Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

L’attualità della teologia spirituale di San Tommaso d’Aquino

—  i video de L’Isola di Patmos  —

L’ATTUALITÀ DELLA TEOLOGIA SPIRITUALE DI SAN TOMMASO D’AQUINO

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«Una sconsiderata tristezza spirituale è una malattia dell’anima, invece, una moderata tristezza denota una corretta condotta dello spirito, considerata la condizione di questa nostra vita» [San Tommaso d’Aquino]»

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Autore
Giovanni Cavalcoli, O.P.

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Alle porte del Santo Natale offriamo ai nostri Lettori una video conferenza di Giovanni Cavalcoli, O.P. che nell’ambito del master promosso dalla fondazione Doctor Humanitatis ci parla della teologia spirituale di San Tommaso d’Aquino in questa sua video lezione.

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«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
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Amoris Laetitia: pensavamo fosse amore, invece è una drammatica spaccatura all’interno della Chiesa. I forti dubbi del canonista newyorkese Gerald Murray

AMORIS LAETITIA : PENSAVAMO FOSSE AMORE, INVECE È UNA DRAMMATICA SPACCATURA ALL’INTERNO DELLA CHIESA. I FORTI DUBBI DEL CANONISTA NEWYORKESE GERALD MURRAY

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« La Amoris Laetitia era già stata formulata dal Cardinale Jorge Mario Bergoglio all’epoca che era  arcivescovo di Buenos Aires. Se all’epoca egli l’avesse inviata a Roma, la Congregazione per la Dottrina della Fede, dopo averla esaminata, avrebbe risposto: “Questo testo non è conforme al magistero autentico insegnato dal Diritto Canonico, da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI” »

Autore
Redazione dell’Isola di Patmos

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«Pensavo fosse amore, invece era un calesse»

Massimo Troisi [Napoli 1953 – Roma 1994] 

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il compianto Massimo Troisi

Dopo le dichiarazione del Padre Thomas G. Weinandy, insigne teologo cappuccino di Washington [vedere precedente articolo QUI], in questi giorni altre precise e dettagliate dichiarazioni sono state rilasciate ad un seguito programma televisivo americano da un nostro confratello americano, il canonista Gerald Murray, presbìtero dell’Arcidiocesi di New York ed insigne studioso.

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A segnalarci il video è stato un presbìtero dell’Arcidiocesi di New York che per alcuni anni ha vissuto a contatto a Roma col Padre Ariel S. Levi di Gualdo, all’epoca in cui questo sacerdote statunitense risiedeva presso il Collegio Nord Americano durante i suoi studi specialistici svolti in una università pontificia romana. 

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Coloro che vivono nella loro realtà soggettiva, che in quanto tale pare davvero sempre più avulsa dal reale ecclesiale e pastorale, con uno spirito ormai in bilico tra accidia e indifferenza omissiva, possono anche fingere che tutto vada bene, mentre dovremmo prendere atto che l’ambiguità del Pontefice regnante non ha nulla da spartire con le riforme. Né nulla ha da spartire col fatto che nel corso della storia della Chiesa, molte importanti riforme hanno generato nei secoli discussioni e malumori a non finire, prima di essere accettate.

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La evidente rottura oggi drammatica all’interno della Chiesa, è dovuta al fatto che a dei problemi nati da espressioni ambigue, ambivalenti ed a doppio senso interpretativo, come risposte sono state fornire parole ancor più ambigue e confuse. E questo, a coloro ai quali non fosse ancora evidente, ricordiamo che sta generando il caos intra ed extra ecclesiale.

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Non abbiamo potuto tradurre dall’inglese il video segnalato dal presbìtero newyorkese ma possiamo sintetizzare che in esso, l’insigne canonista intervistato, precisa e ricorda:  

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«La Amoris Laetitia era già stata formulata dal Cardinale Jorge Mario Bergoglio all’epoca che era  Arcivescovo di Buenos Aires. Se all’epoca egli l’avesse inviata a Roma, la Congregazione per la Dottrina della Fede, dopo averla esaminata, avrebbe risposto: “Questo testo non è conforme al magistero autentico insegnato dal Diritto Canonico, da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI” […] Oggi ci troviamo invece di fronte  ad un qualche cosa definito dal Papa come suo magistero autentico, ma che mai sarebbe stato riconosciuto come tale  in armonia con l’insegnamento cattolico, nel caso in cui egli lo avesse diffuso come Arcivescovo di Buenos Aires […] Dottrina e disciplina procedono assieme in modo inscindibile, ecco perché questa situazione è preoccupante […] Credo quindi che i Cardinali che presentarono i loro dubia abbiano ragione. Se l’insegnamento morale della Chiesa non è proposto e presentato in modo deciso e preciso, allora cadiamo nel caos».

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Rimandiamo alla visione del video nel quale Padre Gerald Murray espone e spiega il grande e pericoloso problema che oggi stiamo vivendo.

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Dalla porno-teologia di Avvenire all’ambiguità dei Vescovi argentini che non può produrre chiaro e inequivocabile magistero pontificio

DALLA PORNO-TEOLOGIA DI AVVENIRE ALL’AMBIGUITÀ DEI VESCOVI ARGENTINI CHE NON PUÒ PRODURRE CHIARO E INEQUIVOCABILE MAGISTERO PONTIFICIO

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La pubblicazione della risposta del Romano Pontefice ai vescovi argentini sugli Acta Apostolicae Sedis sta facendo esultare i modernisti, che però non si rendono conto che la questione non è del tutto risolta, perché purtroppo, la sentenza pontificia, per quanto utile e degna di considerazione, non fa ancora piena chiarezza circa la tormentata questione, che è sempre quella: se possono darsi o no dei casi nei quali i divorziati risposati possono essere ammessi alla Confessione e alla Santa Comunione; ma soprattutto quali sono e quali possono essere, questi casi.

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Autori
Giovanni Cavalcoli, O.P. – Ariel S. Levi di Gualdo

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Dal deserto al Natale: in principio era il Verbo, non era il povero, non era il profugo, né lo jus soli

— catechesi d’Avvento —

DAL DESERTO AL NATALE: IN PRINCIPIO ERA IL VERBO, NON ERA IL POVERO, NON ERA IL PROFUGO, NÈ LO JUS SOLI

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durante la solennità del Santo Natale, in tutte le nostre chiese proclameremo più volte il Prologo del Santo Vangelo del Beato Evangelista Giovanni, il quale recita: «in principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio». In nessuna chiesa dell’intera Orbe Catholica sarà possibile leggere, in ossequio al sempre più scristianizzante e mondano politicamente corretto: «In principio era il povero, ed il povero era il profugo, ed il profugo era presso Dio, ed il profugo reclamava lo jus soli dalle colonne di Avvenire e de L’Osservatore Romano »

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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  PDF  articolo formato stampa

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Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo» [Mc 1, 1-18]

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Santo Natale 2017, imminente riapertura della bottega del politicamente corretto

In questa Seconda Domenica d’Avvento, nella frase di apertura del Santo Vangelo del Beato Evangelista Marco: «Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come è scritto nel profeta Isaia: Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada», è racchiuso il nostro inizio remoto, il nostro passato, il nostro presente ed il nostro futuro. Nel messaggio in movimento della parola viva di Dio c’è la totalità del nostro essere presente e del nostro divenire futuro ed eterno. È il mistero del Cristo Dio indicato come Christus totus nella dottrina del Santo Vescovo e dottore della Chiesa Agostino, riconosciuta come l’elemento più fecondo della sua riflessione sulla Chiesa, che muove il passo dalla riflessione del Beato Apostolo Paolo che afferma «Voi siete corpo di Cristo e sue membra» [1].

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Essenziale, ed a tratti ombrosa, quasi selvatica come le locuste ed il miele di cui si cibava, è la figura di Giovanni detto il battista, il precursore. Uomo che non nasce dal nulla, né termina la propria vita morendo in un quieto letto colto da senile morte naturale. Giovanni, che amava la verità e la giustizia, fu sacrificato per una danza di Salomè; e la sua testa, in nome di quelle ragioni politiche alle quali pare talvolta non si possa mai dire di no, specie quando danneggiano la verità e la giustizia, fu recisa di netto e deposta su di un vassoio per la perversa gioia di Erodiade che la richiese in dono [2]. Un dono non negato, anzi prontamente concesso, perché da esso dipendeva il mantenimento di tanti fragili equilibri; non importa se immorali e perversi, ciò che solo contava era mantenerli, ieri come oggi, fuori dalla Chiesa come dentro la Chiesa.

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Santo Natale 2017, imminente riapertura della bottega del politicamente corretto ...

Il Beato Precursore porta a compimento un’antica e lunga stagione profetica segnata da uomini altrettanto straordinari: i grandi profeti d’Israele. Ma che cosa accomunava uomini come Geremia, finito lapidato. Isaia, condannato a morte, pare sia stato segato in due. Daniele, gettato in pasto ai leoni … e il Battista? Tutti questi uomini, servi anch’essi della verità e della giustizia, morti come Giovanni non di quieta morte naturale, erano tra di loro accomunati dall’intuizione, un dono racchiuso per natura nell’istinto di ogni uomo, che se sviluppato dal tocco della grazia di Dio può portare chiunque a percepire e vedere oltre il tempo e le ristrettezze dello spazio presente, nel quale spesso ci facciamo prigionieri anziché creature libere, perché se nel nostro spazio esistenziale sviluppiamo la libertà, la nostra esistenza sarà una continua emancipazione, nel senso romanistico del termine di emancipatio, cioè di liberazione dalla schiavitù, da non confondere con tante altre false emancipazioni, comprese quelle degli anni Settanta del Novecento, che dietro pretesti di libertà ci hanno spesso consegnati alle forme di schiavitù peggiore. Oppure basti ripensare, andando indietro nel tempo, alla cosiddetta èra dei lumi, quando si gridava Libertè, Égalité, Fraternité, ed a conclusione di questi proclami si urlava «ou la mort» [oppure la morte]. Infatti, nella Francia rivoluzionaria della grande imbécillité, a fine Settecento si tagliavano teste sulle ghigliottine in quantitativi industriali, in modo sommario e senza processi. Però, sia chiaro: il tutto avveniva sempre in nome della sacrosanta … Libertè.

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Se rimaniamo chiusi nel nostro spazio, o se ci gettiamo in pasto alle false emancipazioni, in tal modo ci riduciamo alla limitatezza di quel devastante “tutto e sùbito” al quale da anni faccio continuo richiamo e che cancella in noi ogni anelito verso l’eterno. Ecco allora che la nostra esistenza sarà una prigionia, semmai dorata, ma pur sempre una prigione, pur sempre una schiavitù. E non esiste schiavitù peggiore di quella che si vive senza neppure più rendersene conto poiché celata dietro pretesti di falsa libertà.

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Altro elemento sul quale oggi più che mai si dovrebbe parlare in modo approfondito, è il concetto di deserto. Dalla Parola di Dio abbiamo appena udito: «Voce di uno che grida nel deserto». Proviamo a pensare quali generi di sordi e muti deserti si è costretti a vivere oggi in mezzo al rumore, tra le fibre ottiche che corrono invisibili e le reti telematiche super tecnologiche del nostro mondo della notizia in tempo reale, per non parlare dell’intelligenza artificiale che finirà nel tempo con l’annichilire completamente l’intelligenza umana. Eppure mai, come oggi, l’uomo è stato solo, in questi nostri moderni spazi deserti dell’anima; totalmente diversi dai deserti in cui l’uomo si ritirava in passato, per trovare se stesso e avvertire il soffio della carezza di Dio su di lui.

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Santo Natale 2017, imminente riapertura della bottega del politicamente corretto …

Qual senso può avere la frase del profeta Isaia riportata dall’Evangelista: «Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri?» [3]. Si tratta di una frase chiara, indubbiamente. Ma chiara solo all’apparenza. C’è anche un saggio detto popolare che parafrasando questa pericope del Santo Vangelo motteggia: «Dio raddrizza le vie storte». Cosa che la sua grazia fa e che più volte nel corso della storia ha mostrato di fare. In questo caso, però, il soggetto chiamato in causa, o per meglio dire all’opera, pare proprio che sia l’uomo. Dio ha bisogno di sentieri adeguati per camminare tra gli uomini che, per andare incontro alla sua Maestà Divina, devono lavorare a raddrizzare dei sentieri che in ogni caso, all’origine, Dio aveva tracciati diritti. Volendo possiamo aggiungere che talvolta le vie non sono neppure più storte, ma molto di più e molto peggio: all’apparenza le vie non esistono proprio più! E non esistono perché la via è quel grande dono di grazia che può essere però distrutto dal libero arbitrio dell’uomo attraverso il peccato.

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Ammetto di rendermi conto di essere un presbìtero ed un teologo di quelli oggi definiti demodé, poiché come affermano taluni io parlo ancora di peccato «alla vecchia maniera», in questa nostra Chiesa contemporanea fatta ormai di pace, amore cuoricini palpitanti, uccellini che cinguettano di fronte ai gatti vegani che si struggono in emotive passioni vegetariane dinanzi al loro canto. Purtroppo io credo sempre che il peccato originale sia invece un fatto e non una metafora allegorica. Ma volendo c’è di peggio: io credo sempre all’esistenza del giudizio di Dio, credo al Paradiso al Purgatorio e all’Inferno. Credo che quando noi professiamo « … e un giorno tornerà nella gloria per giudicare i vivi ed i morti», il Divino e Sommo Giudice non dirà agli uomini: «Avanti, tutti siete salvi!». Pertanto, sulle orme del Beato Apostolo Paolo, è mio dovere dirvi:

«Se anche noi stessi o un Angelo dal cielo vi predicasse un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un Vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!» [4].

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Se quindi annunciassi il contrario di quanto contenuto nel Santo Vangelo significherebbe che sarei come le «guide cieche» [5] che hanno smarrita la strada di Dio per seguire le strade degli uomini, incurante che Cristo Dio ci ammonisce nel capitolo VII° del Vangelo del Beato Evangelista Matteo:

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«Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!».

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Santo Natale 2017, imminente riapertura della bottega del politicamente corretto …

Quante antiche vie sono scomparse nel tempo, inghiottite dalla terra, dalla vegetazione, da strati urbani e architettonici sovrapposti gli uni sugli altri? Basti pensare alla nostra antica Roma, alla quale erano collegate già nell’antichità reti stradali disseminate per tutto il territorio europeo ed attraverso le quali si poteva raggiungere l’antica capitale dell’Impero Romano dalla Gallia, che è l’attuale Francia, come dalla Frigia, la Anatolia centrale che si trova nella attuale Turchia. Quelle antiche strade, gran parte delle quali non esistono più, in passato però esistevano. Strade che erano non solo reali, ma anche funzionali; e per lunghi periodi di tempo furono percorse. Oggi, oltre ai grandi tratti autostradali, la nostra Capitale è servita anche da due aeroporti internazionali e da collegamenti ferroviari con treni ad alta velocità. Eppure, molto più di ieri, oggi pare difficile che da Roma si raggiunga veramente il mondo e che dalle varie periferie del mondo si raggiunga agevolmente Roma, perché da un po’ di tempo sembra che proprio Roma stia offrendo porte larghe e spaziose su autostrade a nove corsie molto facili da percorrere, mentre la nostra naturale via cristologica, che è angusta e irta di ostacoli, ci porta infine ad una porta di accesso stretta.  

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La strada, oltre ad essere un tratto percorribile che conduce a varie destinazioni, è quindi anche elemento, segno e simbolo della nostra memoria. Non a caso Cristo Dio paragona se stesso ad una strada:

«Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita”» [6].

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Santo Natale 2017, imminente riapertura della bottega del politicamente corretto

Quando l’uomo cessa di vedere in Cristo Dio la via, come potrà mai raggiungere la verità e la vita? Perché per vivere nella verità e conquistare il premio della vita eterna è necessario riconoscere, accogliere e percorrere Cristo Dio come via. Ecco allora che talvolta, la strada, per poter essere preparata richiede un attento e faticoso recupero, cosa questa che a suo tempo San Giovanni Battista intuì, tanto che dal deserto tracciò il primo percorso di recupero inducendo alla purificazione e al pentimento dei peccati, quindi alla preparazione annunciando:

«Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo» [7].

Le parole di apertura di questo Santo Vangelo «Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio», racchiudono anche un altro significato mistagogico: il Santo Vangelo è in sé e di per sé un inizio senza fine. In quale dei Santi Vangeli è infatti scritta, od anche solo vagamente sottintesa, la parola “fine”? Scrive infatti il Beato Evangelista Matteo:

«Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che io vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» [8].

Scrive il Beato Evangelista Marco:

«Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano» [9].

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Scrive il Beato Evangelista Luca:

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«Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio» [10].

L’Evangelista Giovanni, nella sua conclusione non manca di precisare:

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«Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere» [11].

 

Santo Natale 2017, imminente riapertura della bottega del politicamente corretto …

In modo diverso gli Evangelisti, al termine delle loro stesure non pongono la parola “fine” a un racconto, ma delineano che quel racconto racchiude il mistero della Rivelazione che dà avvio all’inizio: … adesso cominciate a partire, fate discepoli e battezzate [12] allora partirono e cominciarono a predicare dappertutto [13] … E dopo che il Signore fu salito al cielo loro tornarono a Gerusalemme e cominciarono ad andare sempre al Tempio a lodare Dio [14]. Beninteso: questo è solo una piccola parte di tutto ciò che realmente è accaduto, come precisa nella conclusione del suo Vangelo il Beato Evangelista Giovanni [15].

Il Vangelo procede di inizio in inizio sino alla parusia che traccerà un nuovo inizio eterno: Dio che irrompe nell’esperienza dell’uomo in modo reale, fisico e  corporeo  attraverso l’incarnazione. Sino a  giungere, dopo l’intera esperienza cristologia che pare culminare con l’infamia della croce, alla pietra rovesciata di un sepolcro che non segna la chiusura di una storia a lieto fine, ma l’inizio della vera storia dell’umanità che col Cristo è risorta. «Noi infatti», dice il Beato Apostolo Pietro nella seconda lettura che abbiamo udito in questa liturgia della parola: «Secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia» [16]. E sarà solo allora, come annuncia il Profeta Isaia, che

«Il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l’orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare» [17].

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Santo Natale 2017, imminente riapertura della bottega del politicamente corretto …

Nulla di questo possono capire gli idolatri della nuova religione pagana vegana, per citare alcuni esponenti tra le numerose espressioni del paganesimo moderno. Se infatti oggi il leone sbrana il capretto e se lo divora, è perché Adamo ed Eva hanno alterata e sovvertita col proprio peccato la natura perfetta creata da Dio, lasciandoci in eredità una natura corrotta dal loro peccato [18]. Questa natura tornerà alla sua primigenia perfezione dopo il giudizio universale, non certo dopo le proteste degli integralisti religiosi vegani, atei e pagani, che danno di matto davanti agli allevamenti di bestiame, o davanti alle fattorie che commettono altri “grandi crimini”, tali a loro dire sono le produzioni di formaggi, latticini e uova. Per inciso: qualcuno ha mai visto un integralista religioso vegano, sempre pronto a stracciarsi le vesti per le sofferenze di una gallina costretta a produrre uova, a straziarsi di dolore dinanzi agli ospedali dove si sopprimono le vite di essere umani innocenti attraverso l’abominio dell’aborto, che grida ben più vendetta al cospetto di Dio, rispetto ad una povera mucca costretta a produrre latte?

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Affinché si realizzino «nuova terra e nuovi cieli», Dio non ci vuole certo spettatori, ma protagonisti costruttori, per bagnare questa nuova terra con l’acqua che stilla dalle fonti dell’eterna giustizia. L’amore di Dio è infatti giustizia e la giustizia è l’espressione divina più perfetta del suo immenso amore, è infatti dall’unione dell’amore e della giustizia di Dio che prende vita la sua misericordia. Perché chi ama, è sempre giusto; e nella giustizia trova senso ed espressione il suo amore di creatura creata a immagine e somiglianza del Dio Vivente, alla quale il sacrificio del Cristo e la rigenerazione al suo nuovo battesimo ci purifica dall’antica colpa del peccato originale di Adamo:

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« … se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita. Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti» [19].

Questo è lo spirito attraverso il quale nel periodo dell’Avvento è nostro dovere cristiano prepararci al Santo Natale. E nel Natale, è bene ricordarlo, riviviamo il mistero della Incarnazione del Verbo di Dio in un mondo, ed in particolare in una vecchia è decadente Europa, oggi più che mai sempre più lontana da Dio. E, quando si chiudono le porte a Dio, si spalancano sempre le porte alle moderne religioni pagane, incluso il poc’anzi citato integralismo religioso vegano.

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… e dalla scristianizzante bottega del politicamente corretto, il passo verso l’industria della blasfemia della gaystapo è sempre molto breve …

Temo che anche quest’anno, come nei recenti anni passati, dovremo subìre e sorbirci messaggi e affermazioni già udite che faranno risuonare proclami del tipo: «Anche Gesù era un povero figlio di poveri», cosa tra l’altro non vera, come in passato ho spiegato [20] [vedere articolo QUI e video-lezione QUI]. Ma soprattutto torneremo a udire il Santo Natale indicato come: «festa della pace e dell’amicizia tra i popoli», «festa della solidarietà», «festa dell’accoglienza del diverso» … in un brulicare di raffigurazioni presepiali che sono un trionfo di mangiatoie costruite dentro barconi, di Bambinelli Gesù adagiati su di un gommone con la ciambella di salvataggio attorno alla vita, mentre Giuseppe e Maria indossano entrambi giubbotti salvagente. Da alcuni anni a questa parte, dai presepi sono spariti i pastori, sostituiti dagli agenti della guardia costiera e dagli operatori dei centri di accoglienza per profughi veri o presunti. Ma volendo c’è molto di peggio, perché è già accaduto che in ossequio al moderno “dogma” della cultura di morte introdotta dalla teoria del gender ― che come sappiamo è una fede assoluta molto superiore a quella sull’Incarnazione del Verbo di Dio ―, hanno già collocato in qualche presepe due Giuseppe, per seguire con varie altre amenità più o meno scristianizzanti e non di rado sacrileghe.

Forse è doveroso ricordare che durante la solennità del Santo Natale, in tutte le nostre chiese proclameremo più volte il Prologo del Santo Vangelo del Beato Evangelista Giovanni, il quale recita: «in principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio». In nessuna chiesa dell’intera Orbe Catholica sarà possibile leggere, in ossequio al sempre più scristianizzante e mondano politicamente corretto: «In principio era il povero, ed il povero era il profugo, ed il profugo era presso Dio, ed il profugo reclamava lo jus soli dalle colonne di Avvenire e de L’Osservatore Romano ».

Eppure, anche tutto questo era stato già anticipato:

«Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole» [21] […] «Prima infatti dovrà avvenire l’apostasia e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio».

… e dalla scristianizzante bottega del politicamente corretto, il passo verso l’industria della blasfemia della gaystapo è sempre molto breve …

Solamente dopo la fine dei tempi e l’inizio del suo regno che non avrà fine, avverrà che «il lupo dimorerà insieme con l’agnello» [22], mentre per adesso, attraverso vie impervie e porte strette verso la salvezza, Cristo Dio ci ha avvisati in modo molto chiaro e preciso: «Io vi mando come pecore in mezzo ai lupi» [23]. E una volta inviate come «pecore in mezzo ai lupi», le pecore, che nella prosecuzione di questo monito sono invitate da Cristo Dio a essere «prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» [24], con i lupi non dovrebbero proprio trattare e mercanteggiare, specie all’accomodante ribasso ed alla svendita, perché al lupo non si costruiscono ponti, né con lui si dovrebbero andare a cercare punti di unione o di comunione. È inutile che le pecore dicano al lupo: «Suvvia, caro lupo, noi non ti condanniamo, anzi con te vogliamo dialogare e cercare ciò che ci unisce e non ciò che ci divide». Questo non è possibile, perché le pecore non possono diventare lupi ed i lupi non possono diventare pecore, ma soprattutto perché il lupo non è buono, non lo è mai. Tornerà ad essere buono solo dopo il giudizio universale, quando, dopo la fine dei tempi, nel nuovo inizio «il lupo dimorerà insieme con l’agnello», non però prima di allora, neppure sotto la nuova empietà di quel misericordismo distruttivo che accarezza i lupi e bastona le pecore dell’ovile di Cristo Redentore Buon Pastore.

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dall’Isola di Patmos, 10 dicembre 2017

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NOTE

[1] 1ª Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi: 12, 27.

[2] Vangelo di San Marco: 6, 17-29.

[3] Libro del Profeta Isaia: 40,1-5.9-11.

[4] Lettera di San Paolo Apostolo ai Galati: 8, 1-10.

[5] Vangelo di San Matteo: 16, 23 e 24.

[6]  Vangelo di San Giovanni 14, 5-7.

[7]  Vangelo di San Matteo:  3, 11.

[8]  Vangelo di San Matteo: 28, 19-20.

[9]  Vangelo di San Marco: 16, 20.

[10]  Vangelo di San Luca: 24, 51-53.

[11] Vangelo di San Giovanni: 21, 25.

[12]  Cf. Supra: San Matteo.

[13]  Cf. Supra: San Luca.

[14]  Cf. Supra: San Marco.

[15]  Cf. Supra: San Giovanni.

[16]  IIª Lettera di San Pietro: 3, 8-14.

[17]  Libro del Profeta Isaia: 11, 6-9.

[18]  Libro della Genesi: 3, 1-22.

[19] Lettera di San Paolo Apostolo ai Romani: 5, 17-19.

[20] Ariel S. Levi di Gualdo, L’Isola di Patmos del 19 luglio 2017: «Contro la moderna idolatria ideologica della povertà: Gesù Cristo non era povero e mai da povero visse, mangiò e vestì, nè alla sua morte fu sepolto da povero» [link QUI]. Le video-lezioni de L’Isola di Patmos, 23 gennaio 2016: «L’oro dei magi e il falso amore per i poveri di Giuda Iscariota» [link QUI].

[21] IIª Lettera a Timoteo di San Paolo Apostolo: 4, 3-4.

22] Libro del Profeta Isaia: 11, 6-9.

[23] Vangelo di San Matteo: 10, 16.

[24] Vangelo di San Matteo: 10, 16.

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

Circa la smania di proclamare certi nuovi “santi”: osservazioni sulla teologia di Teilhard de Chardin ed il suo pensiero poetico pericoloso

CIRCA LA SMANIA DI PROCLAMARE CERTI NUOVI “SANTI”: OSSERVAZIONI SULLA TEOLOGIA DI TEILHARD de CHARDIN ED IL SUO POETICO PENSIERO PERICOLOSO

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La sua teologia non è guidata da un rigoroso e lucido impegno speculativo fondato su solide base filosofiche, ed in essa scarseggia lo stesso intellectus fidei, sul quale prevale una vivace immaginazione poetica. Nascono allora visioni puramente soggettive, emotive e fantasiose, con danno non solo del corretto ragionare filosofico, ma, quel che è peggio, della stessa dottrina della fede. In Teilhard de Chardin si nota una sostanziale indocilità al Magistero della Chiesa, che egli presuntuosamente sostituisce con la sua fantasiosa visione soggettiva. Per questo alcuni hanno giustamente parlato, a suo riguardo, di “gnosi”.

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Autore
Giovanni Cavalcoli, O.P.

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PDF  articolo formato stampa

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Dio Padre ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà: il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose [Ef 1, 3-10]

Si lasciano sedurre dall’apparenza, perché le cose vedute sono tanto belle [Sap 13,7]

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Padre Pierre Teilhard de Chardin, S.J. [1881-1981]

L’agenzia d’informazione Vatican Insider riferisce:

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«L’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della cultura ha approvato a larga maggioranza una proposta da far giungere a Papa Francesco, in cui si chiede di contemplare se sia possibile rimuovere il Monitum della Sacra Congregazione del Sant’Uffizio sulle opere di padre Pierre Teilhard de Chardin, S.J. La petizione è stata approvata sabato 18 novembre durante i lavori dell’Assemblea riunitasi sul tema «Il futuro dell’umanità: nuove sfide all’antropologia». La proposta, come rilanciato dal quotidiano on-line SIR [Ndr. cf. QUI], è motivata così: “Riteniamo che un tale atto non solo riabiliterebbe lo sforzo genuino del pio gesuita nel tentativo di riconciliare la visione scientifica dell’universo con l’escatologia cristiana, ma rappresenterebbe anche un formidabile stimolo per tutti i teologi e scienziati di buona volontà a collaborare nella costruzione di un modello antropologico cristiano che, seguendo le indicazioni dell’enciclica Laudato si’, si collochi naturalmente nella meravigliosa trama del cosmo”» [vedere articolo su Vatican InsiderQUI]. 

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Dico subito che sono favorevole all’iniziativa, che ritengo accettabile ma con le debite riserve sulla sua motivazione, per questo vorrei fare alcune precisazioni. Innanzitutto, non si tratta di “riabilitare” Teilhard de Chardin, come se quel Monitum avesse errato nel giudicarlo e dovesse essere corretto. Bisogna infatti tener presente che, quando la Chiesa condanna una dottrina che mette in pericolo la fede, non può sbagliarsi, perché si vale di quell’assistenza dello Spirito Santo che Cristo ha promesso a Pietro come custode della verità di fede. E chi insegna qual è la verità, è evidentemente qualificato ad insegnare qual è l’errore contrario.

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Esistono però nel Monitum tre aspetti pastorali-disciplinari, che possono essere oggetto di riserve e quindi di correzione. Adesso, per ordine, vedremo quali:

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Primo, la cura di preservare i seminaristi dagli errori di Teilhard sembra un obbiettivo troppo limitato: perché preoccuparsi solo dei seminaristi e non anche dei docenti? Forse che le idee di Teilhard de Chardin non hanno provocato guasti anche negli ambienti accademici? 

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Secondo, il tono del Monitum, del 1962, riflette comprensibilmente quello che fino ad allora era stato lo stile del Sant’Offizio: limitarsi alla condanna degli errori, diversamente da quello che è l’attuale procedimento della Congregazione per la Dottrina della Fede, la quale, avendo fatte proprie le direttive del post-concilio, accompagna la condanna degli errori al rilievo degli aspetti positivi del pensiero l’autore censurato. Ma ovviamente, di questo fatto non si può incolpare il Sant’Offizio del 1962, il quale, stanti i metodi del tempo, aveva fatto semplicemente il suo dovere.           

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Ciò che invece desta vera meraviglia ― e questa è la terza osservazione, la più seria ― è il fatto che la condanna degli errori resta sulle generali e non precisa quali sono gli errori condannati, come da sempre invece è d’uso nella Chiesa ed è cosa saggia e necessaria, per dar modo ai fedeli di sapere con precisione da quali mali si devono guardare e,  per conseguenza, quali sono le cure del caso. Allora bisogna dire con franchezza che qui abbiamo un vero e proprio difetto, ovviamente di carattere pastorale e non dottrinale, che richiede però, già da solo, che il documento sia rimosso. Ed era ora, dopo tante contraddittorie ed incerte discussioni in questi sessant’anni su quali sono o non sono gli errori di Teilhard de Chardin!

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Attenzione però, perché adesso c’è un pericolo opposto a quello che proveniva dal Monitum. Se questo infatti favoriva un atteggiamento troppo severo verso Teilhard de Chardin senza decidere nel contempo con chiarezza la questione, adesso il rischio è quello di una ennesima subdola manovra dei soliti modernisti, manovra che non è difficile intravvedere dietro l’apparente ossequio al Papa, espresso con raffinata ipocrisia nella petizione. I modernisti, infatti, sotto pretesto del rispetto per Teilhard, sperano che il Papa abbocchi all’amo, si limiti a rimuovere l’odiato Monitum che li accusa, e tutto finisca lì, per aver maggior agio nel continuare spargere meglio le loro eresie, come fanno impunemente da cinquant’anni. Quindi, occorre dire con tutta chiarezza che non si tratta affatto di “riabilitare” dottrinalmente Teilhard. Se i modernisti sognano una cosa del genere, se la tolgano subito dalla testa. Si tratta, invece, di correggere l’atteggiamento pastorale nei confronti di Teilhard, trattandolo con maggior giustizia e carità.

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Il Sommo Pontefice, nel concedere la rimozione del Monitum, potrebbe e dovrebbe, secondo me, per non essere irriso dai modernisti, mettere alla prova la loro sincerità, incaricando la Congregazione per la dottrina della fede di pubblicare un’impegnativa Istruzione dottrinale su Teilhard de Chardin, nella quale le lodi per i suoi meriti si accompagnino con l’elenco dettagliato dei sui errori, cosa che stiamo inutilmente aspettando dal 1962. A quel punto si vedrà se gli estensori della petizione sono animati da un sincero amore per la sana dottrina e per la Chiesa, e quindi da un vero rispetto per Teilhard de Chardin, oppure vogliono servirsi di lui per continuare a farla franca, anche se non sappiamo ancora per quanto tempo.

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Procedo adesso col presentare un possibile elenco degli errori teologici di Teilhard de Chardin, sui quali non si può, né si dovrebbe affatto  soprassedere, ma anzi fare la massima chiarezza.

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  1. In Teilhard de Chardin manca la nozione analogica dell’ente, che consente di riconoscere il primato e la trascendenza dello spirito sulla materia.
  1. Egli pertanto non sa concepire un puro spirito esente da materia. Per questo, per lui Dio è sì sommo spirito, ma congiuntamente è il vertice massimo della materia. È un Dio materiale. La Scrittura parlerebbe di idolatria.
  1. Per lui «Dio è l’anima del mondo»: proposizione di sapore panteistico. Confonde il rapporto Dio-mondo col rapporto anima-corpo.
  1. La sua teologia è la copertura immaginaria di una sostanziale divinizzazione del mondo.
  1. Egli vuole sostituire la metafisica, che è superamento del fisico per cogliere lo spirituale, con una “iperfisica” di suo conio, che non è altro che una maggiorazione fantastica della fisica innalzata (“evoluta”) all’assoluto.
  1. Sulla base di questi presupposti, è evidente che vien meno la distinzione fra l’ordine naturale e quello soprannaturale, essendo la grazia, partecipazione alla vita divina, puro spirito senza materia.
  1. Sulla base di questi presupposti lo Spirito Santo dovrebbe comportare una essenziale componente materiale. Il che è evidente eresia.
  1. Occorre dire contro Teilhard de Chardin che l’unità di Dio non è l’unione o sintesi di una molteplicità, ma è unità assolutamente semplice senza composizione. Dio non si divide e ricompone, ma è indivisibile e ricompone ciò che è diviso.
  1. La Santissima Trinità non è una ”trinitizzazione” di Dio come effetto di un suo movimento interno di moltiplicazione e riunificazione, ma è la stessa divina essenza una e trina, immutabile, non molteplice e immoltiplicabile.
  1. Dio crea il mondo non nel senso di unificare un’infinita presupposta molteplicità materiale con Lui coesistente ab aeterno, ma nel senso di creare la stessa molteplicità dal nulla. Dio non è solo l’ordinatore del mondo, ma è causa della sua esistenza. Quando Dio ha creato il mondo, non aveva nulla accanto a Sé e indipendentemente da Lui, ma ha creato tutto, l’unità della singola creatura e la molteplicità degli enti e dal nulla.
  1. Il nulla non è un qualcosa di possibile o attuabile, che tende all’essere o ha bisogno di essere, ma è un semplice non-essere. Concepire il nulla in tal senso è arbitraria immaginazione e non corrisponde al concetto biblico del nulla, dal quale Dio trae l’essere.
  1. Non è esistita né può essere esistita ab aeterno, accanto a Dio e indipendentemente da Lui, una pura molteplicità infinita come pura quantità numerica senza la molteplicità dei rispettivi soggetti, perché la quantità è accidente della sostanza e non esiste da sola senza la sua sostanza.
  1. Quindi una pura molteplicità senza soggetti corrispondenti non può essere reale, ma è un puro ente astratto e immaginario. La verità è che Dio, creando il mondo, non ha semplicemente unificato una astratta molteplicità preesistente, ma ha creato una molteplicità reale dal nulla, la quale però non era in precedenza ad aeterno una pura molteplicità senza soggetti reali, perché altrimenti neppure essa avrebbe potuto essere reale, ma fu ed è creata come molteplicità reale e concreta di singoli enti, perchè la molteplicità e accidente di sostanze reali.
  1. Dio non è essenzialmente e necessariamente connesso al mondo, ma ne è completamente indipendente. Non ha bisogno del mondo per completare la sua essenza. Il suo atto creativo del mondo è del tutto libero ed Egli avrebbe potuto benissimo esistere da solo senza il mondo, perché Egli è Perfezione infinita, assolutamente autosussistente ed autosufficiente.
  1. Per questo, anche l’Incarnazione del Verbo e la Redenzione operata da Cristo sono stati liberi e gratuiti atti d’amore misericordioso del Padre per la salvezza dell’uomo peccatore.
  1. Se Dio è il vertice del mondo, la natura divina di Cristo è il vertice della natura umana e si cade nell’eresia.
  1. Teilhard de Chardin ammette in Cristo «una terza natura, che non sarebbe nè umana né divina, ma cosmica»[1]. Il che è chiaramente eretico.
  1. Dio, creando il mondo, non ha creato solo corpi che sarebbero evoluti sino al livello degli spiriti, ma insieme con i corpi (visibilia), ha creato anche i puri spiriti, ossia gli angeli (invisibilia).
  1. Teilhard de Chardin riconosce che lo spirito è superiore alla materia, ed ha ragione nel dire che la materia evolve in vista di preparare la creazione dello spirito. Tuttavia, egli non dice chiaramente che la materia può essere solo condizione dell’esistenza dello spirito (l’uomo), ma non può diventare spirito né può causarne l’esistenza.
  1. Teilhard de Chardin trascura il fatto che lo spirito può esistere senza soggetto materiale: Dio, l’angelo e l’anima umana separata dal corpo dopo la morte, mentre la materia non può esistere o sussistere da sola o da sé senza la sua forma sostanziale, che le dà forma, sì da costituire in unione con lei la sostanza materiale, composta di materia e forma. Egli sembra così confondere la materia con la sostanza materiale, che è composto di materia e forma.
  1. Teilhard de Chardin nega la creazione dell’anima umana immediatamente da Dio, affermando una mediazione della materia: «L’anima si crea per mezzo della materialità»[2].
  1. È vero che la sostanza materiale, cioè il corpo, muta nel tempo, evolve e si trasforma tendendo naturalmente ad elevare la sua natura con l’avvicinarla allo spirito. Ma il corpo non può diventare spirito, perché il divenire fisico o la trasformazione o l’evoluzione corporea comportano il fatto che una materia cambia  forma, ma resta materia con una forma. Perché diventasse spirito, ossia pura forma sussistente senza materia, dovrebbe scomparire come materia: cosa che di fatto non avviene.
  1. Teilhard de Chardin ha ragione nel sostenere che la materia e il corpo sono vera realtà e cosa buona, sana, innocente, utile, benefica, non contraria e non nemica dello spirito. Dio è creatore dell’una e dell’altro. Ma erra nel ritenere che la materia possa divenire spirito (vedere numero precedente.): significherebbe sopravvalutare la materia a danno della elevatezza dello spirito sulla materia e cadere nel materialismo, ossia nella divinizzazione della materia.
  1. La profonda, immutabile ed ineliminabile differenza ontologica ed essenziale (visibilia et invisibilia) tra materia e spirito non è segno di divisione o contrasto tra di loro, ma è effetto della divina sapienza creatrice, che distingue senza separare ed unisce senza confondere.
  1. Teilhard de Chardin sembra non aver tenuto conto del fatto che tra le cose materiali e quelle spirituali c’è sì diversità, ma anche somiglianza ed analogia, nella loro comune appartenenza alla realtà, tanto che la ragione umana, partendo dall’esperienza delle cose visibili, può salire per analogia alla conoscenza delle cose spirituali e persino di Dio (Sap 13,5; Rm 1, 19-20). Egli comunque ha compreso che la scienza sperimentale conduce alla teologia.
  1. Non è chiara in Teilhard de Chardin la distinzione fra viventi e non viventi. Occorre dire che l’evoluzione dai non viventi ai viventi è stata possibile grazie all’onnipotenza creatrice divina, quindi non nel senso che i corpi inanimati contenessero originariamente già da sé e in sé la vita allo stato latente, perché questa è pura immaginazione e non corrisponde affatto all’esperienza.
  1. Teilhard de Chardin ha ragione nel dire, come Darwin, che le specie dei viventi nel corso dell’evoluzione sono state passeggere e non sono state fisse, ma sono mutate l’una nell’altra, verso specie sempre più alte, fino a giungere alla soglia della specie umana, ma senza varcarla, se non forse grazie alla potenza creatrice divina.
  1. Non è documentato dalla scienza che un animale possa generare un uomo, benché non sia metafisicamente impossibile. Quindi non è documentato con certezza che l’uomo discenda dalla scimmia, semmai che possano avere dei geni comuni. Occorre peraltro notare contro Teilhard de Chardin che quello che sappiamo dalla divina rivelazione su questo argomento, è che tutta l’umanità trae origine, grazie ad un atto creatore divino, da un’unica coppia nel paradiso terrestre posto su questa terra.
  1. Non è impossibile, ma è estremamente improbabile e del tutto sconveniente che la coppia primitiva edenica, dotata, secondo la rivelazione biblica, di un’altissima perfezione spirituale, sia stata generata da una coppia di scimmie nel paradiso terrestre.
  1. Dalla scienza sappiamo che la terra ha avuto origine molto tempo prima della comparsa dell’uomo, e che detta comparsa è stata preceduta dalla scimmia. Ma ad oggi non è mai stato dimostrato che a un certo punto la scimmia abbia cominciato a generare uomini. Ed è impossibile peraltro l’esistenza di un vivente intermedio fra l’uomo e la scimmia, perché l’anima umana non è il risultato di un’evoluzione, ma, essendo una forma spirituale semplice, o c’è tutta o non c’è.
  1. Teilhard de Chardin trascura il fatto che la specie o natura umana o essenza dell’uomo è fissa ed immutabile, perché essa, pur concedendo una certa ”cristogenesi”, non è una tappa passeggera dell’evoluzione, uno stadio del divenire cosmico superato e superabile, termine di un divenire precedente e inizio di un divenire ulteriore, ma è «termine fisso d’eterno consiglio», perché è creata ad immagine e somiglianza di Dio, che non è divenuto e non diverrà.
  1. Con tutto ciò, Teilhard de Chardin ha ragione nel sostenere che l’uomo deve progredire verso Cristo e che Cristo (“Cristo Omega”) l’attira a sé. Ma il progresso umano e cristiano non è mutamento della natura od essenza, e quindi della legge morale che lo guida, ma è avanzamento, aumento, sviluppo, rafforzamento e crescita delle potenze di un soggetto che mantiene la stessa natura, sempre nell’obbedienza alla medesima legge.
  1. La legge morale, quindi, non è soggetta ad evoluzione, ma può e deve essere sempre meglio conosciuta ed applicata. La conservazione dei valori perenni è quindi la condizione del vero progresso.
  1. Ha ragione Teilhard de Chardin nel dire che Dio muove finalisticamente e intenzionalmente l’universo secondo un’evoluzione ascendente dalla materia allo spirito, il cui fine e vertice supremo ed insuperabile è Gesù Cristo. Egli riconosce che la causa efficiente è mossa dalla causa finale. Tuttavia, trascura il fatto che Cristo non è semplicemente il vertice e fine dell’uomo e del mondo (“Cristo cosmico” come “Punto Omega”), ma, in quanto Dio, lo trascende infinitamente e lo ha creato dal nulla.
  1. Secondo il dato di fede, la storia dell’uomo non consiste nel fatto che Dio unifica evolutivamente e progressivamente nel tempo il molteplice, in modo tale che alla fine tutta l’umanità è in comunione con Dio (“pleromizzazione”), ma manifesta la misericordia di Dio, che esalta gli umili, e la sua giustizia, che abbatte i superbi.
  1. È contrario alla fede credere che ogni uomo si lasci attirare da Dio, sicché tutti si salvano. Al contrario, in forza del libero arbitrio e delle scelte di ognuno, c’è chi accoglie la divina misericordia e si salva e c’è chi la rifiuta e si danna.
  1. Secondo il dato di fede, la coppia primitiva fu creata in uno stato di altissima perfezione fisica, morale e spirituale, superiore, per certi aspetti, a quella raggiunta oggi dalla specie umana, pur ferita dal peccato originale. Sembra pertanto del tutto improbabile, benché non impossibile, che Dio abbia fatto nascere la coppia edenica da genitori scimmie.
  1. Ciò che invece appare del tutto probabile è che, in castigo del peccato, la coppia primitiva, cacciata dal paradiso terrestre su questa misera terra, abbia assunto un aspetto scimmiesco. Ciò sarebbe confermato dai reperti paleoantropologici, studiati da Teilhard de Chardin, i quali testimoniano con chiarezza un’evoluzione ascensionale della forma umana dall’aspetto scimmiesco a quello progredito dell’uomo d’oggi. In questo campo del sapere egli ha indubbiamente i suoi meriti.
  1. Il peccato non ha semplicemente origine dalla nostra malizia, ma ha un’origine storica molto più profonda, che è il peccato originale commesso dai nostri progenitori, la cui colpa, trasmessa per generazione, infetta tutta l’umanità ed è tolta dal Battesimo grazie al sacrificio espiativo di Cristo.
  1. Il peccato non è un semplice inevitabile e trascurabile incidente di percorso dell’evoluzione verso il meglio, quasi prodotto di scarto o malriuscito nella catena di produzione di un’industria peraltro fiorente, ma un atto malvagio di disobbedienza a Dio, conseguente al peccato originale, che fa cadere l’uomo in una miseria tale, dalla quale lo solleva solo la croce di Cristo, la quale pertanto ci libera radicalmente dal peccato liberandoci dalle sue conseguenze, che sono la perdita della grazia, le pene della vita presente e la tendenza a peccare.
  1. il poligenismo è incompatibile con la fede cristiana, che dice che l’umanità ha avuto origine da una sola coppia e che la colpa originale, commessa da questa coppia, si è trasmessa per generazione da questa coppia a tutta l’umanità. Solo la Beata Vergine Maria è stata preservata da questa colpa.
  1. La storia della terra precedente alla creazione dell’uomo e al giardino dell’eden, così come risulta dalla paleontologia, presenta un ambiente inadatto alla vita umana e sembra pertanto da mettersi in rapporto, sia col peccato degli angeli, sia benché in modo anticipato, con le conseguenze del peccato originale. Infatti l’universo edenico era perfettamente sotto il dominio dell’uomo.
  1. Le leggi della natura su questa terra, oggetto della scienza, dato che regolano una natura ostile, dannosa e pericolosa per noi, benché leggi poste dal Creatore, accanto a leggi benefiche, rappresentano chiaramente, agli occhi della fede, una natura decaduta dalla condizione edenica, come castigo del peccato (Gen 3, 17-19). Teilhard de Chardin sembra non tener conto di questo fatto testimoniato dalla Bibbia.
  1. Le sofferenze della vita presente e l’ostilità della natura nei nostri confronti non sono momenti necessari al procedere dell’evoluzione, non sono semplici occasioni per portarla avanti, ma sono conseguenze del peccato originale ed anche dei nostri peccati, che servono ad unirci alla croce redentiva di Cristo.
  1. Per Teilhard de Chardin Cristo non soffre per espiare i nostri peccati, ma solo per fortificarci e guidarci nella sofferenza necessaria per il nostro compimento finale.
  1. L’opposizione ed inimicizia tra la «carne» e lo «spirito», della quale parla San Paolo Apostolo, non erano originariamente volute da Dio, ma sono una conseguenza del peccato originale e l’etica cristiana conduce alla loro riconciliazione. Per questo, l’ascetismo cristiano comanda, in certe circostanze, di saper rinunciare al piacere del corpo, per non perdere le gioie  dello spirito.
  1. L’eccessiva e indiscreta preoccupazione di Teilhard de Chardin di considerare carne e spirito come una cosa sola, fa temere un’etica lassista ed edonista, causata dal fatto che, col pretesto dell’unità tra spirito e carne, il soggetto umano, prono in questa vita, in seguito al peccato originale, a lasciarsi dominare dalle passioni, trascuri lo sforzo morale necessario al dominio dello spirito sulla carne.
  1. «Noi dichiariamo» ― dice Teilhard de Chardin [3] ― «di costruirci un avvenire concepibile della specie umana verso il quale potessero tendere tanto il comunismo che il razionalismo e il Cristianesimo». Tale dichiarazione sa di doppiezza ed è inconciliabile col dovere del cristiano di testimoniare pubblicamente la sua fede.
  1. La Chiesa non è il vertice dell’umanità in evoluzione, ma è la comunità dei figli di Dio viventi in grazia.
  1. Il fatto che la Chiesa progredisca continuamente verso la Parusia non vuol dire che tutti i membri della Chiesa progrediscano ugualmente. C’è chi progredisce e c’è chi retrocede o si arresta.
  1. La vita di grazia e la figliolanza divina non sono semplicemente i vertici dell’evoluzione dell’uomo, ma sono una vita divina superiore alla semplice vita umana.
  1. La materia del sacramento dell’Eucaristia non è il mondo («la Messa sul mondo»), ma il pane e il vino appositamente preparati per il Sacrificio Eucaristico della Santa Messa.
  1. Teilhard de Chardin sostiene che la transustanziazione eucaristica non ha per materia solo il pane, ma si completa nella «transustanziazione del mondo» [4]. In tal modo cade in una evidente falsificazione idolatrica del Sacramento dell’Eucaristia.
  1. La transustanziazione eucaristica della Santa Messa non avviene nel corso dell’evoluzione cosmica, come crede Teilhard de Chardin, ma nel momento in cui il celebrante pronuncia le parole della consacrazione del pane e del vino.
  1. Cristo non è soltanto il vertice del mondo in evoluzione («Cristo cosmico»), ma innanzitutto e soprattutto è il Figlio di Dio Creatore e Salvatore del mondo.
  1. La Comunione eucaristica non è comunione col «Cristo cosmico», ma col corpo e il sangue del Signore sotto le specie eucaristiche.
  1. È vero che nella Santa Messa il celebrante consacra a Dio se stesso insieme con la Chiesa. Ma non bisogna confondere questa consacrazione cultuale, che è un semplice atto della virtù di religione, conseguente alla consacrazione eucaristica del pane e del vino, ed è suo effetto e fine, con la medesima consacrazione del pane e del vino, che è atto col quale il sacerdote, in persona Christi, opera la transustanziazione, la quale è principio, ragione e causa della consacrazione cultuale.
  1. Cristo alla fine del mondo non accoglierà nella gloria l’intera umanità giunta al vertice dell’evoluzione (“pleromizzazione”), perché non tutti gli uomini lo desiderano, ma «separerà le pecore dai capri» (cf. Mt 25,32), ossia accoglierà i giusti, mentre i reprobi si allontaneranno da Lui.

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 Giudizio complessivo

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il punto omega fatto infine coincidere da Teilhard de Chardin col Cristo risorto

Il Padre Pierre Teilhard de Chardin appare animato da un forte fervore religioso e mistico, di carattere cristologico, con il lodevole intento apologetico di armonizzare la scienza sperimentale con la scienza teologica. Il suo cristocentrismo, però, appare immanentistico, mentre esagerata è l’esaltazione della materia, del mondo e dell’evoluzione, con pregiudizio alla trascendenza dello spirito e di Dio stesso.

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La sua teologia non è guidata da un rigoroso e lucido impegno speculativo fondato su solide base filosofiche, ed in essa scarseggia lo stesso intellectus fidei, sul quale prevale una vivace immaginazione poetica. Nascono allora visioni puramente soggettive, emotive e fantasiose, con danno non solo del corretto ragionare filosofico, ma, quel che è peggio, della stessa dottrina della fede.

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dal punto omega alla nuova ortogenesis

In Teilhard de Chardin si nota una sostanziale indocilità al Magistero della Chiesa, che egli presuntuosamente sostituisce con la sua fantasiosa visione soggettiva. Per questo alcuni hanno giustamente parlato, a suo riguardo, di “gnosi”.

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Si ha inoltre l’impressione di una specie di sostituzione della poesia alla teologia. Ma è una poesia pericolosa, questa sua, perché non si limita ad esprimere la Parola di Dio con immagini poetiche ― cosa del tutto legittima ed utile ―, ma la sostituisce con personali creazioni fantastiche. Giustamente, Jacques Maritain parla di theology-fiction [5] o quella che è stata chiamata fantateologia. Non c’è da meravigliarsi che Teilhard de Chardin confonda l’intelletto con l’immaginazione, perchè egli stesso la teorizza: «il pensiero è sensazione trasformata» [6].

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Rimuovere il monitum, senza chiarire questo “pensiero pericoloso”, o se vogliamo … “pericolosamente poetico”, potrebbe creare pericoli maggiori, specie poi in un momento parecchio delicato come quello che stiamo vivendo oggi a livello ecclesiale ed ecclesiastico.

Varazze, 7 dicembre 2017

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La fantateologia di Teilhard de Chardin in versione filmica

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NOTE

[1] Cit. in G.Frénaud- L.Jugnet –Th.Calmel, Gli errori di Teilhard de Chardin, Edizioni dell’albero, Torino,1963, p.38.

[2] A.Drexel-L.Villa, Analisi di una ideologia. Pierre Teilhard de Chardin, Edizioni Civiltà, Brescia 1970, p.129. 

[3] Cit. in A.Drexel-L.Villa, op.cit., p.124.

[4] A.Drexel-L.Villa, op.cit., p.131.

[5] Le paysan de la Garonne, Desclée de Brouwer, Paris 1966, p.177.

[6] Cit. in A.Drexel-L.Villa, Analisi di una ideologia. Pierre Teilhard de Chardin, Edizioni Civiltà, Brescia 1970, p114.

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