“Porgere l’altra guancia” vuol dire essere persone umanamente e spiritualmente superiori, non vuol certo dire essere codardi

 – Omelie al Vangelo –

PORGERE L’ALTRA GUANCIA VUOL DIRE ESSERE PERSONE UMANAMENTE E SPIRITUALMENTE SUPERIORI, NON VUOL CERTO DIRE ESSERE CODARDI

.

Come leggere la frase del porgere l’altra guancia, posto che il Santo Vangelo non ci offre delle strade impossibili da seguire, ma delle strade possibili, scopo delle quali è di guidarci alla salvezza eterna? Il Catechismo della Chiesa Cattolica, affermando che esiste anche la guerra giusta e che «La legittima difesa è un dovere grave per chi ha la responsabilità della vita altrui o del bene comune», è forse in contrasto con i precetti del Santo Vangelo?

.

.

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

.

.

«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra tu pórgigli anche l’altra […]»

Mt 5, 38-48

.

PDF  articolo formato stampa

.

.

snoopy porgi l'alotra guancia

la saggezza di Snoopy

Questa pagina del Santo Vangelo del Beato Evangelista Matteo va compresa nella sua profondità, perché penetrando a fondo la Parola del Signore capiamo quel che il Verbo di Dio fatto uomo ha inteso trasmetterci. E ciò che Cristo trasmette non è un messaggio rivolto venti secoli fa a un gruppo di discepoli, o alle genti di quella terra e di quel periodo storico; Egli ci trasmette un messaggio vivo. Questo il motivo per il quale noi ci riferiamo al Santo Vangelo indicandolo come “parola viva”. E più che meramente formale, la differenza che corre tra il Santo Vangelo e la parola di Omero e di Virgilio, tra le rime dell’antica corte di Palermo di Federico II di Svevia, la parola e le rime dei toschi Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio e Francesco Petrarca, è una differenza tutta quanta sostanziale. Quelle di molti antichi autori sono parole morte che noi rendiamo vive attraverso il loro studio e la loro diffusione. Ma siamo noi a rendere vive queste parole finite che narrano di storie, vicende, società e uomini che appartengono a un passato morto e sepolto che rivive attraverso queste opere. Il Vangelo non ci parla del finito, ma dell’infinito, non è una parola chiusa che vive nella storia, ma una parola aperta che apre alla storia il nostro essere presente e il nostro divenire futuro. Questo perché il Santo Vangelo non è parola resa viva da noi, ma una parola che rende vivi noi. Ecco perché al termine della proclamazione del Santo Vangelo durante la celebrazione del Sacrificio Eucaristico della Messa, il presbìtero o il diacono concludono dicendo: «Parola del Signore».

.

Come forse ricorderete, nel Santo Vangelo di poche settimane fa, Cristo Signore ci ricordava: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato?» [cf. Mt 5, 13-16]. E il sale è Cristo che dà sapore e senso alla nostra vita. E se noi perdiamo il sapore di Cristo, nessuno potrà più rendere questo sale salato. La Parola di Dio che dà vita a noi ci rende sale che dà sapore e che ci rende sale della terra.

.

Cristo Signore, verso il finire del Vangelo del Beato Evangelista Marco, per chiarire l’essenza stessa della sua parola viva, afferma: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» [cf. Mc 24,35]. Questo per ricordarci che Egli è la parola viva che ci dà vita, è il sale che ci dà sapore e che per nostro tramite dà sapore al nostro essere ed esistere, accompagnandoci sino al giorno che Cristo Signore: «Tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine». E se noi non capiamo e non entriamo in quest’ordine di idee, ecco che quando dopo la proclamazione del Santo Vangelo recitiamo il Credo, corriamo il rischio di recitare una filastrocca imparata a memoria, anziché la nostra Professione di Fede; una filastrocca di cui rischiamo di non capire neppure il senso.

 .

In questo passo del Santo Vangelo, sono contenute delle espressioni che da una parte ci sorprendono, dall’altra tendiamo a interpretare come qualche cosa di non praticabile. Partiamo allora dalla frase che risulta difficile intendere: «Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra».

.

Se noi entriamo nel falso ordine di idee che il Santo Vangelo ci propone strade e stili di vita non praticabili, a quel punto corriamo il serio rischio di ridurlo ad un insieme di racconti pieni di verità storiche e di alti valori etici, ma alla pari dell’Odissea e dell’Iliade, rendendolo in tal modo una “morta parola finita” e non una “viva parola infinita”.

 .

Con questa frase, Cristo Signore ci dice forse che dinanzi a un esercito che ci invade mettendo a rischio le nostre vite, dobbiamo correre incontro agli aggressori cantando pace e amore ? E come si concilia, l’invito a porgere l’altra guancia, col fatto che lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica ammette da sempre il ricorso alla guerra difensiva, se non v’è altro mezzo di difesa dalle ingiuste aggressioni? Vi ricordo infatti che nel testo del Catechismo, laddove si elencano le condizioni di una «legittima difesa con la forza militare», è chiaramente precisato: «Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della “guerra giusta”. La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune» [cf. n. 2309]. Prosegue il testo del Catechismo: «La legittima difesa è un dovere grave per chi ha la responsabilità della vita altrui o del bene comune» [cf. n. 2321]. E qui vi prego di notare che la legittima difesa attraverso la guerra è indicata come «un dovere grave» da parte di chi «ha la responsabilità della vita altrui o del bene comune».

.

Come leggere la frase del porgere l’altra guancia, posto che il Santo Vangelo non ci offre delle strade impossibili da seguire, bensì delle strade possibili, scopo delle quali è di guidarci alla salvezza eterna? La dottrina, il magistero e il Catechismo della Chiesa Cattolica, sono forse in palese contrasto con i precetti del Santo Vangelo, incluso l’invito a porgere l’altra guancia ?

.
Vediamo qual è la successione delle parole del Signore Gesù che prima di invitare a porgere l’altra guancia afferma: «Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente». E dicendo «avete inteso», Cristo Signore si richiama a quella che era nota come la Legge del taglione racchiusa nel Libro dell’Esodo [21, 24]. Una legge che quando fu creata era utile poiché mirata a frenare la vendetta e ad evitare che le vendette tra le diverse tribù andassero avanti per generazioni, con un odio sanguinario trasmesso di padre in figlio. E dinanzi alla Legge del taglione, che mirava a questa azione positiva di contenimento, il Signore Gesù afferma: «Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra».

.
Se in epoca primitiva la Legge del taglione cercava di porre freno al male, Gesù ci richiede invece uno spirito teso a superare rancori e conflitti. Non ci chiede di soggiacere impotenti al male, ma di lasciarlo cadere, facendo capire, a colui che compie il male, quanto il suo gesto sia inutile e non possa produrre niente.

.

Certi avversari resi ciechi dalla cattiveria, attraverso i loro gesti violenti sfidano ed esigono ricevere reazioni, affinché il male produca male e la violenza altra violenza. Il credente non risponde piegando la testa dinanzi al prepotente e mostrando timorosa debolezza; agisce in modo superiore e sapiente, offrendo al malvagio un modo del tutto diverso di vedere le cose.

.

E qui vi invito anche a riflettere sul fatto che Cristo Signore non parla di gravi percosse a suon di cazzotti sferrati a tutta forza, o di colpi di bastone o di aggressioni con le armi in uso all’epoca. Egli parla di uno schiaffo sulla guancia destra. E lo schiaffo, più che un gesto di violenza, era considerato ― all’epoca come tutt’oggi ― un gesto di offesa, un affronto. Sino ad epoche affatto remote, colpire con un guanto sul viso, o lanciare un guanto sul viso, era un gesto di attentato alla altrui dignità e onorabilità. Nell’epoca di Cristo Signore i guanti non erano in uso, ma il gesto dello schiaffo sulla guancia equivaleva alla sfida del guanto, alla quale si può rispondere in due modi: con un duello dal quale ne uscirà fuori un morto, o facendo un sorriso e voltando le spalle al provocatore con l’aria di chi lascia intendere: «Ma tu, pensi veramente che io sia davvero disposto a mettere a rischio la vita tua e la vita mia, a generare un grave lutto in una famiglia ed un sentimento di odio tra due diverse famiglie, quella dell’ucciso verso quella dell’uccisore, per un gesto al quale non conferisco affatto quella portata che vorrebbe mirare a privarmi del mio onore?». Il porgere la guancia sinistra a questa antica sfida del guanto, è una lezione e una intelligente risposta provocatoria per far capire all’aggressore che io, in quanto persona prudente e sapiente, sono consapevole che il male non porta mai ad alcun risultato, mentre la mancanza di controllo dell’orgoglio ferito, può invece portare a reazioni e azioni del tutto sproporzionate.

.

Capita non di rado che persone distanti e ostili al mondo cristiano ci aggrediscano nel peggiore dei modi, attraverso violenza verbale, falsità diffuse sulla stampa, calunnie studiate ad arte e diffuse poi con diabolica malizia … e se qualcuno di noi osa reagire ― ad esempio anche con una semplice e legittima querela per diffamazione ―, con prontezza replicano citando una delle poche frasi evangeliche che conoscono male e che di conseguenza citano peggio: «Ah, ma voi dovete porgere l’altra guancia, come dice il Vangelo!».

.

Vedete, esistono molti altri passi del Vangelo che a coloro che in vario modo ci aggrediscono fa comodo non conoscere o ignorare, per esempio il fatto che Cristo Signore stesso ricorre alla violenza fisica prendendo a colpi di frusta i mercanti nel cortile del Tempio di Gerusalemme [cf. Mc 11,15-19; Mt 21,12-17; Lc 19,45-48]. E che dire del linguaggio aggressivo e insultante che Cristo Signore rivolge a scribi, farisei e dottori della Legge? O devo forse spiegarvi quale offensiva portata abbia definire degli alti notabili come «razza di vipere»? [cf. Mt 23, 33]. Dire infatti a una persona «sei una vipera», è una offesa diretta a lui personalmente, ma dire a una persona che essa appartiene a una razza di vipere, vuol dire colpire non solo lui, ma il suo intero ceppo di appartenenza, familiare o religioso che sia. Come vedete, esistono anche questi passi nel Santo Vangelo, come altri nei quali il Signore Gesù ci ricorda: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada» [cf. Mt 10, 32], indicandoci in modo chiaro che la sequela Christi, il cammino dietro al Signore verso la salvezza, è anche una lotta sia con noi stessi sia con gli altri. Quella lotta alla quale il Beato Apostolo Paolo ci invita con precise parole: «Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo» [cf. Ef 6, 10-20].

.

Dinanzi a uno schiaffo, dinanzi alla sfida del guanto, si agisce come ci insegna Cristo Signore, usando maggiore sapienza rispetto alla stoltezza dell’attaccabrighe che cerca violenza a tutti i costi. Ma davanti al mistero del male che mira a distruggerci, lì si deve non solo lottare, ma muovere proprio guerra. E se il pericoloso aggressore dice «… ma sul Vangelo è scritto che io ti posso aggredire e distruggere e che tu devi porgere l’altra guancia, mentre io esercito il mio “sacrosanto” diritto mirato a far prevalere il male», in tal caso bisogna rispondere: «Mi dispiace, ma tu il Vangelo non lo conosci, o forse lo hai letto male e, dopo averlo letto male, lo hai capito peggio».

.

Il porgere l’altra guancia vuol dire mostrare superiorità umana e morale, sapienza e senso della misura; vuol dire dare una meritata lezione a chi, in cambio di una provocazione, esigerebbe ricevere come risposta una reazione sproporzionata. Il porgere l’altra guancia non vuol dire però cedere in alcun modo al male che intende sopraffare, perché Cristo, sulla croce, non è morto per essersi rifiutato di combattere contro il male, ma proprio perché “colpevole” di avere combattuto il male e lanciato l’invito a combattere il male, sino a divenire, proprio per questo, l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo [cf Gv 1,29].

.

.

Dall’Isola di Patmos, 19 febbraio 2017

VII Domenica del Tempo Ordinario

.

.

.

.

.

.

.

.