione rispose: «l’inventore della cedrata Tassoni» [cf. QUI]. E alla facoltà di farmacia, dove anch’egli supera un esame dietro l’altro, per i docenti è un vero simpaticone, lo ricordano sempre tutti, questo barese di nome John, quando ad un esame rispose alla domanda del professore esaminatore che gli chiese «mi spieghi da dove si origina una gravidanza extra uterina», replicando dopo breve riflessione: «si origina da un rapporto anale».

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terremoto dell’Irpinia del 1980

A questi due soggetti, si può toccare il cuore e convertirli spiegando quale rapporto corre tra l’etica nicomachea di Aristotele e le speculazioni metafisiche di San Tommaso d’Aquino? Ma soprattutto, sia per convertirli sia per portarli sulla retta via della fede, dobbiamo forse renderli partecipi delle diatribe contro il teologo gesuita tedesco Karl Rahner, spiegando loro come costui riduce l’essere tomista, che è atto e perfezione, all’essere della conoscenza, identificando l’essere nell’uomo, il conoscere e l’essere conosciuto, mettendo così in piedi una riduzione antropologica della metafisica? E possiamo quindi seguitare a spiegare, a Samantha con la “h” finale sospirata ed al suo ultimo fidanzato barese chiamato John in onore del Lennon, che Karl Rahner capovolge i principi fondamentali del realismo tomistico per dare vita al principio moderno di immanenza?

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terremoto dell’Irpinia del 1980

A Samantha con la “h” finale sospirata, tra poco psico-pedagoga, convinta che il Krizia sia un profumo, ed al suo ultimo fidanzato barese, chiamato John in onore del Lennon, tra poco farmacista, convinto che una gravidanza extra uterina sia originata da un rapporto anale, per stimolarli verso un cammino di fede, che cosa dobbiamo offrire? Forse gli dobbiamo offrire gli atti del convegno contro Karl Rahner promossi anni fa dai Francescani dell’Immacolata? Dobbiamo consigliar loro la lettura dei testi del compianto Brunero Gherardini, di Serafino Lanzetta e di Roberto de Mattei, che portano avanti la tesi del Concilio Vaticano II quale concilio solo pastorale e non dogmatico? Dobbiamo forse convincerli a leggere la preziosa e ottima opera Vera e falsa teologia di Antonio Livi [cf. QUI], impegnativa da leggere persino per gli studiosi di scienze filosofiche e teologiche? O dobbiamo forse trascinarli nei dibattiti fanta-liturgici di certe menti schizofreniche, convinte che quel rozzo e semplice pescatore galileo del Beato Apostolo Pietro giungeva ad un solenne altare basilicale scortato da quattro diaconi in splendenti dalmatiche barocche, coadiuvato da vari presbiteri assistenti rivestiti di solenni piviali, acclamando sotto i gradini dell’altare «Introibo ad altare Dei», quindi aprendo il Messale dato da San Pio V nel XVI secolo e iniziando a celebrare quella che questi poveri schizofrenici della liturgia estetica ed il loro codazzo di cultori della fanta-liturgia chiamano «La Messa di sempre»?

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terremoto del friuli del 1976, funerali delle vittime

Insomma, al povero John, così chiamato in onore del Lennon, cresciuto dai genitori sul modello guida delle parole della canzone Imagine, possiamo anche perdonare di non sapere neppure come si sviluppa una gravidanza extra uterina, ma certi Signori e Signore della vera e pura traditio catholica, nei cui circoli abbondano onirici teologi e sedicenti liturgisti, non possono essere anch’essi convinti come John che una gravidanza extra uterina «si sviluppa da un rapporto anale», perché ciò vorrebbe dire, tra l’altro, non conoscere Aristotele anche nella sua qualità di biologo, sugli schemi e sulla logica del quale San Tommaso d’Aquino sviluppa il proprio metodo, da qui il suo titolo di Doctor Communis, ossia dottore universale della Chiesa. E questo titolo precisa ed indica che quella dell’Aquinate non è semplicemente una “scuola teologica” particolare, ma un patrimonio comune di tutta la Chiesa universale, ed al tempo stesso un metodo che, pur con qualche difetto e lacuna, resta tutt’oggi valido e soprattutto insuperato.

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E si noti bene che Samantha con la “h” sospirata, con tutti i suoi poetici «msidt [14], xché tu 6 il + [15]» … e via dicendo, non è neppure la peggiore. Si provi a immaginare coloro che non arrivano neppure al genere di evoluzione alla quale è giunta comunque Samantha con la “h” sospirata, che tra poco sarà dottore in psico-pedagogia e promotrice della teoria del gender.

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terremoto dell’Irpinia del 1980, le salme predisposte per la sepoltura

Io non disprezzo la scolastica e la metafisica, di cui sono cultore e studioso e che stanno entrambe alla base della mia formazione filosofica e teologica, ma siccome sono anzitutto un pastore in cura d’anime per la grazia di stato sacerdotale ricevuta, sono consapevole che il mio compito primario e fondamentale è l’annuncio del Santo Vangelo in una Europa scristianizzata e decadente nella quale le nuove generazioni non conoscono più neppure i fondamenti del Cristianesimo. E in questa situazione di sfacelo, affermare con spirito da salotto chiuso ed esclusivo che bisogna ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino, spiegando in modo ostinato la sola pastoralità del Concilio Vaticano II, o sostenendo il concetto aberrante di «Messa di sempre» — ciò nel senso filosofico di aberatio intellectus —, il tutto riferito ad un Messale Romano dato da un Santo Pontefice nel XVI secolo, equivale a voler usare il XXXIII Canto del Paradiso per insegnare a leggere ed a scrivere a degli adulti giunti alla maggiore età in stato di totale analfabetismo, convinti che bisogna ripartire dall’Opera di Dante Alighieri per sconfiggere la piaga dell’analfabetismo. Il tutto nella cieca noncuranza che la struttura teologica del Canto conclusivo dei tre libri della Divina Commedia non è oggi compreso neppure da coloro che insegnano e che spiegano agli studenti l’Opera del Sommo Poeta, basti solo leggere certe spiegazioni al testo stampate sui libri ad uso scolastico, od entrare in un qualsiasi liceo mentre un insegnante offre assurde spiegazioni agli studenti che durante la lezione mandano SMS, inviano foto su Istagram o whatsapp con i telefoni cellulari sotto i banchi.

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terremoto dell’Irpinia del 1980, il trasporto delle salme da parte dei Vigili del Fuoco

Affermare con compiaciuto narcisismo che bisogna ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino, è come pretendere di dare ad un bimbo di un anno con gravi problemi di denutrizione una bistecca alla fiorentina come pasto. Da quale San Tommaso d’Aquino dobbiamo ripartire, dovendoci oggi confrontare con un numero elevato di presbiteri e di vescovi che mostrano di non conoscere più i fondamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica, ed il cui parlare è tutto un brulicare di sociologismi mondani? Ma ci vogliamo rendere conto, che cosa esce dalle bocche dei preti e dei vescovi, quando oggi parlano di carità, di misericordia, di poveri in spirito? Nell’ipotesi migliore esce fuori del melenso e smidollato buonismo, ed a loro insaputa ― perché ormai bisogna parlare di ignoranza del tutto inconsapevole ―, dalle loro bocche escono delle terminologie che sono proprie del linguaggio illuministico e massonico, a partire dal concetto ambivalente e del tutto distorto di “solidarietà”, che per i frammassoni è puro ed esclusivo impegno filantropico nel sociale, esattamente ciò a cui oggi la Chiesa visibile ha ridotto il senso di carità svuotato della sua trascendenza cristologica e riempito di mondanità uomocentrica.

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In questione ― ed è bene puntualizzarlo a scanso di potenziali equivoci ―, non sono certo la scolastica e l’Aquinate, che ricordo sono due metodi, che come tali richiedono una solida base, una cultura di grado elevato, ma soprattutto un linguaggio ed un allenamento mentale e di concentrazione che oggi alla gran parte degli ecclesiastici stessi non è proponibile, perché non hanno né la formazione né i mezzi per affrontare il tutto. Quando infatti mancano purtroppo basi, cultura e linguaggio, come si può affermare in modo logico e ragionevole che bisogna volare in alto nel cielo? O si può forse chiedere ad un pollo di volare come se fosse un’aquila?

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terremoto dell’Aquila del 2009, i funerali delle vittime

La scolastica ed il tomismo, nel corso dell’ultimo mezzo secolo sono stati rasi al suolo da terremoti teologici di alta magnitudo innescati prima dal para-concilio dei teologi e poi dal post-concilio Vaticano II dei falsi interpreti. Ora, tutti noi dovremmo sapere che le violenti scosse sismiche di un terremoto ad alta magnitudo, in pochi minuti possono far crollare intere città. Una volta che questo è accaduto, per poi ricostruire quelle città non basteranno certo altrettanti pochi minuti, occorreranno decenni, perché sarà necessario ripartire pressoché da zero. Quando poi si tratta di città antiche completamente distrutte, come più volte avvenuto in Italia nel corso dei secoli, non sarà neppure possibile ricostruirle più o meno tal quali, perché certe antiche opere architettoniche non sono riproducibili, salvo dar vita a un falso antico od a maldestre riproduzioni, come per esempio la neo-scolastica decadente e lo pseudo tomismo. Sicché, affermare in certi salotti-ghetto che bisogna ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino, forse a certi soggetti onirici dà più eccitazione di quanta ne possa dare una conturbante immagine erotica ad un adolescente in preda a tempeste ormonali, ma per altro verso denota in qual misura costoro siano mossi da uno spirito irrazionale tale da renderli incompatibili con qualsiasi vera speculazione di tipo filosofico e teologico, certi e sicuri come sono di poter ricostruire nel tempo di un balletto città intere dopo un terremoto ad alta magnitudo che le ha rase al suolo; riedificandole semmai con quattro formulette ristagnanti della neo-scolastica decadente, che nulla hanno da spartire né con la scolastica né col tomismo. Detto questo si noti anche una cosa, i vari laici cattolici che si lanciano in diatribe internetiche sul rilancio della metafisica e di San Tommaso d’Aquino, se presi e tolti dal loro mondo onorico-telematico e posti dinanzi ad una platea, alla domanda a loro rivolta: «ci chiarisca il concetto di “ente” e di “essere”, di “sostanze” e di “accidenti”», farebbero scena muta. E questo lo affermo non perché lo immagino, ma perché l’ho più volte e ripetutamente sperimentato. Non è infatti un caso che questi leoni dietro gli schermi dei computer, fuggano ad ogni genere di confronto e di dibattito pubblico, non avendo mai studiato né la metafisica né il tomismo, seppure perversamente eccitati da queste due parole magiche, di cui non conoscono però la complessa essenza strutturale, che richiede prima la costruzione di solide basi, poi anni e anni di studio.

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Ascoli Piceno, terremoto del 2016, funerali delle vittime

Tutto questo ai grandi soloni non interessa, perché in essi prevale il narcisistico senso del piacere e dell’auto-compiacimento, certi e sicuri che peccaminosa e grave è solo la masturbazione fisica di un adolescente, non la pericolosa masturbazione mentale di certi adulti, incapaci di comprendere che anche a costo di umiliare il nostro essere intellettuale e conoscitivo, o le nostre capacità speculative filosofiche e teologiche acquisite e sviluppate in molti anni di studio e di lavoro, bisogna ripartire con l’annuncio degli elementi più basilari del Catechismo della Chiesa Cattolica, ed il tutto anche con esiti molto incerti, in una società che ormai ha sviluppata avversione sociale e politica verso il Cristianesimo. Il tutto mossi dalla dolorosa consapevolezza che nella società contemporanea, il sentire e gli stessi concetti di uomo e di natura, di vita umana e di etica, di famiglia e di rapporti umani, di legge e di diritto, sono del tutto antitetici ad ogni cristiano sentire e vivere. E se qualcuno, dinanzi a questa realtà, pensa davvero di ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino, in tal caso sarebbe bene far correre al più presto una autoambulanza e farlo trasportare legato dentro una camicia di forza presso il più vicino centro di igiene mentale. In caso contrario, il Cristianesimo sarà mutato in una speculazione intellettuale, estetica ed estetizzante, portata avanti per il piacere masturbatorio del proprio  egoistico “io” da persone che molto più e molto peggio dei modernisti e dei rahneriani da loro tanto criticati, hanno da tempo dimenticato di essere dei pastori in cura d’anime, non degli intellettuali da salotto che se le cantano e che se la suonano tra di loro in un mondo che non solo non li vuole ascoltare, ma che volendo anche compiere lo sforzo volenteroso di ascoltarli, non ha proprio più i mezzi intellettivi per comprendere questo genere di linguaggio.

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O sempre per dirla con un altro esempio concreto: sarebbe come se io, andando a far spesa al mercato della frutta in Campo dei Fiori a Roma, mi rivolgessi al venditore con questo linguaggio: «Buondì messer mio, niuno v’ha detto ch’eziandio tenete robe novelle d’alta bontade? Ordunque, pria largitemi queste leggiadre erbette, poscia questi frutti ubertosi». Sono pressoché certo che il fruttivendolo mi risponderebbe: «Caro Padre, io vendo erbe, ma se come sembra lei usa erbe da fumo di quelle che danno alla testa, allora deve andare a comprarle da un’altra parte». A quel punto potrei forse replicare dicendo … «Mio caro, lei ha frainteso e non ha capito: bisogna ripartire dalla lingua di Dante!». Ecco, questo è esattamente ciò che fanno gli abitanti del ghetto-estetico quando affermano che bisogna ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino e che per salvare il depositum ed il sensus fidei bisogna celebrare la «Messa di sempre» usando la magia del latino, posto che il latino è uno strumento di salvezza molto più efficace della assoluzione dei peccati attraverso il Sacramento della confessione o del Sacramento dell’unzione degli infermi dato alle persone che stanno per morire assieme alla prevista assoluzione plenaria. Detto questo aggiungo: chi pensasse che la fede unita alle opere salva, commette un grave errore: a salvare le anime sono il latino ed il Messale della cosiddetta «Messa di Sempre» di San Pio V.

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Sempre per spiegare che cosa accade quando si perde una lingua offro anche quest’altro esempio: quei grandi padri della democrazia e di quella non meglio precisata civiltà, tali tutt’oggi si credono i britannici, dopo avere depredato certi Paesi di tutto, di che cosa infine li privarono? Li privarono della loro lingua. E tutt’oggi, in India, per comunicare tra di loro gli indiani delle varie regioni sono costretti a parlare in lingua inglese. Naturalmente, il meglio di loro stessi, gli inglesi lo hanno dato con l’apartheid in Sud Africa al canto di God Save the Queen [Dio salvi la Regina]. E oggi, nella morente società inglese — nella cui capitale si rischia di essere accoltellati per strada da due bimbi di dieci anni —, gli stessi che sino a ieri tenevano in piedi il regime dell’apartheid in Sud Africa, sono capaci a spedirti nelle galere di Sua Maestà Britannica con accuse di razzismo o della sua variante tal è la cosiddetta omofobia, se osi esprimere che la loro icona pop Elton John, sposato con un uomo e con due bimbi comprati da degli uteri in affitto, farebbe gridare allo scandalo anche gli abitanti di Sodoma e Gomorra. Ma d’altronde, paradigma della società britannica sono i gabinetti dei loro locali pubblici, dove capita di trovare un cesso alla turca sul pavimento senza neppure un piccolo lavello per lavarsi le mani. Cosa questa che denota quanto certe persone siano sporche fuori e sporche dentro, ma pur malgrado convinte di essere i padri della civiltà, forse anche dell’igiene. Il tutto sebbene agli inizi del 2000, un gruppo di studenti italiani in soggiorno a Londra col progetto Erasmus, prelevò delle arachidi e delle patatine dai contenitori portati assieme alle birre ai tavoli di uno dei tanti pub di Londra, ed appena rientrati nella “sporca” ed “incivile” Italia le fecero esaminare da un laboratorio di analisi dell’Università di Bologna, con questo sorprendente risultato: quegli alimenti contenevano tracce di ben quattordici tipi di orine diverse … God Save the Queen !

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terremoto di Amatrice del 2016, funerali delle vittime

Questa è la nefasta opera portata a compimento nel corso dell’ultimo mezzo secolo: la distruzione del linguaggio ed il radicale sovvertimento del concetto stesso di umanità. Bisogna quindi insegnare di nuovo la lingua per comunicare, per dare all’uomo «un cuore nuovo» [cf. Ez 36,26-27. 26] e trasmettere i misteri della fede, consapevoli di quanto tempo occorra per ricostruire una città rasa al suolo da un violento terremoto. Solo dopo un lungo lavoro che impegnerà diverse generazioni, il quale richiederà anzitutto santi pastori in cura d’anime e autentici servitori della teologia, potremo tentare di dire: … e adesso proviamo a ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino. Qualsiasi autentico pastore in cura d’anime e qualsiasi autentico teologo che non sia un vanesio onanista narcisista raffermo nello stagno della propria ego-teologia, dovrebbe capire quanto sia urgente ripartire dalle basi più fondamentali, con buona pace del Jota Unum di Romano Amerio, delle rubriche e dei codicilli dei salottieri esclusivisti che tanto si piacciono quando nei loro circoli-ghetto parlano della purezza della vera dottrina o delle più alte speculazioni metafisiche, ma che nulla annunciano del mistero della Rivelazione e della Redenzione alla società neo-pagana di un mondo ormai in stato avanzato di decadenza. E con questa società e con questo mondo, gli esclusivisti salottieri della metafisica onirica condividono un grande elemento comune: il loro amore ed il loro compiacente annegamento nell’estetica decadente.

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A chi ancora avesse dubbi circa quanto ho sin qui affermato, procedendo su delle basi logiche che chiunque può smentire attraverso altrettanta e migliore logica, potrebbe bastare semplicemente mettere a confronto questo testo:

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da quando msidt, la mia vita è cambiata

xché xme tu6 qlc.

Per questo tvb tipe, xché 6Sxme.

MMT+ xché tu 6 il +.

T tel + trd, mi raccomando risp al cel 

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con quest’altro testo:

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Dicamus ergo resumentes et cetera. Praemisso prooemio, hic Aristotiles accedit ad tractatum huius scientiae. Et dividitur in partes tres. In prima determinat de felicitate, quae est summum inter humana bona perducens ad hoc considerationem felicitatis quod est operatio secundum virtutem. In secunda parte determinat de virtutibus, ibi, si autem est felicitas operatio quaedam secundum virtutem et cetera. In tertia complet suum tractatum de felicitate, ostendens qualis et quae virtutis operatio sit felicitas […] [16]

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la cattedrale di Messina ricostruita nel 1929 dopo il terremoto del 1908 che l’aveva rasa al suolo

… e messi a confronto questi due testi, vedremo e stabiliremo da dov’è più opportuno ripartire per riportare l’annuncio del Santo Vangelo agli uomini di un mondo sempre più cieco, sordo ed avverso a tutto ciò che è racchiuso nel Mistero della Rivelazione …

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Ecco perché noi Padri de L’Isola di Patmos anche a costo di “mortificare” il nostro cosiddetto “spirito intellettuale” e speculativo ―, abbiamo deciso di ripartire da quelle basi fondamentali che comportano un attento lavoro pedagogico che richiede anzitutto estrema chiarezza e una accurata spiegazione del senso delle parole. Non bisogna infatti dare mai nulla per scontato, con i tempi che corrono oggi. Quindi non si può menzionare, per esempio la parola transustanziazione, od i termini filosofici e teologici di sostanze e accidenti, senza spiegare in modo chiaro e semplice il preciso significato di questi termini [a titolo di esempio si rimanda a Giovanni Cavalcoli, O.P. QUI]. Tutto questo sempre nella triste consapevolezza che certi termini trasposti dal lessico filosofico classico al linguaggio teologico, oggi non sono compresi persino da un elevato numero di vescovi e di sacerdoti, per non parlare di certi laici messi a insegnare il catechismo ai nostri bimbi, od agli insegnati di religione nelle scuole.

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Ovviamente, di tanto in tanto, proseguiremo a scrivere articoli più lunghi e di taglio specialistico per la nostra pagina di Theologica, ma non certo limitandoci solo a questi scritti quasi sempre complessi, per quanto chiari, diretti perlopiù ad un pubblico più specialistico.

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Solo dopo che avremo ricostruito il linguaggio potrà infatti accadere che tra alcune generazioni i nostri posteri — quando noi saremo ormai corpi dissolti dentro le tombe e le nostre anime in soggiorno nel Purgatorio —, potranno provare a dire: adesso tentiamo di ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino.

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dall’Isola di Patmos, 29 aprile 2018  ―  Santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa 

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NOTE

[1] Mi sono innamorata di te

[2] Perché

[3] Per me

[4] Tu sei qualcuno

[5] Ti voglio bene ti penso

[6] Sei speciale per me

[7] Mi manchi tantissimo

[8] Tu sei il migliore

[9] Ti telefono più tardi.

[10] Rispondi al cellulare.

[11] Vengo dopo

[12] Ci vediamo.

[13] Tanto nobile d’animo e tanto piena di decoro è
la donna mia, quando rivolge ad altri il saluto,
che ogni lingua diviene, tremando, muta,
e gli occhi non hanno il coraggio di guardarla [Dante, La vita nova, XXI]

[14] Mi sono innamorata di te

[15] Tu sei il migliore

[17] San Tommaso d’Aquino, Liber I lectio IV.

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

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Padre Giovanni

Sulla transustanziazione il Sommo Pontefice Francesco conferma la tradizione

SULLA TRANSUSTANZIAZIONE IL SOMMO PONTEFICE FRANCESCO CONFERMA LA TRADIZIONE

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Il Pontefice regnante, con le parole «perché e nel pane e nel vino ci sia Gesù» intende dire che Cristo viene nel pane e nel vino non per stargli accanto o entrargli dentro, come lo zucchero nel caffè, come credeva Lutero, ma per transustanziarlo, ossia per mutarlo nel suo corpo, sicché fare la Comunione non vuol dire mangiare del pane, sia pure alla presenza di Cristo, ma mangiare il corpo di Cristo.

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Autore
Giovanni Cavalcoli, O.P.

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il Sommo Pontefice Francesco I durante una celebrazione eucaristica

All’Udienza del 7 marzo scorso [cf. QUI] il Santo Padre ha trattato della Preghiera Eucaristica della Santa Messa e, riferendosi alla formula della consacrazione eucaristica pronunciata dal celebrante, ha avuto le seguenti parole:

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«invochiamo lo Spirito perché venga, e nel pane e nel vino ci sia Gesù. L’azione dello Spirito Santo e l’efficacia delle stesse parole di Cristo proferite dal sacerdote, rendono realmente presente, sotto le specie del pane e del vino, il suo Corpo e il suo Sangue».

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Le parole del Papa a tutta prima potrebbero sembrar avere un senso luterano, ossia che la presenza reale del corpo di Cristo nell’Eucaristia sia da intendersi, come credeva Lutero, come presenza di Gesù nel pane. In tal caso, secondo Lutero, con la consacrazione il pane non viene mutato, ossia transustanziato nel corpo di Cristo, ma il pane resta pane e vi è solo la presenza di Cristo nel pane, sia pure dopo avere invocato la discesa dello Spirito Santo.

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il Sommo Pontefice Francesco I, celebrazione eucaristica

È necessario aprire un inciso per chiarire che in teologia dogmatica, nello specifico in dogmatica sacramentaria, col termine transustanziazione [dal latino, trans-substantiatio], si indica la conversione della sostanza del pane nella sostanza del Corpo di Cristo, della sostanza del vino, nella sostanza del Sangue di Cristo. Questo termine indica il passaggio di una sostanza in un’altra. Durante la celebrazione del Sacrificio Eucaristico, sebbene le specie del pane e del vino rimangano invariate nel loro colore e sapore — e questi sono indicati in linguaggio filosofico e teologico come cosiddetti “accidenti esterni” —, la sostanza, vale a dire l’elemento sostanziale, nonostante permangano le apparenze “accidentali” del pane e del vino si trasforma nel Corpo e nel Sangue di Cristo, realmente presente, vivo e vero, in corpo, anima e divinità.

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Il Papa, con le parole «perché e nel pane e nel vino ci sia Gesù» intende dire che Cristo viene nel pane e nel vino non per stargli accanto o entrargli dentro, come lo zucchero nel caffè, come credeva Lutero, ma per transustanziarlo, ossia per mutarlo nel suo corpo, sicché fare la Comunione non vuol dire mangiare del pane, sia pure alla presenza di Cristo, ma mangiare il corpo di Cristo.

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il Sommo Pontefice Francesco I, celebrazione eucaristica

Infatti il Concilio di Trento ha spiegato che la verità della presenza reale eucaristica suppone che, dopo le parole della Preghiera Eucaristica contenenti la cosiddetta formula consacratoria, il pane non sia più pane, ma corpo di Cristo [vedere QUI], come precisa subito dopo il Pontefice. Ciò vuol dire che la spiegazione cattolica e quella luterana della presenza reale non sono, come crede Andrea Grillo [vedere QUI], due possibili spiegazioni entrambe legittime, del fatto — che è ad un tempo dogma di fede — della presenza reale, perché si escludono a vicenda secondo il principio di non-contraddizione, per cui, se è vera l’una, non può esser vera l’altra, insomma: non possono esser vere entrambe simultaneamente.

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Qui infatti non si tratta di opinioni soggettive o di apparenze o di diversità di punti di vista, come sostiene Andrea Grillo. No. Qui c’è in gioco la verità oggettiva, che deve valere per tutti ed ha diritto al consenso di tutti e che rispecchia la realtà in sé così com’è; è quindi verità universale, una per tutti e valida per tutti.

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Lutero dice infatti che il pane resta pane. La Chiesa invece dice: il pane non è più pane. Lutero dice che Cristo è nel pane. La Chiesa, invece, come riporta il Papa dice che il pane non è più pane, ma corpo di Cristo. Ora, se è vera l’una proposizione, l’altra necessariamente è falsa. A meno che non distinguiamo più il sì dal no. Ma il Concilio di Trento ci ha detto qual è quella vera. Dunque, quella luterana è falsa.

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il Sommo Pontefice Francesco I, celebrazione eucaristica

Lutero, nello spiegare le parole di Cristo «questo è il mio corpo», le interpreta come se Cristo dicesse qualcosa di diverso da quello che effettivamente dice. Vediamo allora di giustificare l’assunto. È nota la sua teoria dell’impanazione o consustanziazione: Cristo non è sotto le specie del pane transustanziato nel corpo di Cristo, ma Cristo è nel pane ed insieme col pane. Quindi, sulla mensa non c’è solo il corpo di Cristo, ma ci sono il pane e il corpo di Cristo. Non una sostanza, il corpo di Cristo, bensì due: il pane e il corpo.

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Lutero cambia le parole di Cristo. Anziché «questo è il mio corpo», gli fa dire: «Io sono in questo pane». Si vede chiaramente che Lutero purtroppo rifiuta la distinzione fra sostanza e accidenti, che serve tanto utilmente ad accogliere il dogma della transustanziazione e quindi ad interpretare rettamente le parole del Signore, in particolare il «questo» [in greco τοῦτο, in latino  hoc].

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La tesi luterana di Cristo nel pane svuota del suo significato proprio ed originale il mistero eucaristico; non dice nulla, che non corrisponda a quel che è la presenza generale di Cristo in tutte le cose. Secondo Lutero, nell’Ultima Cena Gesù non avrebbe detto nulla di speciale o di nuovo rispetto a ciò che gli Apostoli sapevano già. Mangiando il pane consacrato da Cristo, essi non mangiarono il corpo di Cristo, ma semplicemente un pane nel quale Cristo era presente, così come Egli è presente nel cuore degli uomini giusti e in tutte le creature dell’universo.

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il Sommo Pontefice Francesco I, celebrazione eucaristica

Dunque quell’hoc non è più pane, ma non è ancora il corpo fino a che Cristo non terminò di pronunciare le parole della consacrazione. Nel momento in cui pronunciò quell’hoc, stava avvenendo la transustanziazione. Essa avvenne nel corso del parlare di Nostro Signore ed a causa delle sue parole. Così pure avviene nel corso del pronunciare le parole della consacrazione da parte del sacerdote mentre le pronuncia.

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Il Santo Padre ricorda poi giustamente ed opportunamente che il corpo del Signore è nascosto sotto le «specie» del pane. Che vuol dire «specie»? Non dobbiamo pensare alla “specie” nel senso biologico o logico. La parola, che deriva dal latino species, in questo caso significa “aspetto”, “sembianza”. Una cosa può avere l’aspetto di un’altra, per cui questa cela se stessa, la sua essenza o la sua sostanza sotto quell’aspetto. Per esempio, a Pentecoste lo Spirito Santo apparve sotto l’aspetto di lingue di fuoco [cf. At 2, 4-11], al battesimo di Cristo sotto l’aspetto di una colomba [cf.   Mt 3, 13-17].

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Bisogna però qui fare attenzione a che cosa la Chiesa intende dire con la parola specie. Non intende riferirsi ad un’apparenza o sembianza ingannevole, puramente soggettiva, come potrebbe essere un sogno, un’allucinazione o un’illusione ottica. Non è che l’ostia consacrata sembri bianca, rotonda e piccola, perché essa lo è in realtà. Lo è veramente, certamente ed oggettivamente. I sensi mantengono la loro veracità, non si tratta di vane apparenze; resta la verità sensibile. L’ostia è veramente bianca, rotonda e piccola. Questo è il senso della frase dei Padri: l’ostia sembra pane, ma non è pane: è il corpo del Signore. E dicendo “sembra” — come la Chiesa spiegherà successivamente — i Padri intendono: cogliere realmente la specie, anche se la sostanza del Corpo di Cristo resta nascosta ed è vista solo con gli occhi della fede.

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Volendo usare con prudente riserva il concetto kantiano di fenomeno, potremmo dire che il credente vede nell’ostia consacrata il fenomeno del pane, ma non vede la cosa in , ossia non vede il pane. Egli però sa che la cosa in sé, ossia la sostanza del pane, non c’è, ma che al suo posto c’è il corpo di Cristo. Certamente non sarà Kant, semplice filosofo, a dargli questa certezza, ma ovviamente è la fede. Tuttavia Kant, col concetto della cosa in sé, come Aristotele col concetto della  sostanza, può aiutarci a distinguere ciò che nell’ostia colgono i sensi da ciò che intende l’intelletto.

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Lo svantaggio di Kant rispetto ad Aristotele è che mentre per Aristotele la sostanza — in greco οὐσία, ousia   è intellegibile e concettualizzabile, ossia se ne può conoscere ed esprimere l’essenza, per Kant, invece, la cosa in sé esiste, è pensata [dal greco νοούμενον], ma non è conosciuta; quindi non può essere concettualizzata, perché per Kant il concetto speculativo coglie soltanto il fenomeno, per cui la sostanza, per Kant, non può essere un dato ontologico, ma è solo empirico o al massimo è un’esigenza logica della predicazione. È evidente allora che, con un simile concetto di sostanza, in Kant non si può parlare di transustanziazione.

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Occorre dire allora che la dualità kantiana fenomeno-cosa in sé per un verso aiuta a capire l’effetto della transustanziazione, ma per un altro è sviante. Aiuta, in quanto tale dualità dice apparizione al senso — il fenomeno — di qualità sensibili che suppongono una cosa in sé inattingibile dal senso, ma solo dall’intelletto [νοούμενον]. Il fenomeno, quindi, non è pura apparenza [Schein], ma manifestazione [Erscheinung] sensibile, oggettiva, certa e verace del reale.

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il Sommo Pontefice Francesco I, celebrazione eucaristica

Ma questa dualità, per un altro verso, non aiuta, perché essa implica una cosa in sé, che è certo reale [res Ding an sich] ed indipendente dal soggetto, ma inconoscibile in se stessa, della quale è fenomeno; ma il fenomeno offre all’intelletto un oggetto proprio, che non è la cosa in sé.

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Ora le specie eucaristiche rimandano sì ad una cosa in sé, che però per il credente non è affatto inconoscibile o imprecisabile, perché è il Corpo del Signore. Se vogliamo, potremmo dire che è inconoscibile alla pura ragione, ma non alla fede. Una semplice ragione come quella del non-credente, sarebbe convinta che dietro le apparenze del pane non c’è altro che il pane. Del resto, è normale per la ragione conoscere la sostanza invisibile e impalpabile mediante gli accidenti esterni visibili e palpabili.

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il Sommo Pontefice Francesco I, celebrazione eucaristica

È soltanto la fede che ci dice che dietro gli accidenti del pane non c’è il pane ma il corpo di Cristo. Sostenere dunque che dopo la consacrazione il pane resti pane, per quanto avvalorato dalla presenza di Cristo, vuol dire in ultima analisi non credere nelle parole del Signore. Il che vuol dire che la fede si salva solo ammettendo la transustanziazione.

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Restando invece nel quadro kantiano sappiamo bensì che sotto al fenomeno c’è la cosa in sé, che potrebbe far pensare alla sostanza. Senonché, come però abbiamo detto, per Kant la cosa in sé è bensì realtà sussistente, anzi certissima ed assoluta, distinta e indipendente dall’intelletto; ma, come è noto, è inconoscibile ed indeterminabile — c’è la “cosa”, non le cose — mentre per lui la sostanza, moltiplicabile e determinabile, è solo categoria a priori dell’intelletto, che vale solo per classificare i fenomeni e per la quale l’intelletto ha bisogno di un soggetto assoluto e fisso sottostante il divenire. Inoltre, quella che la Chiesa nel caso dell’Eucaristia chiama specie, corrisponde a ciò che in metafisica ed anche nel linguaggio comune si chiama accidente, proprietà ontologica aggiuntiva all’essenza delle cose, necessaria o contingente, inamissibile o amissibile, corruttiva o perfettiva, immancabilmente presente in tutte le realtà materiali e spirituali create. L’accidente può cadere sotto il senso come sotto l’intelletto. Esso concerne ciò che della cosa o di una realtà ci appare immediatamente, per così dire alla superficie, e che emana dall’intimo o dal profondo, o dal “cuore” della cosa, detti “sostanza”, che è ciò per cui un ente finito sussiste da sé e in sé, ciò che in logica è il soggetto predicante, che parla e del quale si parla ed al quale si attribuisce il predicato, che può essere o sostanziale o accidentale. Ma dell’accidente non si predica se non sostanzializzandolo. Essa è detta appunto “soggetto”, attraverso l’uso del termine greco ὑποκείμενον [ypokèimenon], di cui fa uso Aristotele e che alla lettera significa “stare sotto”; termine poi trasposto in latino — sub-iectum  per significare che essa soggiace o fa da supporto agli accidenti.

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Sostanza e accidenti

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il Sommo Pontefice Francesco I, celebrazione eucaristica

La sostanza [2] è l’ente completo in quanto sussistente ed agente secondo la sua essenza o natura specifica [sostanza seconda] o individuale [sostanza prima]. La sostanza può essere naturale o artificiale, l’artefatto, opera della tecnica o dell’arte. Quella naturale è creata da Dio ed è formata da un’unica forma sostanziale, per esempio la forma della sostanza chimica e l’anima dei viventi. Quella artificiale è prodotto dell’uomo ed è un insieme o composto ordinato di parti di sostanze diverse. L’ostia è una sostanza artificiale.

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Esigenza profonda ed essenziale dell’intelletto è conoscere la sostanza delle cose, al di là degli accidenti magari caduchi ed effimeri, oggetto dei sensi. La sostanza è ciò che nell’ente e nel reale vi è di più consistente, di più importante, di più interessante per l’intelletto, il quale solo, e non il senso, sa cogliere la sostanza. Certo, per una conoscenza precisa e soprattutto storica e concreta, occorre conoscere anche gli accidenti, soprattutto quelli essenziali e inamissibili. Invece, nel sapere scientifico, dove interessa conoscere l’universale, conoscere l’essenziale e il fondamentale, la conoscenza dell’accidentale è di scarso interesse. Conosciamo la sostanza per il tramite degli accidenti, perché la sostanza si apprende nei suoi accidenti.

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La sostanza del pane è il pane. Ma è chiaro che quando si dice il “pane”, s’intende il pane coi suoi accidenti. Tuttavia, la sostanza del pane è realmente distinta dai suoi accidenti, anche se normalmente la sostanza sta coi suoi accidenti e questi ineriscono alla loro sostanza. La sostanza non può rimanere, di norma, senza i suoi accidenti.

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Nella transustanziazione, quindi, la sostanza del pane non resta da sola, non è annullata, come infatti insegna il dogma tridentino [3] «si converte totalmente nella sostanza del corpo di Cristo». Solo questa sostanza del corpo di Cristo non ha i suoi accidenti, perché va intesa non nel senso della sostanza del corpo di Cristo risorto e asceso al cielo, laddove soltanto ha i suoi accidenti — ossia il suo corpo glorioso che porta sempre impressi su di di esso i segni della passione —, ma è, per la potenza divina, pura sostanza esente dagli accidenti [per modum substantiae].

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il Maestro e Custode della fede in cattedra

Per questo, il corpo di Cristo presente a modo di sostanza nel Santissimo Sacramento è indipendente dal luogo, dallo spazio e dal tempo, e può quindi essere presente in tutti i tabernacoli della terra fino alla fine del mondo. Infatti, luogo, tempo e spazio sono accidenti della sostanza. Quanto agli accidenti eucaristici del pane e del vino, è da ricordare che Dio onnipotente, creatore della sostanza e degli accidenti, fa sì che essi esistano senza la loro sostanza, sostenuti nell’essere da Lui. Ed è appunto quanto avviene nell’Eucaristia.

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Siccome nel Santissimo Sacramento restano gli accidenti eucaristici, e questi accidenti entro breve tempo o per vari motivi si corrompono, all’atto della corruzione, viene meno la presenza reale, perché vengono meno gli accidenti del pane e del vino, sotto i quali c’è la presenza reale.

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Nel momento della consacrazione eucaristica avvengono dunque tre miracoli, che solo gli occhi della fede possono vedere: primo, la transustanziazione; secondo, Dio sostiene gli accidenti eucaristici privi della loro sostanza; terzo, Dio dispensa dal possesso dei propri accidenti la sostanza del corpo di Cristo Risorto sotto le specie eucaristiche.

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Ecco perché sul Corpo e il Sangue di Cristo, realmente presente dopo la Preghiera Eucaristica in anima, corpo e divinità, il Popolo di Dio acclama: mistero della fede! Annunciando la morte di Cristo e proclamando la sua risurrezione, nell’attesa della sua venuta.

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Varazze, 28 aprile 2018

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NOTE 

[1] Synopsis theologiae dogmaticae specialis, Desclée et Socii, Romae-Tornacii-Pariis, 1908, vol.II, p.339.

[2] Due trattati magistrali sulla nozione metafisica di sostanza: Tomas Tyn, O.P, Metafisica della sostanza. Partecipazione e analogia entis, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2009; M.-D.Philippe,OP, L’être. Recherche d’une philosophie première,Téqui, Paris 1972.

[3] Denz.1642.

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